Prassi - MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI - Nota 22 maggio 2020, n. 4477

Statuti degli Enti del Terzo Settore. Individuazione delle attività di interesse generale art. 5 c. 1 del D.Lgs.117/2017. Associazioni affiliate a rete nazionale

 

Con richiesta del 14 aprile u.s. pari oggetto, l’ufficio in indirizzo, richiamando la nota ministeriale prot. 3650 del 12 aprile 2019 "Statuti degli enti del terzo settore. Individuazione delle attività di interesse generale e delle finalità. Artt. 4, comma 1, 5 comma 1 e 21" ha richiesto un ulteriore approfondimento riguardante l’individuazione nello statuto delle attività ex art. 5 comma 1 del Codice del Terzo settore da parte delle associazioni affiliate alle cd. reti nazionali.

Il caso prospettato riguarda le associazioni che in sede di richiesta di iscrizione ai registri delle APS o delle ODV, hanno presentato statuti improntati al d.lgs. n. 117/2017, nei quali risultavano contemplate tutte le attività di cui all’articolo 5 del decreto medesimo.

Tale ipotesi, secondo la nota ministeriale innanzi richiamata, non è da ritenersi in linea con le previsioni del legislatore: infatti, nella formulazione dell’art. 21 comma 1 del Codice, "l’attività di interesse generale che costituisce l’oggetto sociale", unitamente alle finalità perseguite, caratterizza l’associazione al punto che anche i requisiti per l’ammissione di nuovi associati devono essere individuati in coerenza con esse.

Ciò significa che l’oggetto sociale, anche a tutela degli obiettivi di conoscibilità degli enti del Terzo settore, delle loro caratteristiche e del loro operato, non può risultare indefinito. E’ quel che avviene in caso di una previsione statutaria che elenchi pedissequamente tutte o quasi le attività di cui all’articolo 5: non si tratta di un (malinteso) esercizio di autonomia ma del mancato rispetto (quantunque involontario) del principio di trasparenza, in primo luogo a danno di coloro cui è precluso aderire "ad una compagine di cui siano chiaramente individuate (e ragionevolmente collegate tra loro) attività e finalità".

La necessaria puntuale selezione ai fini dell’inserimento nello statuto della o delle attività che costituiscono l’oggetto sociale, secondo un criterio volto a definire l’ente, non limita in alcun modo la possibilità per quest’ultimo di variare tale oggetto, anche attraverso eventuali ma sempre ragionevoli ampliamenti o modifiche: tale variazione tuttavia deve essere la conseguenza di una evoluzione, frutto partecipato della volontà degli associati.

Non sembra che i principi fin qui enunciati possano essere disattesi dalle associazioni di cui al caso prospettato, semplicemente adducendo quale giustificazione la necessità (aprioristicamente e apoditticamente enunciata) di mantenere la possibilità di essere coinvolte in attività realizzate da altri enti appartenenti alla medesima rete associativa, nella medesima area territoriale o nel resto del Paese, sostenendo che "qualora tali attività non fossero inserite nel proprio statuto non potrebbe parteciparvi".

Al contrario, proprio l’appartenenza alle reti associative, organizzazioni volte al coordinamento, alla rappresentanza, alla promozione e al supporto degli enti ad esse aderenti, consente a questi ultimi di porre a fattor comune le proprie specificità organizzative e vocazionali valorizzando in maniera sinergica le rispettive attività e competenze nel rispetto dell’autonomia di ciascun ente. La collaborazione tra enti, nel quadro di un’appartenenza comune ad una rete, non può tradursi in una presunta necessaria indeterminatezza delle caratteristiche, del ruolo, della responsabilità, delle capacità dei singoli enti, né può ritenersi preclusa dal mantenimento delle necessarie differenze tra le singole soggettività superindividuali. Al contrario, deve ribadirsi che le attività di cui all’articolo 5 comma 1 del Codice possono considerarsi di interesse generale a condizione che siano svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio, e che possono richiedere il possesso di capacità tecniche e organizzative differenziate a seconda delle tipologie di esse.

Esemplificativamente, si pensi ad un ente che, occupandosi di assistenza alle persone ricoverate in una struttura sanitaria, intenda dare a queste ultime la possibilità di assistere a spettacoli teatrali organizzati presso la struttura stessa, ritenendo che i pazienti ne beneficino sotto il profilo psicologico. L’ente attiverà una collaborazione con un secondo ente che si occupa di organizzazione e gestione di attività artistiche e culturali, in modo da individuare congiuntamente le opere da mettere in cartello e le modalità per tenere le rappresentazioni nel rispetto delle esigenze degli spettatori e delle caratteristiche della struttura. Quanto sopra non impone che il primo ente abbia nel proprio statuto tra le proprie attività quelle di organizzazione e gestione di attività artisticoculturali o che il secondo modifichi lo statuto per prevedervi l’effettuazione di prestazioni sanitarie. Consente invece a ciascun ente, nel rispetto delle proprie caratteristiche e specificità, di operare insieme per obiettivi comuni (o per conseguire ciascuno i propri: da un lato il maggior benessere dei pazienti, dall’altro la diffusione della conoscenza e dell’amore per lo spettacolo dal vivo anche presso fasce della popolazione più difficili da raggiungere).

Immaginare forme di collaborazione sinergica tra enti portatori di così diverse peculiarità, all’interno di un quadro stabile di coordinamento e supporto quale quello che una rete può offrire anche favorendo i contatti tra una molteplicità di soggetti diversi, consente di apprezzare appieno gli assunti dai quali si è partiti.

La declinazione coerente da parte di ciascun ente delle proprie finalità e, in armonia con esse, delle attività che ci si prefigge di svolgere, nonché la conseguente individuazione delle caratteristiche organizzative più opportune per raggiungere gli obiettivi associativi e finalmente di quelle dei propri associati, all’interno dello statuto, costituisce un fondamentale e talvolta non semplice esercizio di autonomia, attraverso il quale l’ente opera delle scelte e in virtù di esse definisce sé stesso nei confronti dell’esterno e dei propri aderenti, nel rispetto di regole proprie e all’interno del perimetro tracciato dalla legge.

Evitare o eludere tale necessario percorso finirebbe per rendere particolarmente difficoltosa anche la valutazione sull’effettivo perseguimento da parte dell’ente delle finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale, da parte dei soci, degli amministratori, delle pubbliche amministrazioni preposte al controllo, considerando che tali finalità devono trovare concretizzazione sia nella rappresentazione statutaria che l’ente dà di sé, sia nell’effettivo perseguimento delle proprie attività; in caso contrario tali finalità resterebbero l’enunciazione di una mera clausola di stile all’interno degli stessi statuti.

Alla luce delle considerazioni fin qui formulate, anche attraverso un riferimento ad una ipotesi di scuola che contempla collaborazioni tra due enti affatto differenti, codesta Amministrazione potrà formulare le proprie definitive valutazioni sulle specifiche situazioni prospettate e sulle motivazioni addotte dagli enti interessati.