Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 31 gennaio 2017, n. 2476

Tributi - IVA - Accertamento - Cessioni extracomunitarie - Recupero dell'IVA detratta - Nullo

 

Fatti di causa

 

Su ricorso di ST M. s.r.l., la Commissione Tributaria Provinciale di Milano annullava l'avviso di accertamento n. R2G032200546/2008 per recupero dell'IVA detratta dalla società nell'anno d'imposta 2003 in relazione a cessioni extracomunitarie.

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia respingeva l'appello dell'Agenzia delle Entrate, confermando la ratio decidendi addotta dal primo giudice quanto al sufficiente riscontro documentale dell'uscita delle merci dal territorio comunitario.

L'Agenzia ricorre per cassazione sulla base di tre motivi.

STM resiste con controricorso, illustrato da memoria.

Il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

 

Ragioni della decisione

 

1. Il primo motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza per apparenza della motivazione, essendosi il giudice d'appello limitato ad un indistinto richiamo delle produzioni, senza specificare quale documento realmente comprovasse l'effettività dell'esportazione.

1.1. Il motivo è infondato.

La sentenza d'appello contiene un riferimento particolare all'«attestazione degli uffici doganali appartenenti ai Paesi destinatari delle merci, riportante il codice identificativo delle stesse» (pag. 3); vi è una motivazione succinta, dunque, ma non apparente, che pure evoca a conforto la «mancata contestazione della documentazione prodotta» (ibidem).

2. Il secondo motivo di ricorso denuncia insufficiente motivazione circa il fatto controverso e decisivo del transito extracomunitario.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 8 d.P.R. n. 633 del 1972, art. 2697 c.c., per non aver il giudice d'appello riconosciuto l'onere probatorio gravante sull'esportatore quanto all'uscita della merce dal territorio comunitario.

Logicamente connessi, questi motivi vanno scrutinati insieme.

2.1. Il terzo motivo è infondato.

Il giudice d'appello ha esattamente gravato l'onere probatorio su STM, salvo ritenerlo assolto per mezzo dei documenti prodotti dall'esportatore e non contestati dall'amministrazione.

2.2. Il secondo motivo è infondato.

Censurando un'insufficienza motivazionale sul fatto decisivo dell'uscita delle merci dal territorio comunitario, esso segue logicamente il motivo sul riparto dell'onere probatorio ed è ammissibile alla luce del testo dell'art. 360 n. 5 c.p.c. applicabile ratione temporis (cioè anteriore alla I. n. 134 del 2012).

Orbene, il documento doganale con visto a uscire - esemplare n. 3 del documento amministrativo unico ("esemplare 3 DAU"), disciplinato dagli artt. 792 ss. Reg. CEE 2 luglio 1993, n. 2454, applicabili ratione temporis - non costituisce un mezzo di prova indefettibile circa l'esportazione extracomunitaria, trattandosi di documento che non rientra nella sfera di disponibilità dell'esportatore, sicché, in mancanza, può farsi ricorso ad ogni altro mezzo certo, quale l'attestazione pubblica del Paese di destinazione ex art. 346 d.P.R. n. 43 del 1973 (Cass. 6 settembre 2013, n. 20487, Rv. 628113; Cass. 18 febbraio 2015, n. 3193, Rv. 634515).

Nella specie, questa attestazione è stata prodotta dall'esportatore (pacificamente sprovvisto di "esemplare 3 DAU") ed è stata vagliata dal giudice di merito, che l'ha posta al centro della motivazione: succinta, quindi, ma non insufficiente.

Se poi tale prova documentale fosse concretamente inidonea (per difetto di traduzione certificata od omessa indicazione della data di spedizione) non è questione sottoponibile al giudice di legittimità, poiché la valutazione degli elementi probatori è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito (Cass. 17 novembre 2005, n. 23286, Rv. 585444; Cass. 26 gennaio 2015, n. 1414, Rv. 634358).

Infine, ove avesse inteso denunciare un errore percettivo del giudice di merito (in particolare sul codice identificativo riportato dall'attestazione), l'Agenzia non avrebbe dovuto ricorrere per cassazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., ma agire in revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c. (Cass. 9 ottobre 2015, n. 20240, Rv. 636661; Cass. 9 febbraio 2016, n. 2529, Rv. 638935).

3. Il ricorso deve essere respinto e le spese di questo giudizio regolate per soccombenza.

4. La ricorrente prenota a debito, sicché non ha l'obbligo di versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13, comma 1 - quater, d.P.R. n. 115 del 2002 (Cass. 14 marzo 2014, n. 5955, Rv. 630550; Cass. 29 gennaio 2016, n. 1778, Rv. 638714).

 

P.Q.M.

 

Respinge il ricorso e condanna l'Agenzia delle Entrate a rifondere a ST M. s.r.l. le spese di questo giudizio, che liquida in € 7.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.