Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 settembre 2022, n. 34964

Subappalto - Infortunio sul lavoro - Reato di omicidio colposo - Ingerenza nell'attività dell'impresa subappaltatrice - Responsabilità del subappaltante

Ritenuto in fatto

 

1.La Corte di appello di Napoli il 19 novembre 2020 ha integralmente confermato la decisione, appellata dalla Difesa, con cui il Tribunale di Napoli il 4 gennaio 2016, all'esito del dibattimento, ha riconosciuto (anche) A.M. responsabile del reato di omicidio colposo, con violazione della disciplina antinfortunistica, in conseguenza condannandolo, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, alla pena stimata di giustizia.

2. I fatti, in estrema sintesi, come ricostruiti dai Giudici di merito.

Il 17 dicembre 2008 S.G., operaio dipendente della società Impiantistica G., era intento a lavorare all'interno della stazione ferroviaria di Napoli centrale, in particolare collaborando con altri quattro colleghi alle operazioni di movimentazione di un quadro elettrico di circa 13 quintali di peso;

poiché tale pesante "armadio" veniva spostato mediante un sollevatore transpallet munito di forche di lunghezza più corta di quella dell'oggetto da trasportare ed era stato leggermente alzato da terra, essendosi il quadro elettrico, non legato con funi o altro, inclinato, il lavoratore rimaneva schiacciato perdendo la vita per le gravissime lesioni riportate.

La s.p.a. G., impresa esecutrice dei lavori di riqualificazione ed adeguamento della stazione ferroviaria, il cui datore di lavoro era A.M., aggiudicatrice dell'appalto, aveva subappaltato alcuni lavori, tra cui la posa in opera del quadro elettrico in questione, alla ditta Impiantistca G., il cui datore di lavoro era S.V., peraltro presente in loco al momento dei fatti, poiché intento a condurre il sollevatore proprio mentre i quattro operai erano ai quattro spigoli dell'armadio elettrico per sostenere lo stesso.

Sia A.M. che S.V. sono stati condannati per l'omicidio colposo di S.G. all'esito del giudizio di merito: i giudici hanno infatti ritenuto, in base ad una serie di elementi di fatto (di cui si dirà sub n. 2.2. del "considerato in diritto"), che vi sia stata una vera e propria sovrapposizione della G. sulla G. ed una concreta ingerenza della prima nell'attività affidata in subappalto alla seconda, con plurime interferenze tra gli ambienti di lavoro.

3. Ricorre per la cassazione della sentenza A.M., tramite Difensore di fiducia, affidandosi a sei motivi con i quali lamenta violazione di legge (il primo, il terzo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo), anche sotto il profilo della mancanza di apparato giustificativo (il primo, il quinto ed il sesto motivo) e vizio di motivazione (il secondo motivo).

3.1. In particolare, con il primo motivo censura nullità della sentenza per omissione di motivazione, avendo la Corte di merito, ad avviso del ricorrente, completamente trascurato l'esame dei secondo dei motivi di appello, incentrato sulla contestazione da parte della difesa dell'imputato dell'affermazione, già fatta dal Tribunale, secondo cui A.M. si sarebbe ingerito nell'esecuzione dei lavori affidati dalla G. alla G. (da cui le conseguenze sotto il profilo della responsabilità).

Si sottolinea come nell’impugnazione di merito si era contestata l'affermazione della ingerenza di M. nella esecuzione dei lavori affidata alla G. tramite richiamo della testimonianza di A.C., che il 26 settembre 2011 ha affermato che quando è accaduto l'incidente era presente il titolare della G., sig. V., che dirigeva le operazioni, che M. era invece assente e che mai il responsabile di cantiere della G. si è interfacciato con i dipendenti della C., interloquendo invece con il titolare V. a proposito del corretto adempimento delle prestazioni contrattuali ma senza operare ingerenze.

Altre testimonianze che escluderebbero ingerenza da parta della G. sui lavori della G. sarebbero quelle rese da S.C. (il 26 settembre 2011), da A.M. (il 10 settembre 2010), assistente di cantiere che ha dichiarato di essere privo delle chiavi del cantiere, e da V.C. (il 26 settembre 2011), testimonianze che si richiamano in sintesi nel ricorso.

