Prassi - AGENZIA DELLE ENTRATE - Circolare 23 maggio 2017, n. 17/E

Regimi agevolativi per persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia - Articolo 44 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, ricercatori e docenti - Articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 lavoratori impatriati - Articolo 24-bis del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia - Chiarimenti interpretativi

PREMESSA

PARTE I

CRITERI GENERALI PER LA INDIVIDUAZIONE DELLA RESIDENZA

PARTE II

AGEVOLAZIONI PER RICERCATORI, DOCENTI, LAVORATORI CONTROESODATI E LAVORATORI IMPATRIATI INCENTIVI EX ARTICOLO 44 DEL DECRETO LEGGE 31 MAGGIO 2010, N. 78 - RICERCATORI E DOCENTI

1.1 Aspetti generali

1.2 Requisiti soggettivi

1.3 Misura dell’agevolazione, durata e redditi agevolabili

2 INCENTIVI EX LEGGE 30 DICEMBRE 2010 N. 238 - LAVORATORI CONTRO-ESODATI

2.1 Aspetti generali

2.2 Requisiti soggettivi

2.3 Misura della agevolazione, durata e redditi agevolabili

3 ARTICOLO 16, DEL DECRETO LEGISLATIVO 14 SETTEMBRE 2015, N. 147 - LAVORATORI IMPATRIATI

3.1 Aspetti generali

3.2 Articolo 16, comma 2 - impatriati in possesso di laurea - requisiti soggettivi

3.3 Articolo 16, comma 1 - manager e lavoratori con elevata qualificazione e specializzazione - requisiti soggettivi

3.4 Articolo 16, comma 1 bis - lavoratori autonomi impatriati - requisiti soggettivi

3.5 Articolo 16, comma 4 - opzione per il regime fiscale dei lavoratori impatriati

3.6 Misura dell’agevolazione, durata e decadenza .

4 ASPETTI COMUNI AI REGIMI AGEVOLATIVI IN FAVORE DI DOCENTI E RICERCATORI, CONTRO-ESODATI E IMPATRIATI

4.1 Determinazione dei redditi agevolabili

4.2 Modalità di fruizione dei regimi agevolativi

4.2.1 Fruizione del beneficio da parte dei lavoratori dipendenti e riconoscimento dell’agevolazione da parte dei sostituti di imposta

4.2.2 Fruizione del beneficio da parte dei lavoratori autonomi

PARTE III

REGIME OPZIONALE DI IMPOSIZIONE SOSTITUTIVA PER I NUOVI RESIDENTI

1. AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE

2. AMBITO OGGETTIVO DI APPLICAZIONE

2.1 Il reddito di lavoro dipendente prestato all’estero

2.2 Possesso di redditi per interposta persona

2.3 Trattamento fiscale dei dividendi e delle plusvalenze provenienti da regimi fiscali privilegiati e disciplina CFC

2.4 Plusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate

3. L’ISTANZA DI INTERPELLO

3.1 Caratteristiche dell’interpello e modalità di presentazione

3.2 Contenuto dell’istanza e check list

3.3 L’interpello in caso di estensione ai familiari

4. ESERCIZIO DELL’OPZIONE

4.1 Esclusione di uno o più Stati esteri

4.2 Modalità di esercizio dell’opzione per uno o più familiari

5 EFFETTI DELL’OPZIONE

5.1. Il versamento dell’imposta sostitutiva

5.2 Esonero dall’obbligo di monitoraggio, dal pagamento dell’IVIE e dell’IVAFE

5.3 Esenzione dall’imposta di successione e donazione

6. DURATA DEL REGIME OPZIONALE

6.1 Revoca dell’opzione

6.2 Decadenza dal regime

6.3 Effetti derivanti dalla fuoriuscita dal regime

6.4 Ipotesi di decesso del neo residente

7. IL NUOVO REGIME E LE CONVENZIONI CONTRO LE DOPPIE IMPOSIZIONI

8. DECORRENZA DELLE NUOVE DISPOSIZIONI

PARTE IV

DIVIETO DI CUMULO TRA LE DIVERSE MISURE AGEVOLATIVE

1. Incumulabilità degli incentivi per ricercatori e docenti con il regime speciale per lavoratori impatriati e contro-esodati

2. Divieto di cumulo di regimi agevolativi con l’opzione dell’articolo 24-bis del TUIR

TABELLA RIASSUNTIVA DELLE AGEVOLAZIONI

 

PREMESSA

 

Il sistema fiscale italiano, al fine di favorire lo sviluppo economico, scientifico e culturale del Paese, prevede una serie di misure agevolative, alcune vigenti da diversi anni ed altre di recente emanazione, dirette ad attirare risorse umane in Italia.

La legge 11 dicembre 2016, n. 232 (c.d. "Legge di bilancio 2017") interviene in tale quadro normativo potenziando l’efficacia delle norme previgenti e introducendo nuove ipotesi agevolabili, in modo da configurare un sistema variegato, idoneo a cogliere le diverse realtà.

Sono, quindi, attualmente vigenti misure volte ad agevolare le persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia per svolgervi un’attività di lavoro, per le quali è prevista una tassazione agevolata dei redditi prodotti in Italia, e misure volte ad agevolare le persone fisiche che si trasferiscono in Italia a prescindere dallo svolgimento di una particolare attività lavorativa, per le quali è prevista una tassazione agevolata dei redditi prodotti all’estero.

In sintesi, a seguito delle disposizioni introdotte dalla legge di bilancio 2017:

a) sono diventati permanenti gli incentivi fiscali previsti per il rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all’estero, di cui all’articolo 44 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78;

b) il regime fiscale di favore per i lavoratori cosiddetti "impatriati", riguardante laureati, manager e lavoratori con alta qualificazione, previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (c.d. "decreto internazionalizzazione"), è stato esteso anche ai lavoratori autonomi ed è stata ulteriormente aumentata la misura dell’agevolazione;

c) è stato introdotto l’articolo 24-bis nel D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - Testo Unico delle imposte sui redditi (c.d. "TUIR") -, rubricato "Opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia".

La presente circolare, illustra, nella Parte I, il tratto comune a tutte le misure agevolative, costituito dal trasferimento della residenza in Italia dei soggetti beneficiari. Nelle parti successive sono illustrati i singoli regimi agevolativi, sintetizzati nella tabella riepilogativa allegata.

In particolare, la Parte II fornisce chiarimenti in merito alle norme che agevolano i redditi prodotti in Italia da docenti e ricercatori (articolo 44 del d.l. n. 78 del 2010), da soggetti cosiddetti "impatriati" - termine che individua i destinatari dell’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015, rivolto a laureati che hanno svolto attività lavorative all’estero e a studenti che hanno conseguito un titolo accademico all’estero (articolo 16, comma 2), a manager e lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni (articolo 16, comma 1).

Per ciascuna di tali categorie sono previsti specifici presupposti soggettivi al verificarsi dei quali è applicabile una riduzione percentuale del reddito di lavoro dipendente o autonomo prodotto in Italia. È, inoltre, esaminato il regime di favore previsto dalla legge 30 dicembre 2010, n. 238, tuttora vigente seppur in via di esaurimento, rivolto a lavoratori dipendenti, autonomi e imprenditori rientrati in Italia, cosiddetti "contro-esodati", vale a dire a coloro che sono stati residenti in Italia e che, dopo essersi trasferiti all’estero, hanno fatto ritorno in Italia entro il 31 dicembre 2015, ai quali è riconosciuto il diritto di optare per l’applicazione del regime degli impatriati (articolo 16, comma 4, del decreto internazionalizzazione).

La Parte II si conclude con la trattazione degli aspetti comuni ai predetti regimi in relazione alla determinazione dei redditi agevolabili e alle modalità di fruizione.

In ordine cronologico saranno, quindi, esaminati:

1) l’articolo 44 del d.l. n. 78 del 2010 - recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica - modificato dall’articolo 1, comma 14, lett. a), legge 23 dicembre 2014, n. 190 ("Legge di stabilità 2015") e, successivamente, dall’articolo 1, comma 149, della citata Legge di bilancio 2017 -, rivolto ai docenti e ricercatori residenti all’estero che vengono a svolgere la loro attività in Italia (v. tabella rigo 1);

2) la legge n. 238 del 2010, vigente fino al 2017, - modificata inizialmente dall’articolo 29, comma 16-quinquies, del decreto legge 29 dicembre 2011, n. 216 e successivamente dall’articolo 10, comma 12-octies, del decreto legge 31 dicembre 2014, n. 192, a sua volta abrogato dall’articolo 16, comma 4, decreto legislativo n. 147 del 2015 - che reca incentivi fiscali per i lavoratori rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2015 (v. tabella rigo 2);

3) l’articolo 16 del menzionato decreto legislativo n. 147 del 2015, modificato dall’articolo 1, comma 259, legge 28 dicembre 2015, n. 208 (di seguito "Legge di stabilità 2016") e da, ultimo, dall’articolo 1, comma 150, della Legge di bilancio 2017, i cui commi, dedicati alle diverse categorie di impatriati, sono illustrati singolarmente. Per ragioni sistematiche, la trattazione del secondo comma (v. tabella rigo 3), dedicato a laureati che hanno svolto attività lavorative all’estero e a studenti che all’estero hanno conseguito un titolo accademico, viene anticipata rispetto alla trattazione del primo comma (v. tabella rigo 4); infine, viene trattata l’opzione riservata ai soggetti della legge n. 238 del 2010 per l’applicazione del regime degli impatriati (v. tabella rigo 5).

Nella Parte III sono forniti chiarimenti sul regime dedicato ai nuovi residenti (v. tabella rigo 6) di cui all’articolo 24-bis del TUIR.

Si tratta di un regime fiscale a carattere fortemente innovativo, presente nella normativa tributaria di altri Paesi europei.

La norma domestica trae ispirazione, infatti, da analoghe agevolazioni sperimentate in questi anni, con successo, ad esempio, in Paesi come Belgio, Francia, Irlanda, Portogallo, Regno Unito e Spagna.

Ai sensi del comma 1 dell’articolo 24-bis del TUIR, le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia possono optare per l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF sui redditi realizzati all’estero.

Tale imposta sostitutiva è stabilita forfettariamente nella misura di euro centomila per ciascun periodo d’imposta in cui è valevole l’opzione. Essa si applica sui redditi prodotti in tutti i Paesi esteri o solo in alcuni, a seconda della scelta operata dal soggetto che esercita l’opzione (di seguito, anche, "beneficiario" o "contribuente principale").

L’esercizio dell’opzione è subordinato a specifiche condizioni, sia soggettive che oggettive, che sono esaminate nel dettaglio della Parte III. In tale parte sono, inoltre, forniti chiarimenti sia sull’istanza di interpello che i soggetti interessati possono presentare all’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b) della legge 21 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), sia sulle modalità di esercizio dell’opzione e sui suoi effetti, anche alla luce di quanto disposto con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate adottato l’8 marzo 2017 (di seguito, "provvedimento").

La Parte IV, infine, illustra le disposizioni che prevedono l’alternatività tra le misure agevolative esaminate nelle parti precedenti, non cumulabili tra loro.

 

PARTE I - CRITERI GENERALI PER LA INDIVIDUAZIONE DELLA RESIDENZA

 

Tutte le agevolazioni in esame presuppongono il trasferimento della residenza in Italia da parte del soggetto che ne fruisce, ossia l’instaurazione di un collegamento sostanziale con il territorio dello Stato, che implichi un’interazione effettiva con la realtà italiana. Inoltre, richiedono che, prima del trasferimento nel territorio dello Stato, la persona fisica abbia mantenuto la residenza fiscale all’estero per un periodo di tempo minimo, variabile a seconda dell’agevolazione interessata.

In particolare, nell’individuare i soggetti che possono beneficiare degli incentivi, le diverse norme (ad eccezione della legge n. 238 del 2010, in via di esaurimento) richiedono, che questi trasferiscano la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del TUIR. Il richiamo al TUIR implica che debba farsi riferimento al concetto di residenza valido ai fini reddituali. Il citato articolo 2, al comma 2, considera residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta, cioè per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

Le nozioni di residenza e domicilio contenute nell’articolo 2, comma 2, del TUIR sono mutuate dalla disciplina civilistica, che definisce la prima come il luogo di dimora abituale e il secondo come la sede principale dei propri affari e interessi (cfr. articolo 43 del codice civile).

Le condizioni appena indicate sono tra loro alternative; pertanto, la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.

Tenuto conto della rilevanza del solo dato dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, il soggetto che non si è mai cancellato da tale registro non può essere ammesso alle agevolazioni in esame.

L’accesso ai regimi agevolativi è consentito, altresì, alle persone fisiche, in grado di vincere la presunzione di residenza in Italia di cui al comma 2-bis dell’articolo 2 del TUIR. Tale ultima disposizione stabilisce che si considerano residenti, salvo prova contraria, anche i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto ministeriale 4 maggio 1999.

Come chiarito dalla Circolare del Ministero delle finanze del 24 giugno 1999, n. 140, paragrafo 2, la residenza fiscale è ritenuta, in via presuntiva, sussistente per coloro che siano anagraficamente emigrati in uno degli anzidetti Stati o territori.

La presunzione stabilita dal predetto comma 2-bis, lungi dal creare un ulteriore status di residenza fiscale, introduce un criterio presuntivo ai fini del radicamento della residenza stessa. In altri termini, il legislatore, attraverso l’introduzione di una presunzione legale relativa, ha diversamente ripartito l’onere probatorio fra le parti, ponendolo a carico dei contribuenti, cittadini italiani, trasferiti nei suddetti Paesi, al fine di evitare che le risultanze di ordine meramente formale prevalgano sugli aspetti sostanziali.

A mente del predetto comma 2-bis, l’onere della controprova riguarda tutti i soggetti che siano emigrati in uno degli Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, anche quando l’emigrazione sia avvenuta transitando anagraficamente per un altro Stato.

La persona fisica che si trasferisce in Italia provenendo da uno dei Paesi elencati nel d.m. 4 maggio 1999 o che vi è stata residente anche per un solo periodo d’imposta, può usufruire di uno dei regimi agevolativi in esame, purché non sia stata effettivamente residente in Italia nel periodo stabilito dalla norma (NOTA 1) (per gli approfondimenti relativi alla acquisizione della residenza si rinvia alle indicazioni fornite con le circolari ministeriali del 2 dicembre 1997, n. 304, e del 24 giugno 1999 n. 140). La prova della effettiva residenza all’estero deve essere fornita a richiesta degli uffici dell’Agenzia in fase di controllo, fermo restando quanto precisato per i contribuenti che optano per il regime di cui all’articolo 24- bis del TUIR nella parte III, paragrafo 3, della presente circolare.

Gli incentivi in esame si applicano a decorrere dal periodo di imposta in cui il soggetto diviene fiscalmente residente in Italia (salvo quanto chiarito nella Parte III in relazione al regime di cui all’articolo 24-bis del TUIR), avendo riguardo al periodo di vigenza dei singoli regimi e alla durata degli stessi. Considerato che per le persone fisiche il periodo d’imposta coincide con l’anno solare, un soggetto che si sia trasferito in Italia dopo il 2 luglio (dopo il 1° luglio nel caso di anno bisestile) non può essere considerato fiscalmente residente per quell’anno, in quanto l’integrazione dei requisiti di radicamento della residenza sarà sempre per un tempo inferiore alla maggior parte del periodo d’imposta. Esemplificando, chi si iscrive nell’anagrafe della popolazione residente a partire dal 3 luglio 2017 non è considerato fiscalmente residente nel 2017 e, pertanto, non può accedere ai regimi di favore in esame per quell’annualità d’imposta a meno che non abbia effettivamente trasferito il domicilio o la residenza prima di tale data.

 

PARTE II - AGEVOLAZIONI PER RICERCATORI, DOCENTI, LAVORATORI CONTRO-ESODATI E LAVORATORI IMPATRIATI

 

1. Incentivi ex articolo 44 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 - ricercatori e docenti

 

1.1 Aspetti generali

L’articolo 44 del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78 - recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica - come da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 149, legge 11 dicembre 2016, n. 232, dispone che: "Ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il novanta per cento degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all’estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato".

Prima delle ultime modifiche apportate dalla Legge di bilancio 2017, l’accesso al beneficio era consentito ai ricercatori e docenti che trasferivano la residenza fiscale in Italia nel periodo compreso tra il 31 maggio 2010 e i sette anni solari successivi (30 maggio 2017). Con le modifiche da ultimo richiamate, l’agevolazione è resa permanente non essendo più prevista una data ultima utile per poter far rientro in Italia. La norma di favore trova quindi applicazione anche per docenti e ricercatori, aventi i requisisti richiesti, che si trasferiscono in Italia dopo il 30 maggio 2017. Resta fermo che il periodo di fruizione è limitato complessivamente a quattro periodi di imposta (Cfr. articolo 44, comma 3, D.L. n. 78 del 2010).

Chiarimenti in merito all’articolo 44 sono stati forniti con la circolare del 15 febbraio 2011, n. 4, punto 21, che fa rinvio ai chiarimenti forniti con la circolare del 8 giugno 2004, n. 22, resi in merito alla analoga agevolazione disposta dall’articolo 3 del decreto-legge n. 269 del 2003 per favorire il rientro in Italia dei ricercatori residenti all’estero. Tali chiarimenti devono ritenersi integrati con le indicazioni che la presente circolare fornisce tenendo conto del complessivo quadro delle misure agevolative vigenti.

 

1.2 Requisiti soggettivi

In base a quanto disposto dall’articolo 44 del decreto legge n. 78 del 2010, i docenti e ricercatori possono beneficiare della tassazione agevolata, al verificarsi delle seguenti condizioni:

a) essere in possesso di un titolo di studio universitario o equiparato;

b) essere stati non occasionalmente residenti all’estero;

c) aver svolto all’estero documentata attività di ricerca o docenza per almeno due anni continuativi, presso centri di ricerca pubblici o privati o università;

d) svolgere l’attività di docenza e ricerca in Italia;

e) acquisire la residenza fiscale nel territorio dello Stato.

 

Possesso del titolo di studio universitario

Per quanto concerne il requisito sub a), sono ammessi tutti i titoli accademici universitari o equiparati. I titoli di studio conseguiti all’estero non sono automaticamente riconosciuti in Italia, pertanto, il soggetto interessato deve richiedere la "dichiarazione di valore" alla competente autorità consolare. In particolare, la dichiarazione di valore è un documento che attesta il valore del titolo di studio nel paese in cui è stato conseguito, che, nel caso in esame, deve essere di livello universitario. E’ redatta in lingua italiana e rilasciata dalle Rappresentanze Diplomatiche italiane all’estero (Ambasciate/Consolati) competenti per zona.

Per maggiori specifiche, si rimanda al sito internet istituzionale del Ministero per l’Università e la Ricerca (MIUR), (http://www.istruzione.it).

 

Periodo di permanenza all’estero

In relazione al periodo di permanenza all’estero di cui al requisito sub b), la norma non specifica la durata della permanenza all’estero ma si limita a richiedere che si tratti di una permanenza stabile e non occasionale, mentre pone un particolare accento alla durata della attività di ricerca o docenza che deve essersi protratta all’estero per almeno due anni consecutivi. Tale periodo può, quindi, essere considerato l’arco di tempo minimo necessario ad integrare il presupposto della non occasionale residenza all’estero. Il periodo di due anni, in considerazione della genericità della norma, deve essere calcolato sulla base del calendario comune e non sulla base dei periodi di residenza fiscale. Per l’attività di docenza, invece, può essere calcolato sulla base della durata degli anni accademici.

 

Documentata attività di ricerca o docenza all’estero

Per quanto concerne l’attività svolta all’estero richiesta dal requisito sub c), l’attività di ricerca può essere individuata nella attività destinata alla ricerca di base, alla ricerca industriale, di sviluppo sperimentale e a studi di fattibilità, svolta presso un organismo di ricerca. Si considerano "organismi di ricerca" le entità, quali le università, gli istituti di ricerca, le agenzie incaricate del trasferimento di tecnologia, gli intermediari dell’innovazione, le entità collaborative reali o virtuali orientate alla ricerca, indipendentemente dal loro status giuridico (costituito secondo il diritto privato o pubblico) e dalla fonte di finanziamento, la cui finalità principale consiste nello svolgere in maniera indipendente attività di ricerca. Possono, inoltre, essere considerate centri di ricerca le entità che svolgono anche attività economiche purché tali attività siano contabilmente distinte da quelle di ricerca (Cfr. regolamento UE n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014 che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea).

L’attività di docenza, invece, può essere individuata nella attività di insegnamento svolta presso istituzioni universitarie, pubbliche e private.

L’effettivo svolgimento dell’attività di ricerca o di docenza all’estero deve risultare da idonea documentazione rilasciata dagli stessi centri di ricerca o dalle Università presso i quali l’attività è stata svolta. Tale documentazione deve attestare sia la natura dell’ente, sia l’attività svolta dal docente o dal ricercatore e la relativa durata. La documentazione, rilasciata in lingua straniera deve essere tradotta in italiano; tale traduzione può essere fatta dallo stesso contribuente, se i documenti sono redatti in lingua inglese, francese, tedesca o spagnola, mentre se i documenti sono redatti in altre lingue è necessaria una traduzione giurata, ovvero la vidimazione da parte dell’autorità consolare.

L’attività di docenza e ricerca non necessariamente deve essere stata svolta nei due anni immediatamente precedenti il rientro, essendo sufficiente che l’interessato, prima di rientrare in Italia, abbia svolto tali qualificate attività all’estero per un periodo minimo ed ininterrotto di almeno ventiquattro mesi. Per la docenza il periodo di ventiquattro mesi si ritiene compiuto se l’attività è stata svolta per due anni accademici continuativi.

Può, ad esempio, fruire del regime agevolato un docente che, rientrato in Italia nel 2015, abbia svolto attività di docenza negli anni 2011 e 2012 e successivamente abbia svolto un’altra attività di lavoro dipendente.

Per il computo del biennio di attività è possibile sommare il periodo di svolgimento della attività di docenza e della attività di ricerca (ad esempio, può essere stata svolta per un anno attività di ricerca e nel successivo anno accademico attività di docenza).

La disposizione recata dall’articolo 44 del d.l. n. 78 del 2010, a differenza di quanto previsto dalla legge n. 238 del 2010, non si rivolge soltanto ai cittadini italiani o europei emigrati che intendano far ritorno in Italia ma interessa in linea generale tutti i residenti all’estero, sia italiani che stranieri, i quali per le loro particolari conoscenze possono favorire lo sviluppo della ricerca e la diffusione del sapere in Italia, trasferendovi il know how acquisito attraverso l’attività svolta all’estero.

 

Svolgere attività di docenza o ricerca in Italia

La norma, in relazione al requisito sub d), richiede genericamente che i soggetti interessati vengano a svolgere la loro attività nel nostro Paese. Data la finalità della norma agevolativa, tale attività deve consistere nella ricerca o nella docenza.

Tuttavia, per integrare il requisito della attività all’estero, la norma richiede che essa sia stata svolta presso una università o un centro di ricerca, pubblico o privato, per quanto riguarda l’attività da svolgere in Italia non dispone nulla in merito ai requisiti dei datori di lavoro e dei committenti dei docenti e ricercatori.

