Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 novembre 2017, n. 26937
Tributi - Iva - Richiesta di rimborso - Mancata compilazione del modello VR - Credito Iva - Onere probatorio - Sussiste
Rilevato che
Con sentenza in data 23 maggio 2016 la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 312/1/15 della Commissione tributaria provinciale di Bologna che aveva accolto il ricorso della F.A.P.F. sas in liquidazione contro il diniego di rimborso IVA 2006. La CTR osservava in particolare che la mancata compilazione del modello VR non poteva considerarsi ostativo al rimborso richiesto, come eccepito dall’Ente impositore a giustificazione del diniego impugnato.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi.
L’intimata società contribuente si è costituita tardivamente e successivamente ha depositato memoria.
Considerato che
Con il secondo motivo - ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. - l’Agenzia fiscale ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione dell’art. 2697, cod. civ., poiché la CTR non ha tenuto conto che a fronte della specifica contestazione dell’effettiva sussistenza del credito IVA de quo, gravava sulla società contribuente l’onere di provarla.
La censura è fondata.
Va infatti ribadito che «Incombe sul contribuente, il quale invochi il riconoscimento di un credito d'imposta, l'onere di provare i fatti costitutivi dell'esistenza del credito, e, a tal fine, non è sufficiente l'esposizione della pretesa nella dichiarazione, poiché il credito fiscale non nasce da questa, ma dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo. (In applicazione di questo principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che non aveva riconosciuto crediti vantati a titolo di IVA ed IRPLG in una precedente dichiarazione, e riportati a nuovo nella successiva a fini di compensazione, rilevando che il contribuente avrebbe dovuto fornire la prova dell'esistenza degli stessi mediante esibizione del registro IVA delle vendite e del bilancio di esercizio, non essendo sufficiente la produzione della copia della dichiarazione)» (Sez. 5, Sentenza n. 18427 del 26/10/2012, Rv. 624308 - 01).
La sentenza impugnata è chiaramente contrastante con tale principio di diritto, essendosi limitata ad affermare che il credito oggetto della lite doveva essere rimborsato ancorché non compilato il mod. VR, ma senza rilevare alcunché circa l’assolvimento dell’onere probatorio gravante sulla società contribuente del fatto costitutivo del credito medesimo a fronte della sua contestazione da parte dell’Ente impositore.
In riscontro alle osservazioni di cui alla nota di costituzione ed alla successiva memoria della società contribuente, va considerato, per un verso, che la contestazione della sussistenza dei presupposti del rimborso de quo è senz’altro un’ attività processuale di "mera difesa" - dunque non soggetta a preclusione veruna e nemmeno in particolare quella di cui all’art. 57, comma 2, d.lgs. 546/1992 - poiché non amplia l’oggetto fattuale della lite, bensì attiva l’onere probatorio dell’attore sostanziale - quale indubbiamente è il contribuente nelle liti tributarie di rimborso - secondo il principio generale di cui all’art. 2697, cod. civ. (in questo senso, vedi ex pluribus, Sez. 5, Sentenza n. 15026 del 02/07/2014, Rv. 631523 - 01); per altro verso, va escluso che nella tipologia delle liti fiscali de quibus non valga il principio generale temporalia ad agendum, perpetua ad excipiendum (cfr. in questo senso SU 5069/2016, non massimata).
Sotto tale secondo profilo e più specificamente in materia di IVA, va in ogni caso ribadito che «La neutralità dell'imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l'eccedenza d'imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d'impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili» (Sez. U, Sentenza n. 17757 del 08/09/2016, Rv. 640943 - 01), ben attagliandosi al caso di specie la parte finale del principio di diritto di cui a tale arresto giurisprudenziale.
In generale e nel caso di specie, non può quindi considerarsi affatto "cristallizzato" il credito di rimborso IVA dal decorso del termine per l’accertamento né può attribuirsi valore "confessorio" alla comunicazione, fatta dall’Ente impositore, di regolarità della dichiarazione fiscale sulla quale poggia formalmente la domanda di rimborso in esame. Piuttosto la società contribuente, secondo onere, dovrà nel giudizio di rinvio comprovare la sussistenza sostanziale ed in concreto della pretesa creditoria azionata.
Accogliendosi il secondo motivo del ricorso, assorbito il primo, la sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.