Tali contributi conoscitivi smentirebbero, secondo il ricorrente, la tesi della ingerenza, poiché, come già sostenuto nell'appello, G. aveva una propria organizzazione produttiva, possedeva gli strumenti di lavoro, tra cui il macchinario impiegato per spostare il pesante quadro elettrico, aveva le chiavi del cantiere e, dunque, libero eccesso, mentre G., che operava peraltro in spazi diversi, non ha mai messo a disposizione della G. uomini o mezzi.

Si era anche sottolineato nell'appello che solo dopo un anno e mezzo dall'esame dei testi C. e C., cioè il 21 gennaio 2013, il teste E.V., peraltro fratello dei coinputato G.V., ha dichiarato che M., dipendente di G. impartiva effettivamente gli ordini ai lavoratori di G..

Ebbene, avere disatteso tutte le ulteriori prove per prestare fede solo all'ultima testimonianza, in contrasto con le altre e peraltro proveniente da un congiunto di un imputato, concretizzerebbe un errore, oggetto di puntuale censura in appello, che non è stato spiegato in alcun modo nella sentenza impugnata.

Si rammenta giurisprudenza - di legittimità stimata pertinente, sottolineando come non possa parlarsi nel caso di specie di motivazione reiettiva implicita.

3.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia manifesta contraddittorietà della sentenza ove la stessa, da un lato, afferma che l'imputato, quale datore di lavoro della G., si sarebbe ingerito nella esecuzione dei lavori affidati alla G. e, dall'altro, ritiene che non vi sia stato alcun raccordo tra le due società.

Si tratterebbe di affermazioni (che si rinvengono alla p. 14 della decisione) inconciliabili tra loro ed illogiche rispetto al precetto che si trae dall'art. 26 del d. Igs. 9 aprile 2008, n. 81.

3.3. Con il terzo motivo si duole della ritenuta violazione dell'art. 521 cod. proc. pen., per mancata correlazione tra accusa e sentenza, con conseguente nullità della decisione ex art. 512 cod. proc. pen.

L'affermazione che si rinviene alla p 14 della sentenza impugnata secondo cui il rapporto tra G. e G. sarebbe «improntat[o] ad una vera e propria sovrapposizione della G. sulla G. ed alla conseguente ingerenza nelle attività affidate in subappalto alla stessa», peraltro oggetto di decisa contestazione difensiva, non sarebbe stato previamente contestato dal P.M. all'imputato. Nell'editto si legge, invece, .che M. è stato accusato di avere concorso a cagionare l'infortunio mortale non cooperando, quale datore di lavoro della G., con il datore di lavoro della G.. Poiché l'imputazione non contiene alcun riferimento ad una presunta ingerenza, si sarebbe in presenza di un deficit che comporterebbe la nullità della sentenza, non essendosi potuto l'imputato difendere.

3.4. Con l'ulteriore motivo, A.M. lamenta ulteriore violazione di legge, cioè dell'art. 26, comma 3, del d. lgs. n. 81 del 2008, non avendo la Corte territoriale tenuto nella debita considerazione che l'evento è la concretizzazione di un rischio specifico la cui gestione spettava esclusivamente al subappaltatore G. ed al coimputato G.V..

Premesso che alle pp. 9 e 15 della sentenza impugnata la Corte di appello afferma che l'appaltante G. aveva ben chiari i rischi connessi alla movimentazione dei quadri elettrici, rischi che aveva inserito nel P.O.S. (schede nn. 13 e 15), si sottolinea criticamente come l'art. 26, comma 3, del d. Igs. n. 81 del 2008 prevedeva clausola espressa di esclusione («Le disposizioni [...] non si applicano») dei precetti dell'art. 26 per i rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici e dei singoli lavoratori autonomi. In altre parole, il rischio specifico grava sul solo appaltatore, nei caso di specie la C., come affermato, tra le altre, anche da Sez. 3, n. 6884 del 13/11/2008, dep. 2009, R., Rv. 242735 («In tema di sicurezza sul lavoro, la responsabilità del committente è limitata ad alcuni obblighi specie, quali l’informazione sui rischi dell'ambiente di lavoro e la cooperazione nell’apprestamento delle misure di protezione e prevenzione, restando pertanto ferma la responsabilità dell'appaltatore per l'inosservanza degli obblighi prevenzionali su di lui gravanti»).