Si deve, pertanto, ritenere che non assuma rilievo la natura del datore di lavoro o del soggetto committente, che, per l’attività di ricerca, può essere una università, pubblica o privata, o un centro di ricerca pubblico o privato o una impresa o un ente che, in ragione della peculiarità del settore economico in cui opera, disponga di strutture organizzative finalizzate alla ricerca (Cfr. circolare 8 giugno 2004, n. 22). Per quanto riguarda l’attività di docenza possono ritenersi agevolabili tutte le attività finalizzate all’insegnamento, nonché quelle finalizzate alla formazione svolte presso università, scuole, uffici o aziende, pubblici o privati.

 

Acquisire la residenza fiscale nel territorio dello Stato

Infine, per quanto concerne il requisito sub e) la norma prevede espressamente che il docente o il ricercatore acquisisca la residenza fiscale nel territorio dello Stato (Cfr. Parte I) e che ciò avvenga in conseguenza dello svolgimento della attività lavorativa in Italia. Il collegamento tra l’ingresso in Italia e lo svolgimento dell’attività produttiva del reddito agevolabile, richiesto dalla norma, si può ritenere che sussista sia nel caso in cui il docente o il ricercatore abbia iniziato a svolgere l’attività in Italia prima di trasferirvi la residenza sia nel caso in cui abbia trasferito la residenza in Italia ed abbia poi iniziato a svolgervi l’attività, come chiarito al paragrafo 3.1, Parte II al quale si rinvia.

 

1.3 Misura dell’agevolazione, durata e redditi agevolabili

La disposizione prevede che i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia per lo svolgimento della attività di docenza e ricerca concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 10 per cento e sono esclusi dal valore della produzione netta ai fini dell’IRAP.

L’agevolazione si applica a decorrere dal periodo di imposta in cui il docente o il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei tre periodi di imposta successivi, sempreché permanga la residenza fiscale in Italia.

Nel caso in cui, nel suddetto periodo, il docente o il ricercatore trasferisca la propria residenza all’estero, il beneficio fiscale viene meno a partire dal periodo d’imposta in cui egli risulti non più fiscalmente residente in Italia. Resta ferma la spettanza delle agevolazioni già fruite in quanto la norma, a differenza della legge n. 238 del 2010 e dell’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015, esaminati nei paragrafi successivi, non prevede ipotesi di decadenza con obbligo di restituzione delle imposte non pagate negli anni precedenti in applicazione del regime di favore.

Come chiarito nella circolare n. 22 del 2004, nell’ambito applicativo della norma in commento rientrano i redditi di lavoro dipendente di cui all’articolo 49 del TUIR ed i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all’articolo 50 del medesimo TUIR, nonché i redditi di lavoro autonomo di cui all’articolo 53 del TUIR.

Per la categoria dei redditi di lavoro dipendente l’agevolazione ai fini IRAP, non dovuta dal percettore, spetta ai sostituti d’imposta che erogano gli emolumenti per l’attività di docenza o ricerca, mentre per i redditi di lavoro autonomo l’esenzione, sia ai fini IRPEF sia ai fini IRAP, spetta direttamente ai docenti o ricercatori che svolgono l’attività in qualità di liberi professionisti.

L’agevolazione è riferita esclusivamente ai redditi derivanti da rapporti aventi ad oggetto attività di docenza e ricerca svolte in Italia e non ad altri eventuali redditi che il lavoratore dipendente o l’esercente arti e professioni consegua in Italia.

Nell’ipotesi in cui, un soggetto con esperienza di docenza o ricerca all’estero sia rientrato o rientri in Italia per svolgere un’attività non qualificabile come attività di docenza e ricerca, possono trovare applicazione le disposizioni agevolative previste dalla legge n. 238 del 2010 (se rientrato entro il 31 dicembre 2015 e se in possesso dei relativi requisiti) o dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 (se il soggetto ha acquisito la residenza fiscale a partire dal 2016).

Nel caso in cui un docente o ricercatore, trasferisca la propria residenza in Italia per svolgervi la propria attività, ma continui a svolgere attività di ricerca o docenza anche all’estero, potrà fruire dell’agevolazione in esame per i soli redditi di lavoro dipendente o autonomo prodotti in Italia in qualità di docente o ricercatore, mentre deve assoggettare ordinariamente a tassazione in Italia, in quanto soggetto residente, anche i redditi di lavoro dipendente o di lavoro autonomo prodotti all’estero in qualità di docente o ricercatore, tenendo conto, se esistenti, delle norme convenzionali e fruendo del credito d’imposta per le imposte pagate all’estero ai sensi dell’articolo 165 del TUIR. Per la definizione dei redditi prodotti in Italia si rinvia al successivo paragrafo 4.1, Parte II.

 

2 Incentivi ex legge 30 dicembre 2010 n. 238 - lavoratori contro-esodati.

 

2.1 Aspetti generali

Si ritiene utile fare un cenno al regime agevolativo recato dalla legge 30 dicembre 2010, n. 238, anche se vigente fino all’anno 2017, in quanto l’articolo 16, comma 2, del d.lgs n.147 del 2015 vi fa espresso rinvio ed in quanto i soggetti beneficiari possono optare, con effetti fino all’anno 2020, per l’applicazione del regime agevolativo di cui al richiamato articolo 16.

La legge n. 238 del 2010 - recante incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia - prevede la concessione di incentivi fiscali sotto forma di parziale imponibilità del reddito derivante dalle attività di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa, avviate in Italia, in favore di cittadini dell’Unione europea in possesso di un titolo di laurea, che hanno svolto continuativamente una attività di lavoro dipendente, autonomo o di impresa, fuori dal Paese d’origine e dall’Italia e in favore di cittadini dell’Unione europea che hanno svolto fuori dal Paese d’origine e dall’Italia una attività di studio per conseguire un titolo di laurea o di specializzazione post lauream.

I soggetti beneficiari della agevolazione sono, sinteticamente, indicati dalla presente circolare "contro-esodati" in quanto la legge è rivolta ai cittadini italiani e degli altri Stati dell’Unione europea che dopo aver risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia ed essersi, quindi, trasferiti all’estero hanno deciso di tornare nel territorio dello Stato.

Il regime è stato modificato dall’articolo 10, comma 12-octies, del decreto legge 31 dicembre 2014, n. 192, abrogato dall’articolo 16, comma 4, decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, il quale è stato, a sua volta, modificato dall’articolo 1, comma 259, della Legge di stabilità 2016, in vigore dal 1° gennaio 2016.

Per effetto delle modifiche che si sono susseguite, i cittadini dell’Unione europea in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla legge n. 238 del 2010, purché rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2015, hanno la possibilità di applicare gli incentivi fiscali da essa previsti fino al periodo d’imposta 2017. Fino a tale data, pertanto, possono avvalersi dell’agevolazione sia i soggetti rientrati in Italia, ad esempio, nel 2010 che ne beneficiano fin dal 2011, sia i soggetti rientrati in Italia il 31 dicembre 2015, che ne possono beneficiare per i soli anni 2016 e 2017.

In merito alla disciplina introdotta dalla legge n. 238 del 2010 sono stati forniti chiarimenti con la circolare 4 maggio 2012, n. 14 alla quale si rinvia per una più esaustiva trattazione, mentre di seguito sono richiamati solo gli elementi essenziali della normativa, utili anche a chiarire il regime previsto dall’articolo 16, comma 2 del d.lgs. n. 147 del 2015.

 

2.2 Requisiti soggettivi

Le categorie dei soggetti beneficiari sono state individuate con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 3 giugno 2011.

In sintesi, possono accedere all’incentivo in esame i soggetti che presentano i requisiti di seguito indicati:

a) avere risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia;

b) essere cittadino dell’Unione europea in possesso di un titolo di laurea;

c) negli ultimi due anni (leggi: ventiquattro mesi) o più, avere svolto continuativamente, fuori dal proprio Paese d’origine e dall’Italia, un’attività di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa o, in alternativa, un’attività di studio conseguendo un titolo accademico (laurea o una specializzazione post lauream);

d) essere stati assunti o avere avviato un’attività di lavoro autonomo o d’impresa in Italia a decorrere dal 20 gennaio 2009 (ferma restando la  decorrenza dei benefici fiscali dal 28 gennaio 2011);

e) avere trasferito il proprio domicilio e la residenza in Italia entro tre mesi dall’assunzione o dall’avvio dell’attività;

f) impegnarsi a non trasferire nuovamente il proprio domicilio o la propria residenza fuori dall’Italia prima del decorso di cinque anni, pena la decadenza dal beneficio stesso con conseguente recupero dei benefici già fruiti e applicazione delle relative sanzioni e interessi.

Il comma 5, dell’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 ha eliminato il requisito anagrafico richiesto dall’articolo 2, comma 1, lettere a) e b), della legge n. 238 del 2010. Pertanto, i soggetti rientrati prima di tale modifica possono beneficiare degli incentivi previsti dalla legge n. 238 del 2010 solo se nati dopo il 1° gennaio 1969, mentre i soggetti rientrati successivamente possono beneficiare della agevolazione anche se nati prima di tale data. In considerazione dell’unitarietà del periodo di imposta, ex articolo 7 del TUIR, la soppressione di tale condizione deve ritenersi che abbia effetto per i soggetti rientrati a partire dal 1° gennaio 2015.

 

Avere risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia

In relazione al requisito sub a), la norma riserva il beneficio unicamente ai soggetti che siano stati residenti in Italia per un periodo continuativo, cioè minimo ed ininterrotto, di ventiquattro mesi e che, dopo essersi trasferiti all’estero, vi abbiano fatto ritorno. Tale periodo deve essere calcolato sulla base del calendario comune e non sulla base dei periodi di residenza fiscale trascorsi in Italia.

 

Essere cittadini europei in possesso del titolo di laurea

La cittadinanza in uno dei paesi dell’Unione europea e il possesso del titolo di laurea, di cui al requisito sub b), caratterizzano il regime di favore della legge n. 238 del 2010. Il titolo di studio accademico può essere stato conseguito sia in Italia che all’estero ed è stato individuato dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 3 giugno 2011, attuativo dell’articolo 2, comma 2, della legge n. 238 del 2010, quale criterio che esaurisce le specifiche esperienze e qualificazioni scientifiche e professionali richieste dalla norma per fruire del beneficio.

 

Attività di lavoro o studio svolta all’estero

Relativamente al periodo trascorso all’estero per svolgere un’attività di lavoro o per conseguire un titolo accademico, di cui al requisito sub c), la circolare n. 14 del 2012, ha precisato che, per calcolare il periodo di due anni, si deve far riferimento al concetto di anno secondo il calendario comune, inteso come periodo decorrente da un qualsiasi giorno dell’anno e fino al giorno antecedente dell’anno successivo. Per l’attività di studio, che comporti il conseguimento della laurea o di altro titolo post lauream, il periodo di due anni di permanenza all’estero può essere calcolato in base all’anno accademico e pertanto un corso di studi della durata di due anni accademici, soddisfa tale requisito.

Nonostante l’agevolazione si riferisca ai soggetti titolari di un titolo di studio accademico, la legge non richiede che l’attività lavorativa svolta all’estero sia particolarmente qualificata, ma soltanto che si sia protratta per un biennio.

L’attività di studio o di lavoro all’estero deve essere documentata secondo le modalità stabilite dal decreto del Ministro degli affari esteri di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, del 30 marzo 2011 (c.d. d.m. del MAE), emanato in attuazione dell’articolo 4, comma 2, della legge n. 238 del 2010, il quale definisce le funzioni degli Uffici consolari nella gestione delle procedure amministrative per il rientro in Italia delle persone fisiche cui si applicano le norme in esame. In base all’articolo 1 del d.m. citato, gli Uffici consolari, a richiesta degli interessati, vidimano la documentazione esibita, attestante l’attività di lavoro o di impresa da essi svolta nelle rispettive circoscrizioni ovvero emettono la dichiarazione di valore del diploma di laurea o del titolo di specializzazione post-lauream conseguiti in loco.

 

Attività svolta in Italia

In relazione all’attività da svolgere in Italia, di cui al requisito sub d) la norma non pone limiti in ordine all’oggetto della attività o della mansione, la quale, pertanto, può non essere attinente all’attività di lavoro o di studio svolta all’estero. Sono, invece, esclusi dall’agevolazione fiscale i dipendenti della pubblica amministrazione e delle imprese di diritto italiano, titolari di rapporti di lavoro a tempo indeterminato i quali, in forza di tali rapporti, svolgono all’estero la loro attività lavorativa (Cfr. comma 3, articolo 1, decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 3 giugno 2011).

 

Trasferimento della residenza in Italia

In merito al trasferimento della residenza di cui al requisito sub e), la legge n. 238 del 2010, a differenza delle altre norme che introducono regimi fiscali di favore per le persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia, non menziona la residenza fiscale né l’articolo 2 del TUIR. La circolare n. 14 del 2012 precisa che il soggetto che intenda beneficiare della agevolazione deve risultare iscritto nelle liste anagrafiche della popolazione residente e deve aver trasferito in Italia il proprio domicilio e cioè il centro principale dei propri interessi, indipendentemente dal fatto che possa considerarsi per il medesimo anno fiscalmente residente in Italia. Precisa, inoltre, che, anche se nella normalità dei casi, l’iscrizione alla anagrafe della popolazione residente implica che il soggetto precedentemente non vi fosse iscritto, ciò che rileva ai fini dell’agevolazione è il requisito sostanziale dell’effettivo svolgimento all’estero dell’attività di lavoro o di studio, che il soggetto deve essere in grado di dimostrare. In presenza di tale requisito sostanziale la mancata iscrizione all’Aire (anagrafe della popolazione residente all’estero) non determina l’esclusione dal beneficio.

La norma in esame richiede, all’articolo 2, comma 1, che la residenza deve essere acquisita entro 3 mesi dall’assunzione o dall’avvio dell’attività. A tal fine, il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 46244 del 29 marzo 2016 (punto 1.5), per tener conto delle modifiche normative più volte intervenute nella vigenza della legge n. 238 del 2010, ha concesso un maggior termine per acquisire la residenza, stabilendo che i soggetti rientrati in Italia nel periodo compreso fra il 7 ottobre 2015 (data di entrata in vigore del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147), e il 31 dicembre 2015, devono aver trasferito la residenza o il domicilio in Italia entro il 29 aprile 2016.

L’avvenuto rientro in Italia nel termine previsto, può essere dimostrato dai certificati anagrafici o in mancanza da altri elementi quali il contratto di lavoro, di locazione, le utenze.

 

Impegno a non trasferire il proprio domicilio o la propria residenza fuori dall’Italia prima del decorso di cinque anni

In ordine al requisito sub f) che impegna il lavoratore a mantenere la residenza in Italia per cinque anni, la circolare n. 14 del 2012 chiarisce che tale periodo decorre dalla data di prima fruizione della agevolazione, intesa come data di inizio del rapporto di lavoro o della attività di lavoro autonomo o di impresa, e che la decadenza è collegata al trasferimento della residenza o anche del solo domicilio prima del periodo indicato e non alla cessazione del rapporto di lavoro o della attività.

 

2.3 Misura della agevolazione, durata e redditi agevolabili

In base alla legge n. 238 del 2010, i redditi di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa concorrono a formare la base imponibile ai fini IRPEF nella misura del 20 per cento per le lavoratrici e del 30 per cento per i lavoratori.

La norma in esame, a differenza delle misure previste dalle altre norme agevolative, è applicabile anche ai redditi prodotti in Italia nel periodo d’imposta in cui il soggetto non ha ancora acquisito la residenza fiscale.

Infatti, come chiarito dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 14/E del 2012 il soggetto che intenda beneficiare dell’agevolazione fiscale deve risultare iscritto nelle liste anagrafiche dei soggetti residenti in Italia ovvero aver presentato domanda di iscrizione all’anagrafe della popolazione residente in Italia, nonché aver trasferito in Italia il proprio domicilio. Pertanto, il soggetto che, ad esempio, è stato assunto in Italia nel mese di novembre 2015 e abbia trasferito la residenza anagrafica e il domicilio nel mese di gennaio 2016, e quindi entro i tre mesi previsti, può fruire del beneficio anche per i redditi conseguiti in Italia nel 2015, indipendentemente dalla circostanza che possa considerarsi per il medesimo anno fiscalmente non residente in Italia ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del TUIR.

 

3. Articolo 16, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 - lavoratori impatriati

 

3.1 Aspetti generali

L’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015, introdotto in attuazione della delega fiscale concessa al governo per individuare misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese, individua sotto il titolo lavoratori "impatriati" diverse categorie di beneficiari, caratterizzate da specifici requisiti soggettivi, accomunate dalla circostanza di trasferirsi in Italia per svolgervi una attività lavorativa.

L’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, norma di carattere strutturale e non transitorio, nella sua versione in vigore dal 1° gennaio 2017, dispone che: "I redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al cinquanta per cento del suo ammontare (...)".

Nella versione ante modifiche - apportate dall’articolo 1, comma 150, lettera a), nn. 1 e 2, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 -, vigente comunque per l’anno di imposta 2016, la norma riservava il beneficio fiscale ai soli redditi di lavoro dipendente, i quali concorrevano alla formazione del reddito complessivo nella misura del 70 per cento. A partire dall’anno di imposta 2017, invece, l’agevolazione è stata estesa anche ai redditi di lavoro autonomo i quali, insieme ai redditi di lavoro dipendente concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura ridotta al 50 per cento.

La disposizione non stabilisce il periodo di imposta a decorrere dal quale l’impatrio assume rilevanza, ossia non specifica da quando il soggetto può essersi trasferito in Italia per poter fruire del beneficio fiscale, trovando la norma applicazione a decorrere dal 2016, secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 1, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 26 maggio 2016 (c.d. decreto attuativo), si ritiene che possano beneficiare dell’agevolazione i soggetti che abbiano acquisito la residenza fiscale in Italia a partire da tale periodo d’imposta, salva la possibilità riconosciuta ai soggetti beneficiari della legge n. 238 del 2010 di accedervi su opzione. (Cfr. paragrafo 3.5, Parte II).

Ad esempio, un lavoratore trasferitosi in Italia nel settembre del 2015, poiché non ha in tale anno acquisito la residenza fiscale, può accedere di diritto al beneficio, e non su opzione ex articolo 16, comma 4, del d.lgs. n. 147 del 2015.

Di contro un lavoratore che ha acquisito la residenza fiscale nel 2015, perché ad esempio è rientrato a marzo 2015, non può accedere di diritto all’agevolazione in questione - fatta salva la possibilità di accedervi su opzione, se possiede i requisiti richiesti dalla legge n. 238 del 2010.

La norma, a differenza di quanto previsto dalla legge n. 238 del 2010 - che richiede il trasferimento in Italia entro tre mesi dall’inizio della attività - non indica il tempo che deve intercorrere tra il trasferimento della residenza e l’inizio della attività lavorativa. Tenuto conto della finalità del regime di favore, teso ad attrarre la residenza in Italia di soggetti che, grazie alla loro esperienza all’estero, favoriscono lo  sviluppo economico, culturale e tecnologico del Paese, si ritiene che coloro che già svolgono una attività lavorativa nel territorio dello Stato, ad esempio, perché già distaccati in Italia da un’altra società del gruppo, senza essere tuttavia iscritti alla anagrafe della popolazione residente e senza aver trasferito in Italia la dimora abituale o il centro prevalente dei propri interessi personali, possono accedere al beneficio a partire dal periodo di imposta in cui acquisiscono la residenza fiscale anche se ciò avvenga successivamente a quello in cui hanno iniziato in Italia lo svolgimento dell’attività lavorativa. Ugualmente possono accedere al beneficio coloro che trasferiscono la residenza in Italia prima ancora di iniziare lo svolgimento di detta attività, a condizione che sia ravvisabile un collegamento tra i due eventi.

L’attività lavorativa si considera iniziata, se trattasi di lavoro autonomo, alla data risultante dalla dichiarazione di inizio attività ai sensi dell’articolo 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633; se trattasi di lavoro dipendente, alla data da cui decorrono l’obbligo della prestazione lavorativa e l’obbligo della remunerazione, indipendentemente dalla natura a tempo indeterminato o determinato del rapporto stesso, analogamente a quanto chiarito dalla circolare n. 14 del 2012.

Il beneficio non compete ai soggetti che rientrano in Italia dopo essere stati in distacco all’estero ed aver acquisito la residenza estera per il periodo di permanenza richiesto dalla norma.

Ciò in quanto il loro rientro, avvenendo in esecuzione delle clausole del preesistente contratto di lavoro, si pone in sostanziale continuità con la precedente posizione di lavoratori residenti in Italia e, pertanto, non soddisfa la finalità attrattiva della norma.

 

3.2 articolo 16, comma 2 - impatriati in possesso di laurea - requisiti soggettivi

Come anticipato in premessa, si antepone la trattazione del comma 2, articolo 16 del decreto internazionalizzazione, rispetto a quella del comma 1, in quanto ricollegabile alla legge n. 238 del 2010, trattata nel precedente capitolo 2.

L’attuale formulazione dell’articolo 16, comma 2, come risulta a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 1, comma 150, lett. c), della Legge di bilancio 2017, in vigore dal 1° gennaio 2017, dispone che: "Il criterio di determinazione del reddito di cui al comma 1 si applica anche ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 238, le cui categorie vengono individuate tenendo conto delle specifiche esperienze e qualificazioni scientifiche e professionali con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 3. Il criterio di determinazione del reddito di cui al comma 1 si applica anche ai cittadini di Stati diversi da quelli appartenenti all’Unione europea, con i quali sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, in possesso di un diploma di laurea, che hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi ovvero che hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un diploma di laurea o una specializzazione post lauream".

Prima dell’entrata in vigore delle modifiche apportate dalla citata Legge di bilancio 2017, il comma 2 si componeva del solo primo periodo il quale, a partire dal 1° gennaio 2016, riconosceva l’agevolazione unicamente ai soggetti, cittadini dell’Unione europea di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 238, che trasferivano in Italia la residenza fiscale. Con l’aggiunta del secondo periodo, l’agevolazione è stata estesa, a partire dal 1° gennaio 2017, anche ai cittadini di Stati extracomunitari con i quali risulta in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni ai fini delle imposte sui redditi ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale.

Le categorie dei soggetti, comunitari ed extracomunitari, beneficiari dell’agevolazione coincidono anche se, per esigenze di tecnica normativa, l’individuazione dei soggetti comunitari (di cui al comma 2, primo periodo) è stata demandata al decreto attuativo mentre l’individuazione dei soggetti extracomunitari è recata direttamente dall’articolo 16, comma 2, secondo periodo.

Destinatari del beneficio fiscale in esame sono, pertanto, i cittadini sopra indicati che:

1. siano in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, o

2. abbiano svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

Il comma 2 dell’articolo 16 per quanto riguarda il titolo di studio richiesto ai beneficiari nonché per il periodo di permanenza e per l’esperienza maturata all’estero, si pone in continuità con la legge n. 238 del 2010, che come detto in precedenza è applicabile ai soli cittadini europei rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2015.

L’articolo 16, comma 2, però, nonostante richiami espressamente i soggetti della legge n. 238 del 2010, secondo quanto si evince dal decreto attuativo, richiede solo alcuni dei requisiti soggettivi illustrati nel paragrafo 2.2 Parte II ed esclude dalla agevolazione i redditi derivanti dall’attività d’impresa.

In particolare, non richiede, ad esempio, né che il lavoratore sia stato precedentemente residente in Italia per almeno ventiquattro mesi e che resti in Italia per almeno cinque anni, né che abbia trasferito la residenza in Italia entro tre mesi dall’inizio dell’attività.

