Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 agosto 2017, n. 20346

Processo di ristrutturazione - Rami d'azienda - Ramo d'azienda ceduto - Contratto di appalto

Rilevato

Che con ricorso in primo grado, D.L.R. conveniva in giudizio la A. Aria compressa s.p.a., la C.H. s.p.a. (già A. s.p.a.) e la Coop D. s.r.I., deducendo: -che aveva lavorato alle dipendenze della A. dal 18.2.2003 e che la datrice di lavoro aveva intrapreso, nel 2005, un processo di ristrutturazione sfociato nello scorporo di vari rami d'azienda, tra cui il ramo "logistica magazzino", al quale egli apparteneva, che veniva ceduto alla Coop D. s.r.I.; - che la A. s.p.a., "vecchia A."' (azienda cedente il ramo) stipulava poi un contratto di appalto (di durata triennale rinnovabile) con la Coop D. s.r.l. (cui subentrò successivamente la A. Aria Compressa, di seguito A.A.C.), relativo proprio all'attività del ramo d'azienda ceduto, per cui egli continuava a svolgere la stessa attività nella stessa sede e con l'utilizzo della medesima strumentazione; - che in questa sua attività egli era gerarchicamente subordinato al sig. A., capo magazzino presso la A., transitato come tutti alla Coop D. s.r.I., ma ritornato alla A. prima della scadenza dell'appalto pur continuando a dirigere il lavoro degli addetti al magazzino, quali il D.L.; che il 17.1.09 veniva collocato in CIGS dalla Coop D., in quanto alla scadenza del triennio (2008) l'A. s.p.a. non rinnovava il contratto di appalto alla Coop D., non affidando ad altri lo svolgimento del servizio logistica magazzino, esercitandolo nuovamente mediante suoi dipendenti.

Che il D.L. chiedeva dunque accertarsi la nullità della cessione del ramo d'azienda e del contestuale contratto di appalto per carenza di titolarità, in capo alla cedente, del ramo di azienda ceduto; l'illegittimità comunque della cessione del ramo di azienda;

l'illegittimità del contratto di appalto.

Che il Tribunale, con sentenza 23.11.10, decideva che la A. Aria Compressa s.p.a. (oggi C.G. s.p.a.) era la cessionaria del ramo d'azienda ceduto alla Coop D. s.r.I., nonché la titolare del contratto di lavoro del D.L.; che la cessione del ramo d'azienda era legittima;

che l'attuale A. Aria Compressa s.p.a. ("nuova A.") non era legittimata passiva per la domanda di illegittimità della cessione del ramo d'azienda, intervenuta tra A. s.p.a. e Coop D. s.r.I., e che doveva invece essere considerata legittimata passiva per quanto concerne il contratto di appalto e la retrocessione del ramo ceduto (da parte della "vecchia" A.) in quanto essa era succeduta a questa nel contratto di appalto; che nel triennio 2005-2008 l'appalto era stato legittimamente gestito da parte della Coop D. ma che alla scadenza del triennio il ramo di azienda ceduto (dalla vecchia A.) era tornato interamente alla nuova A., che era tenuta a riassumere anche i lavoratori ad esso addetti (già transitati alla Coop D. nel 2005).

Che avverso tale sentenza proponeva appello la A. Aria Compressa (chiedendo il rigetto di tutte le domande formulate nei suoi confronti per essere soggetto diverso dalla "vecchia" A.); resisteva il D.L. proponendo appello incidentale; si costituiva altresì la C. Holding (già A. s.p.a., poi C. s.p.a., quindi A. Group), mentre la Coop D. s.r.l. in liquidazione restava contumace.

Che con sentenza depositata il 4.10.11, la Corte d'appello di Torino accoglieva il gravame principale e respingeva l'incidentale, rigettando tutte le domande proposte col ricorso introduttivo, accertando che la A. Aria Compressa (AAC) subentrò successivamente nel genuino contratto di appalto con la Coop D. (inerente la logistica e magazzino) alla precedente (vecchia) A. spa nella posizione di appaltante, non rinnovando tuttavia l'appalto nel 2008, ponendo i lavoratori addetti (tra cui il D.L.) in CIGS. Che la A. Aria Compressa non era il soggetto che aveva alle dipendenze il D.L. sino al 2005, sicché era fondato l'appello di questa (A.A.C.). Che era altresì infondato il gravame D.L. volto a contestare la sussistenza di un effettivo ramo di azienda (logistica e magazzino) e che il D.L., dal 30.11.05, divenne dipendente della Coop D., insieme al responsabile del magazzino A. (pur ritornato a lavorare con A.A.C. nel gennaio 2008).

Che per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il D.L., affidato a tre motivi, illustrati con memoria, cui resiste la A. Aria Compressa s.p.a. (A.A.C.) con controricorso, poi illustrato con memoria, mentre la C, Holding è rimasta intimata.

 

Considerato

 

Che con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e\o falsa applicazione degli artt. 2558 c.c., 27 e 29 d.lgs n. 276\03.

