Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 luglio 2016, n. 26304

Modello ISEE - Trasmissione di numerose false dichiarazioni sostitutive uniche - Amministratori del CAF - Reati di associazione a delinquere, falso, truffa e appropriazione indebita - Sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca - Legittimità

 

Ritenuto in fatto

 

1.1 Con ordinanza in data 14 novembre 2015 il Tribunale della libertà di Reggio Calabria respingeva l'istanza di riesame avanzata nell'interesse di B.D., C.G., B.A., C.V. e CAF Confederazioni LAVORATORI avverso il decreto di sequestro preventivo e per equivalente adottato dal G.I.P. del Tribunale di Palmi il 14-7-15 ed avente ad oggetto la somma di € 702.770,20. Riteneva il giudice del riesame dovere condividere l'impostazione accusatoria nel contesto della quale era stata elevata a carico degli indagati l'imputazione di associazione a delinquere, falso, truffa ed appropriazione indebita per avere gli stessi trasmesso numerose false dichiarazioni sostitutive uniche, finalizzate al rilascio del modello ISEE, ottenendo rimborsi non dovuti dall'INPS.

1.2 Avverso detta ordinanza proponevano ricorso per cassazione gli indagati deducendo:

- violazione dell'art. 606 lett. b) e c) cod.proc.pen., per incompetenza territoriale del Tribunale di Palmi in favore del Tribunale di Roma; rappresentavano al proposito che il reato associativo più grave esercitava una vis attractiva degli altri delitti sicché, non essendo noto il luogo di costituzione, avrebbe dovuto farsi riferimento al luogo di consumazione del primo reato in esecuzione del pactum sceleris che doveva ritenersi l'appropriazione indebita commessa in Roma ove peraltro erano accesi i conti correnti sui quali erano state versate le somme distratte;

- violazione dell'art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen., avuto riguardo alla assenza di autonoma valutazione da parte del G.I.P. di Palmi degli elementi posti a fondamento del decreto di sequestro poiché le valutazioni conclusive si limitavano ad una indicazione succinta dei beni da sottoporre a vincolo;

- violazione dell'art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. poiché il sequestro aveva colpito anche i beni immobili appartenenti alle sigle sindacali ed alla A.V. s.r.l. soggetti dotati di autonomia giuridica; doveva infatti ritenersi che la confisca per equivalente non potesse colpire soggetti dotati di personalità giuridica e diversi dagli autori dei reati;

- violazione dell'art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. in relazione ai delitti contestati alla B. non avendo il decreto impugnato fornito alcuna spiegazione del concorso della stessa nei fatti di falso che apparivano commessi dai centri territoriali di raccolta senza dimostrazione della conoscenza delle condotte dal parte della suddetta indagata;

- violazione dell'art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. per mancata valutazione del verbale del congresso straordinario del sindacato conflavoratori del 21 dicembre 2012 che aveva ratificato l'operato del dott. C. sicché doveva ritenersi che il rappresentante aveva agito in conformità alla volontà del rappresentato e non poteva ritenersi integrata alcuna ipotesi di appropriazione indebita; inoltre non erano state verificate le ragioni delle singole spese contestate;

- violazione dell'art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. per mancata allegazione al fascicolo del P.M. di atti di Polizia Giudiziaria depositati che comprendevano gli elenchi dei protocolli DSU oggetto di supposta falsificazione; inoltre non si era valutato il contenuto della nota dell'INPS che determinava i compensi indebiti per un importo pari ad € 51075,00 assai inferiore a quello per il quale era intervenuto il sequestro.

Con parere ritualmente depositato il Procuratore Generale presso questa Corte di Cassazione chiedeva rigettarsi il ricorso ritenendo il provvedimento impugnato coerente con i dati normativi ed i principi giurisprudenziali in tema di fumus commissi delicti; in particolare, evidenziava l'assenza di violazioni alle regole per la determinazione della competenza, l'avvenuta valutazione autonoma da parte del G.I.P. delle risultanze investigative, l'avvenuta produzione della documentazione da parte della difesa, la possibilità di aggressione del profitto del reato anche nei confronti degli enti.

Con motivi aggiunti, ritualmente depositati, la difesa degli indagati insisteva nei motivi di ricorso principale deducendo, ancora, che il giudice del riesame non può svolgere, a seguito della riforma dell'art. 292 cod.proc.pen., un potere integrativo che si estende fino all'eliminazione della originaria nullità; inoltre, sul punto, doveva ritenersi sussistere difetto di motivazione da parte del giudice del riesame che non aveva risposto sulla doglianza dell'avere il GIP modificato la richiesta del PM in ordine alle ragioni del disposto sequestro. Ripercorreva ancora la difesa la fase delle indagini dalla trasmissione degli atti dalla Procura della Repubblica di Roma che aveva per prima iscritto i nominativi degli indagati nel registro notizie reato a quella di Palmi, per attestare la fondatezza dell'eccezione di incompetenza per territorio e lamentava poi l'errata qualificazione giuridica dei fatti come truffa e non anche ai sensi della disciplina di cui all'art. 316 ter cod.pen.; ribadiva ancora che il danno accertato dall'INPS era di gran lunga inferiore, esponeva l'assenza di elementi per ritenere sussistente l'associazione a delinquere trattandosi di soggetti legati da vincoli di parentela che avevano al più commesso fatti in regime di continuazione ed, infine, insisteva nella deduzione dell'assenza al fascicolo degli atti depositati alla P.G. dalla stessa B. oltre che di quelli relativi al compenso da questa percepito.

 

Considerato in diritto

 

Preliminarmente non può trovare accoglimento l'istanza di rinvio trattandosi di udienza camerale non partecipata.

Ciò posto, il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto.

2.1 Deve infatti essere premesso che in tema di provvedimenti cautelari reali il ricorso per cassazione è consentito solo per violazione di legge ex art. 325 cod. proc. pen. e che tale vizio ricomprende, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008 Rv. 239692); e nel caso in esame nessuno dei suddetti vizi appare essere integrato dal provvedimento del giudice del riesame.

2.2 Invero, quanto all'eccezione di incompetenza per territorio va rilevato come il Giudice delle Indagini preliminari prima ed il Tribunale del riesame poi abbiano deciso la prospettata questione dando rilievo alla individuazione proprio in Palmi della sede legale ed operativa del C.A.F. Conflavoratori s.r.l.; e tale decisione pare non contestabile quanto meno nella presente fase cautelare posto che l'associazione a delinquere risulta operativa proprio nella suddetta sede ed i reati fine ugualmente commessi in tale località. Non assume pertanto rilievo né l'avvenuta iscrizione della notizia di reato presso la Procura della Repubblica di Roma né il luogo di consumazione dell'appropriazione indebita, posto che le condotte venivano programmate ed attuate nella sede del suddetto C.A.F. ove prestava servizio la B. che appare avere agito quale vertice del gruppo.

2.3 Quanto agli ulteriori motivi non ricorre alcuno dei vizi radicali della motivazione denunciabili con ricorso poiché il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha indicato una serie di elementi specifici costituiti:

- dall'avere il G.I.P. non soltanto motivato per relationem ma anche esposto proprie autonome valutazioni fornendo una motivazione sostanziale anche in ordine alla non attendibilità della tesi difensiva ed operato l'analisi delle singole posizioni processuali;

- dal sussistere plurimi ed accertati elementi per ritenere la sussistenza di preventive attività di massiccia falsificazione di dati, di trasmissione degli stessi all'INPS e di successivo impossessamento delle somme percepite attraverso distrazione per finalità private. E tali elementi costituiscono certamente indizi idonei a fare ritenere sussistente il fumus dei delitti contestati poiché l'avvenuta trasmissione di numerosi dati falsificati, oltre che l'impossessamento di somme per finalità non pertinenti a quelle degli enti per i quali si operava, è indice della sussistenza di un gruppo associativo stabilmente dedito ad attività di inganno nei confronti della p.a. e di appropriazione dei conseguenti importi illegittimamente percepiti. Nessun rilievo assume pertanto la denunciata mancata valutazione degli scopi delle singole spese effettuate, poiché il giudice del riesame ha proceduto ad analisi specifica degli acquisti sproporzionati effettuati dalla B., per importi non compatibili con i suoi redditi, sicché il concorso della stessa nei reati è adeguatamente ricostruito sulla base delle illecite attività di raccolta dei dati e di impossessamento poi delle somme illecitamente ricevute.

