Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 19 marzo 2024, n. 7373

Lavoro - Domanda di rivalutazione contributiva per l’esposizione all’amianto (Legge 27 marzo 1992, n. 257) - Termine di prescrizione decennale - Prescrittibilità del diritto alla rivalutazione contributiva - Maggiorazione pensionistica avente natura risarcitoria - Rigetto 

 

Fatti di causa

 

1.– Con ricorso notificato il 24 giugno 2019 e articolato in quattro motivi, illustrati da memoria, il signor B.D.N. impugna per cassazione la sentenza n. 310 del 2018, pronunciata dalla Corte d’appello di Potenza e depositata il 19 dicembre 2018.

1.1.– La Corte territoriale ha accolto il gravame dell’INPS e, in riforma della pronuncia del Tribunale di Matera, ha respinto la domanda di rivalutazione contributiva per l’esposizione all’amianto (legge 27 marzo 1992, n. 257), presentata dal lavoratore in relazione all’attività svolta alle dipendenze di E..

1.2.– A fondamento della decisione, i giudici d’appello hanno argomentato che il termine di prescrizione decennale era già infruttuosamente decorso, al momento della presentazione della domanda all’INPS, il 29 gennaio 2017.

2.– L’INPS resiste con controricorso, notificato il 2 agosto 2019.

3.– La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, secondo comma, numero 4-quater), e 380-bis.1., primo comma, cod. proc. civ.

4.– Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.

5.– All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi (art. 380-bis.1., secondo comma, cod. proc. civ.).

 

Ragioni della decisione

 

1.– Il signor D.N. sottopone al vaglio di questa Corte le seguenti censure.

1.1.– Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2934 cod. civ. e lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto prescrittibile il diritto alla rivalutazione contributiva per i soggetti già pensionati o collocati in mobilità alla data del primo ottobre 2003, data di entrata in vigore del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326, che avrebbe salvaguardato l’applicazione della previgente disciplina per la descritta categoria di lavoratori.

Secondo la normativa, destinata ad applicarsi anche all’odierno ricorrente, il diritto alla rivalutazione contributiva sarebbe strettamente connesso con il diritto alla pensione e, al pari di quest’ultimo, sarebbe imprescrittibile.

1.2.– Con la seconda doglianza (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente prospetta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2935 e 2697 cod. civ.

Avrebbe errato la Corte d’appello di Potenza nel porre a carico del lavoratore l’onere di provare i fatti su cui l’eccezione di prescrizione si fonda e nel valorizzare una domanda all’INAIL che l’Istituto avrebbe indicato solo genericamente negli atti difensivi, senza chiedere di acquisire il relativo documento.

1.3.– Con la terza critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente si duole della violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ.

La sentenza impugnata avrebbe erroneamente individuato nella data di pensionamento o nella presentazione della domanda all’INAIL il dies a quo della prescrizione, in difetto di ogni elemento indiziario idoneo a corroborare «la consapevolezza dell’esposizione all’amianto in tale momento» (pagina 18 del ricorso).

1.4.– Con il quarto mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente censura, infine, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2935 cod. civ.

La sentenza d’appello, nel far leva sulla data del pensionamento, avrebbe violato la normativa sulla prescrizione, che correla la decorrenza del termine al momento in cui il diritto può esser fatto valere. Tale momento presupporrebbe, quale requisito indefettibile, la «consapevolezza in capo al titolare del diritto della propria esposizione all’amianto» (pagina 22 del ricorso) e, in questa prospettiva, la data del pensionamento non rivestirebbe alcun rilievo.

2.– Ha priorità logica l’esame del primo motivo, che contesta in radice la prescrittibilità del diritto alla rivalutazione contributiva legata all’esposizione all’amianto.

La censura è infondata.

2.1.– Come l’Istituto ha rammentato nel controricorso (pagine 3, 4 e 5) nell’analizzare i precedenti evocati dal ricorrente, questa Corte è costante nell’affermare la prescrittibilità del diritto alla rivalutazione contributiva, contemplato dall’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992.

La prescrittibilità discende dalle caratteristiche del beneficio della rivalutazione contributiva della posizione assicurativa, che si atteggia «come un diritto autonomo rispetto al diritto a pensione (solo questo primario ed intangibile - Cass., sez. un., 9219/2003)» e «sorge in conseguenza del “fatto” della esposizione ad amianto e determina una maggiorazione pensionistica avente in un certo qual modo natura risarcitoria» (Cass., sez. VI-L, 2 febbraio 2017, n. 2856, punto 13).

