Prassi - AGENZIA DELLE ENTRATE - Risposta 13 gennaio 2022, n. 24

Applicazione della ritenuta convenzionale ai partecipanti a un fondo estero fiscalmente trasparente

 

Con l'istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

 

Quesito

 

Alfa (di seguito, anche "istante"), con sede legale in Lussemburgo, è una società di asset mangement autorizzata e regolata dalla locale autorità di vigilanza.

L'istante gestisce un fondo comune di investimento a comparti multipli di diritto lussemburghese, c.d. "fonds commun deplacement à compartiments multiples" (in breve, "FCP" o "Fondo").

FCP è conforme alla Direttiva Europea EC/2009/65/EC (c.d. "Direttiva UCITS) ed è qualificabile, al pari dei comparti (o sub-funds) di cui si compone, come " MoneyMarketFund' ai sensi del Regolamento Europeo 2017/1131 ("Regolamento sui Fondi Comuni Monetari").

Il Fondo è privo di personalità giuridica, ha durata illimitata e chiude ciascun esercizio il 31 XXXX di ogni anno.

I sub-funds investono per conto dei sottoscrittori delle quote del Fondo (i quali agiscono come co-proprietari degli asset dei relativi comparti) in strumenti del mercato monetario, strumenti finanziari derivati, nonché in quote o azioni di altri fondi conformi al menzionato regolamento.

In base allo statuto di FCP, ogni sub-fund è considerato alla stregua di un portafoglio segregato di asset, che opera seguendo le policy di investimento proprie di ciascun comparto, così come definite da Alfa.

Attualmente il Fondo prevede l'emissione di tipologie di quote ("units"), connotate da specifiche caratteristiche e requisiti di ammissibilità, distinguendosi a seconda delle politiche di distribuzione, dei differenti sottoscrittori di quote qualificate e degli importi minimi di investimento e partecipazione.

Sulla base del Prospetto del Fondo, possono essere individuate due tipologie di quote: le c.d. "accumulation units" e le c.d. "distribution units".

Per le accumulation units, lo statuto del Fondo prevede che i proventi generati dagli asset siano capitalizzati all'interno del singolo comparto. Ne deriva che i proventi originati dagli investimenti effettuati dal Fondo per conto dei sottoscrittori non sono automaticamente distribuiti a questi ultimi, ma incidono sul valore delle quote (" netasset value" o "NAV").

Le distribution units, invece, conferiscono ai sottoscrittori il diritto alla percezione degli utili che originano direttamente dalla gestione degli asset, in proporzione alla partecipazione detenuta nel Fondo. Secondo quanto previsto dal prospetto di FCP, la distribuzione dei proventi avviene generalmente con cadenza almeno annuale e, solitamente, entro due mesi dal termine dell'esercizio di riferimento. Tuttavia, lo statuto del Fondo attribuisce ad Alfa la possibilità di procedere discrezionalmente alla distribuzione degli utili maturati dal singolo comparto, in misura proporzionale alle distribution units detenute dai sottoscrittori. In ogni caso, in assenza di espressa richiesta di distribuzione da parte dei sottoscrittori, il prospetto del Fondo dispone che i proventi non oggetto di distribuzione siano reinvestiti automaticamente nella medesima classe di quote. In tal caso, alla data prevista per il pagamento dei proventi, il comparto di riferimento emetterà nuove quote della medesima classe di quelle già possedute dall'investitore al fine di riflettere il nuovo NAV di riferimento.

Ai sensi della normativa lussemburghese, FCP è considerato fiscalmente trasparente, essendo assoggettato unicamente a un'imposta annuale di sottoscrizione (i.e. "taxe d'abonnement"') e gli investitori sono considerati i beneficiari effettivi dei redditi e di ogni altro provento, derivanti dalla partecipazione al Fondo.

Inoltre, ogni sub-fund è trattato ai fini fiscali come un singolo OICR indipendente, con la conseguenza che nessun comparto è assoggettato a tassazione sui redditi e sulle plusvalenze generati dagli investimenti sottostanti e, conseguentemente, anche i singoli sub-fund possono essere considerati fiscalmente trasparenti ai sensi delle disposizioni fiscali del Granducato.