Ai soggetti destinatari del comma 2 dell’articolo 16 non è richiesto, peraltro, neanche il possesso dei requisiti soggettivi previsti per i soggetti destinatari del comma 1 del medesimo articolo 16. Non sono richiesti, infatti, i requisiti elencati al successivo paragrafo 3.3, lettera a), che prevede di non essere stati fiscalmente residenti in Italia nei cinque anni precedenti il trasferimento, né quelli delle lettere: b), che richiede che l’attività di lavoro dipendente sia necessariamente svolta presso un’impresa residente nel territorio dello Stato o un’impresa a questa collegata; c), secondo cui l’attività lavorativa deve essere prestata nel territorio italiano per un periodo superiore a 183 giorni; d), che fa riferimento allo svolgimento di funzioni direttive o al possesso di titoli di elevata qualificazione o specializzazione.

Secondo quanto previsto dall’articolo 16 e dal decreto attuativo, i soggetti individuati dal comma 2, per accedere al regime fiscale previsto per i lavoratori impatriati, devono, pertanto, avere i seguenti requisiti:

a) essere in possesso di un titolo di laurea;

b) aver svolto continuativamente un’attività di lavoro o studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più;

c) essere cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extraeuropeo con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni ai fini delle imposte sui redditi ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale;

d) svolgere attività di lavoro autonomo o dipendente in Italia;

 

Possesso del titolo di laurea

In relazione al possesso del titolo di laurea, di cui al requisito sub a), si precisa che, il titolo acquisito in Italia, può essere costituito anche da una laurea triennale e non solo da laurea magistrale. Per quanto concerne il valore dei titoli acquisiti all’estero si rinvia a quanto chiarito al paragrafo 1.2, Parte II, per il titolo posseduto da docenti e ricercatori. Nonostante, infatti, l’analogia tra la presente agevolazione e quella di cui alla legge n. 238 del 2010, si ritiene che non possa farsi riferimento al d.m. del MAE del 30 marzo 2011, in quanto non espressamente richiamato dall’articolo 16, comma 2, del d.lgs. n. 147 del 2015. Occorre, pertanto, fare riferimento alle ordinarie funzioni dei consolati e ambasciate.

Il titolo di laurea, conseguito in Italia o all’estero, caratterizza i soggetti individuati dal comma 2 dell’articolo 16, distinguendoli da quelli individuati dal comma 1 del medesimo articolo, per i quali, invece, è richiesto il possesso del requisito della elevata qualificazione o specializzazione.

 

Attività di lavoro o di studio all’estero

Il requisito sub b), richiede di aver svolto fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più una attività di lavoro post laurea o di studio in analogia a quanto previsto dalla legge n. 238 del 2010. Tornano applicabili, pertanto, i chiarimenti resi con la circolare n. 14 del 2012 i quali, per individuare il periodo minimo necessario di permanenza all’estero, richiamano il concetto di anno secondo il calendario comune, inteso come periodo decorrente da un qualsiasi giorno dell’anno e fino al giorno antecedente dell’anno successivo. Ad esempio, un soggetto che ha svolto all’estero l’attività di lavoro dal 20 gennaio 2015 integra alla data del 19 gennaio 2017 il biennio richiesto come periodo minimo dalla legge. Il requisito dello svolgimento dell’attività di lavoro o studio all’estero in modo continuativo negli ultimi ventiquattro mesi, non deve necessariamente far riferimento all’attività svolta nei due anni immediatamente precedenti il rientro, essendo sufficiente che l’interessato, prima di rientrare in Italia, abbia svolto tali attività all’estero per un periodo minimo ed ininterrotto di almeno ventiquattro mesi. Infine, relativamente all’attività di studio, tale requisito è soddisfatto a condizione che il soggetto consegua la laurea o altro titolo accademico post lauream aventi la durata di almeno due anni accademici.

 

Cittadini di uno Stato estero

Il requisito sub c), differenzia i soggetti di cui al comma 2, sia dai soggetti beneficiari della legge n. 238 del 2010 - riservata ai soli cittadini europei -, sia dai soggetti beneficiari del comma 1 del medesimo articolo 16- che non pone limitazioni collegate alla cittadinanza -, ed esclude dal beneficio i soli cittadini di paesi con i quali non siano state stipulate dall’Italia convenzioni contro le doppie imposizioni ai fini delle imposte sui redditi o accordi sullo scambio di informazioni in materia fiscale.

Poiché la norma fa riferimento alla cittadinanza dei beneficiari, la preclusione al beneficio fiscale risulta operante anche per cittadini di tali ultimi Paesi che, nei ventiquattro mesi o più antecedenti il trasferimento in Italia, siano stati residenti in Stati dell’Unione Europea o in Stati con i quali l’Italia ha stipulato detti accordi o convenzioni.

 

Attività di lavoro svolta in Italia

In relazione al requisito sub d), concernente il collegamento tra il trasferimento della residenza fiscale in Italia e lo svolgimento della attività lavorativa nel territorio dello Stato, si rinvia al paragrafo 3.1, Parte II, in cui sono trattati gli aspetti generali dell’articolo 16. Per quanto concerne l’oggetto della attività lavorativa, non è richiesto né dalla norma, né dal decreto attuativo, che esso sia coerente con il titolo di studio, analogamente a quanto chiarito dalla circolare n. 14 del 2012 in relazione alla legge n. 238 del 2010 (e a quanto è precisato nel successivo paragrafo in relazione all’articolo 16, comma 1). L’attività lavorativa, se derivante da rapporto di lavoro dipendente, può essere svolta indifferentemente presso pubbliche amministrazioni o imprese o enti pubblici o privati e non necessariamente presso enti che esercitano attività commerciale, come previsto, invece, per i manager o per i lavoratori qualificati o specializzati di cui al comma 1 del medesimo articolo.

 

3.3 articolo 16, comma 1 - manager e lavoratori con elevata qualificazione e specializzazione - requisiti soggettivi

In base a quanto previsto dall’articolo 16, comma 1, del decreto internazionalizzazione, possono beneficiare dell’agevolazione i soggetti che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, ove ricorrono contemporaneamente le seguenti condizioni:

a) non essere stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento;

b) svolgere l’attività lavorativa presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;

c) prestare l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano;

d) rivestire ruoli direttivi ovvero essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 3.

 

Lavoratori non residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti il trasferimento

Il requisito sub a), che richiede che i lavoratori non siano stati residenti in Italia nei cinque periodi d’imposta precedenti il trasferimento, risulta soddisfatto se non si realizza nessuna delle condizioni previste dall’art. 2 del TUIR.

 

Attività svolta presso impresa residente

Il requisito sub b), richiede che, per fruire del regime speciale, i lavoratori impatriati svolgano l’attività lavorativa presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato direttamente con questa o con una società anche estera controllata, controllante o "sorella" di tale società. In base alla formulazione della disposizione in esame, l’attività lavorativa deve essere svolta in Italia, ma il datore di lavoro può essere o una società residente o una società a questa collegata.

E’ ammesso, al beneficio, pertanto, oltre al lavoratore che si trasferisce in Italia per essere assunto da un’impresa italiana, anche il lavoratore che si trasferisce in Italia per prestare la propria attività presso una stabile organizzazione di una impresa estera della quale è già dipendente, nonché il lavoratore distaccato in Italia in forza di un rapporto di lavoro instaurato all’estero con una società collegata alla società italiana sulla base dei rapporti previsti dalla norma.

Ai fini della norma in commento, la nozione di impresa comprende qualsiasi soggetto giuridico che eserciti un’attività economica, consistente nell’offerta di beni e servizi sul mercato, a prescindere dal suo status giuridico, dalla forma organizzativa nonché dalle modalità di finanziamento. Tale definizione comprende anche gli enti pubblici economici e le società a partecipazione pubblica nonché gli studi professionali mentre esclude le amministrazioni di cui al decreto legislativo n. 165 del 2001.

Naturalmente, rilevano sia i rapporti di lavoro dipendente a tempo indeterminato che quelli a tempo determinato, nonché i rapporti di lavoro fiscalmente assimilati a quelli di lavoro dipendente (Cfr. paragrafo 4.1, Parte II) Attività di lavoro prestato prevalentemente nel territorio dello Stato Il requisito sub c) richiede che l’attività lavorativa sia prestata prevalentemente nel territorio italiano. Secondo quanto previsto dal decreto attuativo (articolo 1, lettera c), tale requisito deve essere verificato in relazione a ciascun periodo d’imposta e risulta soddisfatto se l’attività lavorativa è prestata nel territorio italiano per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco dell’anno. In caso di successivi rapporti di lavoro, il requisito della prevalenza deve essere verificato tenendo conto della attività lavorativa svolta nell’intero periodo di imposta.

Nel computo dei 183 giorni rientrano non solo i giorni lavorativi ma anche le ferie, le festività, i riposi settimanali e altri giorni non lavorativi. Non possono essere, invece, computati i giorni di trasferta di durata superiore a 183 giorni, o il distacco all’estero, essendo l’attività lavorativa prestata fuori dal territorio dello Stato.

Il lavoratore qualora non rispetti il predetto requisito temporale, pur essendo fiscalmente residente in Italia, non potrà fruire del beneficio sul reddito prodotto nel territorio dello Stato per tale periodo di imposta, che sarà quindi ordinariamente assoggettato a tassazione sull’intera base imponibile. Se il requisito sussiste solo per alcuni dei periodi di imposta compresi nel quinquennio per il quale è possibile fruire del beneficio, il lavoratore potrà fruirne per i soli anni in cui il requisito sarà soddisfatto, fermo restando che gli altri anni concorreranno comunque al computo del quinquennio. Ad esempio, un lavoratore fiscalmente residente in Italia dal 2017, fruitore del beneficio dal medesimo anno, se nel 2018 è inviato all’estero in trasferta per 200 giorni, per tale anno (2018) non potrà fruire dell’agevolazione neanche in relazione al reddito riferibile all’attività lavorativa prestata in Italia, ma potrà fruirne per i successivi anni 2019-2020-2021 sussistendo tutti i requisiti richiesti dalla norma.

Qualora l’attività lavorativa risulti prevalentemente prestata in Italia i redditi agevolabili possono comprendere anche le somme corrisposte per l’attività di lavoro prestata in trasferta all’estero, naturalmente se di durata inferiore a 183 giorni nel periodo d’imposta. Si ritiene, infatti, che l’attività di trasferta, in quanto resa nell’interesse e a benefico esclusivo del datore di lavoro non possa essere scissa da quella prestata nel territorio dello Stato. Ciò a differenza dell’ipotesi di distacco in cui la prestazione avviene nell’interesse del datore distaccante ma a beneficio del soggetto distaccatario, il quale può disporre del comportamento del lavoratore esercitando il potere direttivo.

 

Lavoratori con ruoli direttivi o in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione

Il requisito di cui al punto sub d), richiede che i lavoratori svolgano funzioni direttive e/o siano in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione. La relazione illustrativa al decreto attuativo, precisa che lo svolgimento delle funzioni direttive è soddisfatto, in primo luogo, dai lavoratori collocati nelle aree dirigenziali; il dirigente, infatti, la cui definizione non è recata da disposizioni normative bensì dalla specifica contrattazione collettiva delle varie aree dirigenziali, è definito come "il prestatore di lavoro per il quale sussistono le condizioni di subordinazione di cui all’articolo 2094 del c.c. e che ricopra nell’azienda un ruolo caratterizzato da un elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale ed esplica le sue funzioni al fine di promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi dell’impresa". La medesima condizione è soddisfatta, altresì, dai quadri e dagli impiegati con funzioni direttive. Con specifico riferimento ai primi, figure intermedie tra il dirigente e gli impiegati, è la legge 13 maggio 1985, n. 190, a fornirne, all’articolo 2, la specifica definizione prevedendo, infatti, che "La categoria dei quadri è costituita dai prestatori di lavoro subordinato che, pur non appartenendo alla categoria dei dirigenti, svolgono funzioni con carattere continuativo di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’impresa". I tratti caratteristici dell’impiegato con funzioni direttive, invece, consistono nella preposizione, formale o di fatto, del prestatore d’opera a un ramo o servizio dell’impresa e nell’attuazione, con poteri di supremazia gerarchica, di determinazione e di autonomia esecutiva, delle direttive generali dell’imprenditore o del dirigente di una parte autonoma dell’impresa.

Riguardo al concetto di lavoratori con elevata qualificazione o specializzazione - continua la relazione - può farsi riferimento a quanto previsto dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108, il quale, recependo la Direttiva europea n. 2009/50/CE, prevede che tale requisito ricorre nelle ipotesi di:

- conseguimento di un titolo di istruzione superiore rilasciato da autorità competenti nel Paese dove è stato conseguito che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e della relativa qualifica professionale superiore, rientrante nei livelli 1 (legislatori, imprenditori e alta dirigenza), 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) e 3 (professioni tecniche) della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011, attestata dal paese di provenienza e riconosciuta in Italia;

- possesso dei requisiti previsti dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 206, limitatamente all’esercizio delle professioni ivi regolamentate.

I lavoratori con elevata qualificazione o specializzazione, a differenza dei manager, non necessariamente devono ricoprire ruoli direttivi o svolgere mansioni attinenti alla alta specializzazione o qualificazione di cui sono in possesso, analogamente ai soggetti individuati dal comma 2 del medesimo articolo 16, per i quali non è richiesto un collegamento tra il titolo accademico e l’attività svolta.

In conclusione, dal confronto tra il comma 1 e il comma 2 dell’articolo 16, risulta che l’ambito soggettivo del comma 2 è più ampio rispetto a quello del comma 1, fatta eccezione per quanto riguarda gli Stati di provenienza dei soggetti beneficiari, limitati dal comma 2 ai soli Stati dell’Unione europea e a quelli con i quali sono stati stipulati convenzioni per evitare le doppie imposizioni o accordi per lo scambio di informazioni e per quanto riguarda il titolo di studio richiesto, individuato dal comma 2 in un titolo di livello almeno universitario, conseguito all’estero o in Italia. Restano, invece, comuni i criteri di determinazione dei redditi agevolabili, nonché quelli di applicazione della agevolazione e le cause di decadenza dal beneficio.

 

3.4 articolo 16, comma 1 bis - lavoratori autonomi impatriati - requisiti soggettivi

L’articolo 1, comma 150, lettera b) della Legge di bilancio 2017, ha inserito il comma 1-bis all’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015, disponendo che: "Le condizioni di cui al comma 1, lettere b) e d), non si applicano ai lavoratori autonomi". Pertanto, il lavoratore autonomo che, a partire dall’anno 2017, acquisisce la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del TUIR e accede al beneficio ai sensi del comma 1 dell’articolo 16 - ad esempio, perché non laureato o proveniente da un Paese con il quale non è in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo per lo scambio di informazioni -, deve possedere unicamente i requisiti previsti alle lettere a) e c) del medesimo comma. In particolare, non deve essere stato residente nel territorio dello Stato nei cinque periodi di imposta precedenti il trasferimento, deve impegnarsi a permanere in Italia per almeno due anni, nonché svolgervi l’attività lavorativa in modo prevalente. Per la trattazione dei citati requisiti si rinvia al paragrafo 3.3 e al paragrafo 3.6, Parte II.

 

3.5 Articolo 16, comma 4 - opzione per il regime fiscale dei lavoratori impatriati

Il comma 4, dell’articolo 16, del d.lgs. n. 147 del 2015, come modificato dall’articolo 1, comma 259, della legge n. 208 del 2015, stabilisce, che "I soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 238, che si sono trasferiti in Italia entro il 31 dicembre 2015 applicano, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2016 e per quello successivo, le disposizioni di cui alla medesima legge nei limiti e alle condizioni ivi indicati; in alternativa possono optare, con le modalità definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, per il regime agevolativo di cui al presente articolo".

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 marzo 2016, prot. 46244, sono state definite le modalità di esercizio dell’opzione da parte dei soggetti interessati, prevedendo, in particolare, un limite temporale - 29 giugno 2016 - entro il quale i lavoratori dipendenti potevano esercitare la predetta opzione mediante la presentazione di una apposita domanda al proprio sostituto d’imposta.

In considerazione delle modifiche normative che hanno reso il regime dell’articolo 16 più conveniente (in quanto la base imponibile è stata ridotta dal 70 al 50 per cento), i beneficiari della legge n. 238 del 2010 sono stati rimessi nei termini per esercitare l’opzione. Infatti, l’articolo 3, comma 3-novies, del decreto legge 30 dicembre 2016, n. 244 (c.d. decreto mille proroghe), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, ha previsto che "Il termine per l’esercizio dell’opzione di cui all’articolo 16, comma 4, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, è prorogato al 30 aprile 2017, per i lavoratori dipendenti che non l’hanno già esercitata, secondo le modalità attuative individuate con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".

La riapertura dei termini per l’opzione non modifica il periodo di applicazione del regime di cui all’articolo 16 del decreto internazionalizzazione, individuato, comunque, nel quinquennio 2016-2020

In base all’articolo 3, comma 3-novies citato, i lavoratori dipendenti destinatari della legge n. 238 del 2010, che si sono trasferiti in Italia entro il 31 dicembre 2015, hanno potuto esercitare l’opzione prevista dal comma 4 dell’articolo 16, entro il 30 aprile 2017 (scadenza prorogata di diritto al 2 maggio, ai sensi dell’articolo 2963 c.c.), e richiedere, quindi, la tassazione dei redditi di lavoro dipendente, prodotti in Italia, su una base imponibile del 70 per cento per il 2016 e del 50 per cento per gli anni 2017-2020, in luogo della tassazione su una base imponibile del 20 o 30 per cento per i soli anni 2016- 2017.

Le modalità di esercizio dell’opzione, nel termine prorogato dall’articolo 3, comma 3-novies del decreto mille proroghe, sono state definite con successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 31 marzo 2017, prot. 64188.

In sintesi, i due citati provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate, nel definire le modalità di esercizio dell’opzione da parte dei soggetti interessati stabiliscono che:

- l’accesso all’opzione è consentito a tutti i lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi e ai titolari di attività di impresa in possesso dei requisiti per beneficiare delle agevolazioni di cui alla legge n. 238 del 2010;

- i soggetti interessati devono possedere i requisiti per accedere ai benefici di cui alla legge n. 238 del 2010, anche in relazione al relativo regime di decadenza di cui all’articolo 7 della medesima legge, che richiede la permanenza in Italia per cinque anni, decorrenti dalla data di prima fruizione del beneficio;

- per beneficiare del regime speciale per i lavoratori impatriati, i lavoratori dipendenti, esercitano l’opzione mediante richiesta scritta da presentare al datore di lavoro; i lavoratori autonomi e gli imprenditori esercitano l’opzione nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2016.

Coloro che optano per il regime previsto dall’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 beneficiano della parziale imponibilità del reddito derivante da lavoro dipendente, da attività di lavoro autonomo o d’impresa, per cinque periodi d’imposta, quindi a partire dal 2016 e fino al 2020.

I lavoratori dipendenti che hanno esercitato l’opzione nel 2017, e che quindi nel precedente periodo d’imposta hanno subito ritenute sulla minore base imponibile del 20 o 30 per cento ai sensi dalla legge n. 238 del 2010, possono, come chiarito nelle motivazioni del provvedimento del 31 marzo 2017, versare le maggiori imposte dovute per il 2016, avvalendosi delle ordinarie regole di rateazione previste dall’articolo 20 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

In particolare, in base al citato articolo 20, è possibile versare le somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte in rate mensili di uguale importo, ad eccezione dell’acconto di novembre che deve essere versato in un’unica soluzione, corrispondendo gli interessi nella misura del 4 per cento annuo.

 

3.6 Misura dell’agevolazione, durata e decadenza

Per quanto riguarda la misura dell’agevolazione, l’articolo 1, comma 150, lett. a), n. 2, della Legge di bilancio 2017 ha modificato la percentuale del reddito soggetto a tassazione prevista dall’articolo 16, comma 1, del d.lgs. n. 147 del 2015, stabilendo che, il reddito di lavoro dipendente e di lavoro autonomo ammesso al beneficio fiscale, "concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al cinquanta per cento del suo ammontare".

A tal riguardo il successivo comma 151, dell’articolo 1 della Legge di bilancio 2017, ha precisato che "Le disposizioni di cui al comma 150, lettera a), numero 2, (...), si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2017".

Tale disposizione comporta che, per l’anno di imposta 2016, è agevolabile solo il reddito di lavoro dipendente e che, tale reddito, è soggetto a tassazione nella misura prevista dall’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 nella sua versione ante modifiche Legge di bilancio 2017, ossia il 70 per cento del suo ammontare.

Mentre a partire dall’anno d’imposta 2017, la percentuale tassabile di reddito di lavoro dipendente e di lavoro autonomo è ridotta al 50 per cento.

Il citato comma 151 dispone, inoltre, che: "Le medesime disposizioni di cui al comma 150, lettera a), numero 2, si applicano, per i periodi d’imposta dal 2017 al 2020, anche ai lavoratori dipendenti che nell’anno 2016 hanno trasferito la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del [TUIR] e ai soggetti che nel medesimo anno 2016 hanno esercitato l’opzione ai sensi del comma 4 dell’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147".

Pertanto, in base alla disposizione da ultimo richiamata, anche i lavoratori che usufruiscono già dall’anno di imposta 2016 del regime speciale per i lavoratori impatriati, possono beneficiare per il quadriennio successivo (2017-2020) della nuova misura di favore e usufruire, quindi, della tassazione agevolata del 50 per cento. Resta inteso che, per l’anno di imposta 2016, il reddito agevolabile concorre alla formazione del reddito complessivo nella misura del 70 per cento, così come previsto dal regime di favore in esame prima delle richiamate modifiche.

L’agevolazione fiscale per i lavoratori impatriati, in base a quanto previsto dal comma 3, dell’articolo 16, del d.lgs n. 147 del 2015 e dall’articolo 1, comma 1, del decreto attuativo, spetta per cinque periodi di imposta e, precisamente, per quello in cui il soggetto trasferisce la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.

Il citato comma 3 dell’articolo 16, demanda, infine, al decreto attuativo l’individuazione delle causa di decadenza dal beneficio in questione. In proposito, quest’ultimo stabilisce che "Il beneficiario degli incentivi di cui al predetto articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, decade dal diritto agli stessi laddove la residenza in Italia non sia mantenuta per almeno due anni. In tal caso si provvede al recupero dei benefici già fruiti, con applicazione delle relative sanzioni e interessi".

Il beneficiario decade, quindi, dall’agevolazione se trasferisce la propria residenza fuori dall’Italia prima che siano decorsi due anni dal suo trasferimento nel territorio dello Stato.

A tal fine si precisa che il biennio di permanenza nel territorio dello Stato decorre dal periodo di imposta in cui il lavoratore diviene fiscalmente residente, ciò in coerenza con il presupposto dell’agevolazione in esame, basato sulla acquisizione della residenza fiscale ai sensi dell’articolo 2 del TUIR (Cfr. Parte I). Ne consegue, ad esempio, che, nel caso in cui il lavoratore si sia trasferito in Italia nel mese di marzo 2016, e abbia pertanto acquisito la residenza fiscale per l’intero anno (in quanto soddisfa il requisito della residenza per la maggior parte del periodo di imposta), il biennio potrà ritenersi compiuto il 3 luglio del 2017, vale a dire una volta trascorsi i 183 giorni previsti dal richiamato articolo 2, comma 2, del TUIR, che ne determinano la residenza fiscale per l’intero anno. Nel caso, invece, in cui il lavoratore si sia trasferito in Italia nel mese di novembre 2016, e non può quindi essere considerato fiscalmente residente in Italia in detto anno, il biennio comincerà a decorrere dal periodo di imposta successivo (2017) e potrà ritenersi compiuto il 3 luglio 2018, una volta trascorsi i 183 giorni di cui al citato articolo 2, comma 2, del TUIR.