Lamenta che la sentenza impugnata escluse erroneamente la legittimazione passiva della A.A.C., senza considerare che una volta eccepita la nullità del contratto di cessione di ramo d'azienda, ne conseguiva la nullità anche del collegato contratto di appalto con la Coop D. e riconduzione dei rapporti di lavoro alla A.A.C. (o "Nuova A.").

Che il motivo è inammissibile avendo la corte di merito ampiamente esaminato la questione e ritenuto, alla luce del motivato esame dell'istruttoria espletata, che la A. s.p.a. ("Vecchia A.") cedette, nel 2005, un effettivo ramo di azienda (logistica e magazzino), cui era addetto il D.L. alla Coop D. s.r.l. Che la A.A.C. subentrò nel contratto di appalto con la Coop D. (inerente la logistica e magazzino, e datrice di lavoro del D.L.) alla precedente (vecchia) A. s.p.a. nella posizione di appaltante, non rinnovando tuttavia l'appalto nel 2008, ponendo i lavoratori addetti (tra cui il D.L.) in CIGS.

Che la sentenza impugnata non risulta, inoltre, aver violato le norme denunciate, tanto meno gli artt. 27 e 29 del d.lgs n. 276\03, avendo solo ipotizzato (sia pur erroneamente), ma non fondando la sua decisione sulla circostanza, che le parti della cessione avessero (solo) individuato nel reparto logistica e magazzino un ramo autonomo d'azienda, accertando invece tale sua consistenza alla luce dell'istruttoria espletata.

Che deve a questo punto considerarsi che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione (che può concernere soltanto una questione di fatto e mai di diritto) posta dal giudice a fondamento della decisione (id est: del processo di sussunzione), sicché quest'ultimo, nell'ambito del sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto, presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata (ipotesi non ricorrente nella fattispecie); al contrario, il sindacato ai sensi dell'art. 360, primo comma n. 5 c.p.c., coinvolge un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti (ipotesi ricorrente nel caso in esame). Ne consegue che mentre la sussunzione del fatto incontroverso nell'ipotesi normativa è soggetta al controllo di legittimità, l'accertamento del fatto controverso e la sua valutazione (rimessi all'apprezzamento del giudice di merito) ineriscono ad un vizio motivo, pur qualificata la censura come violazione di norme di diritto, vizio limitato al generale controllo motivazionale (quanto alle sentenze impugnate depositate prima dell'11.9.12), che non consente a questa Corte un nuovo apprezzamento delle circostanze di causa e dunque un nuovo giudizio di fatto (Cass. 6 marzo 2006 n. 4766; Cass. 25 maggio 2006 n. 12445; Cass. 8 settembre 2006 n. 19274; Cass. 19 dicembre 2006 n. 27168; Cass. 27 febbraio 2007 n. 4500; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394; Cass. 5 maggio 2010 n.10833, Cass. n.15205\14).

2.- Che con il secondo motivo il D.L. denuncia la nullità della sentenza con riferimento alla falsa applicazione del principio di non contestazione ed alla violazione del combinato disposto degli artt. 115 e 421 c.p.c., oltre a violazione dell'art. 2112 c.c. e vizio di motivazione. Nella sostanza tuttavia lamenta la mancata ammissione della prova per testi richiesta, inerente l'autonomia funzionale e produttiva del ramo di azienda ceduto, e il mantenimento, da parte della nuova A., del sistema informatico delle "vecchia" A.. Che il motivo è inammissibile per le stesse considerazioni sopra svolte, avendo la corte di merito congruamente motivato circa l'autonomia del ramo di azienda ceduto, ritenendo implicitamente superflue ulteriori istanze istruttorie. La sentenza impugnata ha adeguatamente accertato che il D.L., dal 30.11.05 divenne dipendente della Coop D., insieme al responsabile del magazzino A. (che pure ritornò a lavorare con AAC nel gennaio 2008). La corte torinese ha poi escluso, sulla base dell'istruttoria svolta, anche che negli ultimi tre mesi dell'appalto vi sia stata una ingerenza della A.A.C. nella gestione e direzione del personale.

3.- Che con il terzo motivo il ricorrente denuncia ancora la violazione dell'art. 2112 c.c., oltre a vizio di motivazione, con riferimento alla risoluzione del contratto di appalto del 2008, non considerando che il responsabile del magazzino (A.) era stato riassunto da A.A.C., che continuava ad avvalersi del medesimo software e dei medesimi mezzi materiali, sicché si era verificato un nuovo trasferimento di ramo d'azienda in favore della A.A.C..

Che il motivo è inammissibile, mirando a contrastare, con l'ausilio di brani di testimonianze, accertamenti in fatto compiuti dalla corte di merito, che ha escluso anche che negli ultimi tre mesi (del 2008) dell'appalto vi sia stata una ingerenza della A.A.C. nella gestione e direzione del personale, del resto posto in CIGS alla cessazione dell'appalto.

4.- Che il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Che le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo nei confronti della parte costituita. Nulla per le spese nei confronti della C. Holding s.p.a., rimasta intimata.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore di A.A.C. s.p.a., in €.200,00 per esborsi, €.4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e c.p.a. Nulla per le spese quanto alla C. Holding s.p.a.