Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 07 marzo 2018, n. 5376

Promotore finanziario - Pagamento di provvigioni, delle indennità sostitutiva del preavviso e di risoluzione del rapporto - Affari conclusi successivamente alla cessazione del rapporto - Erronea ricognizione della fattispecie concreta attraverso l'esame di prove documentali - Tipica valutazione del giudice di merito - Ricorso inammissibile

 

Svolgimento del processo

 

1) Con sentenza non definitiva del 7.5.2009 - 22.1.2010 e sentenza definitiva del 6.10. 2011 - 9.1.2012, la corte d'Appello di Roma ha riformato parzialmente la sentenza del Tribunale di Roma del 7.8.2007 che aveva respinto le domande di V.N., agente in qualità di promotore finanziario della banca M.P.S. spa, dirette a far accertare il suo diritto al pagamento di provvigioni anche dopo la cessazione del rapporto, nonché dell'indennità sostitutiva del preavviso e dell'indennità di risoluzione del rapporto ai sensi dell'art. 1751 c.c..

2) La corte d'Appello ha ritenuto, diversamente dal primo giudice, che spettavano al N. le provvigioni di vendita che erano descritte nell'allegato A ex art. 6 punto 5 del contratto di agenzia oltre che le provvigioni di gestione maturate sino al giugno 2004, dalla data di cessazione del contratto, per quanto ancora non riscosse, che spettava altresì l'indennità sostitutiva del preavviso, atteso che la società aveva comunicato il recesso con preavviso di quattro mesi, con comunicazione del 9.6.2004, poi riconfermata con lettera del 25 giugno 2004, pur avendo ricevuto comunicazione di dimissioni da parte del N., in data 23 giugno 2004. Con la sentenza definitiva la corte ha altresì ritenuto dovuta l'indennità di scioglimento del contratto ove si fosse accertata, con sentenza definitiva, la ricorrenza di elementi " in linea con la condizione indicata dall'art. 1751 c.c., ossia "il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi".

3) Con sentenza definitiva la corte, in diverso collegio,ha ritenuto: a) che la domanda relativa al pagamento delle provvigioni andava accolta sulla base di quanto determinato dal CTU con riferimento ai prodotti finanziari Bussola, 4 You e Soluzione futuro, b) che l'indennità sostitutiva del preavviso non era contestata nell'an e nel quantum,c) che l'indennità di scioglimento del contratto di cui all'art. 1751 c.c. era dovuta, atteso che in base alla documentazione in atti (relativa a premi di produzione , riconoscimenti professionali, premi aggiuntivi) emergeva che l'agente aveva procurato sostanziali vantaggi rispetto alla situazione preesistente, essendo peraltro ininfluente che fosse stato l'agente a recedere dal contratto non potendo l'esercizio della libertà negoziale privare il titolare di un diritto derivante dall'attività svolta, con arricchimento ingiustificato della controparte.

4) Avverso le sentenze ha proposto ricorso per cassazione M.P.S. affidato a sei motivi , cui ha opposto difese con controricorso il N., svolgendo anche ricorso incidentale affidato a due motivi, a cui ha resistito la banca con controricorso.

Sono state depositate memorie ai sensi dell'art. 378 c.p.c. da entrambe le parti.

 

Motivi della decisione

 

5) Con il primo motivo di ricorso principale la Banca ricorrente deduce la violazione dell'art. 1748 c.c. e dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.: secondo la banca la sentenza non definitiva nel riconoscere il diritto alle provvigioni richieste dall'agente ha richiamato "l'allegato A ex art. 6 punto 5 del contratto di Agenzia", riportandone anche il contenuto, dove espressamente si fa riferimento a "proposte raccolte dal promotore in data antecedente allo scioglimento del contratto e a condizione che tali proposte siano pervenute alla banca entro 30 giorni successivi allo scioglimento in esame e la conclusione dell'affare sia da ricondurre espressamente all'attività svolta dal promotore". Tal clausola quindi richiamerebbe il principio espresso dall'art. 1748 comma 3° c.p.c., riferendosi a provvigioni spettanti solo per affari conclusi successivamente alla cessazione del rapporto. La sentenza avrebbe errato perché non sarebbero state tali le provvigioni indicate dall'agente, il quale aveva sempre chiesto la liquidazione di provvigioni per affari conclusi durante la vigenza del contratto. La sentenza non definitiva pertanto avrebbe errato riconoscendo provvigioni di prodotti finanziari la cui vendita era stata già conclusa prima della cessazione del contratto e sarebbe anche errata l'ulteriore statuizione relativa al diritto di vedersi liquidate le provvigioni maturate ed ancora non riscosse al giugno 2004, data della cessazione del contratto. Ciò in quanto l'agente non aveva mai chiesto liquidazione di provvigioni non riscosse, ma il pagamento delle provvigioni di gestione (management) per i successivi sei anni di durata del contratto.