Detto criterio di determinazione del periodo di permanenza in Italia diverge da quello previsto dall’articolo 7 della legge n. 238 del 2010, che non fa riferimento al concetto di residenza fiscale bensì alla data di prima fruizione del beneficio (Cfr. paragrafo 2.2 Parte II).

In caso di contratto di lavoro dipendente a tempo determinato avente scadenza anteriore al decorso del biennio, ovvero in ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato anteriormente allo scadere del biennio per cause non imputabili al lavoratore, questi non decade dall’agevolazione purché non trasferisca la residenza fuori dall’Italia prima del biennio.

 

4. Aspetti comuni ai regimi agevolativi in favore di docenti e ricercatori, contro-esodati e impatriati

 

4.1 Determinazione dei redditi agevolabili

I redditi agevolabili in base alle disposizioni esaminate nei precedenti paragrafi per docenti e ricercatori, lavoratori contro-esodati e lavoratori impatriati devono essere determinati secondo le disposizioni previste dal TUIR per le singole categorie di reddito, vale a dire dall’articolo 51, se derivanti da rapporti di lavoro dipendente, dall’articolo 52, se derivanti da rapporti assimilati al lavoro dipendente e dall’articolo 54 se derivanti dall’esercizio di arti e professioni nonché e, per i soggetti beneficiari della legge n. 238 del 2010, dall’articolo 55 se derivanti dalla attività d’impresa.

Sono altresì agevolabili le somme conseguite in sostituzione dei suddetti redditi, le quali, ai sensi dell’articolo 6 del TUIR, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti.

Con riguardo ai redditi di lavoro autonomo, l’agevolazione fiscale in commento investe i redditi che derivano dall’esercizio di arti e professioni di cui all’articolo 53 del TUIR, svolte sia in forma individuale che associata (per esempio, nella forma dell’associazione professionale). Non sono, invece, ammesse alle agevolazioni le attività professionali esercitate nella forma delle società di persone, produttive di redditi d’impresa, in quanto tale categoria reddituale non è prevista dalle disposizioni in esame, fatta eccezione per i beneficiari della legge n. 238 del 2010.

Dal reddito complessivo, ridotto per effetto del beneficio fiscale, sono scomputati gli oneri deducibili di cui all’articolo 10 del TUIR, e dall’imposta dovuta le detrazioni per carichi di famiglia (articolo 12 del TUIR) e per tipologia di reddito (articolo 13 del TUIR).

L’agevolazione fiscale risulta applicabile ai soli redditi che si considerano prodotti nel territorio dello Stato. Ciò è in linea con la finalità delle norme tese ad agevolare i soggetti che si trasferiscono in Italia per svolgervi la loro attività e, in particolare, con il tenore letterale dell’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 - norma di carattere generale per l’ampiezza dei destinatari ai quali si rivolge - il quale dichiara espressamente agevolabili i redditi prodotti in Italia. Per individuare tali redditi si rinvia ai criteri di collegamento con il territorio dello Stato previsti dall’articolo 23 del TUIR, il quale considera prodotti in Italia i redditi di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo se prestati nel territorio dello Stato, anche se remunerati da un soggetto estero.

In linea generale, quindi, l’esenzione non spetta per i redditi derivanti da attività di lavoro prestata fuori dai confini dello Stato.

Nel caso in cui un soggetto abbia prodotto nei primi mesi dell’anno redditi al di fuori del territorio dello Stato e, per essere rientrato in corso d’anno, risulti fiscalmente residente in Italia, detti redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo in via ordinaria, salva l’applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni.

Relativamente ai redditi derivanti da attività di lavoro svolta in trasferta come precisato nel paragrafo 3.3, Parte II, si ritiene che essi siano agevolabili in quanto strettamente connessi alla attività svolta in Italia.

Diversamente non possono ritenersi agevolabili i redditi derivanti dalla attività lavorativa resa in distacco all’estero in quanto, in tale ipotesi, la prestazione, essendo resa a beneficio del soggetto distaccatario estero, risulta distinta dalla attività svolta in Italia.

Non fruiscono inoltre del beneficio i redditi derivanti dalle attività prestate all’estero, come nel caso di assegnazione di opzioni derivanti da piani di stock options, anche se percepiti nel periodo d’imposta in cui il soggetto è fiscalmente residente in Italia, trattate al paragrafo 2.1, Parte III, al quale si rinvia.

 

4.2 Modalità di fruizione dei regimi agevolativi

Con i provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 luglio 2011, prot. 97156, del 29 marzo 2016, prot. 46244 e del 31 marzo 2017, prot. 64188 - emanati rispettivamente in applicazione dell’articolo 3, comma 5 della legge n. 238 del 2010; dell’articolo 16, comma 4, del d.lgs. n. 147 del 2015 e dell’articolo 3, comma 3-novies del d.l. n. 244 del 2016 - sono state fornite le indicazioni per la fruizione dei benefici fiscali da parte dei lavoratori di cui alla legge n. 238 del 2010 e da parte dei medesimi soggetti che optano per il regime speciale per i lavoratori impatriati ai sensi del comma 4, dell’articolo 16, d.lgs. n. 147 del 2015.

Le modalità di fruizione dei benefici fiscali rappresentate nei suddetti provvedimenti, possono essere considerate di carattere generale ed essere, quindi, estese anche ai regime agevolativi, esaminati nella Parte II, per i quali non è stata espressamente prevista l’emanazione di un apposito provvedimento attuativo.

 

4.2.1 Fruizione del beneficio da parte dei lavoratori dipendenti e riconoscimento dell’agevolazione da parte dei sostituti di imposta

Per beneficiare dei regimi agevolativi esaminati, i docenti e ricercatori, i lavoratori contro-esodati e i lavoratori impatriati, titolari di reddito di lavoro dipendente, devono presentare una richiesta scritta al datore di lavoro.

Tale richiesta, resa ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, deve contenere:

- le generalità (nome, cognome e data di nascita);

- codice fiscale;

- l’indicazione della data di rientro in Italia e della prima assunzione in Italia (in caso di assunzioni successive o più rapporti di lavoro dipendente);

- la dichiarazione di possedere i requisiti previsti dai regimi agevolativi di cui si chiede l’applicazione;

- l’indicazione dell’attuale residenza in Italia;

- l’impegno a comunicare tempestivamente ogni variazione della residenza prima del decorso del periodo minimo previsto dalla norma della quale si chiede la fruizione;

- la dichiarazione di non beneficiare contemporaneamente degli incentivi fiscali previsti dall’articolo 44 del d. l. n. 78 del 2010, dalla legge n. 238 del 2010, dall’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 (divieto di cumulo ai sensi dell’articolo 2 del decreto attuativo) e dall’articolo 24-bis del TUIR (divieto di cumulo si sensi dell’articolo 1, comma 154, della Legge di bilancio 2017).

Il datore di lavoro applica il beneficio dal periodo di paga successivo alla richiesta e, in sede di conguaglio, dalla data dell’assunzione, mediante applicazione delle ritenute sull’imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile prevista dal regime agevolativo per il quale il lavoratore ha presentato la richiesta scritta, al quale saranno commisurate le relative detrazioni. La richiesta deve essere presentata all’attuale datore di lavoro anche in caso di seconda o ulteriore assunzione (rispetto a quella per cui il lavoratore è rientrato).

Nelle ipotesi in cui il datore di lavoro non abbia potuto riconoscere l’agevolazione, il contribuente può fruirne, in presenza dei requisiti previsti dalla legge, direttamente nella dichiarazione dei redditi. In tale caso il reddito di lavoro dipendente va indicato già nella misura ridotta.

 

4.2.2 Fruizione del beneficio da parte dei lavoratori autonomi

I lavoratori autonomi, docenti e ricercatori, lavoratori contro-esodati e lavoratori impatriati, possono accedere al regime fiscale di favore prescelto direttamente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi o, in alternativa, possono fruire dell’agevolazione in sede di applicazione della ritenuta d’acconto operata dal committente ai sensi dell’articolo 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sui compensi percepiti.

In tal caso, analogamente a quanto previsto per i lavoratori dipendenti, i lavoratori autonomi devono presentare una richiesta scritta ai propri committenti. Tale richiesta, resa ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, deve contenere:

- le generalità (nome, cognome e data di nascita);

- codice fiscale;

- l’indicazione della data di rientro in Italia;

- la dichiarazione di possedere i requisiti previsti dal regime agevolativo di cui si chiede l’applicazione;

- l’indicazione dell’attuale residenza in Italia;

- la dichiarazione di non beneficiare contemporaneamente degli incentivi fiscali previsti dall’articolo 44 del d. l. n. 78 del 2010, dalla legge n. 238 del 2010, dall’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 (divieto di cumulo ai sensi dell’articolo 2 del decreto attuativo) e dall’articolo 24-bis del TUIR (divieto di cumulo si sensi dell’articolo 1, comma 154, della Legge di bilancio 2017).

Il committente all’atto del pagamento del corrispettivo opera la ritenuta del 20 per cento prevista dall’articolo 25 del D.P.R. n. 600 del 1973 sull’imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile prevista dal regime agevolativo per il quale il lavoratore ha presentato la richiesta scritta.

 

PARTE III - REGIME OPZIONALE DI IMPOSIZIONE SOSTITUTIVA PER I NUOVI RESIDENTI

 

1. Ambito soggettivo di applicazione

 

Il regime introdotto dall’articolo 24-bis del TUIR, analogamente a quelli esaminati nella Parte II, è rivolto esclusivamente alle persone fisiche e può essere attivato su base opzionale al ricorrere di specifiche condizioni.

La prima condizione richiede il trasferimento della residenza fiscale da un Paese estero in Italia ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del TUIR.

In merito ai presupposti di radicamento della residenza fiscale in Italia, si rinvia a quanto già precisato nella Parte I.

Considerata la ratio della normativa in esame, volta ad attrarre individui ad alto potenziale in ragione della disponibilità di rilevanti capitali e risorse

finanziarie che possono essere investiti nel nostro Paese, la fruizione del beneficio implica l’effettivo trasferimento della persona fisica in Italia. In questa sede è opportuno ricordare che il requisito formale dell’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente è soggetto a controlli da parte delle autorità comunali competenti, così come disciplinato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.

Come previsto dall’articolo 11 del citato D.P.R. n. 223 del 1989, se, a seguito di accertamenti opportunamente intervallati nel tempo, il soggetto risulti irreperibile, l’autorità amministrativa effettua la cancellazione del medesimo soggetto dall’anagrafe della popolazione residente.

La seconda condizione necessaria per fruire del regime presuppone che la persona fisica non sia stata fiscalmente residente nel territorio dello Stato, ai sensi del predetto articolo 2, comma 2, del TUIR, per almeno nove dei dieci periodi d’imposta precedenti all’inizio di validità dell’opzione.

A tal fine, non ha alcun rilievo la nazionalità del soggetto che si trasferisce, in quanto l’accesso al regime è consentito sia a un cittadino straniero sia a un cittadino italiano, purché sia integrato il presupposto della residenza fiscale all’estero per il periodo indicato dalla norma.

Come anticipato nella Parte I ed esplicitamente affermato nel provvedimento, l’ambito soggettivo di applicazione del regime è esteso anche ai cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato di cui al decreto ministeriale 4 maggio 1999, che si presumono, salvo prova contraria, fiscalmente residenti in Italia ai sensi del successivo comma 2-bis dell’articolo 2 del TUIR.

La persona fisica che si trasferisce in Italia provenendo da uno dei Paesi Elencat i nel d.m. 4 maggio 1999 può optare per il nuovo regime, purché non sia stata effettivamente residente in Italia nel periodo stabilito dalla norma. Nel caso in cui il contribuente presenti istanza di interpello, può in tale sede vincere la presunzione di cui al comma 2-bis dell’articolo 2 del TUIR.

Coerentemente a quanto previsto nell’articolo 5, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, l’eventuale istanza di cui al comma 3 dell’articolo 24-bis del TUIR sarà dichiarata inammissibile sia se è in corso un’attività di verifica, sia in caso di accertamento definitivo che attesti la residenza fiscale in Italia del contribuente che pretende di essersi trasferito da un altro Stato.

Relativamente al requisito temporale attinente al periodo di residenza all’estero, la norma richiede che, su un arco complessivo di dieci periodi d’imposta, il contribuente sia stato fiscalmente residente all’estero per almeno nove.

Il legislatore ha voluto tenere conto delle comuni vicissitudini che possono riguardare la vita di una persona fisica, mediamente capace di muoversi agevolmente nel contesto internazionale e che, pertanto, potrebbe aver avuto la residenza in Italia per una frazione del periodo di osservazione.

Si pensi, a titolo esemplificativo, a chi è venuto in Italia con il programma universitario Erasmus, ovvero a quanti vi sono stati distaccati per ragioni professionali.

A chi presenti queste caratteristiche è consentito optare per il regime, purché la residenza in Italia sia cronologicamente circoscritta a un solo periodo d’imposta nei dieci complessivi che precedono quello di validità dell’opzione. A questo riguardo, si precisa che l’opzione può essere validamente esercitata anche da coloro che sono già residenti in Italia per un periodo d’imposta; naturalmente in tale ipotesi, ai fini della verifica del presupposto di residenza all’estero nel periodo di osservazione stabilito dalla norma, è computato anche il periodo d’imposta nel quale si è avuta la residenza fiscale in Italia.

Ad esempio, un soggetto che è stato residente all’estero dal 2006 al 2015 e si trasferisce in Italia a marzo 2016, acquisendo, pertanto, la residenza fiscale nel nostro Paese nel medesimo anno, potrà legittimamente accedere al nuovo  regime a partire dal periodo d’imposta 2017, versando l’imposta sostitutiva entro il 30 giugno 2018.

Da ultimo, avendo sempre riguardo all’ambito soggettivo di applicazione dell’articolo 24-bis del TUIR, si osserva che il comma 6 della norma consente, nel corso del periodo di validità dell’opzione, di estenderne l’efficacia anche a favore di uno o più dei suoi familiari.

Si tratta, in particolare, delle persone tenute all’obbligo degli alimenti elencate nell’articolo 433 del codice civile, ossia il coniuge (nonché la persona con cui è stata stipulata un’unione civile, ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76), i figli o, in mancanza, i discendenti più prossimi, i genitori o, in mancanza, gli ascendenti più prossimi, i generi e le nuore, il suocero e la suocera, i fratelli e le sorelle.

In questo modo, il legislatore ha voluto facilitare il trasferimento di interi nuclei familiari, per consentire una più diffusa e agevole fruizione del regime, potenziando la portata attrattiva della norma.

L’estensione del regime anche ai componenti della famiglia è subordinata al ricorrere delle condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 24-bis del TUIR.

È necessario, quindi, che anche i familiari trasferiscano la loro residenza fiscale in Italia e che non siano stati residenti fiscalmente nel territorio dello Stato per almeno nove dei dieci periodi d’imposta antecedenti a quello di validità dell’opzione.

È consentito estendere l’applicazione del regime ai membri della famiglia eleggibili anche in momenti cronologicamente distinti. In altri termini, ciascun membro della famiglia potrebbe accedere al regime in un periodo diverso rispetto a quello del contribuente principale perché, ad esempio, il suo trasferimento in Italia è avvenuto in un momento successivo. Si pensi al caso in cui un soggetto si trasferisca in Italia nel 2019 acquisendo la residenza fiscale nel nostro Paese nello stesso periodo d’imposta. Lo stesso soggetto opta per il regime di cui all’articolo 24-bis del TUIR, in qualità di contribuente principale, a partire dal 2019. Nel 2020 si trasferiscono in Italia anche la moglie e i figli ai quali il contribuente principale estende il regime dell’imposta sostitutiva a partire dal 2020. Infine due anni dopo si trasferisce in Italia anche la madre che, dunque, accede al regime in qualità di familiare solo dal 2022. Si precisa che, in tal caso, al termine dei quindici anni dall’esercizio dell’opzione da parte del contribuente principale (quindi a decorrere dal periodo d’imposta 2034) l’opzione cessa di avere effetti anche nei confronti dei familiari a cui essa era stata estesa. Per i familiari del soggetto beneficiario principale, peraltro, è previsto il pagamento di un’imposta sostitutiva in misura ridotta di cui si dirà più compiutamente in seguito.

 

2. Ambito oggettivo di applicazione

 

Il primo comma dell’articolo 24-bis del TUIR precisa che l’opzione per il regime consente di assoggettare a imposizione sostitutiva i soli redditi prodotti all’estero, individuati ai sensi dell’articolo 165, comma 2, del TUIR.

Quest’ultima disposizione stabilisce che "i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato".

Viene ripreso, quindi, l’approccio già adottato dall’ordinamento ai fini del credito per le imposte estere, basato sulla lettura "a specchio", secondo cui i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base dei medesimi criteri di collegamento enunciati dall’articolo 23 del TUIR per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato, applicati con un metodo rovesciato.

Si ricorda che, ai sensi della disposizione citata, ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti, un reddito è da considerare come prodotto nel territorio dello Stato quando sia possibile stabilirne il collegamento con una fonte produttiva situata in Italia, sulla base di precisi parametri che il legislatore interno ha tipizzato. Reciprocamente, ai sensi del comma 2 dell’articolo 165 del TUIR, un reddito si considera prodotto all’estero (ai fini dell’attribuzione del foreign tax credit ai residenti) soltanto nelle ipotesi esattamente speculari a quelle previste dai commi 1 e 2 dell’articolo 23 del TUIR, a prescindere dai criteri di collegamento adottati dallo Stato della fonte (NOTA 2).

In virtù di tale criterio, ad esempio, il reddito di lavoro autonomo derivante da attività esercitate all’estero o il reddito derivante da attività d’impresa svolta all’estero dal neo residente mediante una stabile organizzazione sarà da assoggettare alla disciplina di cui all’articolo 24-bis del TUIR.

Per completezza, si richiamano i chiarimenti resi nella circolare 5 marzo 2015 n. 9, in cui si ammette la concessione del credito per le imposte pagate all’estero su alcuni redditi che l’articolo 23 del TUIR esclude da tassazione in Italia. Si tratta di specifiche fattispecie che, pur essendo riconducibili a categorie di reddito (redditi di capitale o redditi diversi) considerate imponibili in capo a soggetti non residenti, costituiscono una deroga al principio di territorialità.

Al riguardo, si evidenziano:

1. gli "interessi e gli altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali", che, ai sensi dell’ultimo periodo del comma 1, lettera b), del citato articolo 23 del TUIR, non costituiscono redditi prodotti nel territorio nazionale se percepiti da non residenti, nonostante siano corrisposti da soggetti residenti o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti;

2. i redditi diversi di cui ai numeri da 1 a 3 della lettera f), comma 1, dell’articolo 23 del TUIR, che non sono da considerare come "prodotti" nel territorio dello Stato se percepiti da non residenti.

Si tratta delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate in società residenti negoziate in mercati regolamentati; delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso ovvero da rimborso di titoli non rappresentativi di merci e di certificati di massa negoziati in mercati regolamentati, nonché da cessione o da prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti; dei redditi di cui alle lettere c-quater) e c-quinquies) dell’articolo 67 del TUIR, derivanti da contratti conclusi, anche attraverso l’intervento di intermediari, in mercati regolamentati.

Analogamente a quanto precisato nel richiamato documento di prassi in materia di foreign tax credit, si ritiene che la citata deroga al criterio di territorialità, non modificando il collegamento oggettivo tra la fonte produttiva del reddito ed il territorio dello Stato, non faccia venir meno la qualifica di "redditi prodotti all’estero" alle fattispecie in esame in situazione rovesciata. Ciò significa che, ad esempio, gli interessi derivanti da conti correnti bancari corrisposti al neo residente da soggetti esteri o la plusvalenza che lo stesso realizza a seguito della cessione di partecipazioni non qualificate in società estere, negoziate in mercati regolamentati, siano da considerare redditi prodotti all’estero e, come tali, suscettibili di rientrare nel perimetro applicativo dell’articolo 24-bis del TUIR.

Restano, dunque, esclusi dall’assoggettamento a imposta sostitutiva e vengono tassati in base alle ordinarie disposizioni vigenti per i soggetti residenti, tutti i redditi prodotti in Italia dai soggetti neo residenti.

Questi concorrono alla formazione del loro reddito complessivo e vengono sottoposti a imposizione applicando le aliquote progressive proprie del contribuente ad una base imponibile che si compone esclusivamente: 1) dei redditi prodotti in Italia; 2) dei redditi esteri non inclusi nell’opzione; 3) di eventuali plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni qualificate realizzate nei primi cinque periodi d’imposta di validità dell’opzione.

Resta inteso che il contribuente che fruisce del regime di cui all’articolo 24- bis del TUIR può godere delle deduzioni e delle detrazioni concesse, rispettivamente, dall’articolo 10 e dagli articoli 12, 13, 15, 16 e 16-bis del medesimo TUIR purché funzionalmente collegate ai redditi, italiani o esteri, assoggettati a ordinaria imposizione in Italia.

Rimangono, invece, escluse le deduzioni e le detrazioni connesse ai redditi esteri assoggettati a imposizione sostitutiva.

 

2.1 Il reddito di lavoro dipendente prestato all’estero

Sulla base della lettura rovesciata dell’articolo 23, comma 1, lettera c) del TUIR, il reddito di lavoro dipendente prestato al di fuori del territorio italiano, da un soggetto che ha esercitato l’opzione di cui all’articolo 24-bis del TUIR, sarà considerato reddito prodotto all’estero.

Pertanto, nel caso di un lavoratore dipendente che presti, in tutto o in parte, la sua attività lavorativa all’estero, il reddito imputabile all’attività effettuata all’estero rientrerà nella tassazione sostitutiva forfettaria. Criticità peculiari possono presentarsi con riguardo al reddito derivante da assegnazioni di azioni ai dipendenti.

Si pensi, ad esempio, al caso di un manager, dipendente di una consociata estera, che viene assunto da una società italiana del gruppo il 1° marzo 2017. In costanza di rapporto con la società estera, al lavoratore dipendente sono state assegnate delle Restricted Stock Units (di seguito RSU) che danno diritto al possessore di ricevere, al termine di un periodo prefissato (cd. restricted period), un numero di azioni predeterminato e senza pagamento di alcun corrispettivo. Le azioni vengono attribuite allo scopo di incentivare il raggiungimento dei risultati gestionali del gruppo, nonché di fidelizzare le risorse chiave della compagine sociale. Infatti, le azioni sono attribuite soltanto a condizione che il beneficiario mantenga il rapporto di lavoro con il gruppo durante il restricted period. Al momento delle assegnazioni delle azioni, il manager in esame risulta essere residente in Italia e, pertanto, sarà tenuto a dichiarare l’intero valore delle azioni ricevute. Tuttavia, se quest’ultimo ha optato per il regime di cui all’articolo 24-bis del TUIR fin dal 2017, anno in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia, il beneficio derivante dalla stock option che si considera prodotto nel Paese estero sconterà esclusivamente l’imposta sostitutiva in esame.

Al fine di individuare il reddito che si considera prodotto all’estero occorre fare riferimento al rapporto tra il numero di giorni durante il quale la prestazione lavorativa è stata esercitata nel Paese estero e il numero totale dei giorni necessari ad acquisire il diritto a ricevere le azioni (Cfr. paragrafo 12.14 del Commentario all’articolo 15 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni). Affinché tale criterio sia applicato correttamente, si precisa che il numero dei giorni indicati al numeratore e al denominatore del rapporto deve essere individuato con criteri omogenei.