Attualmente, è previsto che i sottoscrittori delle quote siano compagnie di assicurazioni residenti nel Regno Unito o in Irlanda, ovvero fondi di investimento di tipo aperto residenti nel Regno Unito, sebbene non si escluda che, in futuro, il Fondo sia partecipato da investitori residenti in Paesi diversi.

In base a quanto previsto sia dall'ordinamento inglese che da quello irlandese, il reddito derivante dagli investimenti effettuati dal singolo sub-fund è assoggettato a tassazione in capo ai sottoscrittori in proporzione alle quote da questi detenute e indipendentemente dall'effettiva corresponsione del provento. In altri termini, a prescindere dalla tipologia di quote sottoscritte, gli utili originati dalla gestione degli asset sono fiscalmente attribuiti pro-quota agli investitori, a nulla rilevando il fatto che il Fondo distribuisca o meno tali proventi. Pertanto, gli investitori residenti nel Regno Unito e in Irlanda sono tassati per trasparenza sia qualora abbiano sottoscritto le accumulation units, sia nel caso abbiano sottoscritto le distribution units.

Inoltre, la normativa fiscale lussemburghese non prevede l'applicazione di una ritenuta alla fonte in caso di successiva distribuzione dei proventi ai sottoscrittori, dal momento che tale reddito è considerato come già tassato in capo agli investitori residenti nel Regno Unito o in Irlanda.

Per quanto attiene ai sottoscrittori non residenti nel Regno Unito o in Irlanda, la tassazione dei proventi conseguiti dalla partecipazione al Fondo dipenderà dal regime impositivo in vigore nel rispettivo Paese di residenza.

Il prospetto del Fondo, inoltre, può prevedere differenti classi di quote differenziate in ragione del trattamento fiscale applicabile ai diversi sottoscrittori. In tal modo, all'interno di una stessa classe sarà possibile applicare la medesima Convenzione per evitare le doppie imposizioni in quanto tutti i sottoscrittori saranno omogenei dal punto di vista fiscale. Conseguentemente, graverà su tutti gli investitori l'onere di fornire all'istante la documentazione attestante la loro residenza fiscale e il loro status di beneficiario così come definito dal Modello di Convenzione per evitare le doppie imposizioni elaborato dall'OCSE ("Modello OCSE").

Poiché il Fondo ha intenzione di investire anche in strumenti finanziari italiani, l'istante chiede chiarimenti in merito al trattamento fiscale applicabile ai proventi derivanti dai predetti investimenti.

Nello specifico, Alfa chiede se FCP e i relativi comparti possano essere considerati fiscalmente trasparenti e se ai partecipanti del Fondo residenti nel Regno Unito e in Irlanda possano applicarsi, rispettivamente, le disposizioni stabilite dalla Convenzione per evitare le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito, firmata a Pallanza il 21 ottobre 1988 e ratificata con legge 5 novembre 1990, n. 329, e dalla Convenzione tra Italia e Irlanda, firmata a Dublino l'11 giugno.1971 e ratificata con legge 9 ottobre 1974, n.583 (congiuntamente, "Convenzioni" o "Trattati").

Chiede, infine, di confermare che gli stessi principi possano essere applicati anche in relazione a investitori residenti ai fini fiscali in altri Stati che abbiano stipulato una Convenzione con l'Italia.

 

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

 

L'istante ritiene che FCP non possa essere qualificato come "persona residente" ai fini convenzionali e, pertanto, non abbia diritto all'applicazione dei Trattati.

A parere di Alfa, il Fondo, essendo costituito come un umbella fund ossia come co-proprietà degli asset gestiti nell'interesse dei sottoscrittori, non integrerebbe la nozione di "persona" ai sensi dell'articolo 3 del Modello OCSE, mutuata dalle Convenzioni in esame.

Inoltre, anche qualora si ritenesse soddisfatta tale definizione, FCP non potrebbe comunque qualificarsi come "residente" di uno Stato contraente ai sensi del citato articolo 3 del Modello OCSE, intendendosi per tale ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, sia ivi assoggettata a imposta a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga.

