Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE TREVISO - Sentenza 27 luglio 2017, n. 360

Tributi - IVA - Controllo dichiarazione - Rateazione importo dovuto - Pagamento parziale delle rate - Calcolo sanzioni e interessi - Solo su importo residuo delle rate non pagate

 

Ritenuto in fatto ed in diritto

 

Espone parte ricorrente che a seguito di controllo erano emersi alcuni errori riferiti ad Iva 2010.

In conseguenza veniva richiesto alla ricorrente il pagamento della complessiva somma di euro 35.216,13 in riferimento alla quale in data 10 ottobre 2012 la ricorrente ha chiesto il dilazionamento del pagamento in 15 rate.

Dopo aver corrisposto, nei termini previsti, il pagamento di ben 11 rate su 15 (ciascuna di euro 2347,77 oltre interessi), a seguito della grave crisi ben nota la ricorrente non è riuscita a far fronte al pagamento delle ultime quattro rate.

Pertanto da un’imposta a debito di euro 29.834,00 la ricorrente ha versato l’importo di euro 21.878,27, con un residuo debito di euro 7955,73.

A seguito del mancato pagamento della 12° rata, in data 31 agosto 2016, l’Agente per la Riscossione ha notificato all’istante cartella di pagamento dell’importo di euro 18.095,43 per decadenza della rateizzazione conseguente a mancato versamento nei termini della rata 12.

La cartella viene impugnata con il presente ricorso eccependo errato calcolo delle sanzioni ed interessi elaborati sull’importo complessivo originario e non al netto della quota di imposta già pagata.

Il ricorrente ritiene che a norma di Legge il mancato pagamento delle rate previste determini che le sanzioni e gli interessi vengano ricalcolati, in misura maggiorata, solo sulla residua imposto dovuta, cioè al netto della quota di imposta già pagata.

Conseguentemente chiede il ricalcalo di sanzioni ed interessi.

Si costituisce l’Agenzia delle Entrate osservando che la norma attualmente prevede che sanzioni ed interessi debbano essere calcolati sulla base dell’imposta residua, cioè al netto di quanto già pagato; tuttavia detta disciplina è applicabile solo a decadenze delle rateazioni avente ad oggetto le dichiarazioni relative agli anni di imposta dal 2014 in poi.

Per questi motivi chiede il rigetto del ricorso.

La Commissione osserva: che i fatti non sono controversi, controversa essendo invece la disciplina applicabile alla fattispecie concreta.

L’Agenzia delle Entrate, considerata l’entrata in vigore della norma specifica richiamata, afferma che nel caso di specie sarebbe corretto pretendere interessi di mora su somme già pagate e sarebbe corretto sanzionare con riferimento non ai soli mancati pagamenti ma all’intera somma.

L’assunto di parte resistente non sembra condivisibile perché confligge con il comune buon senso e con principi di giustizia ed equità immanenti nel sistema.

In effetti anche prima dell’entrata in vigore della norma richiamata esistevano nel nostro Ordinamento dei principi ben chiari e ineludibili.

Bisogna infatti considerare la natura degli importi richiesti: da un lato l’Agenzia delle Entrate pretende interessi di mora su somme già a suo tempo regolarmente incassate: è evidente, data la natura accessoria degli interessi, che non possono decorrere interessi su un capitale non dovuto essendo dunque evidente che nel caso quelle somme avrebbero non carattere risarcitorio, quale è connaturato alla natura degli interessi di mora, ma carattere sanzionatorio e dunque vi sarebbe in primo luogo una duplicazione di sanzioni.

Veniamo ora alla pretesa di calcolare le sanzioni non commisurandole alla sola entità degli importi non versati ma alla ben maggiore entità degli importi originariamente dovuti compresi dunque quelli già versati.

Va considerato che le sanzioni presuppongono un comportamento illecito, comportamento illecito che non può certo essere ricollegato ai completi e puntuali pagamenti delle precedenti 11 rate pagate puntualmente per intero.

In mancanza di comportamento illecito non può esservi sanzione.

Con pervicacia degna di miglior causa l’Agenzia creditrice insiste nel richiedere sanzioni commisurate all’intero importo anziché alle sole quattro rate residue non pagate.

L’interpretazione di parte resistente però non può essere condivisa perché supponendo ad esempio una rateizzazione in 15 rate, come nel caso che qui ci occupa, commisurando la sanzione nel caso di parziale mancato pagamento sempre all’intero importo si sanzionerebbe nel medesimo modo il mancato pagamento di 14 rate su 15 e il mancato pagamento di una rata su 15 con evidente inaccettabile disparità di trattamento che non potrebbe che condurre a dichiarazione di incostituzionalità di siffatta norma sanzionatoria.

Si impone pertanto un’interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina sanzionatoria in oggetto ritenendo, come ritiene questo Giudice collegiale, che le sanzioni debbano per loro stessa natura essere differenziate con riferimento alla diversa gravità dell’illecito contestato affermando che il principio di proporzionalità della sanzione era desumibile anche dalla normativa precedentemente in vigore essendo immanente al sistema.

Pertanto indipendentemente dall’entrata in vigore della normativa richiamata va affermato che anche in precedenza nel nostro Ordinamento non si potevano richiedere interessi di mora su somme già incassate perché in tal caso la richiesta avrebbe avuto natura di sanzione e non di corresponsione di interessi di mora con conseguente duplicazione indebita di sanzioni o comunque conseguente indebito arricchimento del creditore.

Anche in precedenza nel nostro Ordinamento una sanzione non poteva conseguire a comportamento lecito e corretto come il pagamento integrale e puntuale delle precedenti rate e per contro l’illecito integrato da mancato pagamento delle sole quattro rate residue andava, come qualunque altro illecito, sanzionato secondo criteri di proporzionalità.

Il ricorso va pertanto accolto e le spese processuali devono seguire la soccombenza. Quanto alla quantificazione delle spese processuali si osserva che l’Agenzia delle Entrate, per il caso di esito a lei favorevole, con nota spese di data 21 marzo 2017 ha richiesto il complessivo pagamento di euro 4560,90.

È tuttavia noto che gli onorari spettanti all’ente pubblico, che si avvale di suoi dipendenti, sono ridotti del 20% ed è chiaro che sugli importi spettanti all’ente pubblico non va versata né Iva né contributi previdenziali, competenze accessorie che invece sono obbligatorie per Legge nel caso di parcelle emesse da liberi professionisti.

Per questi motivi l’importo che verrà determinato a carico di parte soccombente è sostanzialmente coincidente con quanto richiesto dalla stessa Agenzia nella sua nota spese e dunque almeno su questo punto forse non vi sarà ulteriore contenzioso.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, dichiarando dovute sanzioni ed interessi sui soli importi residui. Condanna l’Agenzia delle Entrate di Treviso al pagamento delle spese processuali determinate in euro 5.000,00 oltre accessori di Legge.