Si è dell’avviso, ad esempio, che i termini del rapporto siano assunti con criteri omogenei qualora il reddito derivante dai piani di RSU, da ricomprendere nell’ambito applicativo dell’imposta forfettaria, sia dato dal rapporto tra il periodo di lavoro prestato all’estero, calcolato considerando tutti i giorni in cui il contratto prevede che la prestazione lavorativa non sia svolta nel nostro Paese, al lordo dei giorni di ferie, malattie e festività, e il restricted period, calcolato assumendo 365 giorni per ogni anno [ad esempio se il periodo di lavoro prestato in Italia va dal 1° marzo al 31 maggio 2017 (92 giorni) e il restricted period ha durata tre anni, il reddito derivante dai piani di RSU da assoggettare ad imposta sostitutiva risulterà dal rapporto [(365x3) -92] /(365x3).

Può ritenersi, altresì, che i termini del rapporto siano omogenei qualora i giorni del restricted period siano assunti al netto delle festività, week end e ferie e il periodo di lavoro prestato nel paese estero sia calcolato anche esso al netto di festività, week end e ferie.

 

2.2 Possesso di redditi per interposta persona

Una peculiare problematica che solleva il nuovo regime dell’imposta sostitutiva dei redditi di fonte estera riguarda il corretto inquadramento del possesso di redditi per interposta persona (una società non residente, un trust ecc.).

Se la persona fisica ha il possesso diretto di redditi di fonte italiana, così come disciplinato nell’articolo 23 del TUIR, gli stessi sconteranno il medesimo regime impositivo ordinariamente applicabile alle persone fisiche residenti in Italia (perciò, ad esempio, se la persona fisica possiede direttamente immobili ubicati in Italia, i redditi derivanti dagli stessi sconteranno l’ordinario regime impositivo applicabile alle persone fisiche residenti in Italia). Se la persona fisica ha il possesso diretto di redditi di fonte estera, così come disciplinato dalla lettura a specchio del citato articolo 23 del TUIR disposta dall’articolo 165, comma 2, del TUIR, gli stessi sconteranno esclusivamente l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 24-bis del TUIR, fatte salve le eccezioni ivi previste (ritornando al nostro esempio, se la persona fisica possiede direttamente immobili ubicati in Florida, i redditi derivanti dagli stessi sconteranno esclusivamente l’imposta sostitutiva).

Le medesime considerazioni valgono con riferimento ai redditi derivanti dal possesso, per interposta persona, di liquidità o di proprietà mobiliari o immobiliari o dall’esercizio di altri diritti.

Come chiarito nelle istruzioni alla check list allegata al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, l’accezione "per interposta persona" in relazione alla titolarità di situazioni giuridiche patrimoniali fa riferimento ai casi in cui il contribuente non appare titolare di una situazione giuridica patrimoniale di qualsiasi tipo, pur beneficiando dei relativi effetti giuridici.

Con riferimento al possesso dei redditi, l’accezione del concetto di interposta persona trova il suo fondamento normativo nell’articolo 37, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 e riguarda i casi in cui il contribuente non appare titolare di redditi di qualsiasi tipo, apparendone titolari altri soggetti, pur possedendo effettivamente gli stessi per interposta persona.

Perciò, se la persona fisica ha il possesso di redditi di fonte italiana per il tramite di un’entità interposta, gli stessi sconteranno il medesimo regime impositivo ordinariamente applicabile alle persone fisiche residenti in Italia (ad esempio, se la persona fisica possiede tramite una entità interposta estera immobili ubicati in Italia, i redditi derivanti dagli stessi sconteranno l’ordinario regime impositivo applicabile alle persone fisiche residenti in Italia). Se la persona fisica ha il possesso di redditi di fonte estera per il tramite di un’entità interposta estera, gli stessi sconteranno esclusivamente l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 24-bis del TUIR, fatte salve le eccezioni ivi previste (ritornando al nostro esempio, se la persona fisica possiede tramite una entità interposta immobili ubicati in Florida, i redditi derivanti dagli stessi sconteranno esclusivamente l’imposta sostitutiva).

Come è agevole notare, il possesso diretto o indiretto sia dei redditi di fonte italiana sia di quelli di fonte estera derivanti dal possesso di liquidità o di proprietà mobiliari o immobiliari o dall’esercizio di altri diritti subisce il medesimo trattamento impositivo: quello tipico della persona fisica residente in Italia che opti per l’imposta sostitutiva ai sensi dell’articolo 24-bis del TUIR.

Pertanto, alle entità interposte estere che formalmente possiedono il reddito - sia esso di fonte italiana o di fonte estera - lo stesso non potrà essere più attribuito, in quanto è imputabile direttamente alla persona fisica interponente.

Ciò comporta, altresì, che nel caso in cui le entità estere interposte abbiano i requisiti per essere considerate residenti in Italia (ad esempio perché il luogo di direzione effettiva è ubicato nel territorio dello Stato) ai sensi dell’articolo 73 del TUIR, tale circostanza non assumerà alcuna rilevanza impositiva in capo all’entità estero-vestita, giacché l’interposizione determina l’attribuzione fiscale dei redditi direttamente in capo alla persona fisica che ne è l’effettivo possessore, secondo le modalità precedentemente delineate, ossia distinguendo tra redditi di fonte estera e di fonte italiana.

Le entità estere non interposte in quanto realtà operative svolgenti un’effettiva attività d’impresa all’estero, titolari sostanziali dei redditi che ne derivano, possono anch’esse integrare i requisiti richiesti dall’articolo 73 del TUIR per essere considerate residenti in Italia.

Occorre, però, tenere conto del particolare status riconosciuto dall’articolo 24-bis del TUIR ai neo residenti in relazione ai redditi prodotti all’estero, anche nel caso in cui si tratti di persone fisiche che, agendo come centro di imputazione delle scelte gestorie delle entità operative estere, trasferiscono la residenza in Italia.

In simili ipotesi, la peculiare condizione soggettiva della persona fisica che ha optato per il regime di imposizione sostitutiva rende irrilevante ai fini impositivi l’attrazione in Italia, ai sensi dell’articolo 73 del TUIR, della residenza fiscale di entità estere, ove la stessa fosse fondata sul solo rapporto con il contribuente che fruisce dell’imposizione sostitutiva.

Ciò in quanto il regime di cui all’articolo 24-bis del TUIR si disinteressa delle vicende che attengono all’entità operativa localizzata all’estero dove il reddito si intende prodotto, ivi incluse quelle attinenti alla gestione da parte del neo residente.

Ovviamente, qualora le entità estere siano gestite non soltanto dal soggetto neo residente, bensì anche da altri soggetti residenti in Italia e non rientranti nel regime di cui all’articolo 24-bis del TUIR, i redditi delle medesime entità estere sono suscettibili di essere attratti a tassazione in Italia ai sensi dell’articolo 73 del TUIR.

Si segnala, infine, che i contribuenti che accedono al nuovo regime hanno la possibilità di indicare all’amministrazione finanziaria le entità estere per le quali essi risultano interponenti o che intendono dirigere direttamente dall’Italia e chiedere un parere circa la natura estera dei redditi posseduti dalle predette entità ma a loro imputabili. In particolare, il parere potrà essere richiesto alla Direzione Centrale Accertamento in sede di accesso al regime o in un periodo d’imposta successivo. In merito alla modalità di presentazione dell’istanza si rinvia a quanto precisato nel paragrafo 3.1, Parte III.

 

2.3 Trattamento fiscale dei dividendi e delle plusvalenze provenienti da regimi fiscali privilegiati e disciplina CFC

L’applicazione delle discipline riguardanti i redditi prodotti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato va correlata al regime speciale introdotto dall’articolo 24-bis del TUIR.

In particolare, occorre soffermarsi sulla normativa degli utili provenienti e delle plusvalenze realizzate (decorso l’holding period di cinque anni di cui si dirà in seguito) da partecipazioni detenute in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dettata rispettivamente dagli articoli 47, comma 4 e 68, comma 4, del TUIR.

Queste ultime disposizioni prevedono l’integrale assoggettamento a imposizione, a prescindere dalla natura qualificata o meno della partecipazione, di utili e plusvalenze che originano da Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’articolo 167, comma 4, del TUIR.

Come noto, l’integrale concorso al reddito del percettore può essere evitata dando dimostrazione della sussistenza, sin dall’inizio del periodo di possesso della partecipazione, dell’esimente di cui alla lettera b), comma 5, dell’articolo 167 del TUIR, ossia che dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

Dalla lettura a specchio dell’articolo 23 del TUIR, si evince che si considerano prodotti all’estero sia i redditi di capitale, tra cui rientrano le distribuzioni di utili, corrisposti da soggetti non residenti, sia le plusvalenze da cessione di partecipazioni in società non residenti.

Pertanto, distribuzioni di utili e plusvalenze che promanano da uno Stato estero, seppure a regime fiscale privilegiato, si considerano incluse tra i redditi esteri rispetto ai quali l’imposta sostitutiva esaurisce il prelievo.

È solo il caso di osservare, infatti, che l’imposta sostitutiva in esame viene riconosciuta indipendentemente dallo Stato estero di provenienza e a prescindere dalla tassazione ivi scontata.

Si precisa che per i soggetti che beneficiano del regime di imposta sostitutiva non sussiste l’obbligo di segnalazione in dichiarazione previsto dall’articolo 47, comma 4 e dall’articolo 68, comma 4, del TUIR in relazione a plusvalenze e utili provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata. Diversamente, tale obbligo dovrà essere assolto qualora il Paese a fiscalità privilegiata, da cui provengono gli utili o in cui sono localizzate le imprese cedute, sia escluso dal beneficio del regime opzionale, ai sensi del comma 5 dell’articolo 24-bis del TUIR.

Le medesime considerazioni possono essere svolte con riguardo alla disciplina antielusiva delle Controlled Foreign Companies (CFC), dettata dall’articolo 167 del TUIR, la cui operatività risulta assorbita dallo speciale regime di tassazione dei redditi esteri scontato dal neo residente.

Si ricorda che, in base alla normativa sulle controllate estere, sono assoggettati a tassazione per trasparenza in capo al socio italiano i redditi prodotti da:

- una controllata localizzata in uno Stato o territorio a regime fiscale privilegiato di cui al comma 4 dell’articolo 167 del TUIR (Cfr. articolo 167, comma 1, del TUIR);

- una controllata assoggettata a un’imposizione effettiva inferiore a oltre la metà di quella che avrebbe subìto in Italia, i cui proventi derivano per la maggior parte da passive income o servizi infragruppo (Cfr. articolo 167, comma 8-bis, del TUIR).

Nel caso in cui ricorrano i requisiti applicativi del comma 1 o del comma 8- bis dell’articolo 167 del TUIR e la CFC sia localizzata in uno Stato che non è escluso dal perimetro dell’opzione di cui all’articolo 24-bis del TUIR, i redditi da questa prodotti non verranno tassati per trasparenza in capo al socio controllante il quale non dovrà compilare il quadro FC della sua dichiarazione dei redditi e non sarà tenuto a segnalare in dichiarazione la partecipazione nella controllata estera. Ciò a condizione che questi abbia il controllo diretto della CFC o anche indiretto, ma per il tramite di una o più società estere. Viceversa, qualora il neo residente controlli indirettamente la partecipata estera per il tramite di una società residente in Italia, troverà applicazione la disciplina CFC in capo a quest’ultima.

Resta inteso che se la controllata estera sia da considerare un’entità interposta rispetto al socio neo-residente, valgono i chiarimenti precedentemente resi (Cfr. paragrafo 2.2, Parte III) in tema di interposizione di persona.

 

2.4 Plusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate

Dal sistema così delineato, il legislatore sottrae per i primi cinque periodi d’imposta, le plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR detenute in enti e società non residenti.

La disposizione, connotata da un’evidente finalità antielusiva, è volta a evitare che la persona fisica che detiene una partecipazione qualificata in un’entità estera, suscettibile di produrre una considerevole plusvalenza, trasferisca la sua residenza in Italia al solo fine di godere della tassazione agevolata.

Infatti, una volta assolta l’imposizione sostitutiva di centomila euro, il medesimo soggetto potrebbe decidere di trasferirsi nuovamente in altro Stato, neutralizzando così la portata della misura attrattiva.

Per tale ragione, le plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate non fruiscono del regime nei primi cinque periodi d’imposta a partire da quello di validità dell’opzione.

Al riguardo occorre precisare che, qualora il contribuente abbia validamente optato per il regime dell’imposta sostitutiva sui redditi esteri a partire dal secondo periodo d’imposta di residenza fiscale in Italia, ai fini della decorrenza del quinquennio stabilita dalla norma andrà computato anche il primo anno di residenza fiscale in Italia. In altri termini, se una persona acquisisce la residenza fiscale in Italia nel 2020 ma entra nel nuovo regime - al ricorrere delle condizioni previste dall’articolo 24-bis del TUIR - nell’anno successivo (2021), il quinquennio rilevante per la tassazione delle eventuali plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni qualificate andrà dal periodo d’imposta 2020 al periodo d’imposta 2024.

In caso di cessione prima della scadenza del quinquennio, il capital gain è assoggettato a ordinaria imposizione, ossia concorre alla formazione del reddito complessivo ai sensi dell’articolo 68, comma 3, del TUIR.

Più precisamente, le plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate di fonte estera sono imponibili in capo al percettore residente in Italia nella misura del 49,72 per cento (NOTA 3), ovvero in misura piena se l’entità ceduta è soggetta a un regime fiscale privilegiato di cui all’articolo 167, comma 4, del TUIR.

Durante il quinquennio in cui tali plusvalenze restano escluse dal nuovo regime, i soggetti che beneficiano dell’imposta sostitutiva sono tenuti all’obbligo di segnalare in dichiarazione, ai sensi del comma 4 dell’articolo 68 del TUIR, le plusvalenze prodotte in Paesi a fiscalità privilegiata [ad eccezione dei soggetti che, a seguito di apposita istanza di interpello volta a dimostrare le condizioni indicate nell’articolo 87, comma 1, lettera c) del TUIR, abbiano ricevuto dall’Agenzia delle entrate parere favorevole all’applicazione della participation exemption].

Il suddetto obbligo di segnalazione in dichiarazione viene meno nei periodi d’imposta successivi al quinquennio a condizione che la plusvalenza derivi dalla cessione di partecipazioni in soggetti residenti in Paese a fiscalità privilegiata non esclusi dal beneficio del regime opzionale, ai sensi del comma 5 dell’articolo 24- bis del TUIR.

Si ricorda che le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate sono determinate in base alle regole di cui all’articolo 68, comma 6, del TUIR, come differenza tra il corrispettivo ricevuto dal contribuente ed il costo fiscale riconosciuto dei medesimi beni.

Nel caso di partecipazioni detenute da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia, si tratta di beni che accedono per la prima volta nel nostro ordinamento tributario e, di conseguenza, si pone il problema di individuare il loro valore fiscale di "ingresso".

In assenza di una disciplina specifica riguardante i redditi diversi, tale valore va determinato facendo riferimento ai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate con risoluzione 30 marzo 2007, n. 67/E.

Il criterio generale per valorizzare le partecipazioni dei nuovi residenti in Italia è quello del costo d’acquisto, con la possibilità di riconoscere un maggior valore, rispetto al medesimo costo, se lo Stato estero di provenienza assoggetta ad una forma di tassazione in uscita (c.d. exit tax), in via ordinaria, le persone fisiche che si trasferiscono nel nostro Paese.

In particolare, secondo il citato documento di prassi, il costo fiscale attribuibile alla partecipazione può essere determinato in base al valore "teorico", così come stimato dall’erario estero al fine di assoggettare ad exit tax il socio in occasione della sua partenza. Il ricorso a tale criterio appare, infatti, non solo il più idoneo a salvaguardare il diritto al prelievo dello Stato nel quale si è avuto l’effettivo incremento di valore delle partecipazioni e a condizione che tale Stato assicuri un adeguato scambio di informazioni con l’Italia, ma anche il più efficace al fine di evitare sia fenomeni di doppia imposizione che salti d’imposta.

Tuttavia, si precisa che, per tutelare la legittima potestà impositiva dell’Erario sul plusvalore formatosi in Italia, il maggior valore riconosciuto ai fini del nostro sistema fiscale, in conseguenza della exit tax subita dal contribuente in un Paese collaborativo, non potrà in ogni caso eccedere il valore normale determinato ai sensi dell’articolo 9 del TUIR.

Sarà onere del contribuente conservare tutta la documentazione necessaria a ricostruire le modalità effettive con cui le partecipazioni sono state assoggettate a tassazione in uscita nel Paese di provenienza ed alla stima del loro valore di mercato.

Infine, si evidenzia che ai sensi dei commi 3 e 4 dell’articolo 68 del TUIR le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate sono sommate algebricamente alla corrispondente quota delle relative minusvalenze. In altri termini, è riconosciuta la possibilità di dedurre dalle plusvalenze in esame le minusvalenze dello stesso tipo e, qualora queste ultime siano superiori alle plusvalenze, l’eccedenza può essere portata in deduzione nei periodi di imposta successivi (ma non oltre il quarto ed a condizione che siano indicate nella dichiarazione dei redditi di realizzazione delle minusvalenze).

È evidente che nei primi cinque periodi di imposta di validità dell’opzione anche i nuovi residenti potranno avvalersi di tale disposizione. Trascorso il suddetto periodo transitorio, i redditi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR, prodotti all’estero, rientreranno nell’ambito applicativo dell’imposta sostitutiva ed eventuali eccedenze di minusvalenze realizzate nei periodi di imposta precedenti non potranno più assumere rilevanza.

Analogamente, se il contribuente revoca l’opzione, ovvero in caso di cessazione del regime in commento per effetto del decorso del termine, non sarà possibile dedurre eventuali minusvalenze realizzate nel periodo di vigenza dell’opzione (naturalmente, resta esclusa l’ipotesi di revoca dell’opzione entro i primi cinque periodi d’imposta, poiché in tal caso il contribuente applica costantemente il regime ordinario di tassazione delle plusvalenze qualificate).

 

3. L’istanza di interpello

 

L’articolo 24-bis, comma 3, del TUIR prevede la possibilità per il contribuente di presentare istanza di interpello probatorio di cui all’articolo 11, comma 1, lettera b), dello statuto dei diritti del contribuente, al fine di ottenere una risposta da parte dell’Agenzia delle entrate sulla sussistenza delle condizioni richieste dalla norma per l’accesso al regime.

A tale interpello si applicano, in quanto compatibili e salvo le eccezioni che saranno dettagliatamente esposte in seguito, le disposizioni generali previste dal decreto legislativo 24 settembre 2015, n.156 (c.d. "decreto interpelli"), le regole procedurali stabilite nel provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 4 gennaio 2016 e i chiarimenti forniti con la circolare del 1° aprile 2016, n. 9/E.

In particolare, la citata circolare, nel definire i principi che ispirano l’interpello secondo lo statuto dei diritti del contribuente, esclude espressamente il ricorso all’utilizzo dell’istituto nei casi in cui sia necessario accertare, tra l’altro, la presenza dei requisiti per la qualificazione del soggetto come residente nel territorio dello Stato (articolo 2, comma 2, del TUIR) o la verifica della prova contraria in caso della presunzione di residenza prevista dall’articolo 2, comma 2-bis del TUIR. Ciò in ragione della rilevanza che assumono - ai fini della determinazione della residenza - elementi meramente fattuali di cui è essenziale verificare la veridicità e completezza (possibili solo in sede di accertamento).

Ciò posto nello "specifico" interpello previsto dall’articolo 24-bis gli elementi fattuali determinanti la residenza fiscale, normalmente riscontrabili in sede di accertamento, assumono necessariamente rilievo ai fini dell’ammissibilità del neo residente al regime in commento tanto da caratterizzare la fase istruttoria con la previsione di particolari modalità normalmente non utilizzabili in sede di interpello.

 

3.1 Caratteristiche dell’interpello e modalità di presentazione

Conformemente a quanto previsto in materia di interpelli probatori e all’impostazione della riforma operata dal decreto interpelli, la presentazione dell’istanza è una facoltà e non un obbligo del soggetto che intende accedere al regime.

Nel paragrafo 1, punto 1.3, il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate dell’8 marzo 2017 chiarisce, quindi, che il contribuente interessato all’applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi esteri "può" presentare una specifica istanza di interpello.

La facoltatività dell’interpello implica una valutazione sull’opportunità ad ottenere il previo avviso dell’Amministrazione finanziaria circa la sussistenza dei requisiti di accesso al regime.

Chi non intende presentare l’istanza, nel presupposto di rispettare tutte le condizioni richieste dall’articolo 24-bis del TUIR, può comunque esercitare la relativa opzione mediante indicazione nella dichiarazione dei redditi relativa al primo periodo d’imposta di validità del regime, avendo cura di conservare la documentazione che andrebbe allegata all’istanza di interpello. Riguardo alla tempistica dell’istanza di interpello, come chiarito nel paragrafo 1, punto 1.8, del provvedimento, questa può essere presentata anche se il soggetto interessato non abbia ancora trasferito la residenza in Italia ma intenda conoscere preliminarmente il parere dell’amministrazione finanziaria. In tale ipotesi, l’efficacia della risposta resta subordinata all’effettivo trasferimento della residenza fiscale in Italia, da parte dell’istante, nel periodo d’imposta prospettato.

La scelta operata nel provvedimento risponde all’esigenza di certezza di quanti, avendo dubbi sulla sussistenza dei requisiti di accesso, intendono interpellare l’Amministrazione finanziaria, anche prima di radicare la residenza fiscale in Italia.

Resta inteso che, in applicazione dei criteri generali in materia di preventività dell’istanza, la presentazione dell’interpello successivamente all’esercizio dell’opzione si risolve in una pronuncia di inammissibilità poiché il contribuente ha già ritenuto sussistenti i presupposti applicativi del regime ponendo in essere il comportamento che dà attuazione alla norma.

Il provvedimento, al paragrafo 1, punto 1.9, chiarisce anche che, qualora la risposta all’istanza di interpello non arrivi prima del termine della presentazione della dichiarazione dei redditi, l’istante che abbia versato l’imposta sostitutiva entro il termine previsto per il versamento del saldo IRPEF, può perfezionare l’opzione al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi.

Coerentemente con la natura consultiva del parere reso dall’Agenzia delle entrate, l’eventuale risposta negativa non pregiudica la fruizione del regime per il contribuente che, ritenendo integrati tutti i presupposti dell’articolo 24-bis del TUIR, decida di dimostrarne la ricorrenza in altra sede.

In altri termini, la risposta all’interpello non è vincolante e non è neppure impugnabile.

L’istanza, a differenza di quanto generalmente previsto per gli interpelli probatori, viene presentata alla Direzione Centrale Accertamento - Settore contribuenti di maggiori dimensioni- Ufficio Persone fisiche ad alta capacità contributiva, via Cristoforo Colombo, n. 426 c/d - 00145 Roma.

La presentazione può essere effettuata mediante consegna a mano, spedizione a mezzo plico raccomandato con avviso di ricevimento ovvero presentazione per via telematica attraverso l’impiego della casella di posta elettronica certificata di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68. In tale ultimo caso l’istanza è inviata alla casella di posta dc.acc.nuoviresidenti@pec.agenziaentrate.it. Per i soggetti non residenti senza domiciliatario nel territorio dello Stato, l’istanza di interpello può essere trasmessa alla casella di posta elettronica ordinaria dc.acc.upacc@agenziaentrate.it.

