Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 novembre 2020, n. 26648

Tributi - IRPEF - Indebito versamento di ritenute in qualità di sostituto d’imposta - Assenza del presupposto di tassazione del reddito di lavoro del dipendente - Diritto al rimborso - Legittimità

 

Rilevato che

 

1. C. Logistics Services Inc., società statunitense, con stabile organizzazione in Italia, con istanza ex art. 38, del d.P.R. n. 602/1973, datata 29/07/2004, chiese all'Agenzia delle entrate di Bologna il rimborso delle ritenute d'acconto IRPEF, per l'anno d'imposta 2003, effettuate, come sostituto d'imposta, sui redditi di lavoro dipendente, per l'attività svolta all'estero, da G.M., residente in Belgio ed iscritto all'AIRE dal 10/08/2000, assumendo di averle versate all'erario per mero errore in quanto il lavoratore non era più residente in Italia e svolgeva la propria attività lavorativa esclusivamente in Belgio, dove pagava le tasse; il 13/01/2006 l'Agenzia delle entrate comunicò alla società che la pratica era stata trasmessa, per competenza, al Centro Operativo di Pescara; successivamente, in data 20/06/2008, la società impugnò il silenzio-rifiuto dell'Amministrazione finanziaria dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Pescara, la quale, con sentenza n. 189/01/2009, accolse il ricorso;

2. avverso tale decisione l'ufficio ha interposto appello innanzi alla Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo, la quale, con la sentenza indicata in epigrafe, nel contraddittorio della contribuente, ha rigettato il gravame;

la Commissione regionale, innanzitutto, disattendendo la relativa eccezione dell'appellante, ha ravvisato la legittimazione ad agire della società, in qualità di sostituto d'imposta; quanto al merito della vicenda tributaria, la CTR ha escluso che, nella fattispecie, sia applicabile la Convenzione Italia-Belgio contro le doppie imposizioni, a causa della mancanza di un qualche criterio di collegamento che rendesse il reddito di lavoro dipendente imponibile in entrambi i paesi contraenti; infatti, secondo la Commissione regionale, la società, avente una stabile organizzazione in Italia (che manteneva attiva, in Italia, la posizione previdenziale di M., senza però pagargli lo stipendio), aveva dimostrato che il lavoratore, per il quale era stata effettuata la ritenuta, non era un suo dipendente ed era residente in Belgio, dove lavorava - da anni - presso una filiale della compagine statunitense;

in altri termini, egli non produceva redditi né era residente in Italia e non prestava nemmeno la propria attività lavorativa in favore di un ente residente in Italia, sicché il suo reddito di lavoro era tassabile solo in Belgio e C. Logistic Services Inc., per mero errore, aveva versato delle somme, che le dovevano essere rimborsate;

3. l'Agenzia delle entrate ricorre, con cinque motivi, per la cassazione della sentenza della CTR;

la società resiste con controricorso, illustrato con una memoria;

 

Considerato che

 

a. preliminarmente, è priva di fondamento l'eccezione della società, di inammissibilità del ricorso per cassazione, per violazione del principio dell'autosufficienza, in quanto, a giudizio di questa Corte, come si evince anche dalla trama narrativa dei motivi d'impugnazione (vedi infra), il ricorso dell'Agenzia è conforme alla prescrizione dell'art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., e reca l'esposizione sommaria dei fatti di causa;

1. con il primo motivo del ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 38, del d.P.R. n. 602/1973, 100 cod. proc. civ., l'ufficio censura l'errore di diritto della sentenza impugnata per avere ravvisato la sussistenza dell'"interesse ad agire" della società, trascurando che, ai sensi dell'art. 38, cit., come si esprime la ricorrente: "è la società che agisce per conto di un terzo soggetto, che invece era l'unico legittimato attivo ad azionare il diritto in base alle norme sopra indicate. Ne consegue sul punto la totale carenza di legittimazione del soggetto istante" (cfr. pag. 4 del ricorso per cassazione);

2. con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 75, del d.P.R. n. 600/1973, 28 della Convenzione Italia-Belgio, l'ufficio censura la sentenza impugnata per non avere dichiarato l'improponibilità/inammissibilità del ricorso, per carenza d'interesse della C. Logistic Services Inc., poiché, ai sensi dei detti articoli, l'unico soggetto "legittimato ad agire" era il dipendente M.;

2.1. i primi due motivi, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono infondati;

la CTR ha riconosciuto la legittimazione ad agire dell'appellata, dopo avere posto in risalto che persino l'ufficio aveva ammesso che, ai sensi dell'art. 38, del d.P.R. n. 602/1973, la società era legittimata a chiedere il rimborso della somma erroneamente versata come sostituto d'imposta;

la sentenza d'appello non si discosta dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui: «In tema di rimborso delle imposte sui redditi, ai sensi dell'art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, sono legittimati a richiedere all'Amministrazione finanziaria il rimborso della somma non dovuta e ad impugnare l'eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario sia il soggetto che ha effettuato il versamento (cd. "sostituto d'imposta"), sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (cd. "sostituito").» (Cass. 29/07/2015, n. 16105; conf.: 13/11/2019, n. 29399);

