Reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali, le cause di esclusione del dolo generico

Con riferimento alla fattispecie di omesso versamento di ritenute previdenziali, l'imputato può invocare la assoluta impossibilità di adempiere il proprio debito, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l'azienda, e l'aspetto della impossibilità di reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili (Corte di Cassazione, sentenza 10 maggio 2018, n. 20725).

Il caso giudiziario riguarda la sentenza di colpevolezza, emessa in primo grado e confermata in appello, del legale rappresentante di una società cui era contestato di aver omesso il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali effettuate sulle retribuzioni dei dipendenti nell’anno 2013, per l'ammontare di circa 15.000,00 euro.
Propone così ricorso in Cassazione il medesimo, deducendo il vizio di motivazione in ordine alle cause che lo avrebbero costretto all'omissione contributiva riscontrata. Diversamente da quanto indicato in sentenza, la società del ricorrente non sarebbe stata investita da una mera carenza di liquidità, ma da una gravissima crisi economica e finanziaria, dovuta ad una drastica riduzione del fatturato e, per altro verso, agli importanti oneri finanziari che la stessa avrebbe dovuto comunque fronteggiare, relativi ad investimenti effettuati prima della crisi, in particolare, per l'acquisto di macchinari e relativi finanziamenti. Altresì, sempre in tale contesto, i due soci avrebbero acceso mutui ed ipoteche sui propri beni personali, pur di garantire l'andamento della società. Al riguardo, il ricorrente asserisce di aver ampiamente documentato le proprie argomentazioni ed in particolare la situazione di crisi, producendo bilanci, conti economici e stati patrimoniali, senza che ciò avesse alcun riscontro in sentenza. Di qui, pertanto, la palese assenza del dolo del reato contestato, ulteriormente confermata dal versamento delle retribuzioni ai dipendenti, con presentazione tempestiva dei modelli DM10 e conseguente autodenuncia dell'imprenditore. Per la Suprema Corte il ricorso risulta fondato.
In primis, per costante e condiviso indirizzo di legittimità, per l'integrazione della fattispecie di reato ex articolo 2, comma 1-bis, del D.L. n. 463/1983 (convertito in L. n. 638/1983), quanto alla sussistenza dell'elemento soggettivo, risulta sufficiente il dolo generico, ossia la coscienza e volontà di non versare le ritenute effettuate nel periodo considerato, che però il giudice può escludere in considerazione del modesto importo delle somme non versate o della discontinuità ed episodicità delle inadempienze riscontrate. Il dolo generico, dunque, è ravvisabile in linea di principio nella consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, a nulla rilevando la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti. Al riguardo, infatti, il reato sussiste anche quando il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, decida di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti o alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell'attività di impresa, omettendo così il versamento delle ritenute, mentre costituisce un suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all'atto della corresponsione delle retribuzioni, in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l'impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare.
Pur tuttavia, costituisce parimenti costante indirizzo di legittimità quello per cui, nel reato in esame, l'imputato può invocare la assoluta impossibilità di adempiere il proprio debito, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l'azienda, sia l'aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto. In sostanza, occorre la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili.
Tanto premesso, nel caso di specie, la Corte di merito ha redatto una motivazione del tutto insufficiente, laddove si è limitata a sottolineare, in termini del tutto generici, che dalla documentazione prodotta dall'imputato, emerge con evidenza una crisi di liquidità, risolta con la consapevole commissione del reato e non con altre possibili soluzioni. Di qui, l’evidenza che questa non ha valutato, o smentito, le numerose produzioni offerte dalla difesa, che avrebbero potuto incidere quantomeno sul profilo psicologico della condotta.