Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 marzo 2022, n. 9014

Tributi - Imposta unica su giochi e scommesse - Accertamento - Soggetto responsabile - Bookmaker estero privo di concessione - Punto di raccolta scommesse - Responsabilità solidale

 

Rilevato che

 

1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, veniva rigettato l'appello proposto dalla società di diritto maltese S. 365 Malta Ltd (già S.365 Group Gmbh, società di diritto austriaco) avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Torino n. 1765/9/2016 la quale aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente avverso l'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli relativo all'imposta unica su giochi e scommesse per l'anno di imposta 2013.

2. In particolare, la CTR nel confermare la decisione di primo grado rigettava la doglianza preliminare di difetto di motivazione dell'avviso di accertamento e, nel merito, riteneva non trovasse applicazione il disposto dell'art. 1 comma 643 della I. n. 190 del 2014 (procedura di regolarizzazione prevista dalla legge di stabilità 2015), ritenendo responsabile del pagamento dell'imposta la contribuente, quale bookmaker responsabile in solido con il centro trasmissione dati (CTB), punto di raccolta scommesse gestito da P.S.

3. Avverso tale decisione propone ricorso la contribuente per tre motivi, che illustra con memoria, cui resiste l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con controricorso.

 

Considerato che

 

4. Preliminarmente va disattesa l'istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ex art.267 comma 3 TFUE, anche alla luce dello ius superveniens prodotto per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n.27 del 2018 e dei quesiti pregiudiziali sollevati dal Tribunale di Parma, o comunque di remissione alla Corte Costituzionale.

5. Non è accoglibile la richiesta di rinvio pregiudiziale né la richiesta diretta a sollevare la questione di costituzionalità. Va in primo luogo rammentata la giurisprudenza unionale relativa all'imposizione relativa a giochi e scommesse, dal momento che la Corte di giustizia ha già risolto, tra l'altro, le questioni di parità di trattamento e non discriminazione a riguardo. Al proposito, giova innanzitutto rammentare che le imposte sui giochi d'azzardo non hanno natura armonizzata, sicché i giochi d'azzardo rilevano, ai fini del diritto unionale, in relazione alle norme concernenti la libera prestazione di servizi presidiata dall'art. 56 del TFUE (Corte giust. 26 febbraio 2020, causa C-788/18, punto 17).

Inoltre, nel settore dei giochi d'azzardo con poste in danaro, secondo costante giurisprudenza della Corte di Giustizia, gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione dell'incitamento a una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di prevenzione di turbative dell'ordine sociale in generale costituiscono motivi imperativi d'interesse generale atti a giustificare restrizioni alla libera prestazione di servizi: ne consegue che, in assenza di un'armonizzazione eurounitaria della normativa sui giochi d'azzardo, ogni Stato membro ha il potere di valutare, alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi in questione implica, a condizione che le restrizioni non minino i requisiti di proporzionalità (Corte giust. 24 ottobre 2013, causa C-440/12, punto 47; 8 settembre 2009, causa C-42/07 punti 56, 57 e 59 e giurisprudenza citata).

6. Il legislatore nazionale ha proceduto a questa valutazione, dichiarando, nel comma 64 dell'art. 1 della legge n. 220/10 i propri obiettivi, tra i quali si colloca «l'azione per la tutela dei consumatori, in particolare dei minori di età, dell'ordine pubblico, della lotta contro il gioco minorile e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore del gioco e recuperando base imponibile e gettito a fronte di fenomeni di elusione e di evasione fiscale nel medesimo settore». La prevalenza dell'ordine di valori di ciascuno Stato membro comporta che gli Stati membri non hanno l'obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine di eliminare la doppia imposizione che risulta dal parallelo esercizio della rispettiva competenza fiscale (Corte giust. in causa C-788/18, cit., punto 23; per analogia, Corte giust. 1 dicembre 2011, causa C-253/09, punto 83).

In questo contesto la normativa italiana ha superato il vaglio della giurisprudenza della Corte di giustizia, la quale ha infatti escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, perché l'imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti, di modo che la normativa italiana «non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società, quale la S.M., nello Stato membro interessato» (punti 21 e 24 di Corte giust. in causa C-788/18).

7. Anzi, come ha sottolineato la Corte costituzionale con la sentenza n. 27/18 aderendo alla giurisprudenza tributaria consolidatasi sul punto, a seguire la tesi prospettata in ricorso e ribadita in memoria si giungerebbe ad una discriminazione al contrario: la scelta legislativa «risponde ad un'esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale nel settore del gioco, allo scopo di evitare l'irragionevole esenzione per gli operatori posti al di fuori del sistema concessolo, i quali finirebbero per essere favoriti per il solo fatto di non aver ottenuto la necessaria concessione» (punto 4.3. sentenza Consulta cit.).

