Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 04 agosto 2020, n. 16635

Accertamento - Indebita detrazione di Iva - art. 26, comma 2, del d.P.R n. 633/72 - Applicabilità

 

Rilevato che

 

il ricorso R.G.N. 10377/2015

- l'agenzia delle entrate e del territorio (di seguito, l'agenzia) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Siracusa, n. 3188/16/14, pronunciata I'1 aprile 2014 e depositata il 21 ottobre 2014, di reiezione dell'appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla società F. Srl (di seguito, la società o la contribuente) per l'annullamento dell'avviso di accertamento Iva, relativo all'anno di imposta 2004;

- dall'esame della sentenza di appello si evince che l'Ufficio aveva contestato alla società una indebita detrazione di Iva derivante dal pagamento di alcuni acconti alla società E. Srl alla quale aveva commissionato la ristrutturazione di immobili di sua proprietà;

- a seguito dell'impossibilità dell'appaltatrice di eseguire il contratto, quest'ultima, con il consenso della committente, lo aveva ceduto ad altra società;

- le parti avevano convenuto che gli acconti versati non sarebbero stati restituiti, ma imputati ai corrispettivi da versare alla cessionaria del contratto di appalto;

- la E. Srl aveva emesso nota di credito pari all'acconto ricevuto, nota che la contribuente non aveva contabilizzato (portando tuttavia in detrazione l'Iva sull'acconto corrisposto);

- ad avviso della CTR, la richiesta dell'amministrazione di pagamento dell'Iva era illegittima, in quanto, non avendo la ricorrente ricevuto la restituzione dell'acconto versato, non era tenuta a contabilizzare la nota di credito ricevuta dalla E. Srl ed era legittimata a detrarre l'Iva pagata sull'acconto;

- il ricorso dell'agenzia è affidato a due motivi, cui la contribuente resiste con controricorso, illustrato da memoria;

il ricorso R.G.N. 10481/2015

- l'agenzia delle entrate e del territorio (di seguito, l'agenzia) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Siracusa, 3189/16/14, pronunciata I'1 aprile 2014 e depositata il 21 ottobre 2014, di reiezione dell'appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla società F. Srl (di seguito, la contribuente) per l'annullamento del provvedimento di diniego di rimborso Iva relativo all'anno di imposta 2007;

- il giudice di appello a sostegno della decisione, premesso che il diniego opposto dall'ufficio si fondava sul fatto che parte del credito Iva, derivante dall'anno di imposta 2004, era stato disconosciuto, richiama la sentenza favorevole alla contribuente emessa nella stessa udienza, avente ad oggetto l'annullamento dell'avviso di accertamento con cui era stata contestata l'indebita detrazione dell'Iva;

- il ricorso dell'agenzia è affidato a due motivi, cui la contribuente resiste con controricorso, illustrato da memoria;

 

Considerato che

 

1. In via preliminare va disposta la riunione del ricorso R.G.N. 10481/2015 a quello R.G.N. 10377/2015 per connessione e interdipendenza.

2 - Con il primo motivo, comune ad entrambi i ricorsi, l'agenzia denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 19 e dell'art. 26 del d.P.R. n. 633/72, in rapporto all'art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c.;

- evidenzia che nel processo verbale di constatazione (PVC), all'origine dell'avviso di accertamento, era stato accertato che la contribuente aveva effettuato una indebita detrazione di Iva derivante dal pagamento di alcuni acconti alla società E. Srl alla quale aveva commissionato la ristrutturazione di immobili di sua proprietà;

- nonostante l'impossibilità dell'appaltatrice di eseguire il contratto poichè in attesa delle concessioni edilizie, essa aveva ricevuto dalla committente cinque fatture per acconti, con Iva al 20% per euro 440.000;

- ricevuto il nulla osta comunale, la E. Srl aveva addotto sopravvenuti impedimenti per cui, con il consenso della committente, aveva ceduto a altra società (I. costruzioni S.r.l.);