L’istanza deve essere sottoscritta con firma autografa, ovvero, nei casi in cui il documento è trasmesso via posta elettronica certificata, con firma digitale o con le modalità di cui all’articolo 38, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

Se l’istanza d’interpello viene presentata ad ufficio diverso da quello competente ovvero ad un indirizzo di posta elettronica certificata o ordinaria diversi da quelli sopraindicati, essa è trasmessa tempestivamente all’ufficio competente o all’indirizzo di posta elettronica corretto. In tal caso, il termine per la risposta inizia a decorrere dalla data di ricezione dell’istanza da parte dell’ufficio competente o dalla consegna dell’istanza all’indirizzo di posta elettronica corretto. Della data di ricezione dell’istanza da parte dell’ufficio competente è data notizia al contribuente.

 

3.2 Contenuto dell’istanza e check list

In considerazione delle peculiarità del regime in commento, con riferimento ai dati essenziali dell’istanza di interpello, questa deve contenere, a pena di inammissibilità, oltre a quanto stabilito dagli articoli 3, lettere a) e c) e 5 del d.lgs. n. 156 del 2015, anche l’indicazione, da parte del soggetto istante, dello status di non residente in Italia per almeno nove periodi d’imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio di validità dell’opzione.

Ai sensi del punto 1.5 del provvedimento il contribuente è, inoltre, tenuto ad indicare nell’istanza tutti gli elementi che consentono all’Agenzia di verificare la presenza delle condizioni che legittimano l’accesso al regime. Al fine di agevolare il contribuente nell’esposizione di tali condizioni, anche in funzione di una preventiva autovalutazione circa la propria legittimazione, il provvedimento reca in allegato una check list; tale check list deve essere debitamente compilata ed acclusa all’istanza, con i relativi documenti a supporto allegati, ove rilevanti.

Il provvedimento, al punto 1.13, prevede la inammissibilità dell’istanza in caso di mancata o incompleta compilazione della check list o mancata o incompleta allegazione dei documenti a supporto.

L’indicazione della giurisdizione o delle giurisdizioni in cui l’istante ha avuto l’ultima residenza fiscale prima dell’inizio di validità dell’opzione può essere oggetto di regolarizzazione entro 30 giorni dal momento in cui è richiesta dall’Ufficio, in aggiunta ai casi di regolarizzazione previsti dall’articolo 3, comma 3, del decreto interpelli.

Contenuto eventuale dell’istanza, invece, è l’indicazione degli Stati o territori per i quali l’istante decide di non avvalersi dell’applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi ivi prodotti, ai sensi del comma 5 dell’articolo 24-bis del TUIR.

L’onere probatorio che grava sul contribuente nell’ambito della procedura di interpello è graduato in ragione dell’intensità dei legami personali ed economici dell’istante con il territorio italiano nel periodo di osservazione emersi in sede di compilazione della check list e alla "pericolosità fiscale" dello Stato o territorio di provenienza. Qualora si ritenga che sussistano legami con il territorio italiano che non emergono dalla compilazione della check list, il contribuente è tenuto, in ogni caso, ad indicare tali elementi in sede di presentazione dell’istanza di interpello.

Nell’ipotesi in cui dalla compilazione della check list da parte di una persona fisica emerga che non è mai stata residente in Italia, non ha legami personali stretti in Italia e ha limitati legami di carattere patrimoniale o reddituale in Italia (si veda il tipo A delle istruzioni al provvedimento del Direttore), l’onere probatorio cui la stessa soggiace può limitarsi alla descrizione sommaria degli elementi di carattere familiare e degli elementi di collegamento con gli Stati o territori nei quali ha radicato la residenza fiscale nei nove periodi di imposta dei dieci anni precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione, con facoltà di allegare la relativa documentazione. La suddetta descrizione sommaria è corredata dalla documentazione comprovante gli elementi patrimoniali e reddituali sopracitati per i quali è emerso un collegamento con l’Italia e non altrimenti risultanti all’amministrazione finanziaria (si tratta tipicamente delle disponibilità patrimoniali e del possesso effettivo di redditi sopra indicati per interposta persona).

Viceversa, nell’ipotesi in cui ricorra la presunzione di cui all’articolo 2, comma 2-bis, del TUIR, riferita ad un soggetto che si è cancellato dall’anagrafe della popolazione residente e si è trasferito in uno degli Stati a fiscalità privilegiata di cui al d.m. 4 maggio 1999, le istruzioni della check list allegata al provvedimento del Direttore chiariscono che nell’istanza di interpello il contribuente deve indicare e allegare documentazione idonea a provare l’effettiva residenza estera come, ad esempio, i certificati di iscrizione all’anagrafe della popolazione residente del Paese estero; i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo o per l’esercizio di un’attività; i contratti di lavoro; la documentazione relativa a consumi ed utenze estere, etc.

Al riguardo, si richiama quanto rilevato nella Parte I circa l’operatività della presunzione di residenza in Italia ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 2 del TUIR anche in ipotesi di transito anagrafico attraverso un Paese non incluso nella lista del d.m. 4 maggio 1999.

Ciò può verificarsi, ad esempio, quando il cittadino italiano ha trasferito la residenza anagrafica in uno Stato compreso nella predetta lista e l’anno precedente a quello del rientro in Italia trasferisce la residenza in un Paese che non vi è incluso.

In tali casi, la circolare ministeriale del 24 giugno 1999, n. 140 precisa che, ai fini dell’applicazione del comma 2-bis dell’articolo 2 del TUIR, "l'onere della controprova riguarda tutti i soggetti che sono emigrati in uno degli Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, come individuati nel precitato decreto del Ministro delle Finanze 4 maggio 1999, anche quando l'emigrazione sia avvenuta transitando anagraficamente per uno Stato terzo, non ricompreso in tale decreto".

Pertanto, il contribuente cittadino italiano che ha trasferito la sua residenza in uno Stato incluso nell’elenco di cui al d.m. 4 maggio 1999, anche solo per una frazione del periodo di osservazione, è tenuto a compilare il punto 4 della Sezione 2 della check list, indipendentemente dalla circostanza che il Paese di ultima residenza non sia incluso in tale elenco.

L’Amministrazione finanziaria, una volta esaminata l’istanza e valutate le risposte contenute nella check list, nel caso di carenze documentali ritenute rilevanti ai fini dell’istruttoria, oppure al fine di trovare riscontro rispetto a quanto dichiarato nella check list allegata all’istanza, potrà richiedere un’integrazione documentale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1 del decreto interpelli. Tale richiesta di documentazione integrativa interromperà i termini per la risposta.

La documentazione integrativa dovrà essere fornita con le stesse modalità previste per la presentazione dell’istanza entro un anno dalla richiesta, in mancanza l’ufficio prenderà atto della rinuncia implicita all’interpello ed effettuerà tempestivamente la relativa notificazione o comunicazione.

Dal momento della ricezione dei documenti richiesti, l’Agenzia delle entrate avrà 60 giorni di tempo per fornire il proprio parere.

Terminata l’istruttoria e salvo il caso di integrazione documentale, entro il termine di 120 giorni dalla ricezione dell’istanza l’Agenzia delle entrate, qualora ritenga sussistenti i presupposti necessari a fruire del regime agevolativo, rilascerà un parere favorevole all’esercizio dell’opzione; in caso opposto, vale a dire qualora l’amministrazione rilevi cause ostative o gli elementi forniti non siano idonei a provare la sussistenza dei suddetti requisiti, l’Agenzia delle entrate fornirà una risposta sfavorevole all’istanza di interpello.

In mancanza di parere espresso dell’Agenzia delle entrate entro 120 giorni dalla ricezione dell’istanza si formerà il silenzio assenso.

Per quanto concerne gli effetti della risposta dell’amministrazione finanziaria all’istanza di interpello, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, dello Statuto del contribuente (e come specificato, altresì, nel paragrafo 5 della citata circolare n. 9 del 2016), tale risposta vincola ogni organo dell’amministrazione con riferimento alla questione oggetto dell’istanza, limitatamente al soggetto istante.

Il vincolo si sostanzia nella previsione della nullità di eventuali atti a contenuto impositivo e/o sanzionatorio difformi dalla risposta e si estende, salva la possibilità di rettifica, ai "comportamenti successivi del contribuente" purché "riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello", come accade soprattutto con riferimento alle fattispecie suscettibili di ripetersi nel tempo.

Resta inteso che l’attività di controllo condotta dall’amministrazione finanziaria avrà come obiettivo di appurare la corrispondenza tra la fattispecie descritta dal contribuente nell’istanza (in particolare, la presenza dei presupposti per l’accesso al regime di cui all’articolo 24-bis del TUIR) e quella concreta, riscontrabile in sede di verifica.

 

3.3 L’interpello in caso di estensione ai familiari

Il soggetto istante può chiedere l’accesso al regime previsto dall’articolo 24- bis anche per uno o più familiari indicati nell’articolo 433 del codice civile.

In tale ipotesi nell’istanza devono essere indicati, con riferimento a ciascun familiare a cui si intende estendere l’opzione, gli stessi elementi richiesti al soggetto che intende esercitarla. Ciò determina che ciascun familiare deve compilare e presentare un’autonoma check list, da allegare all’istanza e produrre la relativa documentazione a supporto ove rilevante.

L’interpello deve essere sottoscritto oltre che dal contribuente principale anche da tutti i familiari a cui viene estesa l’opzione.

L’interpello riferito ai familiari può essere presentato anche in un anno d’imposta successivo rispetto a quello in cui il beneficiario ha esercitato l’opzione. Inoltre, è possibile presentare interpello per i familiari anche nell’ipotesi in cui il contribuente principale sia entrato nel regime di imposta sostitutiva senza avvalersi della facoltà di interpellare preventivamente l’amministrazione finanziaria.

Nell’istanza di interpello, che può essere presentata anche per il familiare che rientra nella presunzione prevista dall’articolo 2, comma 2-bis, del TUIR, è possibile indicare gli eventuali Stati o territori esclusi dall’applicazione dell’imposta sostitutiva forfettaria secondo quanto previsto dal comma 5 dell’articolo 24-bis del TUIR.

 

4. Esercizio dell’opzione

 

Al ricorrere delle condizioni previste dall’articolo 24-bis, comma 1, del TUIR, le persone fisiche interessate possono optare per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi prodotti oltre frontiera.

Come emerge dal provvedimento, l’opzione si perfeziona o nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui i soggetti hanno trasferito la loro residenza fiscale in Italia o nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo (previsione, quest’ultima, volta a consentire l’accesso al regime qualora l’anno di trasferimento in Italia costituisca l’unico periodo, dei dieci precedenti quello di validità dell’opzione, in cui il soggetto non è stato residente all’estero).

Pertanto, i soggetti che intendono accedere al nuovo regime a partire dal 2017, dovranno esercitare l’opzione nella dichiarazione dei redditi da presentare entro il 30 settembre 2018.

Con riferimento al termine di presentazione della dichiarazione occorre tener presente che, sulla base delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, per "termine di presentazione" si intende quello ordinario di presentazione del Modello Redditi Persone Fisiche , a nulla rilevando il "periodo di tolleranza" di 90 giorni previsto dall’articolo 2, comma 7, del medesimo decreto secondo cui "sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo". A questo riguardo, si ricorda che qualora il contribuente abbia versato l’imposta sostitutiva entro il termine del 30 giugno e non abbia, però, poi perfezionato l’opzione in sede dichiarativa, in virtù dell’applicazione del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, può operare la remissione in bonis a favore del medesimo contribuente.

Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del citato decreto, infatti, "la fruizione di benefici di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad altro adempimento di natura formale non tempestivamente eseguiti, non è preclusa, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altra attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza, laddove il contribuente:

a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;

b) effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;

c) versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, esclusa la compensazione ivi prevista".

Ciò significa che qualora il contribuente sia in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dall’articolo 24-bis del TUIR (il contribuente dovrà, dunque, rispettare i presupposti soggettivi e oggettivi richiesti dalla norma e aver versato l’imposta dovuta) egli potrà "sanare" l’omessa indicazione dell’opzione entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile, vale a dire entro la dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta successivo.

Il contribuente sarà tenuto al pagamento della misura minima della sanzione  prevista dall’articolo 11, comma 1, del d.lgs. n. 241 del 1997, vale a dire della somma di duecentocinquanta euro. Resta inteso che, qualora il contribuente non si avvalga della remissione in bonis, nonostante il versamento tempestivo dell’imposta sostitutiva, l’opzione per il regime non potrà considerarsi perfezionata.

Come chiarito nel paragrafo precedente, la presentazione dell’istanza di interpello all’amministrazione finanziaria è facoltativa.

Questo significa che, qualora i contribuenti decidano di non chiedere preventivamente il parere all’Agenzia delle entrate, essi possono comunque esercitare l’opzione direttamente nella dichiarazione, con obbligo di indicare gli elementi necessari per il riscontro delle condizioni per l’accesso al regime di cui all’articolo 24-bis del TUIR, vale a dire: lo status di non residenti in Italia per un tempo almeno pari a nove periodi di imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio di validità dell’opzione; la giurisdizione o le giurisdizioni in cui hanno avuto l’ultima residenza fiscale; gli eventuali Stati o territori esteri per i quali intendono esercitare la facoltà di non avvalersi dell’applicazione dell’imposta sostitutiva; nonché gli elementi richiesti nella check list riportata nella dichiarazione dei redditi.

Resta inteso che l’amministrazione finanziaria, in sede di controllo, potrà procedere alla valutazione dei requisiti indicati dai contribuenti in dichiarazione.

Qualora, ad esempio, venga accertato che non ricorrono i presupposti per l’applicazione del regime di imposta sostitutiva, l’opzione esercitata dal contribuente sarà considerata non valida, con ogni conseguenza sul piano del recupero d’imposta e sanzionatorio.

Diversamente, se è stata presentata istanza di interpello per il contribuente principale o per il familiare, nella dichiarazione dei redditi saranno indicati gli elementi informativi minimi.

Si precisa, inoltre, che l’opzione può essere validamente esercitata in dichiarazione anche qualora, pur essendo stata presentata apposita istanza di interpello, non sia pervenuta la risposta da parte dell’Agenzia delle entrate.

Come stabilito nel provvedimento, l’opzione si intende tacitamente rinnovata di anno in anno, a meno che non intervenga un’ipotesi di cessazione degli effetti, di revoca dell’opzione o di decadenza dal regime (sul punto si rinvia ai chiarimenti di cui al successivo paragrafo 6).

Infine, l’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 24-bis del TUIR stabilisce che l’Agenzia delle entrate attiverà gli strumenti di cooperazione amministrativa con la giurisdizione o le giurisdizioni in cui il beneficiario principale dell’opzione dichiara di aver avuto l’ultima residenza fiscale al fine di comunicare tale trasferimento di residenza.

Le informazioni vengono trasmesse alle sole giurisdizioni con le quali sussiste un’adeguata base giuridica.

In particolare, si tratta degli Stati membri dell’Unione europea, con i quali si applica la direttiva 2011/16/UE, e degli Stati con cui l’Italia ha in vigore un accordo internazionale, come una Convenzione contro le doppie imposizioni o un Tax Information Exchange Agreement conformi allo standard OCSE, o la Convenzione multilaterale OCSE - Consiglio d’Europa sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale, firmata a Strasburgo il 25 gennaio 1988, come modificata dal Protocollo del 27 maggio 2010. In un’ottica di leale collaborazione, l’Italia si impegna a trasmettere a tali Paesi l’informazione relativa al solo trasferimento di residenza del contribuente nel territorio dello Stato, senza che ciò presupponga alcuna ulteriore comunicazione di riscontro da parte dell’autorità estera.

 

4.1 Esclusione di uno o più Stati esteri

Nel comma 5 dell’articolo 24-bis del TUIR è prevista la facoltà di escludere dall’applicazione dell’imposta forfettaria sostitutiva i redditi prodotti in uno o più Stati o territori esteri. Il contribuente avrà, dunque, la possibilità di scegliere di assoggettare a tassazione ordinaria i redditi prodotti in determinate giurisdizioni (c.d. cherry picking). Si precisa che tale scelta deve riguardare necessariamente tutti i redditi prodotti nel Paese o territorio oggetto di esclusione dall’opzione.

La scelta dei Paesi o territori da escludere dal regime di tassazione sostitutiva può essere effettuata o modificata dal contribuente anche in un momento successivo a quello di esercizio della prima opzione. Tuttavia, una tale modifica può solo essere finalizzata ad escludere dal regime dell’imposta sostitutiva ulteriori Stati o territori rispetto a quelli già individuati in sede di primo esercizio dell’opzione o in sede di successive variazioni della stessa.

In altri termini, una volta operata la scelta di esclusione dal nuovo regime di alcuni Stati o territori (con conseguenza che i redditi ivi prodotti sono soggetti alle ordinarie regole di imposizione), questa non è più revocabile ma può essere modificata solo nell’ottica di ampliare il novero delle giurisdizioni nei cui confronti il regime di cui all’articolo 24-bis del TUIR non sarà applicabile. E’ appena il caso di precisare che il termine di quindici anni di durata del regime opzionale continua a decorrere dall’anno d’imposta in cui è stata esercitata per la prima volta l’opzione e non si "azzera" ogni qual volta viene effettuata una modifica.

Diversamente, infatti, potrebbero verificarsi comportamenti elusivi atti a prorogare sine die la possibilità di usufruire del regime fiscale di favore che per espressa volontà del legislatore ha una durata temporale definita.

Per i redditi prodotti in quei Paesi o territori per i quali il contribuente non ha ritenuto di esercitare l’opzione valgono le ordinarie regole di tassazione vigenti per le persone fisiche residenti in Italia con eventuale diritto al beneficio del credito d’imposta per le imposte pagate all’estero, se spettante.

Si precisa, tuttavia, che tale credito d’imposta non è in alcun modo compensabile con l’imposta sostitutiva forfettaria oggetto di commento.

Inoltre, in presenza di una Convenzione contro le doppie imposizioni, in vigore tra l’Italia e il Paese o i Paesi i cui redditi sono stati esclusi dall’opzione, sarà riconosciuto il trattamento convenzionale; in altri termini, il credito sarà concesso solo se previsto nel Trattato e secondo le modalità stabilite dall’articolo 165 del TUIR.

 

4.2 Modalità di esercizio dell’opzione per uno o più familiari

Il comma 6 della norma in esame prevede che il beneficiario principale possa estendere l’opzione ad uno o più familiari purché anche essi abbiano trasferito la residenza fiscale in Italia e non siano stati residenti fiscalmente nel nostro Paese per un periodo almeno pari a nove periodi d’imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione.

Si precisa che, ai fini del calcolo a ritroso del periodo dei dieci anni precedenti, rileva, come momento iniziale, l’anno di estensione dell’opzione per il singolo familiare e non quello in cui è stata esercitata per la prima volta l’opzione da parte del beneficiario principale.

La facoltà di estendere ai familiari l’opzione per il nuovo regime deve essere esercitata dal contribuente principale nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui il familiare ha trasferito la sua residenza fiscale in Italia o nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo (quest’ultima previsione è volta a consentire l’accesso al regime qualora l’anno di trasferimento in Italia costituisca l’unico periodo, dei dieci precedenti quello di validità dell’estensione dell’opzione, in cui il familiare non risulta essere stato residente all’estero).

Il contribuente principale indica nella sua dichiarazione dei redditi i seguenti elementi relativi al familiare o ai familiari nei cui confronti egli ha esteso l’opzione: i dati anagrafici, il codice fiscale e i relativi indirizzi di residenza in Italia, lo status di non residente in Italia per un tempo almeno pari a nove periodi di imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio di validità dell’opzione, la giurisdizione o le giurisdizioni in cui i familiari hanno avuto l’ultima residenza fiscale prima dell’esercizio di validità dell’opzione e gli eventuali Stati o territori esteri per i quali si intende esercitare la facoltà di non avvalersi dell’applicazione dell’imposta sostitutiva.

Lo stesso familiare, inoltre, deve manifestare la volontà di fruire dell’estensione dell’opzione nella propria dichiarazione dei redditi, riferita al primo periodo d’imposta di validità dell’estensione stessa.

Il familiare deve indicare, nella propria dichiarazione dei redditi, i dati identificativi del contribuente principale; nonché tutti gli elementi necessari per la verifica dei presupposti per l’estensione del regime di imposta sostitutiva nei suoi confronti. Questi elementi (specularmente a quanto già sopra precisato con riferimento al soggetto che esercita l’opzione) sono: lo status di non residente in Italia per un tempo almeno pari a nove periodi di imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio di validità dell’estensione dell’opzione, la giurisdizione o le giurisdizioni in cui ha avuto l’ultima residenza fiscale, gli eventuali Stati o territori esteri per i quali egli intenda esercitare la facoltà di non avvalersi dell’applicazione dell’imposta sostitutiva, nonché i medesimi elementi richiesti nella check list che sarebbe stata allegata all’istanza di interpello, qualora questa fosse stata presentata.

Nel caso in cui il familiare si avvalga della facoltà di escludere alcuni Stati o territori esteri dall’ambito applicativo dell’imposta sostitutiva, specularmente a quanto accade per il contribuente principale, una volta operata questa scelta essa non è più revocabile, ma può essere modificata solo nell’ottica di ampliare il novero delle esclusioni.

Giova qui ribadire, pertanto, che, in sede di estensione dell’opzione ad uno o più familiari, l’indicazione delle giurisdizioni estere escluse in relazione a questi spetta al contribuente principale ed è confermata dal familiare stesso, nelle rispettive dichiarazioni dei redditi.

Per quanto riguarda i periodi d’imposta successivi, invece, sarà cura del solo familiare indicare, nella propria dichiarazione, eventuali modifiche ed integrazioni.

Si ricorda, infine, che i redditi prodotti nelle giurisdizioni escluse saranno soggetti alle ordinarie regole di imposizione.

La scelta relativa al familiare è assolutamente svincolata da quella effettuata dal contribuente principale, sia in ordine agli Stati o territori in cui sono prodotti i redditi da non includere nell’ambito applicativo dell’articolo 24-bis del TUIR, sia in ordine al periodo d’imposta in cui avvalersi di tale facoltà.

La validità dell’opzione esercitata per i familiari decorre dall’anno d’imposta in relazione al quale viene effettuata l’estensione e cessa, salvo revoca o decadenza, allo scadere dei quindici anni decorrenti dal primo periodo di validità dell’opzione esercitata dal contribuente principale (sul punto si rinvia a quanto chiarito nel capitolo 6). Anche in questo caso, se il termine di quindici anni ricominciasse a decorrere ogni qual volta venga modificata l’opzione si eluderebbe il limite massimo di durata del beneficio.

 

5 Effetti dell’opzione

 

5.1. Il versamento dell’imposta sostitutiva

I contribuenti che intendono avvalersi del nuovo regime sono tenuti a pagare un’imposta sostitutiva dell’IRPEF calcolata forfettariamente nella misura di centomila euro per ogni anno d’imposta in cui è valida l’opzione, a prescindere dalla tipologia e dalla quantificazione dei redditi prodotti all’estero. Nel caso, invece, di estensione ai familiari di cui all’articolo 433 del codice civile, il pagamento dell’imposta sostitutiva forfettaria sui redditi esteri prodotti da ciascuno di essi ammonta a venticinquemila euro.

Il versamento dell’imposta deve essere effettuato in un’unica soluzione entro il termine previsto per il versamento del saldo delle imposte sui redditi. Si precisa che non si applica la disciplina del ravvedimento operoso previsto dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 così come novellato dal d.lgs. n. 158 del 2015. Non sarà quindi possibile versare l’imposta sostitutiva oltre il termine ordinariamente previsto per il saldo delle imposte sui redditi, attualmente fissato al 30 giugno di ciascun anno.

