Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 marzo 2024, n. 7590

Lavoro - TFR insufficiente - Computo emolumenti fissi e continuativi percepiti - Rigetto

 

Rilevato che

 

1.- S.E. aveva lavorato alle dipendenze dell’Ospedale indicato in epigrafe dal 17/01/1973 al 31/12/2008 come infermiere professionale, livello D6 ccnl comparto sanità.

Deduceva che al momento della cessazione del rapporto di lavoro aveva percepito un t.f.r. insufficiente, poiché non erano stati computati nella sua base di calcolo tutti gli emolumenti fissi e continuativi percepiti durante il rapporto di lavoro, quali: a) l’indennità di pronta disponibilità, b) l’indennità per servizio notturno e festivo, c) l’indennità di incremento dell’utilizzazione delle strutture e degli impianti, d) l’indennità integrativa speciale, e) l’indennità di turno, sicché le era dovuta una differenza di euro 11.521,87.

Pertanto adìva il Tribunale di Foggia per ottenere la condanna dell’Ospedale al pagamento della predetta somma.

2.- C.S. aveva lavorato alle dipendenze del medesimo Ospedale dal 02/05/1970 al 31/12/2010 con qualifica “O”, livello D6 ccnl comparto sanità.

Deduceva che al momento della cessazione del rapporto di lavoro aveva percepito un t.f.r. insufficiente, poiché non erano stati computati nella sua base di calcolo tutti gli emolumenti fissi e continuativi percepiti durante il rapporto di lavoro, quali: a) l’indennità di pronta disponibilità, b) l’indennità per rischio ospedaliero, c) le indennità di comparto ex artt. 45, 56-57, 49-50 ccnl, d) l’indennità di mensa, e) l’indennità di necroforo, f) tutte le indennità professionali specifiche della mansione svolta, sicché gli era dovuta una differenza di euro 8.400,44.

Pertanto adìva il Tribunale di Foggia per ottenere la condanna dell’Ospedale al pagamento della predetta somma.

3.- Costituitosi il contraddittorio, riuniti i due giudizi, espletata una consulenza tecnica d’ufficio di tipo contabile, il Tribunale, ritenuta esclusa dalla base di computo del t.f.r. l’indennità di mensa ed inapplicabile la disciplina dell’indennità di contingenza, in parziale accoglimento delle domande, condannava l’Ospedale a pagare alla S. la somma di euro 8.643,64 ed al C. la somma di euro 4.896,88.

4.- Espletata una nuova consulenza tecnica d’ufficio contabile, con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello, in accoglimento del gravame interposto dall’Ospedale, rigettava le domande proposte dagli ex dipendenti con i ricorsi di primo grado.

Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:

a) contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, all’indennità integrativa speciale è applicabile l’art. 5, commi 2 e 3, L. n. 297/1982, perché avente la medesima natura dell’indennità di contingenza e la medesima funzione, in quanto meccanismo di adeguamento della retribuzione al costo della vita, sicché rientra negli “emolumenti di analoga natura” ai quali si riferisce l’art. 5 cit.;

b) l’eccezione degli appellati, secondo cui quella norma sarebbe applicabile solo al “settore privato” e non anche al rapporto di lavoro presso enti ecclesiastici, è infondata;

c) infatti, la natura privatistica dei rapporti di lavoro dei dipendenti degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti ed esercenti attività ospedaliera, classificati ai fini del loro inserimento nel servizio sanitario pubblico, è ormai acquisita (Cass. sez. un. n. 5616/1998) e proprio su tale presupposto si ritengono applicabili tutte le norme ed i principi di tutela operanti per i rapporti di lavoro subordinato di diritto privato;

d) pertanto, in difetto di disposizioni espresse in tal senso, non vi è parificazione della regolamentazione a quella dei dipendenti degli enti pubblici ospedalieri (Cass. n. 6064/2008; Cass. n. 8088/2007; Cass. n. 17546/2010 e Cass. n. 13435/2006 proprio con riferimento alla Casa Sollievo della Sofferenza);

e) quanto all’indennità di mensa, la sua esclusione dalla base di computo, affermata dal Tribunale, non è stata impugnata con appello incidentale, sicché sul punto si è formato il giudicato interno;

f) per il resto le considerazioni del c.t.u. nominato in questo grado sono corrette, ivi compresa l’affermata necessità di calcolare le differenze retributive al lordo di ogni imposta, come da consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, sicché nulla è dovuto alla S., né al C., per il quale l’insussistenza di un credito è risultata radicale, ossia anche a prescindere dall’applicabilità dell’art. 5 L. n. 297/1982.