- le parti avevano convenuto che gli acconti versati non sarebbero stati restituiti alla ricorrente, ma sarebbero stati imputati ai corrispettivi da versare alla cessionaria del contratto di appalto;

- I. costruzioni aveva ricevuto acconti dello stesso importo di quelli corrisposti alla E. Srl e emesso fatture con Iva al 10%;

- la E. Srl aveva emesso nota di credito pari all'acconto ricevuto, che la ricorrente non aveva contabilizzato, portando in detrazione l'Iva sull'acconto corrisposto;

- afferma che: - il giudice di appello non aveva effettuato una completa ricostruzione dei fatti di causa non riuscendo a riconoscere nella omessa contabilizzazione della nota di credito l'illegittimo vantaggio fiscale conseguito dalla contribuente, che aveva creato il presupposto per la richiesta di rimborso, e per la E. Srl, che aveva neutralizzato l'imposta a debito; - la E. Srl, in realtà, altro non era che un soggetto interposto, creato al fine di dare parvenza dell'inizio dei lavori nel cantiere al fine di non perdere il contributo regionale; - nonostante fosse stato previsto l'accollo del debito in favore della nuova appaltatrice, questa aveva emesso fatture dello stesso importo nei confronti della ricorrente che non aveva mai richiesto alla E. Srl il pagamento di penale e la restituzione delle somme versate; - si era quindi in presenza di una operazione inesistente che non legittimava la detrazione dell'Iva;

- il motivo è infondato;

- la CTR con la sentenza 3188/16/14 ha fatto corretta applicazione dell'art. 26, comma 2, del d.P.R n. 633/72 (rubricato Variazione dell'imponibile o dell'imposta "Se un'operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli artt. 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l'ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'art. 182- bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell'art. 67, terzo comma, lettera d), del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese o in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell'art. 19 l'imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell'art. 25)", affermando che, nel caso in esame, non essendoci prova della risoluzione del contratto, e comunque non essendo stati restituiti gli acconti, la F. srl non doveva contabilizzare la nota di credito e aveva il diritto di detrarre l'Iva sull'acconto corrisposto.

- Con il secondo motivo, comune ad entrambi i ricorsi, l'agenzia deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., in rapporto all'art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c.;

- evidenzia che la CTR non avrebbe preso in esame i motivi dell'appello, né le argomentazioni dei verificatori trasfuse nel PVC e parte integrante dell'avviso di accertamento impugnato, dal quale era stato ricostruito il piano di frode posto in essere dalla E. Srl per mezzo dell'emissione di fatture inesistenti;

- il motivo è inammissibile;

- la CTR facendo applicazione dei principi affermati da questa Sezione, secondo cui la natura impugnatoria del processo tributario rende inammissibile l'eterointegrazione giudiziale di un atto impositivo lacunoso, ha correttamente delimitato l'ambito della sua cognizione a quanto risultante dalla motivazione del provvedimento impugnato, fondato sulla omessa contabilizzazione della nota di credito;

- a sua volta, in contrasto con il principio di autosufficienza, l'agenzia non indica (o riproduce) in quale parte dell'atto di costituzione i temi specifici di cui censura l'omessa valutazione erano stati introdotti, e, oltretutto, trascura di confrontarsi con la riproduzione nel controricorso dell'atto di costituzione nel giudizio di primo grado dell'agenzia dal quale si evince che, come correttamente rilevato dalla CTR, il tema in discussione era relativo soltanto alla omessa contabilizzazione della nota di credito;

- pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso R.G.N. 10377/2015 non può essere accolto; le conclusioni si riflettono sul ricorso R.G.N. 10481/2015 che va rigettato;

- le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo

 

P.Q.M.

 

respinge i ricorsi riuniti; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di legittimità, liquidate in euro 13.000,00 per compensi per il ricorso R.G.N. 10377/2015 e in € 5.000 per compensi per il ricorso R.G.N. 10481/2015, oltre rimborso forfetario 15% e accessori di legge.