Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 02 luglio 2020, n. 13542

Operazioni commerciali intercorse con soggetti residenti in Stati a fiscalità privilegiata (cd. paesi black list) -Deducibilità dei costi - Modifiche retroattive introdotte dall'art. 1, commi 301, 302 e 303 della legge n. 296 del 2006 - Applicabilità

 

Rilevato che

 

l'Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva accolto l'appello della C.B. S.p.A. avverso la sentenza n. 426/10/2010 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma in parziale accoglimento del ricorso proposto avverso avviso di accertamento per rettifica delle imposte sui redditi 2002 ai sensi degli artt. 39-40 d.p.r. 29.9.1973 n. 600, ritenendo l'Agenzia delle Entrate indeducibili i costi per acquisto merci dall'estero a regime fiscale privilegiato, con conseguente applicazione di maggiori imposte e di sanzioni;

la contribuente resiste con controricorso e formula ricorso incidentale affidato ad unico motivo

 

Considerato che

 

1.1. con unico mezzo si censura la sentenza denunciando, in rubrica, <<violazione degli artt. 42, 2° comma, lett. d) del d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 e 55 del d.p.r. n. 633>> avendo la CTR erroneamente applicato alla fattispecie la sanzione di cui all'art. 8, comma 1, D.Lgs. 18/15/1997 n. 471 e non quella prevista dal comma 3 bis art. cit. concernente la fattispecie, come quella in esame, in cui il contribuente, prima dell’entrata in vigore della legge 27/12/2006 n. 296, abbia corretto l'errore della mancata indicazione dei costi attraverso una dichiarazione integrativa dopo aver subito accessi e verifiche;

1.2. la censura è fondata;

1.3. secondo il più recente ed ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. nn. 27613 del 2018, 11933 del 2016), la materia è regolata dai seguenti principi: a) con decorrenza dall’1 gennaio 2007, i commi 301 e 302 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (il primo modificando l'art. 110, commi 10 e 11 - già art. 76, commi 7 bis e 7 ter, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il secondo mediante l'inserimento del comma 3 bis nell'art. 8 del d.lgs. n. 471 del 1997) hanno mutato la disciplina che sanciva l'indeducibilità dei costi scaturenti da operazioni commerciali intercorse con soggetti residenti in Stati a fiscalità privilegiata (cd. paesi black list) - ove non fosse provato che i contraenti esteri svolgessero effettiva attività commerciale, che le operazioni poste in essere rispondessero ad un effettivo interesse economico, che le stesse avessero avuto concreta esecuzione e, in ogni caso, che i costi non fossero stati separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi -, degradando la separata indicazione dei costi da presupposto sostanziale della relativa deducibilità ad obbligo di carattere formale, passibile di corrispondente sanzione amministrativa, pari al 10 per cento dell'importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non (separatamente) indicati nella dichiarazione, con un minimo di €. 500 ed un massimo di € 50.000; b) in ordine al regime transitorio dettato dal comma 303 del citato art. 1 della legge n. 296/2006, anche le violazioni dell'obbligo di separata indicazione dei costi in esame poste in essere prima dell'entrata in vigore della legge non comportano, di per se stesse, l'applicazione del regime di assoluta indeducibilità dei costi medesimi (e di connessa sanzionabilità ex art. 1, comma 2, del dlgs. n. 471/1997), in quanto degradate a violazioni di carattere formale, soggette alla sanzione proporzionale suddetta, alla quale (solo per le situazioni di regime transitorio e, dunque, già assoggettate al rigoroso regime d'indeducibilità) si cumula, in forza dell'ultima parte del comma 303 cit., la sanzione prevista dall'art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 471/1997 (che, per i vizi formali della dichiarazione, prevede la sanzione amministrativa da €. 258 a €. 2065); c) tale lettura della disciplina di cui ai commi 301, 302 e 303 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 - che è l'unica idonea a garantirne la tenuta sul piano della razionalità - non viola il principio di legalità, posto che, sotto il profilo sanzionatorio e degli effetti che ne conseguono, il regime introdotto dalla normativa sopravvenuta è, nel suo complesso, certamente meno gravoso, per il contribuente, rispetto a quello previgente (cfr. Cass. nn. 4030, 6205 e 21955 del 2015, 6338 e 6651 del 2016); d) costituiscono causa ostativa alla presentazione della dichiarazione integrativa di cui all'art. 2, commi 8 e - più specificamente - 8 bis, del d.P.R. n. 322 del 1998 non solo la contestazione della violazione, ma anche l'inizio delle operazioni di verifica, in quanto in tal caso la correzione si risolverebbe in uno strumento elusivo delle sanzioni previste dal legislatore per l'inosservanza delle prescrizioni relative alla compilazione delle dichiarazioni dei redditi (tra altre, Cass. nn. 5398 del 2012, 14999, 15285 e 15798 del 2015, 6651 del 2016); inoltre (ed anzi, sul piano logico- giuridico, ancor prima), la peculiare fattispecie in esame, in cui l'inosservanza dell'onere dell'indicazione separata dei costi deducibili impediva (prima della novella introdotta dall'art. 1, commi 302 e 303, della legge n. 296 del 2006) il perfezionamento della stessa fattispecie costitutiva del diritto alla deduzione di tali spese, è del tutto diversa dalle situazioni contemplate dall’art. 2, commi 8 e 8 bis, cit., poiché l'intervento emendativo non ha, in questo caso, la funzione di rideterminare correttamente componenti reddituali positivi o negativi omessi od errati, o di correggere errori di calcolo (così incidendo direttamente sul quantum di crediti e debiti esistenti al momento della presentazione della dichiarazione), ma è volto inammissibilmente a costituire ex novo un diritto - alla deduzione di determinate spese - prima inesistente, del quale, cioè, il contribuente non era già titolare (Cass. n. 24929 del 2013, nonché le citate Cass. nn, 14999, 15285 e 15798 del 2015, 6651 del 2016);

