Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 01 dicembre 2017, n. 28897

Professionista - Rapporto di lavoro autonomo - Compensi professionali - Inammissibilità - Nuova censura - Questione giuridica non trattata nella sentenza impugnata - Oneri del ricorrente - Allegare l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito

 

Rilevato

 

che con sentenza in data 10 gennaio 2012, la Corte di Appello di Napoli, ha confermato la decisione del Tribunale della medesima città, ritenendo non configurabile un rapporto di lavoro subordinato tra l'A.R.P.A.C. e F. D., professionista formalmente legata da rapporto di lavoro autonomo con la R.s.a. s.r.l., società con cui l'A.R.P.A.C. aveva concluso una convenzione per attività di supporto tecnico, finalizzata al monitoraggio e al controllo su tutto il territorio nazionale per la risoluzione dell'emergenza in tema di smaltimento dei rifiuti solidi urbani; la Corte territoriale ha ritenuto, altresì, corretta la pronuncia del giudice di primo grado, che aveva condannato l'A.R.P.A.C. al pagamento in favore della D. dei compensi professionali, quantificati ai sensi dell'art. 2233 c.c., relativi all'attività svolta presso quest'ultima nel periodo ottobre- novembre 2003, quando il rapporto di incarico con la R.s.a. s.r.l. era ormai cessato;

che avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'A.R.P.A.C. affidato a due motivi, al quale ha opposto difese la D. con controricorso;

 

Considerato che

 

1. con il primo motivo di ricorso, l'ARPAC denuncia la violazione degli artt. 347 c.p.c., 112 c.p.c. e 115 c.p.c., ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., nonché omessa e insufficiente motivazione, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., affermando l'erroneità della decisione della Corte territoriale nella parte in cui ha ritenuto preclusa, in quanto proposta per la prima volta in appello, l'eccezione dell'A.R.P.A.C. secondo cui, per gli ultimi due mesi di collaborazione, i compensi avrebbero dovuto essere corrisposti dalla E. H., subentrata nel rapporto di incarico professionale alla RSA s.r.l.; la ricorrente evidenzia che in realtà l'unico motivo di appello, si fondava sulla circostanza che la D. non aveva mai ricevuto alcun incarico professionale dall'A.R.P.A.C., né aveva mai stipulato con l'agenzia alcun contratto d'opera intellettuale ancorché limitato ai periodi di ottobre e novembre 2003; viceversa l'opera prestata dalla D. sarebbe stata riconducibile esclusivamente ai rapporti di collaborazione con la R.s.a. s.r.l e con la E. H. s.r.l.;

2. con il secondo motivo di ricorso, l'ARPAC deduce, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 16 e 17 del r.d. 18 novembre 1923 n. 2440, avendo la Corte di appello ritenuto che per il periodo ottobre -novembre 2003 fosse configurabile un contratto d'opera professionale tra la D. e l'A.R.P.A.C., determinando il compenso ai sensi dell'art. 2233 c.c., così confermando integralmente l'importo liquidato dal competente ordine professionale con la parcella depositata in atti. Tale statuizione, secondo la ricorrente, sarebbe erronea, tenuto conto della natura giuridica della stessa A.R.P.A.C., ente strumentale della Regione, al quale si applicano gli artt. 16 e 17 citati, che prevedono la forma scritta a pena di nullità per i contratti di opera professionale con la pubblica amministrazione, non essendo stato concluso alcun contratto d'opera professionale in forma scritta tra le parti;

1.1 il primo motivo è inammissibile, presentandosi carente sotto il profilo della specificità, in quanto si limita ad indicare la E H. s.r.l. quale ulteriore società cui avrebbe dovuto essere ricondotto il rapporto di collaborazione, senza sufficienti specificazioni in ordine alla successione di tale ultima società alla R.s.a. s.r.l. nel rapporto di lavoro autonomo con la D.;

2.1. anche il secondo motivo è inammissibile, in quanto si traduce nella formulazione di una censura nuova: qualora, (come nel caso di specie) una determinata questione giuridica non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, né indicata nelle conclusioni ivi epigrafate, il ricorrente che riproponga tale questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare la avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio dell'autosufficienza del ricorso, di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa. (Cfr., ex plurimis, Cass. n. 23675 del 2013, Cass. n. 8206 del 2016). Nella specie, la ricorrente non allega l'avvenuta deduzione nel giudizio di merito della violazione degli artt. 16 e 17 del r.d. 18 novembre 1923 n. 2440, per mancata conclusione del contratto in forma scritta, né indica scritti difensivi o atti del precedente giudizio in cui la questione sia stata sollevata, con la conseguente inammissibilità del secondo motivo;

3. per le esposte motivazioni, il ricorso deve dichiararsi inammissibile;

4. le spese vengono liquidate come da dispositivo;

5. non sussistono le condizioni di cui all'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n.115 del 2002

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000, 00 per compensi professionali, oltre 15% sui compensi ed accessori di legge.