Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 marzo 2017, n. 6412

Licenziamento - Cambio di gestione del servizio pubblico - Illegittimità - Accertamento

 

Svolgimento del processo

 

1. Con la sentenza in data 29.5.2015 la Corte di Appello di Bari ha dichiarato l'inammissibilità del reclamo proposto avverso la sentenza pronunziata ex art. 1 c. 51 della legge 92 del 2012, che aveva respinto l'opposizione avverso l'ordinanza di rigetto del ricorso, proposto, da I. V. e S. M. volto all'accertamento della nullità, illegittimità, inefficacia del licenziamelo intimato dalla curatela del fallimento A. spa in data 12.11.2012, del diritto all'assunzione alle dipendenze della A. spa e dell'avvenuto affidamento a quest'ultima del servizio locale di raccolta integrata dei rifiuti del territorio comunale di Foggia con decorrenza dal 16.12.2012, in ragione del trasferimento di azienda per cambio di gestione del servizio pubblico.

2. La Corte territoriale ha ritenuto che il reclamo non era conforme alla previsione contenuta nell'art. 434 c.p.c., nel testo, applicabile "ratione temporis", modificato dalla legge n. 134 del 2012, perché, pur compendiandosi in uno sviluppo espositivo di sessantaquattro pagine, non risultavano specificati i motivi di censura della decisione impugnata.

3. Avverso detta sentenza I. V. e S. M. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, al quale hanno resistito con controricorso il fallimento A. spa, il Comune di Foggia, l'A. Puglia spa.

4. L'Inps è rimasto intimato.

5. I ricorrenti , e l'A. Puglia spa hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

6. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 342, 434, e 414 c.p.c, 24 e 111 della Costituzione, 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e 47 della Carta dei diritti Fondamentali dell'Unione Europea.

7. Deducono che tutti i motivi posti a fondamento della opposizione avverso l'ordinanza del Tribunale erano stati richiamati nell'atto di reclamo al fine di adeguatamente contrastare la sentenza di primo grado, la quale, ribadendo le stesse motivazioni già svolte nel provvedimento conclusivo della prima fase del giudizio di primo grado senza alcuna delibazione dei motivi di opposizione, aveva escluso la configurabilità di trasferimento di azienda; che i motivi di reclamo afferivano alla violazione da parte del giudice di primo grado della normativa regolante la materia dedotta in giudizio con conseguente necessità per essi reclamanti di sviluppare nel grado di appello nuovamente le ragioni in fatto ed in diritto poste a fondamento della domanda, al fine di evidenziare le contraddizioni motivazionali e l'erronea valutazione del materiale probatorio; che l'ampiezza dell'atto di reclamo trovava ragione nella complessità della vicenda dal punto di vista giuridico ed economico.

8. Assumono che: l'atto di reclamo conteneva una brevissima sintesi del ricorso introduttivo della prima fase del giudizio di primo grado; nelle pagine 5-6 erano state riprodotte soltanto le conclusioni del ricorso in opposizione avverso l'ordinanza del 30.9.2013; gli unici atti riprodotti nell'atto di reclamo erano costituiti dall'ordinanza del 30.9.2013 e dalla motivazione della sentenza n. 2234 del 2014, impugnata nella sua integralità in quanto non scindibile in capi autonomamente impugnabili; nelle pagine da 8 a 32 erano stati descritti i fatti di causa in ossequio a quanto prescritto dagli artt. 414 e 434 c.p.c.; tutte le vicende relative ai licenziamenti collettivi e all'affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti ad A. spa a decorrere dal febbraio 2013, erano rilevanti ai fini della configurabilità della fattispecie del trasferimento di azienda; nella pagina 32 erano stati esplicitati i motivi di censura; il commento della sentenza n. 11198/2013 di questa Corte era funzionale al contrasto delle argomentazioni della sentenza impugnata; il riferimento alla sentenza di primo grado ed alle ragioni di dissenso erano state esposte nelle pagine 43 ( punto 92), 48 ( punto 101), 52 (punto 114), 55-56 ( punti 121 e 122), 56-62 (paragrafo 7); nelle pagine 62-63 risultava condensato tutto quello che la Corte territoriale aveva dichiarato di essersi affannata inutilmente a ricercare; essi ricorrenti si erano anche fatti carico di suggerire una motivazione alternativa a quella della sentenza impugnata; il reclamo era stato ripartito in capitoli e paragrafi.

9. I ricorrenti sostengono che i principi espressi nella decisione di questa Corte n. 26192/2005, richiamati dalla Corte territoriale nella pagina 7 della sentenza impugnata, sarebbero del tutto estranei alla fattispecie dedotta in giudizio nella sentenza impugnata.

10. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 e n. n. 4 c.p.c, violazione e/o falsa applicazione dell'art. 132 c. 2 n. 4 c.p.c. sul rilievo che la Corte territoriale, pur avendo ritenuto che l'atto di reclamo era privo del requisito della specificità, aveva, poi, contraddittoriamente affermato che, comunque, le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal Tribunale erano apparse congruamente motivate e sorrette da iter logico-argomentativo coerente e convincente, omettendo di spiegare le ragioni di tali affermazioni.