L'istante esclude, quindi, che il Fondo e i diversi subfund possano essere considerati residenti ai fini dell'applicazione delle Convenzioni stipulate dal Lussemburgo con le altre giurisdizioni e che, pertanto, non abbiano titolo per richiedere l'applicazione di alcun Trattato per evitare le doppie imposizioni.

Secondo Alfa, FCP e i singoli comparti possono essere considerati soggetti fiscalmente trasparenti con riguardo ai redditi provenienti dagli investimenti effettuati dai sottoscrittori attraverso il Fondo.

In relazione ai partecipanti che sottoscrivono le accumulation units, l'istante ritiene integrata la nozione di "trasparenza fiscale", così come individuata nell'ordinamento italiano per le società di persone.

Infatti, gli investitori residenti nel Regno Unito o in Irlanda che sottoscrivono le accumulation units:

(i) sono tassati sui proventi derivanti dagli asset gestiti dal Fondo, indipendentemente dall'effettiva percezione degli stessi;

(ii) sono assoggettati ad un'obbligazione fiscale illimitata.

In proposito, Alfa richiama quanto chiarito nella Circolare 3 giugno 2015, n.21/E, secondo cui per verificare la trasparenza di una entità è, altresì, necessario fornire "un'attestazione dell'amministrazione fiscale del Paese di residenza oppure altra documentazione idonea a comprovare la tassazione per trasparenza fiscale dei proventi maturati dall'entità/fondo in capo al partner nel relativo Paese di residenza.

Per quanto attiene agli investitori che sottoscrivono le distribution units, qualora fosse garantita la distribuzione (almeno annuale) dei proventi generati dagli asset gestiti dai comparti, l'istante ritiene di poter fare riferimento alle conclusioni raggiunte nelle risoluzioni 27 gennaio 2006, n. 17/E e 21 aprile 2008, n. 167/E, e nella circolare 3 giugno 2015 n. 21/E. In base alla citata prassi, il rispetto del principio sotteso alla nozione di trasparenza fiscale è verificato anche laddove:

(i) lo statuto del fondo preveda l'obbligo di distribuire annualmente i proventi digestione ai sottoscrittori;

(ii) lo Stato di residenza dei partecipanti sottoponga a tassazione i predetti redditi, essendo gli investitori soggetti ad un'obbligazione fiscale illimitata.

A supporto, Alfa rileva che anche nella circolare 30 marzo 2016, n. 6/E è stata riconosciuta la "natura trasparente" dei veicoli di investimento collettivo che rispettino i requisiti sopra citati.

In presenza delle predette condizioni, quindi, FCP può essere considerato "trasparente", alla stregua di un mero "veicolo" attraverso cui i flussi di reddito conseguiti si limitino a transitare in favore dei sottoscrittori, indipendentemente dal fatto che il reddito proveniente dall'investimento in Italia sia tassato per trasparenza nel Paese di residenza dell'investitore (c.d. "trasparenza economica").

Tuttavia, la distribuzione almeno annuale dei proventi da parte del Fondo (o dei diversi comparti) potrebbe essere effettuata con tempistiche diverse a discrezione della Management Company.

Cionondimeno, l'istante osserva che la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nella causa C-156/17, ha riconosciuto la sostanziale equivalenza ai fini fiscali fra:

- un fondo che distribuisce con cadenza annuale gli utili derivanti dai suoi investimenti; e

- un fondo che non distribuisce con cadenza annuale gli utili derivanti dai suoi investimenti, laddove "l'utile derivante dai suoi investimenti che non sia stato distribuito è considerato distribuito o rientra nell'imposta che detto Stato membro riscuote dagli azionisti o detentori di partecipazioni come se tale utile fosse stato distribuito".

Secondo Alfa, le conclusioni del giudice europeo possono essere analogamente applicate alle distribution units che non soddisfano il requisito della distribuzione annuale. In altre parole, non potendo ricorrere al concetto di "trasparenza economica", è possibile applicare il principio della "trasparenza fiscale" anche alle distribution units che non garantiscono una distribuzione annuale degli utili, posto che gli ordinamenti fiscali inglese ed irlandese prevedono la tassazione dei proventi del Fondo in capo ai partecipanti indipendentemente dall'effettiva percezione.

