Prassi - MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO - Parere 29 dicembre 2016, n. 433949

Acconciatori - Esercizio dell’attività in forma itinerante

 

Con interpello del 17 novembre 2016, acquisito da questa Amministrazione con prot. n. 362508, è stato posto alla scrivente un quesito concernente la prestazione dei servizi professionali di acconciatura secondo peculiari modalità, di seguito esposte.

L’interpellante rappresenta di aver ricevuto, nell’ambito ed in esito ad un concorso volto a finanziare progetti di imprenditoria femminile, un premio consistente in un contributo a fondo perduto per la realizzazione della propria iniziativa imprenditoriale. Il progetto finanziato prevede «l’espletamento di un’attività di impresa di acconciatore itinerante c.d. HAIR TRUCK», il cui «elemento connotante (...) [è] quello di prestare servizio di coiffeur on the road (detersione, taglio e asciugatura) attraverso l’impiego di un veicolo speciale munito permanentemente di specifiche attrezzature e adibito a salone per acconciatore». Tuttavia, espone l’istante, non è finora risultato possibile beneficiare del contributo ottenuto «in ragione del fatto che le è stata negata l’iscrizione alla Camera di Commercio di Lecce e impedito di fatto lo svolgimento della predetta attività di impresa in virtù dell’art. 2 (...) della legge 17/08/2005 n. 174». Allega, infine, una rappresentazione grafica del veicolo speciale attrezzato per l’attività professionale, nonché copia di un articolo di stampa dedicato alla sua vicenda.

Ritenendo che il richiamato articolo 2, comma 4, della legge 174/2005 costituisca violazione delle disposizioni di cui all’articolo 1 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 (NOTA 1), nonché dei principi costituzionali di uguaglianza e di libertà delle attività economiche, rispettivamente sanciti dagli articoli 3 e 41 della Carta, oltre che dalle norme unionali, l’interpellante chiede il parere di questa Amministrazione «riguardo all’applicazione o meno [del] comma 4 dell’art. 3 della Legge 17/08/2005 n. 174 al caso di specie avente ad oggetto l’esercizio dell’attività di acconciatore tramite veicolo speciale accessoriato e la soluzione interpretativa ritenuta corretta rispetto al caso concreto sopra prospettato».

Nel merito si rappresenta quanto segue.

Come noto l’articolo 2 della legge 17 agosto 2005, n. 174, definisce al comma 1 «l’attività professionale di acconciatore, esercitata in forma di impresa», come l’attività ricomprendente «tutti i trattamenti e i servizi volti a modificare, migliorare, mantenere e proteggere l’aspetto estetico dei capelli, ivi compresi i trattamenti tricologici complementari, che non implicano prestazioni di carattere medico, curativo o sanitario, nonché il taglio e il trattamento estetico della barba, e ogni altro servizio inerente o complementare». Il successivo comma 3 precisa che l’attività di acconciatore «può essere svolta anche presso il domicilio dell’esercente ovvero presso la sede designata dal cliente, nel rispetto dei criteri stabiliti dalle leggi e dai regolamenti regionali. E’ fatta salva la possibilità di esercitare l’attività di acconciatore nei luoghi di cura o di riabilitazione, di detenzione e nelle caserme o in altri luoghi per i quali siano stipulate convenzioni con pubbliche amministrazioni». Il comma 4 del medesimo articolo reca infine la disposizione oggetto di censura da parte dell’interpellante, sancendo che «non è ammesso lo svolgimento dell’attività di acconciatore in forma ambulante o di posteggio».

Emerge con chiara evidenza che la fattispecie concreta descritta debba essere pienamente ricondotta alle norme sopra brevemente richiamate, trovando in esse la propria disciplina. In particolare, l’offerta del servizio con le modalità descritte, ovvero mediante l’utilizzo di un «veicolo speciale» appositamente adattato ed attrezzato per la prestazione in esso dell’attività di acconciatura, deve al di là di ogni dubbio qualificarsi come esercizio in forma ambulante, risultando perciò ostativa rispetto a tale ipotesi la più volte menzionata norma di cui all’articolo 2, comma 4, della legge 174/2005.

Sotto questo profilo, le censure avanzate in ordine all’asserita incompatibilità della disposizione in esame con le disposizioni recate dall’articolo 1 del decreto-legge 1/2012 non risultano, ad avviso di questa Amministrazione, condivisibili né fondate. Si ritiene, infatti, che il divieto di esercizio dell’attività di acconciatore in forma ambulante, posto dalla norma contestata, risulti invero pienamente giustificato dal perseguimento dei motivi imperativi di interesse generale connessi ai profili della sanità pubblica e della tutela dell’ambiente, nonché della protezione dei consumatori e dei destinatari dei servizi, e non ricada dunque nel novero delle disposizioni di legge da intendersi abrogate in forza delle norme di cui ai commi 1 e 2 del citato articolo 1 del decreto-legge 1/2012. Non risulta, peraltro, che la disciplina nazionale sia stata sotto questo profilo oggetto di rilievi in sede di espletamento dell’esercizio di trasparenza, di cui all’articolo 59 della direttiva 2005/36/CE (NOTA 2), recentemente condotto dall’Italia in contraddittorio con gli Uffici della Commissione europea e con gli altri Stati membri.