6) Con il secondo motivo di gravame la ricorrente deduce la violazione dell'art. 1748 c.c., con riferimento all'art. 3690 c. 1 n. 3 c.p.c. (ndr art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale, anche con la sentenza definitiva, errato nel far propria la tesi del CTU secondo cui le provvigioni spetterebbero anche per gli anni successivi alla fine del mandato, potendo invece il N. percepire, in base all'art. 1748 c.c., soltanto le provvigioni maturate e non riscosse, relative ad affari conclusi comunque antecedentemente alla cessazione del rapporto. Per tali contratti già conclusi, per il quale il promotore abbia ottenuto le relative commissioni in corso di rapporto e sino al recesso, la fattispecie è regolata dall'art. 1751 c.c. che prevede la corresponsione dell'indennità di cessazione del rapporto diretta a compensare la perdita di clienti e di provvigioni da parte dell' agente. La richiesta del N. non poteva che riferirsi proprio a tale ipotesi, avendo egli ricevuto nel corso del rapporto le provvigioni, c.d. di vendita e di gestione, fino al suo scioglimento. Errata sarebbe pertanto anche la sentenza definitiva, laddove ha fatto proprie le conclusioni della CTU contabile, secondo cui le provvigioni spettavano al N. anche per gli ani successivi alla fine del mandato.

6) Con il terzo motivo di ricorso la Banca ricorrente deduce l'insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell'art. 360 c. 1, n. 5 c.p.c., con riferimento alla sentenza definitiva. La Corte territoriale avrebbe errato nel recepire i conteggi della CTU in cui le provvigioni erano state calcolate secondo criteri diversi da quelli indicati nel quesito. In particolare, a dire della ricorrente, la sentenza definitiva omette qualsiasi motivazione in ordine alle note autorizzate sull'elaborato peritale, dove la Banca aveva svolto precise critiche, precisando cosa fossero sia le provvigioni cd di vendita, dovute solo ed esclusivamente all'atto della conclusione della vendita del prodotto e non parametrate all'intera durata del contratto sottoscritto dal cliente (come operato dal CTU), sia le provvigioni cd di gestione, relative all'attività di assistenza del cliente, che cessava unitamente al rapporto di agenzia. Ha lamentato altresì la ricorrente la contraddittorietà della motivazione laddove la Corte, nella sentenza definitiva ha ritenuto che gli importi della CTU sarebbero stati contestati solo in punto di an debeatur, ma non rispetto al metodo di calcolo. Ciò in quanto anche la contestazione del metodo di calcolo era stata invece ampiamente svolta nella memoria di appello.

7) con il quarto motivo la Banca deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 1334 c.c. (art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c.) per avere la corte, con la sentenza non definitiva, riconosciuto erroneamente l'indennità sostitutiva del preavviso, mentre sarebbe emerso che era stato il N. a recedere, facendo pervenire alla Banca le sue dimissioni, prima di ricevere dalla mandante la disdetta del contratto.

Secondo la ricorrente la comunicazione del recesso per dimissioni del N. del 16.6.2006 era stata ricevuta dalla banca il 23.6.2004, mentre invece la lettera di recesso della Banca, sia pure con preavviso, era pervenuta al N. il 24.6.2004 e dunque successivamente.

8) Con il quinto motivo di gravame si lamenta la contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell'art. 360 c. 1, n. 5 c.p.c., per avere la corte romana affermato, nella sentenza definitiva, che l'indennità di preavviso non era contestata nell'an e nel quantum, laddove invece la Banca aveva contestato detta indennità in ordine all'an debeatur, avendo precisato nella memoria di appello e prima ancora nella memoria di costituzione in primo grado, che tale indennità non spettava, essendo imputabile al N. la cessazione del rapporto per dimissioni.