I soggetti coinvolti, sia in qualità di contribuenti principali sia in qualità di familiari, dovranno provvedere autonomamente al versamento dell’imposta sostitutiva secondo le modalità di cui agli articoli 17 e seguenti del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

Con apposita risoluzione sarà istituito il codice tributo da indicare in fase di versamento e saranno impartite le istruzioni per la compilazione del modello F24.

L’imposta sostitutiva prevista dall’articolo 24-bis del TUIR esaurisce l’obbligazione tributaria dovuta in Italia sui redditi di fonte estera che, pertanto, non dovranno subire alcun altra imposta sostitutiva o ritenuta.

Nella tabella che segue, si riportano esempi di redditi esteri che, per effetto del valido esercizio dell’opzione per il regime di cui all’articolo 24-bis del TUIR, non sconteranno più la "ritenuta d’ingresso" prevista dalla vigente normativa domestica.

 

Tipologia di reddito

Norme interne di riferimento

Ritenuta

PLUSVALENZE E MINUSVALENZE AZIONARIE DA PARTECIPAZIONI NON QUALIFICATE Articolo 67, comma 1, lettera c-bis) del TUIR + articolo 68, comma 5 e 6 TUIR + articolo 5, comma 2, e articolo 6 e 7 del D. Lgs. 461 del 21 novembre 1997 26%
PLUSVALENZE E MINUSVALENZE DA CESSIONE O RIMBORSO DI TITOLI OBBLIGAZIONARI EMESSI ALL'ESTERO Articolo 67, comma 1, lettera c-ter) del TUIR + articolo 68, comma 6 TUIR + articolo 5, comma 2, del D. Lgs. 461 del 21 novembre 1997 26%
UTILI AZIONARI DA PARTECIPAZIONI NON QUALIFICATE - PROVENIENTI DA SOGGETTI NON LOCALIZZATI IN UN PAESE A FISCALITA' PRIVILEGIATA Articolo 44, comma 1, lettera e), comma 2, lettera a), articolo 47 ed articolo 18 del TUIR +comma 4 dell'articolo 27 del D.P.R.. n.600 del 1973. 26%
INTERESSI MATURATI SUI CONTI CORRENTI O DEPOSITI ESTERI Articolo 44, comma 1, lettera a) del TUIR ed articolo 26, comma 2 e 3 del D.P.R. n. 600 del 1973 + Articolo 18 TUIR 26 %
PLUSVALENZE REALIZZATE MEDIANTE CESSIONE A TITOLO ONEROSO DI TITOLI O CERTIFICATI DI MASSA DI NATURA NON PARTECIPATIVA, METALLI PREZIOSI, VALUTE ESTERE E REDDITI DA CONSEGUITI DA CONTRATTI A TERMINE SU STRUMENTI FINANZIARI, VALUTE, METALLI O MERCI Articolo 67, comma 1, lettere c-ter) e c-quater) del TUIR + articolo68, comma 7,lettera d) e comma 8 TUIR + articolo 5, comma 2, del D. Lgs. 461 del 21 novembre 1997 26%
INTERESSI OBBLIGAZIONARI DERIVANTI DA TITOLI EMESSI DA NON RESIDENTI (ESCLUSI STATI ESTERI WHITE LIST ED ORGANISMI INTERNAZIONALI EQUIPARATI AI TITOLI DI STATO ITALIANI) Articolo 44, comma 1, lettera b) e comma 2, lettera c), punto n. 2 del TUIR + articolo 18 del TUIR + articolo2, comma 1-bis del Decreto legislativo n. 239 del 01.04.1996 + decreto legge n. 138/2011 26%
INTERESSI OBBLIGAZIONARI DERIVANTI DA TITOLI EMESSI DA ORGANISMI INTERNAZIONALI,

EQUIPARATI AI TITOLI DI STATO ITALIANI

Articolo 44, comma 1, lettera b) e comma 2, lettera c), punto n. 2 del TUIR + Articolo 18 del TUIR + Articolo 31 D.P.R. 601/73 + Articolo 12 comma 13 bis del D. Lgs 461/97 + Articolo 2, comma 1-bis, del Decreto legislativo n. 239/96 + decreto legge n. 138/2011 12,5%
INTERESSI O PROVENTI DELLE OBBLIGAZIONI

EMESSI DA STATI ESTERI WHITE LIST

Articolo 44, comma 1, lettera b) e comma 2, lettera c), punto n. 2 del TUIR + articolo 18 del TUIR, articolo2, commi 1-bis del D. Lgs 239/96. 12,5%
PROVENTI POSITIVI DERIVANTI DA FONDI COMUNI D'INVESTIMENTO E/O SICAV ARMONIZZATI Articolo 44, comma 1, lettera g) del TUIR, articolo 45, comma 1 e 4-bis del TUIR, articolo

10-ter, commi 1 e 4, della Legge n. 77 del 23 marzo 1983 + Articolo 18 TUIR

12,5%
PROVENTI POSITIVI DERIVANTI DA OICR ISTITUITI NELLA UE O SEE E VIGILATI

(articolo 10 ter c.1 e 2 L. 77 del 23/3/1983)

Articolo 44, comma 1, lettera g) del TUIR, articolo 45, comma 1 del TUIR + articolo 2 comma 80 DL 225 del 29 dicembre 2010 + articolo 10 ter commi 1 e 2 L. 77 del 23 marzo 1983 + Articolo 2, commi da 6 a 34, del D.L. 138 del 13 agosto 2011 26%
CAPITALI CORRISPOSTI IN DIPENDENZA DI CONTRATTI DI ASSICURAZIONE SULLA VITA E DI CAPITALIZZAZIONE Articolo 44, comma 1, lettera g- quater) del TUIR e comma 4 dell'articolo 45 del TUIR + articolo 26-ter, comma 1 e 3, del D.P.R. n. 600 del 29.09.1973 + articolo 18 TUIR 26%

 

 

Può accadere che il soggetto trasferisca la sua residenza fiscale in Italia con l’intenzione di optare per il regime in esame e che, già nell’anno di acquisizione della residenza nel territorio dello Stato, subisca ritenute in Italia per redditi di fonte estera che percepisce.

In questo caso, il soggetto non ha ancora materialmente optato per il nuovo regime posto che, come chiarito nel provvedimento, l’opzione è esercitata in sede di dichiarazione dei redditi riferita all’anno di trasferimento o all’anno successivo a quello di trasferimento (Cfr. paragrafo 1, punto 1.2 del provvedimento).

Si pensi, ad esempio, ad un titolare di una partecipazione non qualificata detenuta al di fuori dell’esercizio di impresa che percepisca un dividendo di fonte estera su cui l’intermediario italiano applica una ritenuta a titolo d’imposta del 26 per cento.

Una volta entrato nel regime, il beneficiario principale assolve l’imposizione italiana attraverso il pagamento dell’imposta sostitutiva prevista dall’articolo 24- bis in misura forfettaria su tutti i suoi redditi esteri. Si può verificare, quindi, un’ipotesi di doppia imposizione, perché lo stesso reddito è tassato due volte in capo al medesimo soggetto.

L’imposta già ritenuta nell’annualità di trasferimento della residenza può essere utilizzata in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 ovvero recuperata presentando istanza di rimborso nei termini previsti dall’articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 1973.

Si segnala, invece, che l’imposta sostitutiva versata per accedere al nuovo regime non può essere compensata in alcun modo con altre imposte, neppure se riguardanti i medesimi flussi reddituali.

Una volta esercitata l’opzione in esame, il soggetto che si avvale dell’imposta sostitutiva ex articolo 24-bis del TUIR può rilasciare un’apposita dichiarazione agli intermediari che eventualmente intervengono nella riscossione di redditi esteri i quali possono scegliere di non applicare alcuna imposta. Infine, si ricorda che il comma 2 dell’articolo 24-bis stabilisce che per l’accertamento, la riscossione, il contenzioso e le sanzioni si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche.

 

5.2 Esonero dall’obbligo di monitoraggio, dal pagamento dell’IVIE e dell’IVAFE

L’articolo 1, comma 153, della Legge di bilancio 2017 stabilisce che l’esercizio dell’opzione produce ulteriori effetti sia per il contribuente principale che per i familiari di cui al comma 6 dell’articolo 24-bis del TUIR, in relazione a tutti i periodi d’imposta di validità della stessa.

Tali benefici si sostanziano, innanzitutto, nell’esonero dall’obbligo di monitoraggio fiscale riguardante le attività e gli investimenti esteri di cui all’articolo 4 del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227.

Si rammenta che, in virtù di tale disposizione, sia il possessore diretto degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria sia il titolare effettivo degli stessi, residenti nel territorio dello Stato, hanno l’obbligo di indicare nella dichiarazione annuale dei redditi gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia.

Un altro beneficio indiretto dell’opzione è l’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore degli immobili detenuti all’estero (IVIE) prevista dall’articolo 19, comma 13, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201. Si ricorda che l’IVIE è un’imposta dovuta sul valore degli immobili situati all’estero e detenuti a titolo di proprietà o di altro diritto reale dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso essi siano destinati. In particolare, sono soggetti passivi dell’imposta: il proprietario di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati; il titolare del diritto reale di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi (e non il titolare della nuda proprietà); il concessionario nel caso di concessione di aree demaniali; il locatario per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria. L’esenzione dal pagamento di tale imposta si applica nel caso in cui gli immobili siano detenuti direttamente dai soggetti prima elencati o siano detenuti per il tramite di una società fiduciaria nonché nei casi in cui detti beni siano formalmente intestati ad entità giuridiche (ad esempio società, fondazioni, o trust) che agiscono quali persone interposte mentre, in realtà, l’effettiva disponibilità degli immobili è da attribuire a persone fisiche residenti.

Parimenti al beneficio in materia di IVIE l’opzione di cui all’articolo 24-bis del TUIR concede l’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio (IVAFE) prevista dall’articolo 19, comma 18, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201.

Si ricorda che l’IVAFE è un’imposta dovuta da soggetti residenti per le attività finanziarie detenute all’estero a titolo di proprietà o di altro diritto reale.

In particolare, come chiarito anche dalla circolare del 2 luglio 2012, 28/E, rientrano tra le attività finanziarie, se detenute all’estero, le partecipazioni al capitale o al patrimonio di soggetti residenti o non residenti, le obbligazioni italiane o estere e i titoli similari, i titoli pubblici italiani e i titoli equiparati emessi in Italia o all’estero, i titoli non rappresentativi di merce e certificati di massa (comprese le quote di OICR), le valute estere, i depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero, i contratti di natura finanziaria stipulati con controparti non residenti, i contratti derivati e altri rapporti finanziari stipulati al di fuori del territorio dello Stato, i metalli preziosi allo stato grezzo o monetato, i diritti all’acquisto o alla sottoscrizione di azioni estere o strumenti finanziari assimilati e ogni altra attività da cui possono derivare redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera.

Si precisa che l’esenzione dall’obbligo di monitoraggio e dal pagamento di IVIE e di IVAFE riguarda solo le giurisdizioni comprese nell’opzione. Pertanto, se il beneficiario principale o uno o più familiari cui è stata estesa l’opzione manifestano la facoltà di non avvalersi dell’imposta sostitutiva per i redditi prodotti in determinati Stati o territori, in relazione ai redditi, o alle attività finanziarie detenute in tali Stati, saranno tenuti agli adempimenti previsti dalle normative sopra richiamate e a versare le imposte ordinariamente dovute.

Analogamente, in relazione alle partecipazioni qualificate che possono generare plusvalenze tassabili in via ordinaria se realizzate nei primi 5 periodi d’imposta di validità dell’opzione, si ritiene che, durante tale quinquennio, permanga in capo al neo residente l’obbligo di indicare nel quadro RW il valore della partecipazione estera.

 

5.3 Esenzione dall’imposta di successione e donazione

L’articolo 1, comma 158, della Legge di bilancio 2017 ha previsto che "Per le successioni aperte e le donazioni effettuate nei periodi d’imposta di validità dell’opzione esercitata dal dante causa, ai sensi dell’articolo 24-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 152 del presente articolo, l’imposta sulle successioni e donazioni di cui al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti esistenti nello Stato al momento della successione o della donazione".

La disposizione in esame prevede, dunque, che per le successioni aperte e per le donazioni effettuate nei periodi di validità dell’opzione di cui al citato articolo 24-bis del TUIR, esercitata dal dante causa (in genere de cuius, o donante) l’imposta è dovuta dai beneficiari limitatamente ai beni e diritti situati nel territorio dello Stato.

Pertanto, ai fini della determinazione dell’imposta dovuta e dell’applicazione delle franchigie d’imposta previste, dai commi 48 e 49 dell’articolo 2 del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, rilevano esclusivamente i trasferimenti di beni e diritti esistenti in Italia.

Si rammenta che, ai sensi dell’articolo 2 del citato decreto legge n. 262 del 2006, l’imposta sulle successioni e donazioni di cui al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (di seguito TUS) trova applicazione oltre che per i trasferimenti mortis causa o per donazione, anche in relazione ai trasferimenti "a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione".

Si precisa, dunque, che anche in relazione agli atti gratuiti non donativi ed ai vincoli di destinazione (tra i quali, ad esempio il conferimento di beni in trust),  posti in essere da soggetti che hanno esercitato l’opzione per il regime sostitutivo previsto dall’articolo 24-bis del TUIR, l’imposta sulle donazioni troverà applicazione limitatamente ai trasferimenti di beni e diritti esistenti nel territorio dello Stato.

Il comma 6 del predetto articolo 24-bis dispone, inoltre, che il soggetto che esercita l’opzione può estendere il regime di imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero anche ai familiari di cui all’articolo 433 del codice civile.

A parere della scrivente, nel caso in cui il dante causa estenda l’esercizio dell’opzione anche ai suoi familiari, l’esclusione dall’imposta sulle successioni e donazioni per i beni e diritti esistenti all’estero opererà anche con riferimento a detti familiari; pertanto, nel caso di trasferimento per successione o donazione da parte del familiare interessato dall’opzione, l’imposta sulle successioni e donazioni dovrà essere corrisposta dal beneficiario principale limitatamente ai beni e diritti esistenti in Italia.

Con la norma prevista dall’articolo 1, comma 158, della Legge di bilancio 2017 è stata introdotta, dunque, una deroga al principio di territorialità dell’imposta sulle successioni e donazioni sancito dall’articolo 2 del TUS che prevede, nel caso in cui il dante causa sia residente in Italia, l’applicazione dell’imposta di successione e donazione in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorché esistenti all’estero.

In deroga a tale principio, dunque, per i trasferimenti posti in essere nel periodo di durata dell’opzione per il regime di imposta sostitutiva di cui all’articolo 24-bis del TUIR, l’imposta sulle successioni e donazioni troverà applicazione solo con riferimento ai beni e diritti esistenti in Italia, ancorché il dante causa abbia trasferito la propria residenza nel territorio dello Stato.

Al riguardo, appare utile precisare che nel caso in cui il contribuente si avvalga della facoltà prevista dal comma 5, dell’articolo 24-bis, che, come noto, consente di escludere dall’applicazione dell’imposta forfettaria sostitutiva i redditi prodotti in uno o più Stati o territori esteri, detta opzione esplicherà effetti anche ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni.

Pertanto, i beni e diritti trasferiti esistenti in detti Stati o territori esteri per i quali non opera il regime dell’imposta sostitutiva dovranno concorrere alla formazione della base imponibile dell’imposta sulle successioni e donazioni,  secondo le regole ordinarie.

 

6. Durata del regime opzionale

 

Il regime disciplinato dall’articolo 24-bis del TUIR ha carattere temporaneo.

La Legge di bilancio 2017 prevede espressamente che gli effetti del regime di imposizione sostitutiva dei redditi prodotti all’estero cessino, in ogni caso, decorsi quindici anni dal primo periodo d’imposta di validità dell’opzione (Cfr. articolo 24-bis, comma 3, del TUIR). Il legislatore ha, dunque, previsto una durata massima del beneficio, escludendo la possibilità di rinnovo del regime a scadenza.

Ciò implica che il soggetto che trasferisce la residenza fiscale in Italia, ad esempio, nel 2017 potrà beneficiare dell’imposta sostitutiva a partire da tale annualità fino al 2031 (incluso), senza alcuna possibilità di rinnovare l’opzione per i periodi d’imposta successivi.

La cessazione del regime comporta, in primo luogo, che i redditi esteri debbano concorrere alla formazione del reddito complessivo del soggetto residente e scontare l’imposizione ordinaria IRPEF; in secondo luogo, che il compimento del quindicennio ha ripercussioni sui familiari, facendo venir meno l’efficacia dell’eventuale estensione dell’opzione (ciò indipendentemente dal periodo per il quale gli stessi hanno fruito del regime), salvo quanto si chiarirà nei paragrafi successivi.

 

6.1 Revoca dell’opzione

Trattandosi di una scelta facoltativa del contribuente, l’opzione per l’imposta sostitutiva in esame è liberamente revocabile anche prima della scadenza prevista dalla norma. La revoca può essere effettuata sia dal contribuente principale, sia dal familiare a cui è stata estesa, con le stesse modalità previste per l’esercizio dell’opzione. La revoca sarà efficace a partire dall’anno d’imposta in relazione al quale è stata effettuata in dichiarazione.

Resta inteso che nel caso di revoca del contribuente principale gli effetti si produrranno anche nei confronti dei familiari a cui era stata estesa l’opzione, a prescindere dal fatto che essi abbiano esercitato autonomamente la loro facoltà di revoca.

Come precisato nel paragrafo 3 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, l’opzione si intende revocata se, dopo il primo periodo di validità del regime, il soggetto che aveva esercitato l’opzione indichi espressamente nella dichiarazione dei redditi che non intende più avvalersi del regime dell’imposta sostitutiva sui redditi esteri. Nell’ipotesi in cui il soggetto non sia tenuto alla presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione a tale periodo d’imposta, lo stesso dovrà inviare apposita comunicazione alla Direzione Centrale Accertamento entro la data di scadenza della presentazione della dichiarazione e con le modalità previste per l’invio dell’istanza di interpello. La revoca potrà essere esercitata anche se il contribuente abbia già versato l’imposta sostitutiva relativa al medesimo periodo d’imposta. In tale ipotesi, l’imposta già versata ma non dovuta potrà essere utilizzata in compensazione o richiesta a rimborso.

Si immagini il caso di un neo residente che abbia optato per il nuovo regime per l’anno d’imposta 2017 e che, a partire dal periodo d’imposta 2022, si trovi nella situazione di non aver più convenienza ad applicare l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero. Pertanto, ritenendo opportuno uscire dal regime facoltativo, dovrà revocare l’opzione per il periodo d’imposta 2022 nella relativa dichiarazione dei redditi, da presentare entro il 30 settembre 2023. Qualora il suddetto contribuente non sia tenuto alla presentazione della dichiarazione, lo stesso dovrà manifestare l’intenzione di revocare il regime mediante apposita comunicazione all’Agenzia delle entrate da presentare entro il 30 settembre 2023.

In particolare, la comunicazione della revoca potrà essere consegnata a mano, spedita a mezzo plico raccomandato con avviso di ricevimento, ovvero inviata per via telematica attraverso l’impiego della casella di posta elettronica certificata di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68. In tale ultimo caso l’istanza è inviata alla casella di posta dc.acc.nuoviresidenti@pec.agenziaentrate.it. Qualora il soggetto non sia più residente nel territorio dello Stato e non abbia domiciliatario in Italia, lo stesso potrà trasmettere la revoca alla casella di posta elettronica ordinaria dc.acc.upacc@agenziaentrate.it.

Come per l’istanza di interpello, anche la comunicazione di revoca deve essere sottoscritta con firma autografa, ovvero, nei casi in cui il documento è trasmesso per posta elettronica certificata, con firma digitale o con le modalità di cui all’articolo 38, comma 3, del D.P.R. n. 445 del 2000. Il contribuente principale che ha esteso ad uno o più familiari l’opzione per il nuovo regime può decidere di revocare tale estensione, pur volendo continuare per se stesso a fruirne. Naturalmente la revoca può riguardare uno, solo alcuni o tutti i familiari che fruiscono del regime opzionale e può essere manifestata nei confronti di ciascuno di loro in periodi d’imposta differenti.

Anche in questa ipotesi, la revoca dell’estensione dell’opzione deve essere manifestata dal contribuente principale nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta a partire dal quale ha effetto la revoca per il familiare coinvolto ovvero, se il contribuente principale non è tenuto a presentare la dichiarazione, attraverso apposita comunicazione all’Agenzia delle entrate, entro la data di scadenza della presentazione della dichiarazione, secondo le modalità sopra ricordate.

Analogamente il familiare è tenuto ad indicare nella propria dichiarazione dei redditi la revoca operata nei suoi confronti dal contribuente principale (naturalmente va indicata nella dichiarazione relativa al periodo di imposta di efficacia della revoca stessa). Resta ferma la possibilità per il familiare di optare contestualmente per l’applicazione dell’imposta sostitutiva in qualità di contribuente principale, versando l’importo di centomila euro. Tale opzione non potrà che avere efficacia per il periodo residuo rispetto al periodo massimo di fruizione del beneficio (quindicennio).

 

6.2 Decadenza dal regime

L’articolo 24-bis del TUIR contempla anche l’eventualità che si verifichino ipotesi di decadenza dal regime.

Le cause di decadenza possono riguardare, come la revoca, sia il beneficiario principale dell’opzione che uno o più dei suoi familiari cui è stato esteso il beneficio e consistono:

a) nell’omesso o incompleto versamento dell’imposta sostitutiva entro la data prevista per il versamento del saldo delle imposte sui redditi, con effetto dal periodo d’imposta rispetto al quale doveva essere eseguito il versamento;

b) nel trasferimento della residenza fiscale all’estero, con effetto dal periodo d’imposta in cui il soggetto perde la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del TUIR.

Se tali cause riguardano uno o più familiari cui è stato esteso il beneficio, la decadenza coinvolgerà solamente la posizione di questi soggetti e non inciderà sulla validità dell’opzione del beneficiario principale.

Viceversa, nel caso in cui la decadenza riguardi il beneficiario principale dell’opzione, il venir meno del regime agevolativo coinvolgerà anche il familiare o i familiari cui era stata estesa la scelta.

Lo stesso principio si applica per la revoca dell’opzione. Infatti la revoca effettuata dal beneficiario principale comporterà il venir meno degli effetti dell’opzione anche ai familiari cui era stato esteso il beneficio della tassazione sostitutiva, mentre la revoca effettuata per i familiari comporterà il venir meno del beneficio solamente nei confronti di questi ultimi.

 

6.3 Effetti derivanti dalla fuoriuscita dal regime

La cessazione, la revoca e la decadenza dal regime impediscono al soggetto che aveva optato per il regime di esercitare una nuova opzione, con la conseguenza che lo stesso, finché fiscalmente residente in Italia, resterà assoggettato a imposizione ordinaria su tutti i redditi ovunque prodotti.

Considerata la ratio della norma, si deve ritenere che tale preclusione sia assoluta nel senso che il soggetto che ha esercitato la revoca o che sia decaduto dal beneficio non possa accedere al regime opzionale neanche in qualità di familiare di cui all’articolo 433 del codice civile.

