Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 gennaio 2023, n. 2359

Tributi - Intimazione di pagamento - Imposte dirette, IVA, contributi previdenziali - Prescrizione degli interessi sui crediti tributari - Prescrizione dell'obbligazione tributaria relativa alle sanzioni - Accoglimento

 

Fatti di causa

 

1. Il contribuente B.M. ha impugnato una intimazione di pagamento, relativa al mancato pagamento di otto cartelle di pagamento, nonché le relative cartelle prodromiche ad esso sottese, relative a diversi tributi erariali dei periodi di imposta 1994 – 1996 (IVA, ritenute alla fonte, imposte dirette, ILOR, contributo sanitario nazionale), oltre sanzioni, nonché relative a contributi previdenziali dell’anno 1995 (IVS), deducendo l’omessa notificazione delle cartelle prodromiche, nonché la prescrizione quinquennale.

2. La CTP di Venezia, dichiarato il difetto di giurisdizione in relazione e l’intervenuta cessata materia del contendere in relazione a una delle cartelle di pagamento, accogliendo il ricorso in tema di sanzioni e interessi.

3. La CTR del Veneto, con sentenza in data 21 ottobre 2021, ha rigettato l’appello principale del contribuente e l’appello incidentale dell’Agente della Riscossione. Il giudice di appello ha ritenuto correttamente notificate le cartelle di pagamento per cui ancora vi è causa, affermando la prescrizione decennale per i tributi erariali e per gli interessi oltre che la debenza degli aggi e affermando, invece, il principio della prescrizione quinquennale per sanzioni.

4. Ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidato a cinque motivi; resistono con controricorso l’ente impositore e l’Agente della riscossione, i quali propongono ricorso incidentale, affidato a due motivi.

 

Ragioni della decisione

 

1.1. Con il primo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza in relazione agli artt. 36 e 61 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., motivazione contraddittoria apparente e non intelligibile in relazione al rigetto dell’appello incidentale proposto dall’Agente della riscossione, ritenendo esservi contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione.

1.2. Con il secondo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza in relazione agli artt. 36 e 61 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., motivazione per relationem nella parte in cui la sentenza impugnata ha rigettato l’appello principale del contribuente in punto interessi, osservandosi come il giudice di appello non avrebbe omesso una disamina logico-giuridica delle deduzioni proposte dal contribuente.

1.3. Con il terzo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione, all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2948, n. 4) cod. civ., nonché degli artt. 3, commi 9 e 10 l. 8 agosto 1995, n. 335, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto soggette a prescrizione ordinaria gli accessori (interessi) delle imposte dirette, dell’IVA e dei contributi previdenziali, osservandosi come l’obbligazione degli interessi costituiscano obbligazione autonoma rispetto alla sorte capitale, la quale deve essere corrisposta periodicamente, così come sarebbe soggetta a prescrizione quinquennale anche l’obbligazione tributaria in materia di imposte dirette ed IVA, in quanto corrisposta su cadenza annuale.

1.4. Con il quarto motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza in relazione agli artt. 36 e 61 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546,  132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., motivazione apparente, nella parte in cui il giudice di appello ha escluso la carenza di motivazione dell’intimazione di pagamento, la quale sarebbe nel caso di specie priva di qualunque spiegazione in ordine alla natura della pretesa.

1.5. Con il quinto motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 1, legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, deducendo questione di legittimità costituzionale in relazione all’art. 17 d. lgs. 13 aprile 1999, n. 112 in materia di compensi di riscossione, osservando come la suddetta questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dalla CTP di Venezia con ordinanza pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 2020.

1.6. Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 1, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per non avere il giudice dichiarato la propria carenza di giurisdizione in relazione ai crediti previdenziali. Osservano i ricorrenti incidentali che il giudice di appello avrebbe ritenuto dovuta la somma dedotta nell’atto di intimazione in quanto definitiva, così pronunciandosi su una pretesa estranea alla giurisdizione ad esso devoluta.