Esame dei motivi di ricorso.

In via preliminare va rigettata l'eccezione di improcedibilità del ricorso, formulata, ai sensi dell'art. 369 c. 1 c.p.c., dalla controricorrente A. Puglia spa nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c.: il ricorso risulta depositato nel termine di venti giorni decorrente dalla data del perfezionamento dell'ultima notifica del ricorso effettuata nei confronti dell'Inps.

Il primo motivo è infondato.

11. In sintesi i ricorrenti deducono la sussistenza di un nesso di pertinenza tra "devolutum" e "appellatum" negato dalla Corte territoriale e lamentano che essa avrebbe erroneamente tratto dal numero delle pagine componenti il reclamo il difetto del requisito di specificità.

12. Va ribadito innanzitutto il principio già affermato da questa Corte secondo cui i requisiti del reclamo, di cui all'art. 1 c. 58 della L. 92/2012, devono essere modulati in sostanziale conformità con quelli del ricorso in appello, disciplinato dall'art. 434 c.p.c. (Cass. 17863/2016, 7571/2016, 7718/2016, 22142/2015, 23021/2014), nel testo novellato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. c) bis, conv. nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis (il reclamo è stato proposto il 4.4.2014).

13. Tanto precisato, va data continuità anche all'orientamento giurisprudenziale di questa Corte ( Cass. 17863/2016, 17260/2016, 2143/2015), secondo cui l’art. 434 c.p.c., comma 1, nel testo introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. c) bis, conv. nella L. 7 agosto 2012, n. 134, in coerenza con il paradigma generale contestualmente introdotto nell’art. 342 c.p.c., non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma, in ossequio ad una logica di razionalizzazione delle ragioni dell'impugnazione, impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente, sotto il profilo della latitudine devolutiva, il "quantum appellatum" e di circoscrivere l'ambito del giudizio di gravame, con riferimento non solo agli specifici capi della sentenza impugnata, ma anche ai passaggi argomentativi che li sorreggono.

14. E' stato al riguardo osservato che, sotto il profilo qualitativo, le argomentazioni che vengono formulate, devono proporre le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal giudice di primo grado ed esplicitare in che senso tali ragioni siano idonee a determinare le modifiche della statuizione censurata chieste dalla parte e, quanto al valore da attribuirsi alla puntualizzazione del requisito della "specificità" dei motivi, che l'economia dei tempi processuali perseguita dalla novella può essere ottenuta solo esigendo il rispetto da parte dell'appellante, in un'ottica di leale collaborazione ed a pena di inammissibilità del gravame, di precisi oneri formali, che impongono uno sforzo di razionalizzazione delle ragioni dell'impugnazione.

15. Allo scopo di individuarne l'estensione, va considerato che il principio della ragionevole durata del processo, elevato a rango costituzionale a seguito della riformulazione dell'art. 111 Cost., ad opera della legge costituzionale n. 2 del 1999, costituisce il parametro per adottare un' interpretazione delle norme processuali funzionalizzata all'accelerazione dei tempi della decisione, conducendo a privilegiare opzioni contrarie ad ogni inutile appesantimento del giudizio, in sintonia con l'obiettivo perseguito anche a livello sovranazionale dall'art. 6 della CEDU di assicurare una decisione di merito in tempi ragionevoli (così Cass. n. 13825 del 2008, Cass. S.U. n. 5700 del 2014, Cass. S.U. n. 9558 del 2014, Cass. n. 17698 del 2014).

16. Va, inoltre, osservato che non essendo prevista, a livello costituzionale, la pluralità di gradi di giudizio (fatto salvo il ricorso per cassazione per violazione di legge contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale), il legislatore nazionale gode di una certa discrezionalità nel prevedere limiti all'accesso alle impugnazioni.

17. Occorre, altresì, considerare anche che, come evidenziato da questa Corte (Cass. SSUU 5700/2014 e 9558/2014), non può prescindersi dai principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte EDU in via di interpretazione dell'art. 6, p.l della CEDU, di cui il giudice italiano deve fare applicazione, a norma dell'art. 117 Cost (Corte Cost. sentt. n. 368 e 369 del 2007; Cass. 5720/2012).

18. La Corte EDU, pur sottolineando che ad essa non compete un sindacato sulla interpretazione e sull'applicazione della regola emessa a livello nazionale, ammette poi le limitazioni all'accesso ad un giudice solo in quanto espressamente previste dalla legge ed in presenza di un rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (v., ex plurimis, Omar c. Francia, 29 luglio 1998; Bellet c. Francia, 4 dicembre 1995), affermando, in particolare, che ritenere l'irricevibilità di un ricorso non articolato con la specificità richiesta configura un eccessivo formalismo (tra le altre, Walchi c. Francia, 26 .7.2007; Dobric contro Serbia 21.6.2011 ); ovvero ponendo in rilievo l'esigenza che le limitazioni al diritto di accesso ad un giudice siano stabilite in modo chiaro e prevedibile, e, dunque, alla stregua di una giurisprudenza non ondivaga o non specifica (Faltejsek c. Rep. Ceca, 15.8.2008).

