Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 gennaio 2020, n. 1476

Tributi - IRAP - Aliquota maggiorata fissata dalla Regione - Applicabilità - Condizioni di obbiettiva incertezza normativa - Esclusione delle sanzioni

 

Fatti di causa

 

1. La U. spa, in allora U. C.B. spa, reagiva alla cartella di pagamento con cui veniva rettificata l'aliquota Irap per l'anno di imposta 2006 da 4,25% in 4,40% previsto dalla L.R. Toscana n. 43/2002 e, per l'effetto, recuperate le maggiori somme ed irrogate le conseguenti sanzioni.

La contribuente contestava nel metodo l'applicabilità della procedura di correzione automatizzata di cui all'art. 36 bis d.P.R. n. 600/1973 e nel merito la fondatezza della ripresa a tassazione, argomentando sulla successione temporale delle norme regionali e statali in materia di aliquota Irap, anche alla luce dell'intervento del Giudice delle leggi.

Ottenuto apprezzamento delle proprie ragioni in primo grado, diversa sorte esitava l'appello, ove la CTR riteneva applicabile l'aliquota fissata dalla legge toscana, seppure riteneva non dovute - e disapplicava - le sanzioni, sul presupposto che ricorressero le condizioni di obbiettiva incertezza normativa, tali da ingenerare l'affidamento del contribuente e sufficienti per affrancarlo dall'irrogazione afflittiva.

Su quest'ultimo profilo ricorre con unico motivo l'Erario, mentre spiega controricorso e ricorso incidentale con cinque motivi l'istituto di credito contribuente, riproponendo le censure procedimentali e sostanziali respinte in secondo grado.

In prossimità dell'udienza, la parte privata ha depositato memoria, affermando essersi formato giudicato interno a favore della contribuente.

 

Ragioni delle decisione

 

0. Per ragioni logiche dev'essere esaminato con precedenza il ricorso incidentale, dalla cui fondatezza o meno dipende anche il conseguente profilo sanzionatorio che è oggetto del ricorso principale.

Nel ricorso incidentale vengono proposti cinque motivi.

1. Con il primo motivo si denuncia violazione art. 36 bis d.P.R. n. 600/1973, art. 25 d.lgs. n. 446/1997, in parametro all'art. 360 n. 3 codice di rito, ove è stato ritenuto errore soggetto a rettifica automatica l'applicazione di una diversa aliquota Irap, circostanza invece attratta - in tesi - a difficile operazione esegetica.

Sul punto è intervenuta più volte questa Corte, affermando che non occorre altra motivazione della cartella allorquando, come nel caso in esame, essa derivi da un mero controllo formale della dichiarazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente e, in tal senso, è costantemente orientata la giurisprudenza di questa Corte, affermando come in tema di motivazione della cartella di pagamento, l’atto con cui siano rettificati i risultati della dichiarazione e, quindi, sia esercitata una vera e propria potestà impositiva, va motivato debitamente, dovendosi rendere edotto il contribuente dei fatti su cui si fonda la pretesa, mentre quello con cui si proceda, in sede di controllo cartolare ex artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, alla liquidazione dell'imposta in base ai dati contenuti nella dichiarazione o rinvenibili negli archivi dell'anagrafe tributaria, può essere motivato con il mero richiamo alla dichiarazione, poiché il contribuente è già in grado di conoscere i presupposti della pretesa. (Cfr. Cass., V, n. 25329/2014, più di recente, cfr. Cass., V, n. 21804/2017).

Trattasi qui di applicazione di diversa aliquota rispetto a quella individuata dal contribuente, né il dichiarato sforzo ermeneutico rilevato dal contribuente esclude l'automatismo della rettifica.

Il motivo è dunque infondato e va disatteso.

2. Con il secondo motivo si prospetta violazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c. per insufficiente motivazione in ordine all'accertamento del fatto se la cartella individui esattamente l'errore commesso dalla contribuente e ritenuto emendabile dall’Ufficio. Il motivo può essere trattato assieme ai seguenti, per la loro stretta connessione.