1.7. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2946 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto di fare applicazione della prescrizione quinquennale alle sanzioni in luogo della prescrizione ordinaria, non trattandosi di crediti qualificabili quali prestazioni periodiche.

2. Il primo, il secondo e il quarto motivo del ricorso principale, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Conformemente a quanto osservato dal Pubblico Ministero, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall'art. 111, sesto comma, Cost., individuabile nelle ipotesi - che possono essere esaminate e si convertono, all’evidenza, in violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. con conseguente nullità della sentenza - di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), che ricorre nel caso in cui la motivazione risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598). Nella specie il giudice di appello ha, con motivazione succinta ma esaustiva, ritenuto correttamente notificate le cartelle di pagamento e applicato la prescrizione decennale ai crediti oggetto del rapporto tributario, con esclusione di tale regime per le sanzioni.

3. Il terzo motivo del ricorso principale è fondato in relazione alla prescrizione degli interessi sui crediti tributari. La prescrizione degli interessi che accedono a obbligazioni tributarie è regolata – secondo la giurisprudenza largamente prevalente di questa Corte (richiamata dal Pubblico Ministero nelle sue conclusioni scritte) - da una norma di diritto comune quale l’art. 2948, n. 4, cod. civ., secondo cui l’obbligazione relativa agli interessi riveste natura autonoma rispetto al debito principale e soggiace al generalizzato termine di prescrizione quinquennale fissato dalla suddetta disposizione (Cass., Sez. VI, 14 settembre 2022, n. 27055; Cass., Sez. VI, 28 aprile 2022, n. 13258; Cass., Sez. VI, 8 marzo 2022, n. 7486; Cass., Sez. VI, 24 gennaio 2022, n. 1980; Cass., Sez. V, 3 ottobre 2021, n. 31283; Cass., Sez. V, 15 ottobre 2020, n. 22351; Cass., Sez. V, 10 luglio 2020, n. 20955; Cass., Sez. V, 27 novembre 2019, n. 30901; Cass., Sez. VI, 25 luglio 2014, n. 17020; Cass., Sez. V, 14 marzo 2007, n. 5954; in termini analoghi Cass., Sez. II, 27 novembre 2009, n. 25047; Cass., Sez. III, 21 marzo 2013, n. 7127).

4. Sotto ulteriore profilo, questa Corte ritiene - in conformità a quanto osservatosi in dottrina - che il carattere dell'accessorietà dell’obbligazione degli interessi attenga unicamente all’aspetto genetico dell’obbligazione, la quale sorge unitamente all'obbligazione principale e, conseguentemente, cessa con l'estinzione dell'obbligazione principale stessa. Tuttavia, una volta sorta l’obbligazione di interessi (per effetto del sorgere dell’obbligazione principale), il flusso produttivo di interessi vive di vita propria in virtù della sua progressiva maturazione; man mano che maturano, gli interessi vanno a costituire una obbligazione autonoma e rimangono indipendenti dall'obbligazione principale dalla quale sono sorti, per cui possono essere suscettibili «di autonome vicende rispetto all’obbligazione tributaria configurata a carico del contribuente» (in termini, Cass., Sez. U., 14 luglio 2022, n. 22281; conf. Cass., Sez. VI, 18 marzo 2022, n. 8892; Cass., Sez. V, 30 settembre 2019, n. 24295, Cass., Sez. VI, n. 17020/2014, cit.; Cass., Sez. I, 22 marzo 2012, n. 4554; Cass., Sez. V, 15 giugno 2011, n. 13080; Cass., Sez. V, 14 marzo 2007, n. 5954; Cass., Sez. V, 18 agosto 2004, n. 16123).

