Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 marzo 2024, n. 7645

Lavoro - Indennità di trasferta - Trasferimento - Assegnazione definitiva della nuova sede al lavoratore a seguito di riorganizzazione aziendale - Ordine di servizio - Inammissibilità

 

Fatti di causa

 

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dal C.B.A.P. contro la sentenza n. 908/2015 del Tribunale di Latina e in riforma di detta decisione, revocava il decreto ingiuntivo n. 1805/2013 emesso da quel Tribunale su richiesta di S.N., con il quale decreto era stato ingiunto al suddetto Consorzio di pagare al lavoratore la complessiva somma di € 16.189,51 a titolo di indennità di trasferta per il periodo 2/10/2012-1/10/2013.

2. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale riteneva che la motivazione del Tribunale si fondava su una erronea interpretazione dell’ordine di servizio n. 19/2012.

2.1. Più in particolare, premettendo gli elementi che differenziano la trasferta dal trasferimento in base a diversi precedenti di legittimità, la Corte, esaminando il contenuto di tale ordine di servizio, concludeva che il testo letterale dello stesso induceva a ritenere presente una assegnazione definitiva della nuova sede al lavoratore a seguito di riorganizzazione aziendale e, poiché non era stata offerta prova diversa sull’esistenza di indici indiziari della trasferta, l’appello del Consorzio era fondato ed il decreto ingiuntivo doveva essere revocato.

3. Avverso tale decisione, S.N. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a unico motivo.

4. Il Consorzio intimato ha resistito con controricorso.

5. Il ricorrente ha depositato memoria.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con unico motivo il ricorrente denuncia “Violazione di norme di contratti collettivi (atti aventi forza di legge tra le parti) art. 360, n. 3 c.p.c.”. Assume in sintesi che in entrambe le norme collettive richiamate in questo giudizio, ossia, l’accordo sindacale aziendale del 17.5.2010 e le norme collettive contenute nell’allegato B del CCNL Dipendenti Consorzi di Bonifica, sulle trasferte e missioni, non si fa alcun riferimento a “trasferimenti”, ma si disciplina unicamente l’attività prestata dai dipendenti in “trasferta”.

1.1. Riportati ampi brani delle proprie difese innanzi alla Corte territoriale, il ricorrente assume che quest’ultima aveva tutti gli elementi per procedere al doveroso rigetto dell’appello proposto dal C.B.A.P.; e che, al contrario, aveva ritenuto di adottare una decisione palesemente violativa, non solo dei già richiamati Accordi e Contratti Collettivi, ma di principi generali del nostro ordinamento giuridico privato.

2. Il motivo di ricorso così riassunto è inammissibile.

3. Infatti, esso difetta del requisito di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, richiesta dall’art. 366, comma primo, n. 4), c.p.c. in termini di pertinenza rispetto a quanto considerato nell’impugnata sentenza.

3.1. Più in particolare, come già accennato nella precedente narrativa, ratio decidendi unica ed esclusiva della sentenza dei giudici di secondo grado è quella che il dipendente del Consorzio, in base all’ordine di servizio n. 19/2012, come considerato ed interpretato, fosse stato interessato, non da una trasferta, bensì da un vero e proprio trasferimento.

La Corte territoriale, invero, non ha posto in discussione che la somma complessiva oggetto dell’ingiunzione ottenuta dal lavoratore, per il periodo 2.10.2012-1.10.2013, fosse stata chiesta “a titolo di indennità di trasferta”.

Ma, premessa una distinzione tra trasferta e trasferimento sulla scorta della giurisprudenza di legittimità considerata (distinzione che il ricorrente peraltro non pone in discussione), ha appunto escluso che nella specie fosse stata disposta una mera trasferta del lavoratore con il citato ordine datoriale di servizio.

3.2. E’ altrettanto evidente, perciò, che la soluzione così adottata legittimamente prescinde dalle fonti collettive cui si riferisce il ricorrente che secondo lo stesso riguardano appunto la trasferta e l’indennità in tale ipotesi dovuta.

3.3. Inoltre, il ricorrente, come pure già accennato, nello svolgimento della sua unica censura, richiama parte delle proprie difese in grado d’appello in cui, tra l’altro, si assumeva “che lo spostamento del S. è stato determinato con Ordine di Servizio n. 19/12 del 2/10/2012, sottoscritto dal Presidente”.

Si sostiene, quindi, che la Corte territoriale “ha ritenuto di compiere un’esegesi dell’Ordine di Servizio, omettendo di considerare” una serie di circostanze che sarebbero state espressamente ammesse dal Consorzio (v. in extenso pag. 10 del ricorso).

3.4. In parte qua, tuttavia, la censura, sotto l’apparente deduzione di violazione di norme di contratti collettivi ex art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c., si traduce in una non consentita critica dell’accertamento fattuale compiuto dalla Corte di merito.

Quest’ultima, difatti, ha escluso essersi in presenza di una “trasferta” soprattutto, ma non solo (cfr. pagg. 4-5 della sua sentenza), in base al contenuto testuale del ridetto ordine di servizio, in forza del quale lo stesso lavoratore allegava essere stato determinato il suo “spostamento”.

4. Il ricorrente, pertanto, di nuovo soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.