Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 novembre 2019, n. 28501

Appalto - Responsabilità solidale per i contributi omessi - Risarcimento del danno da inadempimento

 

Fatti di causa

 

In data 8.10.2010 l'Inps notificò alla società F.C.I. s.p.a. (d'ora in poi F.) cartella esattoriale per il pagamento dell'importo complessivo di € 754.126,58, in quanto responsabile in via solidale, ai sensi dell'art. 29, comma 2°, d.lgs n. 276/2003, per i contributi non versati dalla società D. s.r.l., subappaltatrice della L.A. s.r.l. (a sua volta appaltatrice diretta della F.) e della società E.C. s.r.l. (anch'essa appaltatrice della committente F.). Le contestate omissioni concernevano, rispettivamente, i periodi 16.5.2005 - 30.9.2007 e 1.1.2005 - 31.5.2007.

Per quel che qui interessa la Corte d'appello di Ancona (sentenza del 24.1.2014), dopo aver dato atto della cessata materia del contendere in relazione ai contributi riguardanti la coobbligata in solido L.A., ha rilevato che per il resto era infondata l'eccezione di decadenza sollevata dalla F. nei confronti dell'Inps, ma che a tale ente non era dovuto il pagamento delle pretese sanzioni accessorie, per cui la condanna doveva essere limitata al pagamento dei contributi coi soli interessi legali maturati dalla messa in mora della F.

In pratica la Corte territoriale ha escluso che l'invocata norma eccezionale della decadenza, prevista per i crediti azionati dai lavoratori nei confronti dell'appaltatore, potesse essere estesa in via analogica ai crediti contributivi richiesti dall'Inps; nel contempo ha, però, ritenuto che sussisteva la difficoltà di giustificare l'irrogazione di sanzioni ulteriori rispetto al risarcimento del danno da inadempimento a carico del committente-appaltante, costituito come debitore in solido, pena la configurazione di una forma di responsabilità oggettiva per inadempimento altrui.

Per la cassazione della sentenza ricorrono la F., con quattro motivi, e l'Inps, con un motivo. La F. resiste con controricorso al ricorso dell'Inps. Le parti depositano memoria.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con un solo motivo l'Inps denunzia violazione e/o falsa dell'art. 29, commi 1 e 2, d.lgs 276/2003, così come modificato dall'art. 6, commi 1 e 2, d.lgs 251/2004, dell'art. 29, comma 2, così come modificato dall'art. 1, comma 911, I. 296/2006, dell'art. 21, d.l. 5/2012, conv. nella I. 35/2012, dell'art. 11, comma 1, disp. prel. cod. civ., dell'art. 1218 cod. civ. e degli artt. 1292, 1293, 1294, 1295 e 1298 cod. civ. (in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.).

L'Inps, dopo aver premesso che il vincolo solidale fra il committente e l'appaltatore - avente ad oggetto il pagamento di quanto dovuto dal secondo ai propri lavoratori impiegati nell'appalto - espressamente previsto dall'art. 29, comma 2, del d.lgs n. 276/2003, rileva che l'art. 21 della legge n. 35 del 2012, che ha modificato e non interpretato il testo della norma di cui al citato art. 29 d.lgs 276/03, non ha efficacia retroattiva, per cui il caso attuale, ricadente "ratione temporis" nella previsione della norma in precedenza vigente di cui al citato art. 29, comprende sia il pagamento dei contributi che il versamento delle relative sanzioni civili, essendo la previsione di corresponsione dei soli contributi ristretta all'ipotesi successiva alla summenzionata modificazione legislativa.

