Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 aprile 2021, n. 11404
Tributi - Accertamento - Operazioni commerciali in nero - Presunzione - Dati e notizie rinvenute dall’Amministrazione finanziaria nel corso di accertamenti presso terzi - Legittimità
Rilevato che
K. Srl, esercente attività di commercio all'ingrosso di orologi e gioiellerie, impugna per cassazione, con tre motivi, la sentenza della CTR in epigrafe che, confermando la decisione della CTP di Bari, aveva ritenuto fondato l'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate per Iva, Ires e Iva per l'anno 2007, con cui era stato rideterminato il reddito d'impresa alla luce della documentazione reperita presso la O.I. Srl, attestante l'esecuzione di operazioni commerciali in nero con la contribuente.
L'Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Considerato che
1. Va esclusa, preliminarmente, l'eccepita inammissibilità del ricorso complessivamente considerato, che non mira ad una nuova rivalutazione del merito.
2. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per mancanza assoluta di motivazione ex art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. 546 del 1992, 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. con riguardo alla legittimità della motivazione dell'avviso di accertamento.
2.1. Il motivo è infondato.
La CTR ha ritenuto, con motivazione ampia e diffusa, legittimo l'avviso ancorché non fosse allegato il pvc poiché quest'ultimo era stato separatamente notificato al contribuente, sicché era legittima la motivazione per relationem.
Si tratta, in evidenza, di motivazione, oltre che corretta in diritto (Cass. n. 29968 del 19/11/2019), tutt'altro che assente o carente.
3. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 39, primo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, 54 e 60 d.P.R. n. 633 del 1972 per aver la CTR ritenuto legittimo l'accertamento fondato sulla base di meri indizi, costituiti da 16 anonime "pen drive", rinvenute presso un terzo, la società O.I. Srl, in assenza di riscontro nella contabilità della K., così determinando una indebita inversione dell'onere della prova a carico della contribuente.
3.1. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa dell'art. 2697 c.c., censurando nuovamente la sentenza impugnata per aver ritenuto legittimo l'avviso in assenza di elementi probatori, con capovolgimento dell'onere della prova.
4. I motivi, che possono essere esaminati unitariamente per connessione logica, sono infondati e al limite dell'inammissibile.
4.1. È noto che, a mente delle disposizioni di cui agli artt. 32, 37 e 39 d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972 - a cui si correlano in guisa di necessario complemento operativo le disposizioni in tema di accessi, ispezioni e verifiche di cui agli artt. 33 d.P.R. n. 600 del 1973 e 52 d.P.R. n. 633 del 1972 - l'azione accertatrice del fisco in ordine al corretto assolvimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti si vale di un ampio ventaglio di strumenti istruttori e conoscitivi che, oltre ad individuare il singolo contribuente quale necessario interlocutore delle attività di verifica (artt. 32, primo comma, nn. 1, 2, 3 e 4 d.P.R. n. 600 del 1973 e 51, secondo comma, nn. 1, 2 e 3, d.P.R. n. 633 del 1972), mostra di ricorrere in larga misura alle informazioni attingibili presso i terzi, che, in ragione dei rapporti intrattenuti con il contribuente, vengono a costituire, per mezzo dell'incrocio dei dati contabili rinvenuti presso ciascuno, strumento di immediata verifica della fedeltà fiscale del soggetto verificato e fonte, insieme, di un patrimonio di conoscenze in grado di orientare le future attività di accertamento sulla scorta dei dati e delle notizie in tal modo acquisiti (art. 37, primo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 e 54, primo comma, d.P.R. n. 633 del 1972).
In particolare, i poteri che l'Amministrazione è chiamata ad esercitare, in questo disegno inteso ad assicurare alla sua azione il più esteso campo d'azione, si indirizzano nei confronti di categorie di terzi scelte in base alla loro qualifica professionale, all'attività svolta o alle informazioni rilevanti ai fini di verifica di cui siano comunque in possesso, ma non trascurano più in generale qualsiasi terzo che al contribuente risulti legato da una pregressa attività, potendo invero l'amministrazione in forza dell’art. 32, primo comma, n. 8 bis, d.P.R. n. 600 del 1973 «invitare ogni altro soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, atti o documenti fiscalmente rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente e a fornire i chiarimenti relativi» e così in forza dell'art. 51, secondo comma, n. 4, d.P.R. n. 633 del 1972 «invitare qualsiasi soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, documenti e fatture relativi a determinate cessioni di beni o prestazioni di servizi ricevute ed a fornire ogni informazione relativa alle operazioni stesse».
L'Amministrazione, dunque, è depositaria di un ampio potere conoscitivo che, in piena discrezionalità e con i soli limiti imposti dal rispetto dei diritti costituzionali, le consente di organizzare le attività di controllo in modo particolarmente capillare e secondo modelli operativi in grado di assicurare una conoscenza tendenzialmente completa ed esaustiva della posizione fiscale del contribuente e di evidenziare, se del caso, le irregolarità al medesimo ascrivibili anche al di là di una contabilità formalmente corretta.
4.2. L'infondatezza delle doglianze, pertanto, discende, in primo luogo, dai principi per cui, da un lato, è legittima la «determinazione dei ricavi effettuata in modo analitico-induttivo anche in presenza di una contabilità formalmente corretta, ma di cui sia provata, in base ad altri dati e notizie raccolti nei modi prescritti dagli artt. 32 e 51 cit., l'intrinseca inattendibilità» (Cass. n. 26036 del 30/12/2015), e, dall'altro, con specifico riguardo all'utilizzazione dei dati acquisiti dall'escussione di soggetti terzi, che l'art. 39, primo comma, lett. c), d.P.R. n. 600 del 1973 «consente di procedere alla rettifica del reddito anche quando l'incompletezza della dichiarazione risulta dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti» (Cass. n. 18232 del 16/09/2016; Cass. n. 20094 del 24/09/2014; Cass. n. 9210 del 21/04/2011).
4.3. In secondo luogo, una volta che l'esistenza di attività non dichiarate sia desumibile anche sulla base di presunzioni semplici originate dagli accertamenti condotti presso terzi e, meglio, dai dati e dalle notizie che l'amministrazione abbia appreso all'esito degli stessi, il meccanismo innescato dai controlli erariali genera gli effetti propri della prova per presunzioni della condotta evasiva, rispetto alla quale non solo non può essere 4 opposta la regolarità formale della contabilità tenuta dal contribuente, ma neppure è sostenibile che l'Amministrazione debba assolvere un onere probatorio ulteriore, avendo essa adempiuto al compito imposto dall'art. 2697 c.c. mediante gli elementi indiziari posti a base dell'accertamento, mentre, invece, è il contribuente che è tenuto a dare la prova dei fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa erariale.
5. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese sono regolate per soccombenza come in dispositivo
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna K. Srl al pagamento delle spese a favore dell'Agenzia delle entrate, che liquida in complessivi € 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.