L'istante sostiene che tale soluzione sia coerente con la risposta dell'Agenzia delle entrate n. 156/E del 2020, relativa alla possibilità di qualificare come trasparente ai fini fiscali italiani un Authorised Contractual Scheme (forma d'investimento collettivo di diritto inglese) costituito nel Regno Unito.

In altri termini, Alfa ritiene che FCP possa essere considerato trasparente ai fini dei Trattati in quanto, come per i soci di una società di persone, gli investitori sono:

- tassati sui proventi derivanti dagli asset gestiti dal Fondo, indipendentemente dall'effettiva percezione degli stessi (c.d. "trasparenza fiscale");

- soggetti ad un'obbligazione fiscale illimitata;

- in condizione di fornire un'attestazione ufficiale rilasciata dell'amministrazione fiscale del Regno Unito o Irlandese, o altra idonea documentazione che possa comprovare i due suddetti requisiti.

In ogni caso, l'istante ritiene che qualora il Fondo distribuisca almeno annualmente i proventi derivanti dagli asset gestiti per conto dei partecipanti che detengano le distribution units e lo Stato di residenza dei partecipanti sottoponga a tassazione i predetti redditi (essendo gli investitori soggetti ad un'obbligazione fiscale illimitata), il Fondo potrebbe essere considerato trasparente indipendentemente dal regime fiscale di trasparenza applicabile (o meno) nel Paese dell'investitore.

Inoltre, Alfa osserva come il paragrafo 3 del Commentario all'articolo 1 del Modello OCSE precisi che, qualora una società di persone sia considerata fiscalmente trasparente, ai fini dell'imposizione, non si tiene conto dell'esistenza della stessa e, di conseguenza, ciascun socio è individualmente assoggettato ad imposta sulla rispettiva quota di reddito di tale società. Inoltre, stante il paragrafo 5 del suddetto Commentario all'articolo 1, i soci delle società trasparenti dovrebbero poter essere legittimati ad invocare la Convenzione stipulata dagli Stati in cui sono residenti, in relazione alla quota di reddito a loro imputata, a condizione che il reddito della società di persone sia a loro attribuito ai fini dell'imposizione nel loro Stato di residenza.

Peraltro, la rilevanza della trasparenza fiscale ai fini del riconoscimento del trattamento convenzionale ai soci di società di persone è stata riconosciuta anche nella circolare 23 dicembre 1996, n. 306/E.

L'istante sostiene che i medesimi principi siano applicabili anche al Fondo, sebbene non si qualifichi come una società di persone, come affermato nel paragrafo 2 del Commentario all'articolo 1 del Modello OCSE, in cui si prevede l'estensione delle conclusioni raggiunte in merito alle partnership anche ad altri istituti (c.d. " arrangement') ed entità non costituite in forma societaria, i quali potrebbero allo stesso modo essere considerati fiscalmente trasparenti ai sensi della legislazione tributaria di uno Stato contraente.

In particolare, con riguardo alle accumulation units e alle distribution units che non prevedono la distribuzione annuale dei proventi, gli investitori nel Fondo, essendo soggetti a un'obbligazione fiscale illimitata nel relativo Paese di residenza, possono chiedere l'applicazione dei pertinenti Trattati, fornendo un'attestazione ufficiale, o altra documentazione idonea, che dimostri le summenzionate condizioni, rilasciata dalla autorità fiscale del proprio Stato di residenza.

Inoltre, con riferimento agli investitori che detengono le distribution units che garantiscono la distribuzione almeno annuale dei proventi del Fondo, Alfa ritiene che le disposizioni convenzionali saranno applicabili indipendentemente dal regime di trasparenza fiscale previsto (o meno) nello Stato di residenza.

L'istante, infine, sostiene che le conclusioni raggiunte con riferimento ai sottoscrittori residenti nel Regno Unito o in Irlanda siano applicabili anche nel caso di investitori residenti ai fini fiscali in altri Stati che abbiano stipulato una Convenzione contro le doppie imposizioni con l'Italia.

 

Parere dell'Agenzia delle entrate

 

In via preliminare, si condivide la considerazione secondo cui l'assenza di una soggettività tributaria passiva di FCP, in Lussemburgo, impedisce di considerare il Fondo come "persona residente" in quest'ultimo Paese ai fini convenzionali.