5. Non appare, invero, enfatizzabile l’argomento secondo cui gli interessi sarebbero soggetti a prescrizione quinquennale solo se l’obbligazione principale fosse di natura periodica o di durata e non anche ove gli interessi siano dovuti per una prestazione dovuta in unica soluzione o uno actu, argomento che si rinviene in due isolati precedenti (Cass., Sez. V, 16 settembre 2005, n. 18432; Cass., Sez. V, 20 maggio 2021, n. 13815). La formulazione della norma di cui all’art. 2948, n. 4, cod. civ. evidenzia, invero, come la prescrizione dell’obbligazione degli interessi sia affiancata, ai fini della prescrizione, a quella delle altre prestazioni di cui alla medesima disposizione («gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi»), ma non sia sovrapponibile a queste ultime. L’utilizzo della congiunzione «e» lascia intendere come la disciplina della prescrizione quinquennale riguarda gli interessi in quanto tali e viene ad affiancarsi a quella delle prestazioni periodiche, con la quale non può essere confusa.

6. Il terzo motivo è, invece, infondato, in relazione alla prescrizione dei crediti tributari erariali (imposte dirette e IVA), alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte – che va tenuta ferma e dalla quale non vi sono ragioni per discostarsene – secondo cui i tributi erariali sono soggetti a prescrizione ordinaria (Cass., Sez. U., 17 novembre 2016, n. 23397; Cass., Sez. VI, 16 dicembre 2020, n. 28846; Cass., Sez. V, 27 novembre 2020, n. 27188; Cass., Sez. V, 3 novembre 2020, n. 24278; Cass., Sez. VI, 17 dicembre 2019, n. 33266; Cass., Sez. VI, 11 dicembre 2019, n. 32308; Cass., Sez. V, 9 febbraio 2007, n. 2941).

7. Il quinto motivo del ricorso principale è infondato, essendosi la Corte costituzionale pronunciata sull’incidente di costituzionalità in materia di compensi di riscossione con sentenza del 10 giugno 2021, n. 120, ritenendo inammissibile la questione, conformemente a precedenti pronunce del giudice delle leggi (Corte cost., 26 maggio 2017, n. 129; Corte cost., 29 maggio 2018, n. 65).

8. Fondato è il primo motivo del ricorso incidentale (così risultando assorbito in parte qua il terzo motivo del ricorso principale in punto prescrizione dei contributi previdenziali), posto che sono attribuite alla competenza giurisdizionale della Commissioni tributarie, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, d. lgs. n. 546/1992 le sole controversie concernenti gli interessi e gli altri accessori nelle materie e per le imposte e i tributi espressamente e tassativamente indicati nel primo comma della stessa disposizione; tra questi non rientrano gli interessi dovuti per mancato pagamento di contributi previdenziali, per le controversie relative ai quali sussiste la giurisdizione del giudice ordinario (Cass., Sez. U., 25 ottobre 1999, n. 741). Va, pertanto, dichiarato in relazione alle cartelle di pagamento aventi ad oggetto contributi previdenziali della categoria Invalidità Vecchiaia Superstiti il difetto di giurisdizione del giudice tributario.

9. Il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato. Dispone l’art. 20, comma 3, d. lgs. n. 472/1997 che «il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni.

L'impugnazione del provvedimento di irrogazione interrompe la prescrizione, che non corre fino alla definizione del procedimento». La norma, sostanzialmente rimasta immutata nel tempo, prevede al primo comma un analogo termine di decadenza di cinque anni (31 dicembre del quinto anno successivo in cui è avvenuta la violazione o diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi). Come osservatosi in dottrina, l’art. 20 d. lgs. n. 472/1997 costituisce norma generale in tema di decadenza e prescrizione delle sanzioni tributarie o, più precisamente, disciplina unitaria della decadenza, come della prescrizione dei crediti derivanti dall’irrogazione di sanzioni tributarie, affidata a una specifica norma di legge. Il legislatore ha mantenuto l’impostazione tradizionale in tema di prescrizione di sanzioni (già disciplinata dall’art. 17, comma 1, della L. 7 gennaio 1929, n. 4, che prevedeva la prescrizione quinquennale della riscossione delle «pene pecuniarie»), assoggettando la prescrizione delle sanzioni tributarie a una disciplina autonoma e indipendente dalla prescrizione dei crediti nascenti dal rapporto tributario.