Né v'è l'incongruenza alcuna nella più volte citata sentenza della Corte di Giustizia. Quanto al centro trasmissione dati, col punto 26 ci si limita a ribadire che il bookmaker estero esercita un'attività di gestione di scommesse «allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali» ed è per questo che il centro di trasmissione dati che opera quale suo intermediario risponde dell'imposta, a norma dell'art. 1, comma 66, lett. b), della I. n. 220/10. Ma ciò non toglie, si aggiunge al punto 28, che la situazione del centro trasmissione dati che trasmette i dati di gioco per conto degli operatori di scommesse nazionali è diversa da quella del centro trasmissione che li trasmette per conto di un operatore che ha sede in altro Stato membro.

8. La diversità della situazione è in re ipsa, per il fatto stesso che si tratta di soggetto che raccoglie scommesse per conto di un bookmaker estero: nel settore dei giochi d'azzardo, difatti, il ricorso al sistema delle concessioni costituisce «un meccanismo efficace che consente di controllare gli operatori attivi in questo settore, allo scopo di prevenire l'esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti» (Corte giust. 19 dicembre 2018, causa C-375/17, Stanley International Betting e S.M., punto 66), e ciò in conformità agli obiettivi perseguiti dal legislatore italiano, dinanzi indicati, come puntualmente rimarcato dalla Corte di giustizia. Di qui l'esclusione, anche con riferimento al bookmaker, di qualsiasi restrizione discriminatoria.

9. Con riferimento, infine, alla questione della violazione del principio dell'affidamento, quanto alla portata innovativa della disposizione interpretativa della legge del 2010 che avrebbe introdotto, improvvisamente e imprevedibilmente la responsabilità delle ricevitorie dei bookmaker privi di concessione, la Corte costituzionale con la sentenza più volte citata si è già espressa con la pronuncia di incostituzionalità con riferimento alla posizione del bookmaker estero, senza porre in discussione il fatto che esso, privo di concessione, dovesse essere considerato soggetto passivo dell'imposta unica anche prima della entrata in vigore della disposizione interpretativa, sicché non può porsi alcuna violazione del principio del legittimo affidamento.

10. Non sussistono, per tali ragioni, i presupposti per la questione di costituzionalità né per un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, neppure ponendosi una questione di interpretazione della precedente statuizione della Corte: le questioni sollecitate dalla contribuente da ultimo nella memoria autorizzata si risolvono in una implicita critica della sentenza resa nella causa C-788/18 (anche se non citata espressamente), che si rivela sterile per le ragioni esplicate, e, per altro verso, sembrano postulare che la Corte di giustizia abbia riconosciuto nella propria giurisprudenza precedente la legittimità della gestione delle attività connesse a giochi d'azzardo in regime di libera prestazione per il tramite dei centri di trasmissione dati, mentre la stessa Corte, «pur avendo constatato l'incompatibilità con il diritto dell'Unione di alcune disposizioni delle gare avviate per l'attribuzione di contratti di concessione di servizi connessi ai giochi d'azzardo, non si è pronunciata sulla legittimità della gestione delle attività connesse a giochi d'azzardo in regime di Ubera prestazione per il tramite dei CTD in quanto tale» (Corte giust., in causa C-375/17, cit., punto 67).

11. In questo quadro, non sussiste alcun profilo di violazione del principio di parità delle armi e lesione della partecipazione al contraddittorio procedimentale, e anche la recente giurisprudenza penale richiamata in memoria è irrilevante: in particolare, la questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Parma, sez. Penale non può incidere sulla fattispecie presenterai momento che dà per presupposto che la regolamentazione debba esistere e considera il profilo della proroga delle vecchie concessioni rilasciate con bandi di gara avendo riguardo alla brevità dei termini introdotti.

Inoltre, la recente giurisprudenza penale di questa Corte in materia, in particolare Cass. pen. 9 luglio 2020, n. 25439, si riferisce alla diversa questione della rilevanza penale dell'attività d'intermediazione e di raccolta delle scommesse, che questa Corte ha escluso, in base alla giurisprudenza unionale, qualora l'attività di raccolta sia compiuta in Italia da soggetti appartenenti alla rete commerciale di un bookmaker operante nell'ambito dell'Unione europea che sia stato illegittimamente escluso dai bandi di gara attributivi delle concessioni: e ciò perché in tal caso rileva la non conformità agli artt. 49 e 56 del TFUE del regime concessorio interno. Difatti, ha sottolineato questa Corte con la sentenza in questione, «In forza dei principi affermati dalla Corte di giustizia (...) il mancato rispetto della disciplina amministrativa che non sia conforme ai diritto dell’Unione europea non può comportare l'applicazione di sanzioni penali». Il fatto che non si risponda del reato di esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa, previsto e punito dall'art. 4, commi 1 e 4-bis, della I. 13 dicembre 1989, n. 401 nessuna influenza produce sulla soggettività passiva della imposta unica sulle scommesse, che l'art. 3 del d.lgs. n. 504/98 riferisce a chiunque, con o senza concessione, gestisce i concorsi pronostici o le scommesse.

12. Con il primo motivo di ricorso - articolato ai fini dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. - la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art.1 comma 643 della I. n.190 del 2014, con riferimento all'intervenuta regolarizzazione fiscale nelle more del giudizio di secondo grado.