9) Con il sesto motivo di ricorso la Banca deduce, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 1751 comma 2 c.c., per avere la corte d'Appello ritenuto nella sentenza non definitiva che il recesso fosse stato intimato dalla Banca e nella sentenza definitiva che sulla base della documentazione in atti - premi di produzione, riconoscimenti professionali e premi aggiuntivi - dovesse ritenersi che il N. aveva procurato alla preponente sostanziali vantaggi rispetto alla situazione precedente. Secondo la banca il recesso avvenuto per dimissioni era ostativo anche solo all'esame della domanda di pagamento dell'indennità. Comunque aveva errato la corte nel ritenere provati i sostanziali vantaggi soltanto con documentazione non pertinente, trattandosi di riconoscimenti di premi di produzione.

10) Con il primo motivo di ricorso incidentale il N. ha dedotto la violazione dell'art. 1751 c.c. ai sensi dell'art. 360 c. 1, n. 3 c.p.c., oltre che la insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell'art. 360 c. 1, n. 3 c.p.c. per avere la corte errato nel ritenere possibile e/o legittima la riduzione dell'indennizzo e per avere insufficientemente motivato la riduzione operata con riguardo alla somma maggiore determinata in sede di CTU contabile.

11) con il secondo motivo ha lamentato il N. la violazione degli art. 91 e 92 c.p.c. per avere la corte ridotto le spese con una compensazione che non poteva essere effettuata, essendo la banca appellata totalmente soccombente.

12) Il ricorso principale deve dichiararsi inammissibile. Inammissibile è il primo motivo che censura la decisione lamentando un' errata applicazione in particolare dell'art. 1348 comma 3 c.c., ma che in realtà non chiarisce quale sia stata I' errata interpretazione di tale norma con riferimento alla fattispecie concreta esaminata, peraltro neanche sufficientemente descritta dalla sentenza non definitiva appellata , la quale che si limita ad un approssimativo quanto imperfetto richiamo di una clausola contrattuale (art. 6 punto 5 che dovrebbe far riferimento all' allegato A) contenente l'indicazione dei prodotti indicati nel ricorso introduttivo di primo grado del N.. La ricorrente in sostanza deduce una falsa applicazione dell'art. 1748 c.p.c. (ndr art. 1748 c.c.) ad una fattispecie concreta diversa da quella contemplata dalla norma di diritto invocata. Tuttavia il vizio lamentato non attiene alla falsa applicazione della norma di diritto indicata e neanche ad una errata applicazione della clausola contrattuale del contratto di agenzia (che si richiama indirettamente al principio contenuto nel comma 3 dell'art. 1748 citato) ad una fattispecie concreta diversa, in termini quindi di violazione di canoni di ermeneutica contrattuale ai sensi dell'art. 1362 e ss c.c., ma si tratta di una censura che afferisce ad un vizio di motivazione che andava pertanto censurato ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c.. Ed infatti la banca ricorrente lamenta che la corte di merito abbia errato nel ritenere che andassero liquidate le provvigioni su prodotti , che peraltro la sentenza non definitiva individua genericamente facendo esclusivo riferimento alle pagine del ricorso introduttivo di primo grado in cui sarebbero elencati, che erano oggetto di contratti già conclusi e non di proposte raccolte dal promotore per contratti non ancora conclusi, come indicato dalla clausola contrattuale richiamata dalla stessa sentenza impugnata. Di qui l'inammissibilità del motivo, perché la ricorrente di fatto non deduce una falsa applicazione di legge, ma una errata valutazione delle risultanze documentali di causa, in ragione di un' erronea ricognizione della fattispecie concreta fatta dalla corte, che l'avrebbe portata a ritenere che fosse stata richiesta la liquidazione di provvigioni per affari conclusi dopo la data di scioglimento del contratto e non prima.

13) Per analoghe ragioni è egualmente inammissibile il secondo motivo di gravame che riproponendo la stessa errata censura di cui al primo motivo , ossia la violazione dell'art. 1748 c.c., invece del vizio di motivazione, si riferisce in questo caso alla sentenza definitiva che, riportandosi ad un'errata perizia d'ufficio, avrebbe come quest'ultima operato la liquidazione delle provvigioni anche per i periodi successivi alla fine del mandato, sebbene si trattasse di provvigioni - di gestione e di vendita spettanti soltanto sino alla cessazione del rapporto, in quanto relative a contratti conclusi antecedentemente a tale cessazione.