2. Il motivo è fondato.

Invero, questa Corte ha già avuto occasione di affermare la natura innovativa e non interpretativa (come tale non retroattiva) dell'art. 21 del d.l. n. 5/2012, convertito nella legge n. 34/2012, allorquando ha di recente statuito (Cass. Sez. Lav., sentenza n. 18259 dell'11.7.2018) che <<In tema di ritenute fiscali sui redditi e contributi previdenziali, ai sensi dell'art. 35, comma 28, del d.l. 233 del 2006, conv. con modif. in I. n. 248 del 2006, applicabile "ratione temporis", sussiste la responsabilità solidale dell'appaltatore con il subappaltatore che va estesa alle sanzioni civili, benché la lettera della legge non lo preveda espressamente, attesa la natura accessoria, automatica e predeterminata delle stesse. Nella vigenza di tale regime non può trovare invece applicazione l'art. 21, comma 1, del d.l. n. 5 del 2012, conv. con modif. in I. n. 35 del 2012, che, per l'omissione contributiva negli appalti ha previsto la responsabilità del solo inadempiente, poiché detta norma, avendo natura innovativa e non interpretativa, non è retroattiva>>.

Ha, quindi, errato la Corte di merito nel momento in cui ha ritenuto di escludere dalla condanna della committente F. il pagamento delle sanzioni civili connesse alla contestata omissione contributiva, posto che la nuova previsione normativa di cui al citato art. 21 I. n. 35/2012, secondo la quale in caso di appalto di opere o di servizi per le sanzioni civili risponde solo il responsabile dell’inadempimento, non ha efficacia retroattiva, data la sua portata innovativa, e non può, quindi, incidere sulla fattispecie in esame ricadente nella previsione della precedente disposizione normativa. Trascurando l'applicazione di quest'ultima la Corte territoriale ha finito, in tal modo, per non considerare la natura accessoria della sanzione, affermata da costante giurisprudenza di questa Corte, costituente una conseguenza automatica dell'inadempimento o del ritardo, legalmente predeterminata, introdotta nell'ordinamento al fine di rafforzare l'obbligazione contributiva e risarcire, in misura predeterminata dalla legge, con una presunzione juris et de jure, il danno cagionato all'istituto assicuratore (cfr., ex multis, Cass. 18 dicembre 2017, n. 30363; Cass. 19 giugno 2009, n. 14475; Cass. 10 agosto 2008, n. 24358; Cass. 19 giugno 2000, n. 8323).

3. Col primo motivo del ricorso la F. denunzia violazione dell’art. 2909 cod. civ., nonché degli artt. 112, 329, comma secondo, e 434 cod. proc. civ. (art. 360 n. 3 c.p.c.), dolendosi della decisione della Corte d'appello di riformare la sentenza di primo grado nella parte in cui era stata dichiarata l'applicabilità del regime decadenziale ex art. 29, comma 2, del d.lgs n. 276/03 anche alle obbligazioni contributive, senza tener conto nemmeno del fatto che l'Inps non aveva impugnato tale capo della decisione, facendolo passare, in tal modo, in giudicato.

4. Col secondo motivo la F. si lamenta della illegittimità della sentenza impugnata per violazione del procedimento, ex art. 360 n. 4 c.p.c., avendo la Corte d'appello omesso di accertare e dichiarare l'avvenuto passaggio in giudicato del capo della sentenza di primo grado che aveva ritento applicabile il regime decadenziale ex art. 29, comma 2, del d.lgs n. 276/03 anche alle obbligazioni contributive.

5. Col terzo motivo, formulato per violazione e falsa applicazione dell'art. 29, secondo comma, del d.lgs 276 del 2003, nonché dell'art. 12, primo comma, delle disposizioni sulla legge in generale (art. 360 n. 3 c.p.c.), la società ricorrente si duole della decisione della Corte d'appello di ritenere infondata l'eccezione di decadenza sollevata con riferimento all'azione giudiziale, ad opera dell'Inps, di riscossione dei contributi non versati dal datore di lavoro in favore dei dipendenti impiegati in regime di appalto.

