Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 gennaio 2018, n. 2153

Socio di società in nome collettivo - Iscrizione alla Gestione Commercianti - Esercizio dell'attività commerciale in modo abituale e prevalente - Diretta correlazione all'essere socio con poteri di gestione della società - Attività di riscossione di canoni di locazione, non finalizzata alla prestazione di servizi in favore di terzi né ad atti di compravendita o di costruzione - Semplice gestione degli immobili concessi in locazione - Escluso l’esercizio di attività commerciale

 

Rilevato

 

che la Corte di appello di Genova, con sentenza del 28.12.2015 nr.392, in accoglimento del gravame proposto da A. C. avverso la sentenza del Tribunale di Massa, dichiarava che il predetto nella sua qualità di socio della società D. snc, non era tenuto ad essere iscritto alla Gestione Commercianti ed alla corresponsione dei relativi contributi relativamente al periodo 2006-2012;

che avverso tale sentenza l'INPS, in proprio e nella qualità di procuratore speciale della S.C.C.I. ( Società di cartolarizzazione dei Crediti INPS) spa ha proposto ricorso affidato ad unico motivo, al quale ha opposto difese il C. con controricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio;

 

Considerato

 

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata; che con l'unico motivo viene denunziata violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1, commi 202, 203 e 208 della legge 662/1996 e dell'art. 3 comma 2 della legge 45/86, assumendosi: che, contrariamente a quanto sostenuto nella impugnata sentenza il socio di una s.n.c. è per ciò stesso, in quanto unico soggetto abilitato a compiere atti in nome della società, tenuto alla iscrizione nella Gestione Commercianti perché l'esercizio dell'attività commerciale in modo abituale e prevalente è "in re ipsa", ossia direttamente correlato all'essere socio con poteri di gestione della società; che l'attività di riscossione di canoni di locazione di immobile, rientrando in quella più ampia di gestione del patrimonio immobiliare, ha natura commerciale; che il giudizio di prevalenza richiesto dalla legge n. 662/1996 è di natura endogena ovvero deve essere compiuto in relazione alle vicende interne della società senza che assumano rilievo ulteriori attività espletate dal socio estranee alla partecipazione sociale;

che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;

che, infatti, questa Corte (Cassazione civile, sez. VI, 21/08/2017, n. 20236; sez. VI 29 dicembre 2016 n. 27376, sez. VI, 11/02/2013, n. 3145; Cassazione civile, sez. lav., 06/09/2016, n. 17643) ha già chiarito, con orientamento consolidato che in questa sede va ulteriormente ribadito, che l'attività di riscossione di canoni di locazione, non finalizzata alla prestazione di servizi in favore di terzi né ad atti di compravendita o di costruzione, non esorbita dalla semplice gestione degli immobili concessi in locazione e, pertanto, non configura esercizio di attività commerciale ai fini dell'iscrizione nella gestione commercianti.

Presupposto imprescindibile per l'iscrizione alla gestione commercianti è invece, in conformità a quanto previsto dalla legge 23 dicembre 1996 n. 662, art. 1 comma 203 ( che ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1), lo svolgimento di un'attività commerciale.

Tale principio è estensibile anche all'ipotesi, qui rilevante, in cui la attività sociale si esaurisca nell'affitto di azienda, poiché anche in tale eventualità vi è un mero godimento ( del bene-azienda) e non anche l'esercizio dinamico dell'attività di impresa ( in termini: Cass., sez VI, 31/05/2017 nr. 13820; 9/05/2017 nr. 11252; 06/04/2017 nr. 8872; 03/03/2017 nr. 5479; 11/02/2013 nr. 3145).

E' stato accertato in fatto— con giudizio in questa sede non contestato- che la snc DO.CI.PA di cui il C. era socio non svolgeva attività diverse da quella limitata alla riscossione del canone di affitto dell'azienda di cui era proprietaria. Dovendosi considerare lo svolgimento in concreto di un'attività commerciale resta invece irrilevante il contenuto dell'oggetto sociale;

che pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato con ordinanza, ai sensi dell'art. 375, n. 5, cod. proc. civ.;

che le spese del presente giudizio vanno regolate come da dispositivo;

che sussistono le condizioni di cui all'art. 13, comma 1 quater, DPR 115 del 2002;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 200 per spese ed € 1.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.