3. con il terzo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 28, comma 2, della Convenzione Italia-Belgio, e la mancata formazione del silenzio-rifiuto a causa dell'incompletezza documentale dell'istanza di rimborso, l'ufficio censura la sentenza impugnata per non avere dichiarato l'improponibilità del ricorso per carenza di un "valido provvedimento impugnabile" in quanto l'istanza di rimborso di C. Logistic Services Inc. non era corredata dell'idoneo attestato ufficiale previsto dall'art. 28, comma 2, della detta Convenzione, e tanto era sufficiente, secondo la prospettazione erariale, per impedire che si formasse qualsiasi forma di silenzio-rifiuto, suscettibile d'impugnabile; sotto altro aspetto (che l'Agenzia qualifica come "requisito soggettivo"), l'ufficio fa valere l'errore dei giudici di merito che non avrebbero valutato correttamente la presenza della doppia imposizione (che la Convenzione Italia-Belgio ha lo scopo di evitare), in mancanza della dimostrazione, da parte della società statunitense, che i redditi di lavoro del dipendente fossero stati dichiarati in Belgio, quale aspetto essenziale del thema decidendum, posto che l'accordo tra i due Stati è volto ad impedire che si crei una sorta di "terra di nessuno", nella quale un certo reddito non viene assoggettato ad alcuna tassazione;

3.1. il motivo è inammissibile per varie ragioni;

in primo luogo, è utile ricordare che, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni non affrontate dalla sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena d'inammissibilità della censura, non solo allegarne l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel "thema decidendum" del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio (Cass. 9/08/2018, n. 20694);

nella fattispecie, la sentenza della CTR non fa menzione della doglianza dell'Amministrazione finanziaria relativa all'assenza di un "valido provvedimento impugnabile", sicché questa Corte non è posta nella condizione di valutare se l'Agenzia avesse già dedotto, nei gradi di merito, l'inesistenza di un diniego tacito dell'istanza di rimborso ex art. 38, cit., o se, al contrario, la questione sia stata sollevata, per la prima volta, in modo non consentito, in questo giudizio di legittimità;

d'altro canto, il Collegio intende dare continuità al pacifico indirizzo della Corte, per il quale la valutazione degli elementi probatori è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento (Cass. 26/01/2015; in senso conforme, ex multis: Cass. 30/04/2015, n. 8762; 7/04/2017, n. 9097; 07/03/2018, n. 5355); del resto, la scelta dei mezzi istruttori utilizzabili per il doveroso accertamento dei fatti rilevanti per la decisione è rimessa all'apprezzamento discrezionale, ancorché motivato, del giudice di merito, ed è censurabile, quindi, in sede di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione e non della violazione di legge (Cass. 20/09/2013, n. 21603); anche da tale punto di vista, pertanto, la critica dell'A.F. è inammissibile perché prospettata come violazione di legge, anziché come lacuna dell'impianto motivazionale della decisione;

la censura, infine, non focalizza bene la ragione del decidere della sentenza impugnata che, come suaccennato, nel negare in radice l'applicabilità del regime convenzionale, poggia sul dato di fatto, accertato dalla CTR, con apprezzamento incensurabile, in questa sede di legittimità, secondo l'invocato parametro dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell'assenza di criteri di collegamento idonei a rendere tassabile, in Italia, il reddito di lavoro del dipendente;

4. con il quarto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 23 della Convenzione Italia-Belgio, contro la doppia imposizione, l'ufficio assume che, in caso di tassazione da parte di entrambi gli Stati contraenti, l'art. 23, cit., prevede la possibilità di concedere un credito d'imposta per i tributi pagati all'estero, ferma la constatazione che, nella specie, non è dato sapere se M. si sia avvalso o meno di tale facoltà;

4.1. il motivo è infondato;

precisato, ancora una volta (vedi § 3.1.) che la CTR, con un accertamento in fatto, incensurabile in sede di legittimità, ha negato che nella specie sussistessero i presupposti per l'applicazione della menzionata Convenzione bilaterale, in difetto del necessario conflitto tra il criterio della residenza e il criterio della fonte di produzione del reddito (in quanto M. né era residente né percepiva redditi in Italia), osserva la Corte che, nella fattispecie, nemmeno si poneva il rischio di doppia imposizione, in relazione al quale l'art. 23 della Convenzione prevede il credito d'imposta per i tributi pagati all'estero, al quale fa riferimento la censura dell'Agenzia;

5. con il quinto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2697 cod. civ., 28, comma 2, della Convenzione Italia-Belgio, l'Agenzia censura il mancato assolvimento, da parte della società statunitense, dell'onere della prova, quale requisito  imprescindibile dell'istanza di rimborso, in assenza della produzione, in sede amministrativa o in sede contenziosa, del certificato di residenza fiscale;

5.1. il motivo è inammissibile, per le stesse ragioni esposte con riferimento al terzo mezzo d'impugnazione;

è il caso di rimarcare, inoltre, che la sentenza impugnata non fa menzione del rilievo dell'A.F. relativo all'omessa produzione, ad opera della controparte, in fase amministrativa e contenziosa, del "certificato di residenza fiscale", e si limita a riportare, in narrativa, la doglianza dell'ufficio, secondo cui "la documentazione presentata era incompleta" (cfr. pag. 2 della sentenza), ragione per cui non è dato sapere se l'Agenzia, con quella critica generica, alludesse proprio all'omessa produzione di tale certificato; spettava, quindi, alla ricorrente (che, invece, non ha fornito alcun riscontro al riguardo) indicare, con precisione, in quale atto del giudizio avesse dedotto l'omessa produzione, da parte della società, del certificato di residenza fiscale;

6. ne consegue il rigetto del ricorso per le stesse ragioni poste a base dell'ordinanza 06/02/2019, n. 3457, di questa Sezione tributaria, emessa nella causa con r.g. n. 18953/2012, tra le stesse parti;

7. si reputa congruo compensare, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità in quanto la contribuente, con l'erroneo versamento delle ritenute d'acconto IRPEF, ha causato l'avvio della controversia;

8. rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l'art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. 29/01/2016, n. 1778);

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso e compensa, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.