Si evidenzia che garante della sicurezza dello sfortunato lavoratore nel caso di specie era solo chi gestiva il rischio e cioè il sig. V., datore di lavoro di S.G., e non altri ciò in linea con il generale insegnamento di Sez. U, n. 38343 del 14/4/2014, L. e altri) e che la gestione di tale rischio era slegata da qualsivoglia attività di cantiere e che non erano coinvolti in essa terzi, men che meno la G..

3.5. Tramite il quinto motivo si censura violazione dell'art. 125 cod. proc. pen. per omissione di motivazione, avendo la Corte di appello trascurato totalmente di provvedere sul terzo motivo di appello con il quale, ribadito che non spettava a G. decidere con quali modalità operative movimentare il quadro elettrico che ha poi schiacciato il malcapitato, si era sottolineato che, comunque, G. sapeva esattamente come svolgere le mansioni che le erano state affidate con il contratto di appalto.

Si richiama al riguardo parte della motivazione della sentenza di primo grado (p. 13) e, tramite essa, i contributi ricostruttivi offerti dai testi S.C., E.V. in tema di movimentazione del pesante quadro elettrico.

A parte tali contributi, nell’atto di appello si erano richiamate espressamente le dichiarazioni, stimate utili in prospettiva difensiva, rese da O.P., da A.M., da S.C. e dall’imputato G.V. ma nemmeno di esse la Corte territoriale avrebbe tenuto conto, in buona sostanza omettendo di rispondere sul tema che si era posto, appunto, con il terzo dei motivi di appello, essendo emerso che M. aveva spiegato a V. come operare in concreto e come tutti i dipendenti C. sapevano perfettamente che il quadro elettrico andava spostato lentamente per traslazione facendolo rotolare su tubi, e non già in altro modo. Si sarebbe in presenza di un passaggio decisivo ignorato dai decidenti.

3.6. Infine, con l'ultimo motivo il ricorrente denuncia ulteriore violazione di legge, e cioè degli artt. 125, con- ma 3, cod. proc. pen. e 17 del d. Igs. n. 81 del 2008, per avere la Corte territoriale pretermesso totalmente l'esame del quarto motivo di appello con il quale si era sottolineato che la redazione o la integrazione del Piano operativo di sicurezza (P.O.S.) erano di esclusiva competenza, originaria e non delegabile, dei sig, V., datore di lavoro della vittima, sicché il sig.M pu volendo ,non avrebbe potuto né dovuto provvedervi, essendo privo di titolo.

Così prosegue il ricorso: « in sintesi - ritenere che spettasse a G. integrare il POS di G. (rectus. chiedere a C. di integrare il proprio POS) significa affermare che il sig. M. avrebbe ,dovuto compiere sine titulo e contra legem un'attività valutativa di assoluta ed esclusiva competenza del sig. V. [...] tale censura, pur specificamente articolata, non è stata analiticamente presa in considerazione dalla Corte d'appello. Anzi, i giudici di seconde cure hanno affermato che l'aggiornamento del POS di G. spettava sia al sig. V., suo titolare, che al sig. M., che con G. non ha nulla a che fare. Così facendo, però, la Corte d'appello, da un lato, ha omesso di confrontarsi con un motivo articolato e fondato - che, se compiutamente esaminato, avrebbe condotto il giudizio un approdo diverso - e, dall'altro, ha assunto una decisione errata, poiché in ,contrasto con l'art. 178 del d. Igs. n. 81/2008» (così alle pp. 24-25 del ricorso).

Chiede, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata.