4.- Avverso tale sentenza C.S. e S.E. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

5.- Ospedale (...) di Pietrelcina ha resistito con controricorso ed a sua volta ha proposto ricorso incidentale condizionato all’eventuale accoglimento di quello principale.

6.- C.S. e S.E. hanno resistito con controricorso al ricorso incidentale condizionato ed hanno poi depositato memoria.

7.- Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.

 

Considerato che

 

RICORSO PRINCIPALE

1.- Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. i ricorrenti lamentano “violazione e falsa applicazione” degli artt. 437, co. 2, 416, commi 2 e 3, 115, co. 1, c.p.c., per avere la Corte territoriale omesso di rilevare l’inammissibilità della nuova deduzione, sollevata per la prima volta dall’Ospedale con l’atto di appello, relativa alla non computabilità, nella base di calcolo del t.f.r., della voce “fondo incentivazione/ compartecipazione”, mentre in primo grado la computabilità di tale voce non era stata contestata.

Invocano al riguardo il divieto di novum in appello, come interpretato da questa Corte nelle pronunzie nn. 4854/2014, 2529/2018 e 22357/2019, secondo cui tale divieto non riguarda solo le domande e le eccezioni in senso stretto, ma pure le contestazioni.

Il motivo è infondato.

Questa Corte ha da tempo affermato che “Nel rito del lavoro, il divieto di nova in appello, ex art. 437 c.p.c., non riguarda soltanto le domande e le eccezioni in senso stretto, ma è esteso alle contestazioni nuove, cioè non esplicitate in primo grado, sia perché l'art. 416 c.p.c. impone un onere di tempestiva contestazione a pena di decadenza, sia perché nuove contestazioni in secondo grado, oltre a modificare i temi di indagine (trasformando il giudizio di appello da revisio prioris instantiae in iudicium novum, estraneo al vigente ordinamento processuale), altererebbero la parità delle parti, esponendo l'altra parte all'impossibilità di chiedere l'assunzione di quelle prove alle quali, in ipotesi, aveva rinunciato, confidando proprio nella mancata contestazione ad opera dell'avversario” (Cass. 28/02/2014, n. 4854; più di recente Cass. ord. n. 2529/2018).

Tuttavia, va precisato che il divieto di novum in appello riguarda certo anche le contestazioni, ma soltanto quelle relative a “fatti”. Solo con riguardo ai “fatti” nuovi ci sarebbe – laddove ammessi - quel vulnus al diritto di difesa e in particolare alla prova, con conseguente pregiudizio della parità delle parti, e quella inammissibile trasformazione del giudizio di appello in novum iudicium sopra visti (Cass. ord. n. 9211/2022 con riguardo al rito civile ordinario).

Nel caso di specie, invece, nel suo atto di appello l’Ospedale aveva censurato la consulenza tecnica d’ufficio di primo grado per avere quell’ausiliario – e poi il Tribunale in senso adesivo – considerato come rientrante nella base di calcolo del t.f.r. anche la voce “fondo incentivazione/compartecipazione”. Trattasi di una contestazione di diritto e non di fatto, sicché da un lato il principio di non contestazione, posto dall’art. 115 c.p.c., non può trovare applicazione, dall’altro neppure è applicabile il divieto di novum in appello.

2.- Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. i ricorrenti denunciano nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, co. 2, n. 4), c.p.c. e 118 disp.att.c.p.c. dovuta all’acritico recepimento delle considerazioni dell’ausiliario, senza alcuna motivazione.

Il motivo è infondato.

La Corte territoriale ha riportato le risposte date dall’ausiliario ai rilievi critici svolti dal difensore degli allora appellati e le ha condivise anche in punto di motivazione. Dunque il requisito della motivazione è soddisfatto, sia pure per relationem.

Le ulteriori censure alla relazione dell’ausiliario sono infondate.

La Corte ha dato mandato all’ausiliario non solo di utilizzare il criterio di calcolo seguito dal consulente tecnico d’ufficio di primo grado in mancanza delle buste paga, ma pure di tenere conto delle prescrizioni del CCNL.

L’ausiliario (come ammettono pure i ricorrenti: v. ricorso per cassazione, p. 11), ha dichiarato di avere adottato il criterio adottato da quello di primo grado, considerando l’imponibile previdenziale al netto dell’indennità di mensa e del fondo incentivante.