10. Analogamente, l’art. 24 d. lgs. n. 472/1997 non prevede una espressa norma che disciplini la prescrizione (o decadenza) dei crediti nascenti da sanzioni, ma si limita a disporre che per la riscossione delle sanzioni (pertanto, in fase esecutiva e non di accertamento) si applicano le disposizioni sula riscossione dei tributi cui la violazione si riferisce.

11. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in caso di notifica di cartella di pagamento avente ad oggetto crediti per sanzioni e non fondata su una sentenza passata in giudicato, il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l'obbligazione tributaria relativa alle sanzioni ed agli interessi è quello quinquennale, così come previsto, rispettivamente, per le sanzioni, dall'art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 (Cass., Sez. VI, 8 marzo 2022, n. 7486; Cass., Sez. VI, Cass., Sez. V, 22 luglio 2011, n. 16099), decorrendo la prescrizione dall'iscrizione a ruolo del credito e cioè dall'emissione dell'atto di irrogazione della (allora) soprattassa (Cass., Sez. V, 7 novembre 2011, n. 20600). Tale principio è stato ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U., 17 novembre 2016, n. 23397), secondo cui le sanzioni – come alcuni tributi non erariali – hanno prescrizione quinquennale e possono, al più, beneficiare dell’effetto dell’allungamento delle prescrizioni brevi in forza dell’actio iudicati a termini dell’art. 2953 cod. civ.; principio, questo, radicato nella giurisprudenza di questa Corte, che ha ritenuto esaustiva la disciplina prescrizionale di diritto speciale prevista dall’art. 20 d. lgs. n. 472/1997, stante il carattere speciale dell’illecito tributario (Cass., Sez. V, 2 ottobre 2000, n. 12989).

12. Questa disciplina speciale della prescrizione in materia di sanzioni tributarie è stata da questa Corte ritenuta conforme al sistema e alle norme di contabilità pubblica, ove si è osservato che la disciplina speciale rispetto a quella di diritto comune trova «fondamento nei vincoli di competenza del bilancio della Stato, in forza dei quali l'amministrazione finanziaria deve potere, almeno per grandi linee, programmare e prevedere per ciascun anno il gettito fiscale ed i tempi della riscossione, tenendo conto anche delle proprie risorse di uomini e mezzi (bilancio di previsione)» (Cass., Sez. U., 10 dicembre 2009, n. 25790; conf. Cass., Sez. V, 9 agosto 2016, n. 16730). Di converso, come osservato in dottrina, la generalizzata durata quinquennale obbedisce anche a esigenze di certezza e di tutela del contribuente, in ordine ai tempi di irrogazione della sanzione stessa.

13. Soccorre sul tema, inoltre, l’interpretazione data dallo stesso Ufficio nella Circolare Ministero delle Finanze del 10 luglio 1998 n. 180, secondo cui il diritto alla riscossione delle sanzioni, quali che siano gli atti di contestazione o di irrogazione, si prescrive nel termine di cinque anni («il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni»). Il regime prescrizionale, in quanto generalizzato per qualunque provvedimento sanzionatorio, non può, pertanto, essere limitato alle sole sanzioni non contestuali all’atto impositivo e costituisce principio generale dell’ordinamento.

14. In accoglimento del terzo motivo del ricorso principale, per quanto in motivazione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice a quo per l’applicazione del termine quinquennale prescrizionale agli interessi, nonché per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il terzo motivo del ricorso principale per quanto in motivazione, rigetta gli ulteriori motivi del medesimo ricorso; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara il difetto di giurisdizione in relazione alla cartella relativa ai contributi IVS, rigetta il secondo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.