Anche per lavoratori già pensionati alla data di entrata in vigore del d.l. n. 269 del 2003, questa Corte ha ribadito la prescrittibilità del diritto, sulla scorta dei seguenti rilievi: «ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge “ai fini pensionistici” e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in base ai criteri ordinari – il diritto al trattamento pensionistico» (Cass., sez. VI-L, 9 febbraio 2015, n. 2351, punto 4 dei Motivi della decisione).

2.2.– La prospettazione dell’imprescrittibilità, coltivata dal ricorrente, è stata disattesa anche di recente (Cass., sez. VI-L, 9 maggio 2022, n. 14599), nella disamina di controversie sovrapponibili a quella odierna, per il tenore delle questioni dibattute e degli argomenti esposti.

Né la parte ricorrente ha formulato rilievi critici che inducano, a tale riguardo, a rimeditare l’orientamento espresso, anche da ultimo, da questa Corte.

3.– Acclarata la prescrittibilità del diritto dedotto in causa, occorre vagliare il tema del dies a quo della prescrizione, approfondito, da diverse angolazioni, con il secondo, con il terzo e con il quarto mezzo.

Tali motivi possono essere scrutinati congiuntamente, per la connessione che li unisce, e devono essere complessivamente disattesi, in quanto in parte infondati e in parte inammissibili.

3.1.– Occorre ricostruire, in primo luogo, la ratio decidendi che sorregge la pronuncia impugnata.

La Corte di merito evidenzia, in punto di fatto, che l’odierno ricorrente è «andato in pensione nel gennaio 2003 ed ha presentato precedentemente al pensionamento, nel novembre 2002, domanda all’INAIL ed il successivo 29 gennaio 2017 domanda all’INPS» (pagine 5 e 6 della pronuncia impugnata).

Da tali premesse di fatto, i giudici del gravame traggono la conclusione che il dies a quo della prescrizione decennale «debba necessariamente essere ricollegato alla data della presentazione della domanda all’INAIL o dal pensionamento con conseguente intempestività della domanda rivolta all’INPS del 29 gennaio 2017» (pagina 6 della sentenza d’appello).

3.2.– La statuizione sull’intempestività della domanda non si pone in contrasto con i principi comunemente recepiti in tema di prescrizione.

Questa Corte, con giurisprudenza consolidata, afferma che il diritto alla rivalutazione contributiva, di cui all’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, è assoggettato a prescrizione decennale, «con decorrenza dal momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza o potesse avere conoscenza del fatto di essere stato esposto oltre soglia ad amianto, durante le proprie lavorazioni» (Cass., sez. lav., 16 novembre 2018, n. 26935, punto 3.2. delle Ragioni della decisione).

Nella fattispecie tipizzata dalla legge, la consapevolezza o la conoscibilità si palesano, perciò, indispensabili al fine di individuare il termine di decorrenza della prescrizione del diritto vantato (di recente, Cass., sez. lav., 5 settembre 2023, n. 25779) e devono essere positivamente e puntualmente accertate.

3.3.– La Corte territoriale, pur alludendo anche al momento del collocamento in quiescenza, ha posto l’accento, in via prioritaria, sulla presentazione della domanda all’INAIL.

Tale elemento riveste rilievo decisivo e non consente di comparare la vicenda oggi sottoposta al vaglio di questa Corte con le fattispecie esaminate in altre pronunce (Cass., sez. VI-L, 14 dicembre 2022, n. 36561, 9 dicembre 2022, n. 36102, 13 ottobre 2022, n. 30172 e n. 30163), che la parte ricorrente ha richiamato nella memoria illustrativa depositata in vista dell’adunanza in camera di consiglio.

Nei precedenti menzionati, questa Corte ha censurato per violazione e falsa applicazione della normativa sulla prescrizione la rilevanza attribuita in via dirimente alla data del pensionamento, senza alcuna valutazione della consapevolezza o della conoscibilità dell’esposizione all’amianto, elementi imprescindibili della fattispecie tipizzata dalla legge ai fini del decorso del termine di prescrizione.