Orbene, per l’indennità di mensa già il Tribunale ne aveva escluso il computo nella base di calcolo del t.f.r. E sul punto la Corte territoriale ha esattamente evidenziato che, in mancanza di un appello incidentale dei lavoratori, si è formato il giudicato interno.

Quanto all’esclusione del fondo incentivante, come sopra si è visto, si è trattato di un profilo di diritto conseguente all’applicazione del CCNL come demandato dai giudici d’appello, per cui la contraddittorietà lamentata dai ricorrenti è insussistente.

L’ulteriore doglianza, secondo cui il consulente tecnico d’ufficio di secondo grado non avrebbe incluso nella base di calcolo tutte le voci indicate in busta paga quali emolumenti della retribuzione continuativi e non occasionali (v. ricorso per cassazione, p. 19), è inammissibile per difetto di autosufficienza.

I ricorrenti, infatti, non indicano – come era invece loro onere – quali sarebbero state le voci pretermesse e quale sarebbe stato il risultato nel caso in cui quelle voci fossero state invece computate. Si tratta di un onere tanto più stringente, in quanto la domanda, come originariamente proposta nel ricorso di primo grado, conteneva la precisa indicazione delle voci retributive asseritamente non incluse dall’Ospedale nella base di calcolo del t.f.r.

L’ultima doglianza, relativa all’imposta sostitutiva (che a dire dei ricorrenti sarebbe stata detratta “di fatto” dal C.T.U.: v. ricorso per cassazione, p. 19, ultimo rigo), è inammissibile, perché non si confronta con la motivazione addotta (per relationem) dalla Corte territoriale, secondo cui tutte le differenze retributive (previamente rivalutate) vanno calcolate al lordo delle imposte, ivi compresa quella sostitutiva (v. sentenza impugnata, p. 7), che pertanto sono incluse – e non escluse – dal computo del dovuto a carico del datore di lavoro.

3.- Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. i ricorrenti lamentano “violazione e falsa applicazione” dell’art. 2120 c.c., anche in relazione ai contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro per avere la Corte territoriale ritenuto di natura prettamente privatistica il loro rapporto di lavoro alle dipendenze dell’Ospedale, omettendo di rilevare che invece erano sempre stati regolati dal ccnl sanità pubblica.

Il motivo è inammissibile.

I ricorrenti, infatti, si limitano a censurare quel passo della motivazione della sentenza d’appello, ma non considerano che, pur volendo applicare il ccnl del comparto sanità pubblica, la conclusione non muta.

Infatti, dopo la c.d. contrattualizzazione del pubblico impiego, anche a quest’ultimo trovano applicazione le norme sul lavoro subordinato di diritto privato, salvo le specifiche diverse discipline contenute nel d.lgs. n. 165/2001 o in altre fonti normative.

Con riguardo al t.f.r. – pacificamente applicabile ai ricorrenti, che proprio su tale diritto hanno fondato la loro domanda – trova dunque applicazione l’art. 2120 c.c. e, correlativamente, l’art. 5 L. n. 297/1982, che disciplina i limiti del computo (nella base di calcolo del t.f.r.) dell’indennità di contingenza e di ogni altro emolumento di analoga natura, ossia di ogni meccanismo volto a preservare la retribuzione dall’aumento del costo della vita.

Ne consegue che, a prescindere dall’inesatta o incompleta affermazione della Corte territoriale circa il ccnl applicato, la decisione d’appello è conforme a diritto.

In questa prospettiva del tutto irrilevante è il richiamo all’art. 46 ccnl integrativo del 07/04/1999. Tale clausola prevede certo che nella base di calcolo del t.f.r. vada computata anche l’indennità integrativa speciale, ma tale previsione riguarda l’an della voce, non pure il quantum, profilo quest’ultimo che resta disciplinato dall’art. 5, co. 2 e 3, L. n. 297/1982 per la frazione temporale ivi prevista.

RICORSO INCIDENTALE CONDIZIONATO.

4.- Non venendo accolto alcun motivo del ricorso principale, non si verifica la condizione alla quale è stato subordinato il ricorso incidentale, con conseguente esonero di questa Corte dal dovere di pronunzia.

5.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenendo conto del valore della controversia.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale; assorbito l’incidentale condizionato;

condanna i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.600,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.

Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso principale a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.