 

Considerato in diritto

 

1.Premesso che il reato si prescriverà non prima del 10 settembre 2025 (fatto del 17 dicembre 2008 + 15 anni + periodi di sospensione indicati alla p. 4 della sentenza impugnata), il ricorso è infondato e deve essere rigettato, per i seguenti motivi.

2.Il tema intorno al quale ruota l'intera impugnazione è quello della eventuale ingerenza dell'impresa subappaltante (nel caso di specie, G., titolare A.M.) nell'attività dell'impresa. subappaltatrice (G., titolare S.V.) e delle conseguenze, in ipotesi, della stessa.

2.1.Il principio dal quale occorre prendere le mosse è quello, a più riprese, espresso dalla Corte di cassazione nei seguenti termini: «In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il subappaltante è esonerato dagli obblighi di protezione solo nei caso in cui i lavori subappaltati rivestano una completa autonomia, sicché non possa verificarsi alcuna sua ingerenza rispetto ai compiti del subappaltatore (Nella specie, la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza di condanna del titolare dell'impresa appaltatrice per il reato di omicidio colposo, con violazione degli obblighi previsti dall'art. 7, d.lgs. 19 settembre 1994 n. 626, avendo egli omesso di cooperare con la ditta subappaltatrice, che operava nei cantiere dal medesimo diretto, per la individuazione e valutazione dei rischi e per l'attuazione delle misure di prevenzione e di protezione, consentendo che l'esecuzione dei lavori avvenisse senza che fossero installate o utilIzzate impalcature e opere provvisionali idonee a prevenire la caduta dall'alto coi lavoratori)» (Sez. 4, n. 12440 del 07/02/2020, B., Rv. 278749); «In tema di prevenzione degli infortuni, l'appaltatore che procede a subappaltare l'esecuzione delle opere non perde automaticamente la qualifica di datore di lavoro, neppure se il subappalto riguardi formalmente la totalità dei lavori, ma continua ad essere responsabile del rispetto della normativa antinfortunistica, qualora eserciti una continua ingerenza nella prosecuzione dei lavori» (Sez. 3, n. 50996 del 24/10/2013, G., Rv. 258299); «In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il subappaltante è esonerato dagli obblighi di protezione saio nei caso in cui i lavori subappaltati rivestano una completa autonomia, sicché non possa verificarsi alcuna sua ingerenza rispetto ai compiti del subappaltatore» (Sez. 4, n. 1490 del 20/11/2009, dep. 2010, F. e altr Rv. 240302);

«In caso di subappalto dei lavori, è configurabile una esclusione di responsabilità dell'appaltatore solo nei caso in cui al subappaltatore sia affidato lo svolgimento di lavori, ancorché determinati e circoscritti, che, però, svolga in piena ed assoluta autonomia organizzativa e dirigenziale rispetto all'appaltatore, non nel caso in cui la stessa interdipendenza dei lavori svolti dai due soggetti escluda ogni estromissione dell'appaltatore dall'organizzazione del cantiere (la Corte ha altresì precisato che nella ricorrenza delle anzidette condizioni, trattandosi di norme di diritto pubblico che non possono essere derogate da determinazioni pattizie, non potrebbero avere rilevanza operativa, per escludere la responsabilità dell'appaltatore, neppure eventuali clausole di trasferimento del rischio e della responsabilità ; intercorse tra queste e il subappaltatore)» (Sez. 4, n. 5977 del 15/12/2005, dep. 2006, C., Rv. 233246);

«In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni il subappalto parziale di lavori implicanti la loro esecuzione nello stesso cantiere di lavoro, senza che venga meno l’ingerenza  dell’appaltante di essi, da un canto non comporta estromissione dai poteri e quindi dai doveri, attinenti all'organizzazione generale del cantiere. implica che il sub-appaltatore sia tenuto a sua volta a vigilare acché le misure di prevenzione siano rigorosamente adottate nell'ambito dell’attività di cui è responsabile. In tale contesto, quindi, qualora si verifichi un infortunio, ne rispondono sia l'appaltatore sia il sub-appaltatore» (Sez. 4 n. 2748 del 23/01/1998, G. e altro, Rv. 210174).

