Il compimento di atti gestione societaria non esclude la subordinazione dell'accomandante di SAS

In tema di società di persone, nello specifico una SAS, il compimento di atti di gestione o la partecipazione alle scelte societarie da parte del socio accomandante, non escludono in senso assoluto la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, laddove si fornisca prova che l'attività lavorativa è prestata sotto il controllo gerarchico di un altro socio munito di poteri di supremazia (Corte di Cassazione, sentenza 22 gennaio 2020, n. 1396)

Una Corte di appello territoriale, confermando la sentenza del Giudice di prime cure, aveva rigettato la domanda proposta da un socio accomandante di una SAS per l'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con la società, titolare di una farmacia, nella quale il ricorrente aveva svolto funzioni di direttore.
In base ai riscontri effettuati dal primo giudice, la società convenuta era proprietaria di tre farmacie e il ricorrente aveva acquisito una quota sociale ed assunto la carica di direttore responsabile; in concomitanza con tale ruolo, la società gli aveva rilasciato una procura speciale per la gestione amministrativa della farmacia. Orbene, a fronte di tale ruolo di primaria importanza, il ricorrente non aveva provato la sussistenza di una etero-direzione, intesa come assoggettamento al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro. Viceversa, dalla documentazione era emerso che la farmacia era gestita in assoluta autonomia ed erano carenti i requisiti presuntivi della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato.
In appello, poi, il lavoratore aveva fatto leva sulla carente disamina del rapporto sociale con i soci accomandatari, che dovevano essere considerati datori di lavoro, oltre che amministratori. La Corte di merito, però, aveva rigettato la censura, argomentando che nelle società di persone un rapporto di natura subordinata è ravvisabile sempre che le prestazioni del socio non integrino un conferimento previsto al contratto sociale e che l'attività lavorativa sia prestata sotto il controllo gerarchico di un altro socio munito di poteri di supremazia. Nel caso in esame, invece, la prestazione del ricorrente "integrava un conferimento previsto dal contratto sociale", poiché, ai sensi della normativa di riordino del settore farmaceutico (L. n. 362/1991), nell’ipotesi in cui una società di persone abbia come oggetto esclusivo la gestione di farmacie, i soci sono farmacisti iscritti all'Albo e la direzione della farmacia gestita dalla società deve essere affidata ad uno dei soci che ne è responsabile (art. 7).
Ricorre così in Cassazione il lavoratore, che contesta l'argomentazione della sentenza secondo cui l'apporto era qualificabile come conferimento del socio d'opera, desumendo tale qualità dalla assunzione della direzione della farmacia.
Per la Suprema Corte, il ricorso presenta profili di inammissibilità, il cui rilievo ha carattere pregiudiziale.
In punto di diritto, invece, la sentenza ha correttamente richiamato l'orientamento interpretativo di legittimità secondo cui, con riguardo alle società di persone, è configurabile un rapporto di lavoro subordinato tra la società e uno dei soci sempreché la prestazione del socio non integri un conferimento previsto dal contratto sociale e l'attività lavorativa sia prestata sotto il controllo gerarchico di un altro socio munito di poteri di supremazia. Il compimento di atti di gestione o la partecipazione alle scelte più o meno importanti per la vita della società non sono, in linea di principio, incompatibili con la suddetta configurabilità, sicché, anche quando essi ricorrano, è comunque necessario verificare la sussistenza delle suddette due condizioni (ex multis, Corte di Cassazione, sentenza n. 23129/2010).
Il ricorso, di contro, evoca la tesi dottrinale secondo cui un socio accomandante non può essere socio d'opera, perché l'art. 2322 c.c. presuppone la fungibilità del conferimento, il che non è ammissibile per la prestazione d'opera. Muovendo da tale assunto, la prestazione fornita, non potendo costituire un conferimento d'opera, inammissibile in capo al socio accomandante, dovrebbe necessariamente configurare una prestazione di lavoro subordinato, avendo i soci accomandatari il potere direttivo della società di persone.
Orbene, la sentenza, nel richiamare l'orientamento in tema di società di persone, ne ha valorizzato anche il passaggio secondo cui, pur in presenza di atti di gestione o di partecipazione alle scelte societarie, non incompatibili in senso assoluto con la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, è comunque necessario verificare che l'attività lavorativa sia prestata sotto il controllo gerarchico di un altro socio munito di poteri di supremazia. Ma il ricorrente, secondo la valutazione compiuta dalla Corte di merito, sottratta al sindacato del giudice di legittimità, non ha fornito elementi probatori circa la condizione di assoggettamento al potere direttivo-disciplinare del datore di lavoro ed anzi era emerso che la farmacia era gestita in assoluta autonomia dal ricorrente.