Infatti il terzo motivo prospetta censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione dell'art. 7 I. n. 212/2000 e dell'art. 12 d.P.R. n. 602/1973 ove la CTR ha rigettato il motivo di appello relativo alla carenza di motivazione della cartella impugnata; il quarto motivo lamenta violazione dell'art. 360 n. 4 c.p.c. per ultrapetizione, avendo la CTR confermato la cartella di pagamento su circostanze non prospettate nell'appello dell'Ufficio; il quinto ed ultimo motivo rappresenta censura ex art. 360 n. 3 stesso codice di rito civile per violazione dell'art. 16 e 45 d.lgs. n. 446/1997, dell'art. 3, comma 1 l. 289/2000, dell'art. 2 l.r. Toscana n. 43/2002, per aver ritenuto che l'aliquota applicabile a fini Irap per le banche per l'anno di imposta 2006 fosse al 4,40%.

3. I motivi 2, 3 e 5 possono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione, involgendo la ricostruzione e l'esegesi delle norme richiamate. La questione è stata trattata più volte da questa Corte a partire dalla sentenza n. 5867/2012, poi ripresa ed approfondita dalla n. 19838/2012, cui è stata data continuità, tra le altre con n, 3574, 3883, 15123 del 2015 e, da ultimo, con n. 27486/2018 e 1756/2019, ricostruendo il quadro normativo nel senso già individuato dalla CTR, ovvero di ritenere legittima ed efficace la previsione di aliquota Irap con legge regionale - per l'anno di imposta 2006 che qui interessa- se contenuta entro il limite del 4,75%, circostanza nel concreto verificatasi, atteso che è stata applicata l'aliquota del 4,40%.

I motivi 2, 3 e 5 sono quindi infondati e vanno disattesi.

3.1. Per contro, il motivo 4 - ove lamenta violazione dell'art. 360 n. 4 c.p.c. per ultrapetizione, avendo la CTR confermato la cartella di pagamento su circostanze non prospettate nell'appello dell'Ufficio-non è fondato, poiché la ritenuta ultrapetizione si concreta, in realtà, in un profilo di applicazione normativa, ove vale il principio iura novit curia e, comunque, la CTR ha dichiarato espressamente di ritenere individuabile nell'atto di appello il motivo di gravame su cui pronunciare.

Il motivo è infondato e va disatteso.

4. Si può procedere ora all'esame del ricorso principale affidato ad unico motivo.

Si prospetta il vizio di cui all'art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione dell'art. 10 I. n. 212/2000, dell'art. 8 d.lgs. n. 546/1992, dell'art. 6 d.lgs. n. 472/1997, per aver ritenuto sussistere l'obbiettiva incertezza normativa al fine di escludere le sanzioni.

Sul punto è già intervenuta questa Corte affermando come in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme fiscali, sussiste il potere del giudice tributario di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni per errore sulla norma tributaria in caso di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle norme alle quali la violazione si riferisce, quando la disciplina normativa, della cui applicazione si tratti, contenga una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per equivocità del loro contenuto, derivante da elementi positivi di confusione. L'onere di allegazione della ricorrenza di siffatti elementi di confusione, laddove esistenti, grava sul contribuente, sicché va escluso che il giudice tributario di merito debba decidere d'ufficio l'applicabilità dell'esimente, né che sia consentita censura per la mancata pronuncia d'ufficio, ovvero la declaratoria di inammissibilità della questione perché tardivamente introdotta solo in corso di causa (cfr. Cass., V, n. 440/2015, nonché, da ultimo, nello stesso senso Cass., VI-5, n. 17195/2019).

Il motivo è dunque infondato ed il ricorso principale dev'essere rigettato.

4.1. Con memoria ex art. 378 c.p.c. parte contribuente chiede il rigetto del ricorso principale dell'Ufficio per essersi formato giudicato esterno in esito ad analoga controversia fra le parti e relativa alla legge regionale veneta.

Il rigetto del ricorso principale per infondatezza affranca dall'affrontare l'eccezione di giudicato esterno, che resta quindi assorbita.

In definitiva, tanto il ricorso principale quanto quello incidentale sono infondati e debbono essere rigettati.

La soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese del grado di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale. Compensa fra le parti le spese del grado di legittimità.