2.2.Ebbene, risulta che i Giudici di merito abbiano fatto corretta applicazione, con motivazione diffusa, logica e congrua, del principio richiamato nel caso di specie, avendo essi tratto le necessarie conseguenze all'esito dell'avvenuto accertamento, in punto di fatto, delle seguenti circostanze: un dipendente della ditta subappaltante G., A.M., seguiva i lavori di subappalto in loco, svolgendo di fatto funzioni direttive nell'ambito delle opere subappaltate alla G.;

M., tra l’altro, ogni mattina controllava la presenza non solo degli operai della subappaltante G. ma anche della subappaltatrice G.; dal contratto di subappalto risulta che i lavoratori della subappaltatrice G. erano tenuti ad indossare il cartellino identificativo della subappaltante G.; inoltre, una parte dei lavori erano stati affidati alla subappaltatrice G. con semplice e-mail interna, peraltro ad operazioni già iniziate; infine il P.O.S. della subappaltatrice G. era privo di alcuna indicazione sulla movimentazione dei quadri elettrici in sicurezza, indicazione che era invece espressamente contenuta nel P.O.S. della subappaltante G. (pp. 13-16 della sentenza impugnata e pp. 3C-34 di quella d primo grado).

Tali emergenze istruttorie che logicamente hanno portato alla necessaria riconduzione del rapporto tra le due società in termini di concreta e reiterata, ingerenza dell'impresa subappaltante G. (titolare A.M.) nell'attività dell'impresa subappaltatrice G., vengono contestate a più riprese nel ricorso, ove, soprattutto con i primi due motivi si sostiene la tesi contraria, richiamando plurimi contributi testimoniali che si ritengono trascurati o male interpretati e contestando la credibilità dei testi valorizzati dal Tribunale.

L'assunto difensivo, infatti si risolve in una denunzia, permeata di riferimenti al fatto, di un vizio di motivazione, in quanto tale assai difficilmente "aggredibile" in sede di legittimità in presenza di doppia conforme, non essendo peraltro puntualmente denunziato né comunque rilevabile alcun travisamento della prova che potrebbe astrattamente legittimare i ricorso di legittimità (infatti, «Il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", sia nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Fattispecie in materia di furto di gas in cui la Corte ha ritenuto sussistente il vizio in un caso in cui entrambi i giudici di merito, con valutazione conforme, avevano ritenuto che la sigillatura del contatore fosse intervenuta in una data diversa da quella dichiarata dal teste escusso sul punto)» . così, di recente, Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, T., Rv. 28C135; esattamente in termini v. già Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018,Rv 272018 .e Sez. 4, n: 44765 del 22/10/2013, B. e altri, Rv. 256837):

3. Una volta affermata la sussistenza di una indebita interferenza dell'impresa facente capo all'imputato nell'attività svolta dall'altra, con le doverose conseguenze in tema di responsabilità, il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso risultano logicamente assorbiti.

Quanto al residuo motivo, il terzo, trascura il ricorrente che, secondo pacifico orientamento interpretativo di legittimità, «In tema di reati colposi, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza se la contestazione concerne globalmente ;a condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere, agli elementi di fatto contestati, altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti ai concreto esercizio del diritto di difesa» (Sez. 4, n. 7940 del 25/11/2020, dep. 2021, C., Rv. 280950; in termini v. già Sez. 4, n. 35943 del 07/03/2014, D. e altri, Rv. 260161, e Sez. 4, n. 51516 del 21/06/2013, M. e altri, Rv. 257902; in conformità, ex plurimis, Sez. 4, n. 27389 del 08/3/2018, S., Rv. 273588; Sez. 4, n. 35666 del 19/06/2007, L., R. 237469; Sez. 4, n. 7704 del 27/06/1997, P.M. in proc. C. ed altro, Rv. 208556).

4. Discende, in definitiva, dalle considerazioni svolte, il rigetto del ricorso e, per legge (art. 616 cod. proc pen.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.