1.4. sulla scorta dei principi dianzi illustrati deve quindi ritenersi che, in tema di reddito d'impresa, all'esito delle modifiche retroattive introdotte dall'art. 1, commi 301, 302 e 303 della legge n. 296 del 2006 e prima di quelle di cui alla legge 28/12/2015 n. 208, applicabili a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, la separata indicazione nella dichiarazione annuale dei redditi delle spese e degli altri componenti negativi inerenti ad operazioni commerciali intercorse con fornitori aventi sede in Stati a fiscalità privilegiata (cd. paesi "black list") è un mero obbligo formale, che non ne condiziona la deducibilità e la cui violazione espone il contribuente unicamente alla sanzione amministrativa ex art. 8, comma 3 bis, del d.lgs. n. 471 del 1997, da cumulare, per le sole violazioni anteriori all'entrata in vigore della legge n. 296 del 2006, con la sanzione di cui al medesimo art. 8, comma 1, a ciò non ostando la presentazione della dichiarazione integrativa di cui all'art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998, ove operata dal contribuente dopo l'avvio dei controlli, come nel caso in esame;

1.5. la sentenza impugnata collide all'evidenza con i principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali nella parte in cui ha dichiarato dovuta dalla contribuente la sola sanzione fissa di cui al comma 1 dell'art. 8 del d.lgs. n. 471 del 1997, nella misura di € 2.065,80, e non anche quella proporzionale di cui al comma 3 bis del medesimo art. 8, pari al 10 per cento dell'ammontare dei costi non separatamente indicati in dichiarazione;

2. in conclusione, il ricorso va accolto, assorbito il ricorso incidentale (con cui si lamenta la compensazione delle spese di lite da parte della CTR), e la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla CTR del Lazio in diversa composizione, perché applichi i principi di diritto affermati e provveda anche sulle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione.