Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 04 ottobre 2016, n. 19833

Accertamento fiscale - Difetto di congruità rispetto ai parametri degli studi dì settore - Rideterminazione del reddito

 

Fatto e diritto

 

Costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti della contribuente A. W. P C. che non resiste , per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 10/2015, depositata il 9 gennaio 2015, che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva accolto il ricorso della contribuente avverso ravviso di accertamento con il quale, preso atto del difetto di congruità rispetto ai parametri degli studi dì settore, veniva rideterminato il reddito della contribuente.

La CTR, in particolare, ha affermato che non poteva essere ritenuta legittima la procedura seguita dall’Amministrazione finanziaria, in quanto essa, dopo aver accertato nei confronti della contribuente maggiori redditi sulla base dei c.d. studi di settore, le aveva inviato un semplice questionario senza poi incardinare, a fronte del copioso materiale da questa prodotto, alcun contraddittorio.

Da ciò la nullità dell’avviso di accertamento.

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 41 bis e 32 dpr 600/73 ai sensi dell’art. 360 n.3) c.p.c., deducendo che l’accertamento in oggetto non era riconducibile all’accertamento induttivo , ma al c.d. accertamento parziale ex art. 41 bis Dpr 600/73, che non comportava un contraddittorio endo-procedimentale, previsto invece per l’accertamento emesso sulla base degli studi di settore.

Il motivo appare inammissibile per novità della questione, posto che la diversa qualificazione dell’accertamento e la sua riconducibilità all’accertamento parziale ex art. 41 bis Dpr 600/73, con conseguente mancanza dell’obbligo di instaurazione del contraddittorio, non risulta ritualmente prospettata dall’Agenzia nelle fasi di merito. Orbene, come questa Corte ha già affermato, il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass.2140/2006).

Si osserva in ogni caso che la CTR ha accertato, con valutazione di mento che non è sindacabile nel presente giudizio e che non risulta efficacemente contraddetta dalle

deduzioni contenute nel ricorso dell’Agenzia, che l’atto impositivo emesso a carico della contribuente costituiva un accertamento induttivo basato su studi di settore e non anche un accertamento parziale ex art. 41 bis Dpr 600/73.

Del pari infondato appare il secondo motivo, atteso che la sentenza impugnata appare adeguatamente motivata, essendo ben indicata la ratio decidendi della statuizione, costituita, come già evidenziato, dalla qualificazione dell'atto impositivo come accertamento induttivo fondato sugli studi di settore e dalla conseguente nullità per omessa instaurazione del contraddittorio con il contribuente.

Considerato che la contribuente non ha svolto nel presente giudizio attività difensiva, non deve provvedersi sulle spese.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.