Con il secondo motivo di ricorso - ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. - la società prospetta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 comma 643 della I. n.190 del 2014, con riferimento all'effetto sanante della procedura di regolarizzazione fiscale anche in ordine al rapporto di solidarietà tributaria.

Con il terzo motivo la ricorrente - agli effetti dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. - la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 comma 643 della I. n.190 del 2014 ad opera della CTR la quale ha ritenuto l'irrilevanza della mancata regolarizzazione del CTD.

13. I motivi, connessi in quanto tutti diretti a censurare la medesima ratio decidendi espressa dal giudice d'appello, sono infondati.

La CTR ha ritenuto che non trovasse applicazione nella fattispecie la procedura di regolarizzazione prevista dalla legge di stabilità 2015, in quanto non idonea ad escludere la responsabilità solidale della società con riguardo alla debenza dell'imposta unica sulle scommesse, mai versata dal CTD, poiché questi ha cessato la propria attività di raccolta scommesse in Torino già nel 2013 e, non essendo soggetto attivo al momento dell'entrata in vigore dell'art. 1 comma 643 della I. n.190 del 2014, non è possibile invocare utilmente siffatta previsione di legge.

14. Siffatta previsione di legge dispone: «In attesa del riordino della materia dei giochi pubblici in attuazione dell'articolo 14 della legge 11 marzo 2014, n. 23, per assicurare la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza, nonché delle fasce sociali più deboli e dei minori di età, a decorrere dal 1° gennaio 2015 ai soggetti attivi alla data del 30 ottobre 2014, che comunque offrono scommesse con vincite in denaro in Italia, per conto proprio ovvero di soggetti terzi, anche esteri, senza essere collegati al totalizzatore nazionale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in considerazione del fatto che, in tale caso, il giocatore è l'offerente e che il contratto di gioco è pertanto perfezionato in Italia e conseguentemente regolato secondo la legislazione nazionale, è consentito regolarizzare la propria posizione alle seguenti condizioni:

a) non oltre il 31 gennaio 2015 i soggetti inoltrano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, secondo il modello reso disponibile nel sito istituzionale dell'Agenzia entro il 5 gennaio 2015, una dichiarazione di impegno alla regolarizzazione fiscale per emersione con la domanda di rilascio di titolo abilitativo ai sensi dell'articolo 88 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, nonché di collegamento al totalizzatore nazionale, anche mediante uno dei concessionari di Stato per la raccolta di scommesse, con il contestuale versamento mediante modello F24 della somma di euro 10.000, da compensare in sede di versamento anche solo della prima rata di cui alla lettera; (...)».

15. Orbene, ritenere che la previsione si possa applicare anche dopo che il CTD ha cessato la propria attività di raccolta scommesse con cessazione avvenuta prima dell'entrata in vigore della rilevante normativa del 30.10.2014 e, dunque, in presenza di un'attività esaurita, significherebbe affermare la retroattività della previsione summenzionata, non prevista dalla legge.

La giurisprudenza di questa Corte, sia pure con riferimento ad altre fattispecie, ha già più volte escluso la retroattività della disciplina agevolata della lite, ad esempio con riferimento alla diversa norma con cui è stato eliminato l’obbligo di prestare la garanzia fideiussoria in tema di concordato con adesione del contribuente, ossia l’art. 23, commi 17 e 18, d.l. n. 98 del 2011 (Cass. Sez. 5 - , Ordinanza n. 16646 del 04/08/2020, Rv. 658668 - 01).

In passato, sempre in tema di condono fiscale, con riferimento alla definizione automatica delle controversie pendenti davanti alle Commissioni tributarie centrali, prevista dall'art. 3, comma 2-bis, lett. a), del d.l. n. 40 del 2010, conv., con modif., in I. n. 73 del 2010, questa Corte ha affermato che la previsione di definizione agevolata opera anche per le cause la cui decisione sia stata pubblicata prima della data di entrata in vigore (28 febbraio 2012) dell'art. 29, comma 16- bis, del d.l. n. 216 del 2011, conv., con modif., in I. n. 14 del 2012 - e sempre purché non fosse ancora esaurito il relativo rapporto processuale -, ma solo in quanto tale norma è di interpretazione autentica. Nel caso di specie al contrario non vi sono elementi per ritenere che l'art. 1 comma 643 della I. n.190 del 2014 sia norma di interpretazione autentica e, invero, la circostanza non è neppure allegata e sostanziata dalla ricorrente.

16. La sentenza impugnata è pertanto conforme ai suesposti principi, poiché ha correttamente escluso che la previsione normativa possa trovare applicazione nella fattispecie, dal momento che il CTD ha cessato la propria attività di raccolta scommesse in Torino già nel 2013 e perciò, ai fini del presente giudizio, il CTD non può essere considerato uno dei «soggetti attivi alla data del 30 ottobre 2014, che comunque offrono scommesse con vincite in denaro in Italia».

17. In conclusione, il ricorso dev'essere complessivamente rigettato mentre le spese di lite sono interamente compensate, in considerazione del recente consolidamento della giurisprudenza in materia.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.

Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, sussistono i presupposti per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.