2.4 Con autonomo motivo la difesa ricorrente ha lamentato che il sequestro è caduto anche su enti dotati di autonoma personalità giuridica rispetto ai quali non avrebbe potuto essere adottato alcun provvedimento; orbene, deve innanzi tutto essere rammentato come l'art. 640 quater cod.pen. prevede nelle ipotesi di reati di truffa ai danni della pubblica amministrazione ovvero di analoghi fatti finalizzati al conseguimento di erogazioni pubbliche, la possibilità di applicare la particolare disciplina in tema di sequestro e successiva confisca disciplinata dall'art. 322 ter. Detta norma, a sua volta, disciplina la confisca diretta od anche per equivalente del profitto del reato ovvero di beni aventi valore corrispondente a tale profitto; la giurisprudenza di questa Corte sul punto ha statuito che nel caso di concorso di persone in uno dei reati indicati dall'art. 322 ter cod. pen. e di coinvolgimento di enti, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato può incidere contemporaneamente ed indifferentemente sui beni dell'ente che dal medesimo reato ha tratto vantaggio e su quelli della persona fisica che lo ha commesso, con l'unico limite per cui il vincolo cautelare non può eccedere il valore complessivo del suddetto profitto (Sez. 2, n. 45520 del 27/10/2015, Rv. 265533). Non pare quindi che con il disposto sequestro siano stati violati i principi dettati dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite che ha preso in considerazione il caso particolare del sequestro per equivalente nei confronti dell'ente che ha beneficiato del reato tributario commesso dal suo legale rappresentante, comunque ammettendolo (Sez. U, Sentenza n. 10561 del 30/01/2014, Rv. 258647). Inoltre, l'impugnata ordinanza, ha precisato come la A.V. s.r.l. sia stata beneficiaria delle condotte distrattive poste in essere dagli indagati con la conseguenza che le misure patrimoniali risultano adottabili anche nei confronti della medesima nonché sottolineato come al capo n. 12 dell'imputazione viene elevata specifica contestazione anche in capo alla Conf.Lavoratori s.r.l. quale soggetto giuridico autonomamente responsabile dell'operato dei suoi amministratori ex artt. 7 e 24 D.Lvo 231/01 con la conseguenza della possibile applicazione delle misure anche a detto soggetto.

2.5 Anche la doglianza proposta con riguardo alla mancata allegazione di atti non appare fondata posto che detti elementi sono stati comunque prodotti dalla stessa difesa che ne era in regolare possesso sicché correttamente il Tribunale del riesame ha ritenuto non sussistere l'ipotesi della nullità indicata dall'art. 309 cod. proc. pen. che non si applica agli atti che risultino in possesso della difesa dell'indagato. In ogni caso gli atti che si assume non trasmessi non hanno comunque rilievo decisivo posto che la nota dell'INPS non può essere significativa dell'individuazione dell'importo definitivo del danno e dei falsi, non conoscendosi allo stato il procedimento seguito dal suddetto ente per il calcolo, mentre gli atti prodotti dalla B. di cui si assume la preterizione non sono stati esplicitati nel loro contenuto e non paiono quindi decisivi; al proposito, infatti, occorre ricordare come ove il provvedimento indichi con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice, sì da consentire l’individuazione dell'iter logico-giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, non vi è luogo per la prospettabilità del vizio di preterizione poiché il giudice non è tenuto, nella motivazione, a confutare, analiticamente, tutti gli elementi addotti dalla difesa, che non siano di natura decisiva (Sez. 2, n. 1405, del 10/12/2013, dep. 15/1/2014, Rv. 259643).

2.6 Per quanto attiene poi alla contestata qualificazione giuridica dei fatti, la esistenza di plurime operazioni illecite di trasmissione di dati falsi, lo sfruttamento delle attività degli enti tramite i quali gli indagati operavano, la percezione di somme ingenti indebite che venivano distratte con operazioni effettuate nel tempo, paiono, quanto meno allo stato, potere far configurare sia l'ipotesi associativa che il più grave delitto di truffa in danno della pubblica amministrazione dovendosi condividere le argomentazioni del provvedimento impugnato, svolte a pagina 14, circa l'effettiva presenza di condotte riconducibili agli artifici e raggiri perché poste in essere attraverso la sistematica indicazione di dati falsi solo apparentemente provenienti dai soggetti aventi diritto.

Alla luce delle suesposte considerazioni, pertanto, l'impugnazione deve essere respinta ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.