Alla luce della vigente disciplina normativa in materia di prestazione dell’attività professionale di acconciatura, sopra solo brevemente cennata, questa Amministrazione ritiene, in conclusione, di non poter aderire alle prospettazioni formulate dall’interpellante, dovendo al contrario desumere dal complessivo esame delle disposizioni richiamate la perdurante vigenza, allo stato, di un divieto di prestazione del servizio secondo le modalità descritte nell’interpello.

 

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Note:

(1) I commi 1 e 2 della disposizione di legge menzionata dispongono, come noto, che: «1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, in attuazione del principio di libertà di iniziativa economica sancito dall’articolo 41 della Costituzione e del principio di concorrenza sancito dal Trattato dell’Unione europea, sono abrogate, dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 3 del presente articolo e secondo le previsioni del presente articolo: a) le norme che prevedono limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso dell’amministrazione comunque denominati per l’avvio di un’attività economica non giustificati da un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l’ordinamento comunitario nel rispetto del principio di proporzionalità; b) le norme che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, nonché le disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritativa con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate e che in particolare impediscono, condizionano o ritardano l’avvio di nuove attività economiche o l’ingresso di nuovi operatori economici ponendo un trattamento differenziato rispetto agli operatori già presenti sul mercato, operanti in contesti e condizioni analoghi, ovvero impediscono, limitano o condizionano l’offerta di prodotti e servizi al consumatore, nel tempo nello spazio o nelle modalità, ovvero alterano le condizioni di piena concorrenza fra gli operatori economici oppure limitano o condizionano le tutele dei consumatori nei loro confronti. 2. Le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all’accesso ed all’esercizio delle attività economiche sono in ogni caso interpretate ed applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale, alla stregua dei principi costituzionali per i quali l’iniziativa economica privata è libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, presenti e futuri, ed ammette solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute, all’ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l’utilità sociale, con l’ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica»

(2) L’articolo 59 della direttiva 2005/36/CE così dispone: «1. Gli Stati membri notificano alla Commissione un elenco delle professioni regolamentate specificando le attività contemplate da ogni professione, e un elenco delle tipologie regolamentate di istruzione e formazione, e di formazione con una struttura particolare, di cui all’articolo 11, lettera c), punto ii), nel loro territorio entro il 18 gennaio 2016. Le eventuali modifiche apportate a tali elenchi sono notificate senza indebito indugio alla Commissione. La Commissione sviluppa e tiene aggiornata una banca dati accessibile al pubblico delle professioni regolamentate, ivi compresa una descrizione generale delle attività che rientrano in ciascuna professione.

2. Entro il 18 gennaio 2016 gli Stati membri notificano alla Commissione l’elenco delle professioni per le quali è necessaria una verifica preliminare delle qualifiche ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4. Gli Stati membri forniscono alla Commissione una giustificazione specifica per l’inserimento in tale elenco di ciascuna di queste professioni.

3. Gli Stati membri valutano se i requisiti stabiliti nel loro ordinamento giuridico per limitare l’accesso a una professione o il suo esercizio ai possessori di una specifica qualifica professionale, inclusi l’impiego di titoli professionali e le attività professionali autorizzate in base a tale titolo, indicati all’articolo come «requisiti», sono compatibili con i seguenti principi:

a) i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o del luogo di residenza;

b) i requisiti devono essere giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;

c) i requisiti devono essere tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo.

4. Il paragrafo 1 si applica inoltre alle professioni regolamentate in uno Stato membro da un’associazione o un’organizzazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, e agli eventuali requisiti in materia di adesione a tali organizzazioni o associazioni.

5. Entro il 18 gennaio 2016, gli Stati membri trasmettono alla Commissione le informazioni sui requisiti che intendono mantenere e sui motivi per ritenere detti requisiti conformi al disposto del paragrafo 3. Gli Stati membri trasmettono informazioni sui requisiti successivamente introdotti e sui motivi per ritenere detti requisiti conformi al paragrafo 3 entro sei mesi dall’adozione della misura.

6. Entro il 18 gennaio 2016 e successivamente ogni due anni, gli Stati membri presentano una relazione concernente i requisiti che sono stati eliminati o resi meno rigidi.

7. La Commissione trasmette le relazioni di cui al paragrafo 6 agli altri Stati membri e questi presentano le loro osservazioni entro un termine di sei mesi. Durante questo periodo di sei mesi, la Commissione consulta le parti interessate, compresi i professionisti interessati.