Risultano applicabili, al caso in esame, i chiarimenti resi nel Report "The Application of the OECD Model Tax Convention to Partnerships" ("Partnership Report") del 1999, mutuati dal Commentario al Modello OCSE e, come osservato dall'istante, estesi anche a entità diverse dalle partnership.

In particolare, il Partnership Report precisa che se lo Stato della partnership la qualifica come fiscalmente trasparente, la stessa non può essere trattata come persona residente ai fini convenzionali.

Il Partnership Report individua, quale presupposto necessario ai fini dell'integrazione della nozione di "residente" di uno Stato contraente, la condizione che l'entità sia "liable to tax" ai sensi della legislazione nazionale di tale Stato.

Dal prospetto del Fondo, risulta che FCP è un tipo di fondo sviluppato per essere fiscalmente trasparente in Lussemburgo e altrove ("The FCP is a type of fund structure developed to be tax-transparent in Luxembourg and elsewhere"').

Pertanto, applicando le suesposte considerazioni al caso di specie, FCP non ha diritto all'applicazione della Convenzione tra Italia e Lussemburgo.

Ciò non esclude, tuttavia, che, al ricorrere di determinate condizioni, i partecipanti al Fondo possano beneficiare del trattamento previsto dai Trattati tra l'Italia e lo Stato di residenza di questi ultimi.

Al riguardo, il Partnership Report riconosce ai soci della partnership trasparente la legittimazione a invocare la Convenzione stipulata tra lo Stato di cui gli stessi sono residenti e lo Stato della fonte, in relazione alla quota di reddito loro imputata, a condizione che tale reddito sia agli stessi attribuito ai fini dell'imposizione nel rispettivo Paese di residenza.

In merito, dall'istanza risulta che:

a) in base alla normativa lussemburghese, FCP e i relativi sub-fund sono considerati fiscalmente trasparenti e gli investitori sono considerati i beneficiari effettivi dei redditi e di ogni altro provento;

b) la legislazione fiscale lussemburghese non prevede l'applicazione di una ritenuta alla fonte in caso di successiva distribuzione dei proventi ai sottoscrittori, dal momento che tale reddito è considerato come già tassato in capo agli investitori residenti nel Regno Unito o in Irlanda;

c) l'ordinamento inglese e quello irlandese prevedono che i proventi derivanti dagli investimenti effettuati dal singolo sub-fund siano assoggettati a tassazione in capo ai sottoscrittori in proporzione alle quote da questi detenute e indipendentemente dall'effettiva corresponsione del provento.

Per quanto concerne il punto sub c), l'istante precisa che gli investitori residenti nel Regno Unito e in Irlanda sono tassati sui proventi del Fondo sia qualora abbiano sottoscritto le accumulation units, sia nel caso abbiano sottoscritto le distribution units . In altri termini, tanto l'ordinamento dello Stato del Fondo (Lussemburgo), quanto gli ordinamenti degli Stati di residenza dei partecipanti (Regno Unito e Irlanda) considerano FCP come una entità trasparente ai fini fiscali.

Da quanto emerge dall'istanza, pertanto, può ritenersi integrata la nozione di trasparenza fiscale ai fini del riconoscimento del trattamento convenzionale direttamente in capo agli investitori residenti nel Regno Unito e in Irlanda, sia per le accumulation units che per le distribution units.

Nonostante già questa circostanza consenta - in linea di principio - ai sottoscrittori del Fondo di invocare direttamente i benefici convenzionali, Alfa chiede se tale diritto possa essere riconosciuto anche sulla base della c.d. trasparenza economica in relazione alle distribution units, qualora sia garantita la distribuzione almeno annuale dei relativi proventi.

Al riguardo, si rinvia ai chiarimenti resi nelle risoluzioni n. 17/E del 2006, n.167/E del 2008 e nella circolare n. 6 del 2016 (citate anche dall'istante), in cui l'Amministrazione finanziaria ha riconosciuto che "stante in linea generale la natura di entità fiscalmente trasparenti dei veicoli di investimento collettivo (rectius, dei fondi), in base alla legislazione dello Stato in cui sono localizzati, al ricorrere di specifiche condizioni, gli investitori possono invocare direttamente i benefici convenzionali; a tal fine si devono ritenere validi i chiarimenti in merito alla cd. "trasparenza economica"e "trasparenza fiscale".