6. Col quarto motivo la ricorrente deduce l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 n. 5 c.p.c.), vale a dire il fatto che F. non aveva stipulato solo due contratti d'appalto con le società E.C. s.r.l. e D. s.r.l., come contrariamente affermato dall'Inps, che, di conseguenza, non aveva impedito il decorso del termine decadenziale per ogni singolo appalto, mentre la Corte di merito avrebbe dovuto accertare le date precise della cessazione degli appalti oggetto di ciascuno dei contratti sottoscritti da F..

7. Osserva la Corte che i quattro motivi del ricorso della F., che per ragioni di connessione possono essere esaminai congiuntamente, sono inammissibili.

Invero, come da ultimo questa Corte ha avuto modo di ribadire (Cass. Sez. Lav., sentenza n. 18004 del 4.7.2019), <<In tema di appalto di opere e servizi, il termine di decadenza di due anni previsto dall'art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, nella versione anteriore alle modifiche apportate dal d.l. n. 5 del 2012, conv. con modif. dalla I. n. 35 del 2012, non è applicabile all'azione promossa dagli enti previdenziali nei confronti del committente essendo la stessa soggetta al solo termine di prescrizione>>.

In effetti, in precedenza si era chiarito (Cass. Sez. Lav. n. 6532 del 20.3.2014) <<L'art. 4 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369 (applicabile "ratione temporis"), che pone il termine di decadenza di un anno dalla cessazione dell'appalto per l'esercizio dei diritti dei prestatori di lavoro, dipendenti da imprese appaltatrici di opere e servizi nei confronti degli imprenditori appaltanti - pur facendo riferimento, oltre che ai diritti al trattamento economico e normativo, anche al diritto di pretendere l'adempimento degli obblighi derivanti dalle leggi previdenziali - limita l'ambito di efficacia del suddetto termine ai diritti suscettibili di essere fatti valere direttamente dal lavoratore, non potendosi estendere invece l'efficacia dell'anzidetta disposizione legislativa ad un soggetto terzo, quale l'ente previdenziale, i cui diritti scaturenti dal rapporto di lavoro disciplinato dalla legge si sottraggono, pertanto, al predetto termine annuale decadenziale>> (in senso conf. v. Sez. Lav., sentenza n. 996 del 17.1.2007 e n. 18809 del 16.7.2018).

8. Né colgono nel segno le censure volte a sentir dichiarare la violazione di un asserito giudicato che si sarebbe formato in ordine al capo della decisione di primo grado che aveva, invece, ritenuto applicabile anche all'Inps la predetta causa di decadenza, il quale, da parte sua, non aveva impugnato una tale statuizione: invero, contrariamente a quanto supposto dalla F., non si è in presenza di un fatto che è stato oggetto di accertamento giudiziale non contestato, bensì di un giudizio interpretativo in ordine all'applicazione o meno al caso di specie di una norma giuridica contemplante una causa speciale di decadenza, giudizio, questo, rientrante nei poteri decisori della Corte territoriale investita dall'impugnazione della sentenza di primo grado.

9. E', altresì, inammissibile l'ultima censura sulla mancata disamina dell'esistenza di altri contratti d'appalto ai fini della verifica della eccepita decadenza. Infatti, con la sentenza n. 8053 del 7/4/2014 delle Sezioni Unite di questa Corte, si è precisato che l'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività", fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. In ogni caso, la natura dirimente della rilevata inapplicabilità nella fattispecie della eccepita causa di decadenza consente di ritenere superata anche quest'ultima doglianza.

10. In definitiva, va accolto il ricorso dell'Inps, mentite va dichiarato

inammissibile quello della F.. Conseguentemente l'impugnata sentenza va cassata in relazione al ricorso accolto e la causa va rinviata, anche per le spese, alla Corte d'appello di Bologna.

Ricorrono i presupposti per la condanna della ricorrente F. al pagamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell'art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso dell'Inps, dichiara inammissibile il ricorso della F. s.p.a., cassa l'impugnata sentenza in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d'appello di Bologna.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente F. s.p.a., dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.