Nel caso in cui gli effetti del regime vengano meno per vicende che riguardano il soggetto che ha esercitato l’opzione, ai familiari è comunque consentito diventare essi stessi beneficiari principali, esercitando una autonoma opzione e versando l’imposta sostitutiva nella misura di centomila euro. In particolare, come si evince nel punto 3.9 del provvedimento, al familiare è consentito esercitare l’opzione come contribuente principale e godere del regime di imposta sostitutiva per il periodo residuo al completamento del quindicennio. Nel computo di tale periodo, infatti, si considerano anche gli anni in cui egli ha avuto accesso al regime opzionale in qualità di familiare.

Si rappresenta il caso di un soggetto neo residente che esercita l’opzione nell’anno d’imposta 2017 ed estende l’opzione ad un figlio nell’anno d’imposta 2018. Se il contribuente principale decade o revoca il regime opzionale a partire dal 2020, il figlio che, a tale data, risulta aver già ha fruito del beneficio per due anni come familiare, potrà esercitare l’opzione da contribuente principale a partire dall’anno d’imposta 2020 per altri 13 anni, fino all’anno d’imposta 2032.

Il familiare che diventa titolare dell’opzione principale può includere tra i propri familiari coloro a cui l’opzione originaria era già estesa. In questo caso, il nuovo optante principale è tenuto a versare l’imposta sostitutiva di centomila euro, mentre i familiari restano tenuti al pagamento dell’imposta sostitutiva di venticinquemila euro.

Infine, si precisa che nelle predette ipotesi di revoca o decadenza del contribuente principale, nonché di cessazione del regime da parte dello stesso, il soggetto a favore del quale è stata estesa l’opzione può diventare familiare di un altro beneficiario principale, ma sempre nei limiti del periodo residuo al  completamento del quindicennio decorrente dall’estensione originaria.

 

6.4 Ipotesi di decesso del neo residente

In relazione alla peculiare ipotesi di interruzione del regime di imposta sostitutiva a seguito del decesso del contribuente che ha esercitato l’opzione di cui all’articolo 24-bis del TUIR o del familiare cui tale regime è stato esteso, va considerato quanto segue. In applicazione delle regole ordinarie circa gli adempimenti fiscali relativi ad una persona deceduta, la presentazione della dichiarazione dei redditi, qualora necessaria, sarà effettuata dagli eredi per conto del de cuius.

Ai fini della disciplina in esame, si osserva come gli effetti e gli adempimenti differiscano a seconda del periodo dell’anno in cui è avvenuto il decesso e della circostanza che l’opzione sia stata estesa ai familiari o meno. Una prima ipotesi riguarda un contribuente principale che decede, ad esempio, nel mese di luglio 2019, dopo aver versato l’imposta sostitutiva di centomila euro relativamente all’anno d’imposta 2018.

Per quanto riguarda i redditi realizzati dal 1° gennaio 2019 alla data del  decesso, l’erede ha la possibilità di confermare l’opzione per il de cuius versando l’imposta sostitutiva nella misura di centomila euro. Una seconda ipotesi riguarda, invece, un contribuente principale che decede a marzo 2019 prima di effettuare il versamento di centomila euro per l’anno d’imposta 2018.

In questo caso, gli eredi, se non hanno intenzione di interrompere il regime di tassazione sostitutiva per l’anno d’imposta 2018, devono provvedere al versamento per conto del de cuius. In modo speculare a quanto già descritto nell’esempio precedente, gli eredi hanno la possibilità di confermare l’opzione anche per quanto concerne i redditi realizzati nel 2019, provvedendo a versare l’imposta sostitutiva in relazione a tale periodo d’imposta.

In entrambi i casi, qualora il regime fosse stato esteso a uno o più familiari, la conferma dell’opzione sarà valida per questi ultimi anche per l’anno d’imposta 2019; essi saranno tenuti ad effettuare - per se stessi - il versamento nella misura di venticinquemila euro, entro il termine ordinario.

Il medesimo familiare potrà poi esercitare un’opzione autonoma a partire dall’anno d’imposta 2020 in qualità di contribuente principale e fruire del regime di tassazione sostitutiva sui redditi esteri per il periodo residuo al completamento del quindicennio.

L’erede (che può rientrare o meno nel novero dei familiari ai quali era stata estesa l’opzione) potrebbe, però, decidere di non confermare l’opzione per l’anno 2019, bensì scegliere di revocarla o farla decadere, indicando tale volontà nella dichiarazione dei redditi del de cuius.

In tal caso, in conformità con quanto stabilito dal punto 3.9 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia, il familiare ha la possibilità di esercitare l’opzione autonoma e diventare contribuente principale già per l’anno d’imposta 2019; egli dovrà versare centomila euro e indicare nella dichiarazione dei redditi il cambiamento del proprio status.

Giova ripetere che l’opzione autonoma esercitata dal familiare avrà efficacia per i periodi d’imposta residui fino ad un totale di quindici periodi d’imposta, computando anche gli anni in cui il medesimo soggetto ha goduto del regime in qualità di familiare. Si ricorda che nel caso di versamenti e di presentazione della dichiarazioni dei redditi effettuati in qualità di eredi a favore dei contribuenti deceduti, i termini sono posticipati rispetto alle scadenze ordinarie. In particolare, si precisa che: per i contribuenti deceduti entro il 16 febbraio, i termini di versamento sono quelli ordinari; mentre per le persone decedute successivamente, i termini sono prorogati di sei mesi e scadono, quindi, il 30 dicembre. Pertanto, anche il versamento dell’imposta sostitutiva ex articolo 24-bis del TUIR potrà essere posticipata dagli eredi nel rispetto dei suddetti termini.

Si precisa, inoltre, che l’erede, in relazione alle annualità per le quali ha versato l’imposta sostitutiva per conto del de cuius, può modificare il perimetro di applicazione dell’opzione per l’imposta sostitutiva, escludendo uno o più Stati esteri, estendendo o revocando l’estensione dell’opzione a uno o più familiari. I medesimi chiarimenti valgono nell’ipotesi di decesso di uno dei familiari cui era stata estesa l’opzione da parte del contribuente principale con la sola differenza che gli eredi del de cuius non avranno la possibilità di fruire, per se stessi, dell’estensione del regime in questione negli anni successivi al decesso.

 

7. Il nuovo regime e le convenzioni contro le doppie imposizioni

 

L’articolo 4 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni, a cui si ispirano la maggior parte dei Trattati conclusi dall’Italia, definisce residenti di uno Stato contraente le persone, fisiche e giuridiche, che, ai sensi della normativa di quello Stato, sono ivi soggette ad imposizione in virtù dell’applicazione di una serie di criteri, quali: il domicilio, la residenza, "the place of management" o qualsiasi altro criterio avente natura similare.

In senso avverso, l’articolo 4 del Modello OCSE precisa che non può essere considerato residente una persona che è soggetta ad imposizione relativamente ai soli redditi realizzati in quello Stato o ai soli capitali ivi localizzabili.

Questa precisazione è stata inserita per tenere conto delle normative vigenti in taluni Stati, ad esempio in relazione a diplomatici esteri o al personale consolare (Cfr. paragrafo 8.1 del Commentario all’articolo 4 del Modello OCSE).

La previsione deve essere letta alla luce dell’oggetto e della finalità dell’articolo 4, che mira a escludere le persone che non sono soggette a una tassazione comprensiva (c.d. "full liability to tax") in uno Stato. La previsione non deve essere interpretata nel senso di escludere dalla nozione di persona residente ai fini convenzionali i residenti di Stati che adottino un criterio impositivo di tipo territoriale (Cfr. paragrafo 8.3 del Commentario all’articolo 4 del Modello OCSE).

Con riferimento alla disciplina recata dal nuovo articolo 24-bis del TUIR, si evidenzia che coloro che decidono di aderire al nuovo regime: 1) saranno soggetti alla tassazione ordinaria prevista per le persone fisiche residenti in relazione ai redditi di fonte italiana; 2) sconteranno l’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) sui redditi di fonte estera non esclusi dal perimetro dell’opzione. Giova ricordare, altresì, che i redditi esteri realizzati nelle giurisdizioni espressamente escluse saranno nuovamente attratti a tassazione ordinaria e che, a prescindere dall’opzione in esame, alcuni redditi sarebbero in ogni caso soggetti ad imposta sostitutiva (come previsto, ad esempio, per alcuni redditi di capitale o diversi).

Ne consegue che i soggetti che esercitano l’opzione di cui all’articolo 24-bis del TUIR sono da considerare residenti anche ai fini convenzionali, in quanto la totalità dei loro redditi sconta imposte in Italia, salvo il caso in cui le singole Convenzioni di volta in volta applicabili dispongano diversamente.

 

8. Decorrenza delle nuove disposizioni

 

Il comma 159 dell’articolo 1 della Legge di bilancio 2017, in merito alla decorrenza del nuovo regime, stabilisce che questo trova applicazione "per la prima volta con riferimento alle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge".

Considerato che la Legge di bilancio 2017 è entrata in vigore il 1 gennaio 2017, l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 24-bis del TUIR sarà applicabile a partire dal periodo d’imposta 1 gennaio - 31 dicembre 2017.

 

PARTE IV - DIVIETO DI CUMULO TRA LE DIVERSE MISURE AGEVOLATIVE

 

1. Incumulabilità degli incentivi per ricercatori e docenti con il regime speciale per lavoratori impatriati e contro-esodati

 

Il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 26 maggio 2016 prevede all’articolo 2, comma 1, che "La fruizione dei benefici di cui all’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, è incompatibile con la contemporanea fruizione degli incentivi fiscali previsti dall’articolo 44, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122".

In base a tale disposizione il soggetto che si trasferisce in Italia e vi acquisisce la residenza fiscale, se fruisce del regime per i lavoratori impatriati non può contemporaneamente fruire del regime previsto per i docenti e ricercatori nel caso in cui svolga anche una attività di docenza. Resta fermo che, ove il soggetto abbia deciso di avvalersi del regime speciale per i lavoratori impatriati, anche il reddito derivante dall’attività di docenza è ammesso a concorrere alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50 per cento ai sensi dell’articolo 16 del decreto internazionalizzazione, il quale ammette tutti i redditi di lavoro dipendente o autonomo, senza fare distinzione alcuna in merito alla specifica attività svolta.

Pertanto, i docenti e ricercatori che rientrano in Italia possono far concorre al reddito complessivo il 10 per cento del reddito prodotto dall’ attività di docenza o ricerca - ai sensi dell’articolo 44 del d.l. n. 78 del 2010 - nel caso in cui svolgano entrambe le attività come lavoratori dipendenti o autonomi, o nel caso in cui svolgano parte dell’attività sulla base di rapporti di lavoro dipendente e parte dell’attività sulla base di rapporti di lavoro autonomo; dovranno, invece, assoggettare a tassazione ordinaria il reddito prodotto dal contemporaneo svolgimento di un’attività diversa da quella di docenza e ricerca. Ad esempio, un medico, docente o ricercatore all’estero, che, nel 2017 si trasferisce in Italia per svolgere, come lavoratore dipendente o autonomo, attività di ricerca o docenza e contemporaneamente svolge, come libero professionista, attività di lavoro autonomo, avrà la possibilità di fruire dell’agevolazione di cui all’articolo 44 del d.l. n. 78 del 2010, limitatamente alla parte di reddito prodotto in relazione all’attività di docenza e ricerca, e assoggettare a tassazione ordinaria il reddito di lavoro autonomo prodotto in virtù dell’esercizio della libera professione di medico. In alternativa, qualora decida di avvalersi dell’agevolazione di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 potrà fruire del regime speciale previsto dal citato articolo 16 per tutti i redditi di lavoro dipendente o autonomo prodotti in Italia, quindi sia per i redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio della professione di medico che per i redditi di lavoro autonomo o dipendente derivanti dall’attività di docenza o ricerca.

La sussistenza dei requisiti in capo allo stesso soggetto per accedere ad entrambe le agevolazioni permette allo stesso di aderire a quella che ritiene di maggiore favore per sé e di permanervi per i periodi d’imposta previsti rispettivamente per ciascuno dei suddetti regimi agevolativi.

Non è escluso, infine, per un soggetto che abbia, in vigenza della relativa normativa (articolo 3, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269; articolo 17, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185; articolo 44, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78), usufruito della tassazione di favore dei redditi di lavoro dipendente o autonomo prodotti nello svolgimento della sua attività di ricercatore o docente, di concorrere alla fruizione del nuovo regime speciale per i lavoratori impatriati, qualora, rientrato in Italia dopo un periodo di residenza all’estero, integri i requisiti richiesti per accedere all’agevolazione dell’articolo 16, del d.lgs n. 147 del 2015 o quelli richiesti per usufruire degli incentivi di cui alla legge 30 dicembre 2010, n. 238.

Infine, come già chiarito nella circolare n. 14 del 2012, punto 2.4, la fruizione dei benefici di cui al citato articolo 44 del d.l. n. 78 del 2010, è incompatibile con la contemporanea fruizione della agevolazioni previste dalla legge n. 238 del 2010.

 

 2. Divieto di cumulo di regimi agevolativi con l’opzione dell’articolo 24-bis del TUIR

 

L’articolo 1, comma 154, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, prevede che "gli effetti dell’opzione di cui all’articolo 24-bis del [TUIR], introdotto dal comma 152 del presente articolo, non sono cumulabili con quelli previsti dall’articolo 44 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147".

L’articolo 1, comma 154, della Legge di bilancio 2017 stabilisce, dunque, che gli effetti dell’opzione di cui all’articolo 24-bis, del TUIR non sono cumulabili con le agevolazioni per il rientro in Italia dei ricercatori e docenti residenti all’estero di cui all’articolo 44 del d.l. 31 maggio 2010, n.78, né con le agevolazioni previste per i lavoratori che rientrano in Italia, di cui all’articolo 16 del d.lgs. del 14 settembre 2015, n. 147.

Il divieto di cumulo, tuttavia, non esclude l’ipotesi di un utilizzo alternativo dei regimi agevolativi in anni d’imposta differenti, nel rispetto, ovviamente, dei presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dalle rispettive norme. Ciò nella considerazione che un soggetto che sceglie un regime fiscale di vantaggio può fare affidamento, avendone i requisiti, su altro regime agevolativo che viene introdotto nel nostro ordinamento in un momento successivo alla scelta effettuata.

Infatti, dalla lettura combinata delle disposizioni dei regimi di cui sopra con la norma prevista dall’articolo 24-bis del TUIR si evince che un docente, un ricercatore o un lavoratore impatriato che decida di trasferire la residenza in Italia e che negli ultimi dieci periodi d’imposta precedenti al trasferimento non sia stato residente in Italia, può scegliere di beneficiare del regime agevolativo previsto per il rientro di tali lavoratori per il primo anno di trasferimento in Italia ed eventualmente nell’anno d’imposta successivo, ovvero dall’anno 2017, optare per il regime di imposta sostitutiva forfettaria previsto dal citato articolo 24-bis, del TUIR.

In sostanza, i regimi agevolativi esaminati nella presente circolare, rivolti alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, sono esclusivi e fra loro non cumulabili in capo allo stesso soggetto, relativamente al medesimo periodo d’imposta.

 

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- Nota 1 -

Fatta eccezione per quanto previsto dalla legge n. 238 del 2010 che riserva il regime agevolativo ai soli cittadini dell’Unione Europea e dall’attuale formulazione dell’articolo 16, comma 2, del decreto legislativo n. 147 del 2015 che riserva il regime agevolativo ai cittadini dell’Unione Europea e ai cittadini di Stati diversi da quelli dell’Unione Europea, con i quali sia in vigore una Convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale.

- Nota 2 -

1. Ai sensi dell’articolo 23 del TUIR, si considerano prodotti nel territorio dello Stato, i redditi fondiari; i redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti o da stabili organizzazioni nel territorio stesso (con esclusione di interessi e altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali); i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato, compresi i redditi assimilati di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 50; i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato; i redditi d'impresa derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni; i redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti, con esclusione: 1) delle plusvalenze di cui alla lettera c-bis) del comma 1, dell'articolo 67, derivanti da cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti negoziate in mercati regolamentati, ovunque detenute; 2) delle plusvalenze di cui alla lettera c-ter) del medesimo articolo derivanti da cessione a titolo oneroso ovvero da rimborso di titoli non rappresentativi di merci e di certificati di massa negoziati in mercati regolamentati, nonché' da cessione o da prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti; 3) dei redditi di cui alle lettere c-quater) e c-quinquies) del medesimo articolo derivanti da contratti conclusi, anche attraverso l'intervento d'intermediari, in mercati regolamentati; i redditi di cui agli articoli 5, 115 e 116 imputabili a soci, associati o partecipanti non residenti. Si considerano, inoltre, prodotti nel territorio dello Stato, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti:

a) le pensioni, gli assegni ad esse assimilati e le indennità di fine rapporto di cui alle lettere a), c), d), e) del comma 1 dell'articolo 17; i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui alle lettere c), c-bis), f), h), h-bis), i) e l) del comma 1 dell'articolo 50; i compensi per l'uso di opere dell'ingegno, brevetti industriali e marchi d'impresa nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico; i compensi corrisposti ad imprese, società o enti non residenti per prestazioni artistiche o professionali effettuate per loro conto nel territorio dello Stato.

- Nota 3 -

Misura attualmente prevista dal d.m. 2 aprile 2008, recante "Rideterminazione delle percentuali di concorso al reddito complessivo dei dividendi, delle plusvalenze e delle minusvalenze di cui agli articoli 47, comma 1, 58, comma 2, 59 e 68, comma 3, del TUIR".

 

TABELLA RIASSUNTIVA DELLE AGEVOLAZIONI

 

RIGA

Tipo di agevolazione

Misura e durata dell'agevolazione

Requisiti

1 Articolo 44 D.L. n. 78 del 2010

Agevolazione riservata a docenti e ricercatori che vengono a svolgere la loro attività di docenza e ricerca in Italia.

-Solo lavoratori laureati -Agevolazione rivolta a tutti, cittadini e non dell'UE

-E' ammesso il lavoro presso pubbliche amministrazioni

-Non ci sono obblighi di permanenza in Italia

Il reddito imponibile è pari al 10% del reddito di lavoro dipendente o autonomo percepito. Agevolazione applicabile per un massimo di 4 anni decorrenti dall'anno di trasferimento della residenza fiscale in Italia. - esser stati residenti non occasionale all'estero;

- aver svolto attività di docenza o ricerca all'estero per due anni presso centri di ricerca pubblici o privati o presso università;

- trasferire la residenza fiscale in Italia;

- svolgere in Italia attività di docenza e ricerca.

2 Legge n. 238 del 2010

Agevolazione riservata ai laureati che hanno svolto attività di lavoro dipendente, autonomo o d'impresa all'estero o agli studenti che hanno conseguito all'estero un titolo accademico o specializzazione post laurea.

- Solo lavoratori laureati

- Riservata solo ai cittadini UE

- E' ammesso il lavoro presso pubbliche

amministrazioni

- Decadono se spostano la residenza prima di 5 anni dal rientro

Il reddito imponibile è pari al 20% (per le donne) o al 30% (per gli uomini) del reddito di lavoro dipendente, autonomo o di impresa prodotto in Italia. Agevolazione applicabile fino al 2017. - Aver risieduto per 24 mesi in Italia prima dell'espatrio; -essere laureati e aver svolto attività di lavoro dipendente, autonomo o di impresa all'estero per 24 mesi;

- aver studiato all'estero per 24 mesi e aver conseguito un titolo accademico;

- trasferire la residenza anagrafica in Italia entro 3 mesi dall'assunzione o dall'avvio dell'attività;

- svolgere in Italia attività di lavoro dipendente, autonomo o d'impresa.

3 Articolo 16, comma 2, D.lgs. n. 147 del 2015

Agevolazione rivolta, per il 2016, solo ai cittadini UE e a partire dal 2017 anche ai cittadini di Stati extra UE con i quali sia in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni fiscali.

- Solo lavoratori laureati

- E' ammesso il lavoro presso pubbliche

amministrazioni

- Decadono se spostano la residenza prima di 2 anni dal rientro

Il reddito imponibile è pari al 70% per l'anno di imposta 2016 e al 50% a partire dall'anno di imposta 2017.

Per l'anno 2016 è agevolabile solo il reddito di lavoro dipendente.

A partire dall'anno 2017 è agevolabile il reddito di lavoro dipendente e autonomo. Agevolazione applicabile per un massimo di 5 anni decorrenti dall'anno di trasferimento della residenza fiscale in Italia.

- essere laureati e aver svolto attività di lavoro dipendente, autonomo o di impresa all'estero per 24 mesi;

- aver studiato all'estero per 24 mesi e aver conseguito un titolo accademico;

- trasferire la residenza fiscale in Italia ai sensi dell'art. 2 del TUIR;

- impegnarsi a permanere in Italia per 2 anni.

4 Articolo 16, comma 1, D.lgs. n. 147 del 2015

Agevolazione rivolta a tutti i soggetti, cittadini e non dell'UE che trasferiscono in Italia la residenza fiscale a decorrere dall'anno 2016.

- Anche lavoratori non laureati

- Non è ammesso il lavoro presso

pubbliche amministrazioni

- Decadono se spostano la residenza

prima di 2 anni dal rientro

Come art. 16, comma 2. - non esser stati residenti in Italia nei 5 periodi di imposta precedenti rimpatrio;

- trasferire la residenza fiscale in Italia ai sensi dell'art. 2 del TUIR;

- impegnarsi a permanere in Italia per 2 anni;

- prestare l'attività lavorativa per almeno 183 giorni per ciascun anno di imposta;

- se dipendenti, lavorare presso un impresa residente, anche in forza di distacco da impresa estera e rivestire ruoli direttivi o essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione

5 Articolo 16, comma 4, D.lgs. n. 147 del 2015

Agevolazione riservata ai soggetti aventi i requisiti della legge n. 238 del 2010 che si sono trasferiti in Italia entro il 31/12/2015.

Laureati che hanno lavorato all'estero o studenti che hanno conseguito all'estero un titolo accademico o una specializzazione post laurea.

- Solo lavoratori laureati

- Riservata solo cittadini UE

- E' ammesso il lavoro presso pubbliche amministrazioni

- Decadono se spostano la residenza prima di 5 anni dal rientro

In alternativa alla fruizione per il 2016 e 2017 dell'agevolazione prevista dalla legge 238 del 2010 (base imponibile del 20% o del 30%) possono optare per l'applicazione dell'agevolazione prevista dall'art. 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 per 5 anni, dal 2016 al 2020. Stessi requisiti della legge n. 238/2010:

- esercitare l'opzione per il passaggio al nuovo regime impatriati entro il 02 maggio 2017;

- Aver risieduto per 24 mesi in Italia prima dell'espatrio; -essere laureati e aver svolto attività di lavoro dipendente, autonomo o di impresa all'estro per 24 mesi;

- aver studiato all'estro per 24 mesi e aver conseguito un titolo accademico;

- trasferire la residenza anagrafica in Italia entro 3 mesi dall'assunzione o dall'avvio dell'attività.

6 Articolo 24-bis del TUIR

Opzione per l'imposta sostitutiva sui redditi prodotti all'estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia.

Regime di imposta sostitutiva, pari a centomila euro annui sui redditi prodotti all'estero dal soggetto residente (l'imposta sostitutiva è di venticinque mila euro annui per i familiari). Il regime, cui si accede tramite esercizio di apposita opzione in dichiarazione, ha una durata massima di 15 anni. trasferimento di residenza fiscale in Italia;

residenza all'estero per un tempo almeno pari a nove periodi d'imposta nel corso dei dieci precedenti quello di inizio di validità dell'opzione.

 

Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.