3.4.– Tali considerazioni, tuttavia, non si attagliano al caso di specie, in cui la Corte di merito si è cimentata con la valutazione degli elementi della fattispecie normativa e non si è arrestata al vaglio della data del pensionamento, di per sé sprovvista di valenza probante in ordine alla consapevolezza o alla conoscibilità dell’esposizione all’amianto.

Come ha osservato la parte controricorrente (pagine 7 e 8 del controricorso), il richiamo a un ulteriore, alternativo, dies a quo, identificato nella data del pensionamento, posteriore alla presentazione della domanda all’INAIL, «costituisce affermazione priva di ogni rilievo utile a sorreggere la decisione».

Invero, la sentenza impugnata ha accertato in fatto che, il 14 novembre 2002, è stata richiesta all’INAIL la certificazione dell’assoggettamento ad asbesto e, alla stregua di tale circostanza, ha ritenuto che, già a quella data, fosse insorta la consapevolezza dell’esposizione qualificata.

Come ha rilevato l’Istituto (pagine 5 e 6 del controricorso), la valutazione delle emergenze istruttorie e della loro decisività ai fini della consapevolezza o della conoscibilità dell’esposizione ad amianto è rimessa al giudice di merito e può essere sindacata in questa sede di legittimità nei ristretti limiti tracciati dal novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.

In tal senso si è pronunciata anche questa Corte, nel dichiarare inammissibili censure volte a contestare il rilievo attribuito alla presentazione della domanda all’INAIL e le inferenze logiche che i giudici di merito avevano mostrato di desumerne in punto di consapevolezza dell’esposizione all’amianto (Cass., sez. VI-L, 13 ottobre 2022, n. 30154, punti 17, 18 e 19 del Considerato).

3.5.– I motivi di ricorso, incardinati sulla violazione e sulla falsa applicazione della legge, non disvelano alcun error in iudicando della sentenza d’appello, che ha ponderato la consapevolezza del lavoratore, in linea con la previsione di legge.

I giudici d’appello, senza invertire le regole che presiedono alla distribuzione degli oneri probatori e senza pretermettere i caratteri indefettibili delle presunzioni (gravità, precisione e concordanza), hanno proceduto alla disamina del materiale probatorio e, nell’esercizio del prudente apprezzamento (art. 116 cod. proc. civ.), hanno conferito rilievo a un dato cruciale, quale è la presentazione della domanda all’INAIL per la richiesta di certificazione.

Da quest’angolazione, le censure si palesano, pertanto, infondate.

3.6.– I motivi di ricorso risultano, per altro verso, inammissibili, in quanto non confutano in maniera convincente, additando un vizio riconducibile al paradigma dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la valenza significativa degli elementi valorizzati dalla Corte d’appello ai fini del decorso della prescrizione.

Dietro lo schermo della violazione di legge, i motivi tendono a contestare la forza persuasiva che la sentenza impugnata, nell’accertare la presentazione di una domanda all’INAIL, ha attribuito alle evidenze documentali acquisite (lo scambio d’informazioni intercorso tra INPS e INAIL), puntualmente richiamate anche nel controricorso (pagine 5 e 6).

Sotto questo profilo, le doglianze, volte a propugnare una lettura alternativa del compendio istruttorio e comunque generiche e inidonee a scalfire in modo efficace il plausibile apprezzamento della Corte d’appello, risultano, in ultima analisi, inammissibili.

4.– In definitiva, il ricorso dev’essere, nel suo complesso, respinto.

5.– Il ricorrente dev’essere condannato alla rifusione delle spese (art. 385, primo comma, cod. proc. civ.), che si liquidano nella misura indicata in dispositivo.

Non si riscontrano i presupposti per l’applicazione dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ.

Il regime di esenzione dal pagamento delle spese processuali è espressione di uno ius singulare, come tale non applicabile a casi non espressamente indicati, e opera solo in relazione ai giudizi promossi per il conseguimento di prestazioni previdenziali o assistenziali.

Requisito indefettibile dell’esenzione è che il diritto alla prestazione sia l’oggetto diretto della domanda introdotta in giudizio e non solo la conseguenza indiretta ed eventuale di un diverso accertamento (Cass., sez. VI-L, 9 febbraio 2023, n. 4062, che disconosce l’applicabilità dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ. in un giudizio concernente, come quello odierno, la rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto).

6.– L’integrale rigetto del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.

Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1-bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.