14) Non può che ritenersi l'inammissibilità anche del terzo motivo di gravame. Ed infatti la banca ricorrente ha violato il principio di autosufficienza perché trascrivendo esclusivamente un breve inciso della clausola più volte menzionata, privo di un richiamo più completo alla parte del contratto di agenzia contenente la completa e precisa regolamentazione contrattuale delle provvigioni, senza una trascrizione anche delle pagine salienti del ricorso sia di primo grado che di appello del N., esplicative degli affari per i quali venivano richieste le provvigioni, oltre che del quesito formulato al CTU, non ha consentito a questa corte una diretta verifica delle domande in concreto svolte dall'agente e neanche del percorso argomentativo seguito dal CTU nel rispondere al quesito. E' appena il caso di rilevare , infatti, che non può ritenersi in alcun modo esaustiva la mera trascrizione, nel ricorso di cassazione, di pur ampia parte della propria memoria difensiva di appello e della nota di critica alla CTU del 9.2.2010, autorizzata dalla corte di merito, in assenza della trascrizione della parte saliente degli atti prima indicati. Questa corte ha più volte statuito che laddove il motivo di ricorso per cassazione riguarda la valutazione del giudice di merito di prove documentali - con riferimento non solo al vizio di cui all'art. 360 c. 1 n. 5, ma anche con riferimento al vizio inerente il comma 1 n. 3 o n. 4 del citato art. 360, il ricorrente ha l'onere in principalità di riprodurre la parte essenziale del documento nel ricorso, quindi di indicare la sede processuale del giudizio di merito in cui la produzione è avvenuta e dove tale documento è rinvenibile e quindi prodotto (cfr Cass. n. 22607/2007, Cass. n. 22726/2011, Cass. n. 195/2016).

15) Ad analogo giudizio di inammissibilità deve giungersi in relazione al quarto e quinto e sesto motivo di ricorso, che non sfuggono ad un medesimo giudizio di carenza di autosufficienza. Ed infatti non sono state trascritte le lettere di recesso, con relativa attestazione anche delle date di ricezione, ed in particolar modo la seconda lettera di recesso della Banca, così da consentire una conoscenza diretta della volontà espressa dalla ricorrente, al fine di valutare la decisione della corte distrettuale che fonda in particolare sul contenuto di tale comunicazione l'imputazione alla banca della volontà risolutiva del rapporto, con riferimento alla spettanza tanto dell'indennità di preavviso, quanto dell'indennità di scioglimento di cui all'art. 1751 c.c.

16) In relazione al sesto motivo deve poi rilevarsi che erroneamente la censura viene rubricata e poi esposta come vizio attinente a violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell'art. 360 c. 3 c.p.c., con riferimento alla ritenuta sussistenza dei presupposti per il suo riconoscimento. Ed infatti la pur scarna motivazione sul punto, offerta dalla sentenza definitiva,non ha erroneamente interpretato o applicato il primo comma dell'art. 1751 c.c., laddove detta norme richiede per il riconoscimento dell'emolumento l'acquisizione di nuovi clienti oppure il sensibile sviluppo degli affari con i clienti esistenti, ma semmai ha scarsamente motivato in ordine agli elementi probatori che ha ritenuto sussistere a sostegno di tale riconoscimento del presupposto richiesto dalla legge. Anche in tal caso quindi si è in presenza di un vizio motivazionale, perché di fatto viene lamentata un'erronea ricognizione della fattispecie concreta attraverso l'esame di prove documentali (attestati premi di produzione, riconoscimento professionale e premi aggiuntivi), operazione che è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge, per rientrare nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è in questa sede possibile esclusivamente sotto l'aspetto del vizio di motivazione di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c.

16) L'accertata inammissibilità del ricorso principale comporta la declaratoria di inefficacia del ricorso incidentale , ai sensi di quanto statuito dal secondo comma dell'art. 334 c.p.c. (Cfr Cass. 24291/2016). Le spese del presente giudizio possono essere pertanto compensate tra le parti.

 

P.Q.M.

 

Dichiara l'inammissibilità del ricorso principale, dichiara inefficace il ricorso incidentale. Compensa le spese del giudizio di legittimità.