In particolare, nei citati documenti di prassi è chiarito che i partecipanti a un fondo che investe in Italia possono godere del trattamento convenzionale previsto dal Trattato concluso con il Paese in cui risiedono, purché i proventi generati dagli asset gestiti dal fondo siano loro imputati ai fini dell'imposizione nel rispettivo Stato di residenza.

Tale condizione si ritiene verificata non solo nel caso in cui lo Stato di residenza dei partecipanti qualifichi il fondo come fiscalmente trasparente e assoggetti a imposizione gli utili in capo agli investitori, indipendentemente dall'effettiva percezione (c.d. "trasparenza fiscale"), ma anche nel caso in cui il fondo abbia natura di mero veicolo, attraverso cui i flussi di reddito transitano in favore dei sottoscrittori, in capo ai quali sono sottoposti ad imposizione nello Stato di residenza (c.d. "trasparenza economica").

In relazione alla trasparenza economica, nei richiamati documenti di prassi è stato precisato che, al fine di rispettare il principio sotteso alla nozione di trasparenza fiscale vigente nel nostro ordinamento e in coerenza con quanto chiarito nello stesso Commentario al Modello OCSE, è necessario che lo statuto del fondo preveda l'obbligo di distribuire almeno annualmente gli utili di gestione ai sottoscrittori e che lo Stato in cui essi risiedono li sottoponga a tassazione.

Pertanto, a prescindere dalla qualificazione fiscale del Fondo da parte dello Stato di residenza dei partecipanti, la trasparenza economica assume rilevanza ai fini del trattamento convenzionale purché ricorrano sia una regolarità distributiva almeno annuale, che impedisca salti di imposizione, sia l'assoggettamento a tassazione del flusso reddituale nel Paese di residenza del beneficiario effettivo.

Inoltre, come precisato nelle richiamate risoluzioni n. 17/E del 2006, n. 167/E del 2008, l'equiparazione tra la trasparenza economica e la trasparenza fiscale è subordinata alla condizione che la distribuzione con cadenza almeno annuale sia prevista statutariamente e non rimessa a valutazioni discrezionali. In altri termini, il trattamento convenzionale a favore degli investitori non può ammettersi in via occasionale, ma presuppone una regolarità, statutariamente prevista e garantita, nella distribuzione dei proventi, cosicché il Fondo si ponga come vero veicolo attraverso cui i flussi di reddito conseguiti si limitino a "transitare" in favore dei sottoscrittori, in capo ai quali siano effettivamente sottoposti a tassazione in ciascun periodo d'imposta. Come chiarito, in particolare, nella risoluzione n. 17/E del 2006 "Ciò richiederebbe quindi che lo statuto del fondo contemplasse l'obbligo di distribuire annualmente gli utili di gestione ai sottoscrittori e che lo Stato in cui essi risiedono li sottoponga a tassazione. Solo in tal modo verrebbe rispettato il principio sotteso alla nozione di trasparenza fiscale vigente nel nostro ordinamento e recepito nello stesso Commentario".

Con riferimento al caso di specie, si osserva che le suddette condizioni per riconoscere la trasparenza economica non sussistono né in relazione alle accumulation units né in relazione alle distribution units. Come indicato nell'istanza, infatti, per la prima tipologia di quote, lo statuto del fondo non garantisce l'automatica distribuzione in quanto prevede che i proventi generati dagli asset siano capitalizzati all'interno del singolo comparto.

Con riferimento alla seconda tipologia di quote, sebbene questa conferisca ai sottoscrittori il diritto alla percezione degli utili che originano direttamente dalla gestione degli asset (in proporzione alla partecipazione detenuta nel Fondo) e la distribuzione avvenga con cadenza annuale, tale distribuzione è rimessa alla discrezionalità della stessa Alfa. In particolare, lo statuto del Fondo attribuisce alla società istante la possibilità di procedere discrezionalmente alla distribuzione degli utili maturati dal singolo comparto: " The Management Company will also exercise its discretion to determine whether or not to declare a distribution in respect of Distribution Units" (cfr. pag. 37 del Prospetto).

Inoltre, in assenza di espressa richiesta di distribuzione da parte dei sottoscrittori, il prospetto del Fondo dispone che i proventi non oggetto di distribuzione siano reinvestiti automaticamente nella medesima classe di quote. In tal caso, alla data prevista per il pagamento dei proventi, il comparto di riferimento emetterà nuove quote della medesima classe di quelle già possedute dall'investitore al fine di riflettere il nuovo NAV di riferimento: "In the case of Distribution Unit Classes, distributions will automatically be reinvested in the same Unit Class unless Unitholders have requested in writing that distributions be paid to them. When distributions are reinvested, new Units will be issued on the payment date at the NAV of the relevant Unit Class" (cfr. pag. 37 del Prospetto).

Ciò premesso in relazione alla possibilità di qualificare il Fondo fiscalmente trasparente ai fini convenzionali, con specifico riferimento all'applicazione dei Trattati direttamente nei confronti dei partecipanti residenti nel Regno Unito e in Irlanda, si osserva quanto segue.

L'applicazione concreta delle Convenzioni è subordinata alla condizione che i partecipanti integrino tutti i presupposti di operatività dei Trattati, ossia possano essere considerati a loro volta treaty entitled e, ove richiesto dalle pertinenti norme convenzionali, beneficial owner.

Il requisito del treaty entitlement deve essere interpretato in modo coerente con il concetto di residenza ai fini convenzionali, atteso che, al fine di applicare il Trattato tra lo Stato della fonte e lo Stato di residenza dell'investitore, è necessario che lo stesso sia qualificabile come "persona residente", ossia sottoposto a imposizione. In altri termini, occorre che sia integrato il presupposto dell'assoggettamento a imposizione, inteso conformemente al significato convenzionale, ossia come attribuzione del reddito ai fini della assoggettabilità a tassazione, anche solo potenziale.

Come già rilevato, sulla base delle informazioni rese dall'istante, tale requisito risulta soddisfatto nella misura in cui gli investitori inglesi e irlandesi sono soggetti a obbligazione fiscale illimitata sulla quota dei proventi del Fondo a questi riferibile, a prescindere dall'effettiva distribuzione, nei rispettivi Paesi di residenza.

Da quanto dichiara Alfa, l'imputazione del reddito direttamente in capo ai partecipanti ricorre sia nel caso di accumulation unit che nel caso di distribution unit.

Per quanto concerne l'ulteriore requisito della beneficial ownership, si tratta di una condizione che non può essere verificata in questa sede, involgendo riscontri fattuali che esulano dall'istituto dell'interpello.

Resta inteso che, ai fini della diretta applicazione del trattamento convenzionale, i sottoscrittori sono tenuti a esibire un'attestazione della competente autorità fiscale britannica o irlandese in cui si certifichi la ricorrenza delle condizioni richieste dai Trattati.

Alfa, infine, chiede di confermare che le medesime conclusioni siano estese anche a investitori residenti ai fini fiscali in altri Stati, diversi dall'Irlanda e dal Regno Unito, che abbiano stipulato una Convenzione contro le doppie imposizioni con l'Italia.

Al riguardo si osserva che, in assenza di una precisa indicazione sul Trattato concretamente applicabile, non può essere resa una risposta. Come rilevato, infatti, per rendere un parere sul riconoscimento del regime convenzionale, non si può prescindere né dall'esame delle disposizioni del singolo Trattato, ciascuna connotata da proprie specificità, né dal riscontro del trattamento che la normativa interna dello Stato di residenza degli investitori riserva ai proventi in esame.

Si ricorda, infine, che per una costante interpretazione dell'Amministrazione finanziaria (cfr. risoluzioni 24 settembre 2003 n. 183/E, 24 maggio 2000 n. 68/E, e 10 giugno 1999 n. 95/E-VII-14-60866), l'applicazione della ritenuta ridotta prevista dal Trattato costituisce una facoltà e non un obbligo per il sostituto d'imposta italiano.