19. La stessa Corte ha precisato che il vincolo del rispetto del diritto ad un processo equo, imposto dall'art. 6 comma 1 della CEDU, si applica anche ai provvedimenti di autorizzazione all'impugnazione (Corte EDU, Hansen c. Norvegia, 2.102014; Dobric c. Serbia, 21.7.2011, citata).

20. Il quadro costituzionale e sovranazionale orienta, quindi, verso canoni interpretativi capaci di assicurare il compito correttivo del giudizio d'appello, finalizzato a garantire la conformità della decisione di primo grado alla legge ed alle risultanze processuali, ma sanzionando le pratiche che, comportando un abuso del processo, determinino un'ingiustificata dilatazione dei suoi tempi ed un ingiustificato aggravio del lavoro del giudice.

21. Sulla base di tali argomentazioni, occorre concludere che gli oneri che vengono imposti alla parte devono essere interpretati in coerenza con la funzione loro ascritta e devono, pertanto, consentire di individuare agevolmente, sotto il profilo della latitudine devolutiva, il "quantum appellatum" e di circoscrivere, quindi, l'ambito del giudizio di gravame, con riferimento non solo agli specifici capi della sentenza impugnata, ma anche ai passaggi argomentativi che li sorreggono; sotto il profilo qualitativo, le argomentazioni che vengono formulate devono proporre le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo Giudice ed esplicitare in che senso tali ragioni siano idonee a determinare le modifiche della statuizione censurata chieste dalla parte. (Cass. 17863/2016, 17260/2016, 2143/2015).

22. Tali essendo i requisiti contenutistici del ricorso in appello, deve ancora precisarsi che con la reiterata locuzione "indicazione", il legislatore non ha previsto che le deduzioni della parte appellante debbano assumere una determinata forma o ricalcare la decisione appellata con diverso contenuto, né ha adottato una logica di riproposizione del noto (ed oggi superato) requisito del "quesito di diritto": il legislatore ha solo statuito che i contenuti critici proposti debbano essere articolati in modo chiaro ed esauriente, oltre che pertinente.

23. Quanto detto non esclude che il ricorso in appello, ovvero il reclamo, possa riproporre anche le argomentazioni già svolte in primo grado, purché esse siano comunque funzionali a supportare le censure proposte nei confronti di specifici passaggi argomentativi della sentenza appellata.

24. Tanto precisato, il doveroso (Cass. 24481/2014, 14098/2009, 11039/2006, 15859/2002, 6526/2002) esame della sentenza oggetto del reclamo e dell'atto di reclamo, esclude l'esistenza del chiaro nesso logico-espositivo, posto che, come rilevato dalla Corte territoriale, l'atto di reclamo (riprodottocene pagine da 34 terzo cpv. a 72, quinto cpv. del ricorso per cassazione ) si sviluppa in un imponente susseguirsi di rimandi e richiami:

25. alla procedura di amministrazione straordinaria di A. spa ed alle motivazioni dei provvedimenti adottati nelle varie fasi e gradi della procedura, per quanto è dato comprendere dalla riproduzione in successione di testi in corsivo e dalla titolazione del paragrafo " 2. La scelta e responsabilità del Comune di Foggia di far fallire la controllata A." , alla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Foggia del 10.12.2012 /8.1.2013 (ricorso da pg. 38 punto 2.11 a pg. 44 , punto 19).

26. a protocolli d'intesa tra l'Amministrazione Comunale e le OOSS di A. e Daunia Ambiente, agli accordi sindacali ex art. 4 e 24 della L n. 223/1991, al provvedimento del giudice delegato di autorizzazione dell'esercizio provvisorio di A. spa, alle missive di avvio della procedura ex L. n. 223 del 1991, alla corrispondenza intercorsa tra il Comune di Bari e quello di Foggia sull'affitto di ramo d'azienda, alle lettere di comunicazione e di revoca dei licenziamenti, ad ulteriori provvedimenti del giudice delegato, a comunicati stampa, alle nuove procedure ex L. n. 223/1991 ed alle nuove comunicazioni di licenziamento, all'incontro del 15.11.2012 relativo ad eventuale contratto di affitto dei beni immobili nella disponibili di A. spa, ad incontri tra enti territoriali volti alla salvaguardia dei livelli occupazionali, alle deliberazioni del Comune di Foggia di autorizzazione all'acquisto di beni immobili della curatela fallimentare (ricorso da pg. da 45 a 49 punto 53)

27. alle vicende di lavoratori diversi dai ricorrenti e alle loro scelte processuali (ricorso da pg 50, punto 61 a pg. 51 punto 62)

28. al provvedimento della Regione Puglia di proroga della gestione da parte di A. spa del ciclo dei rifiuti urbani del Comune di Foggia e dell'impianto di biostabilizzazione di Passo Breccioso ( ricorso pg. 51 punto 64)

29. al provvedimento del Comune di Foggia della "manifestazione di interesse all'acquisizione di una partecipazione nella società A. spa di Bari per l'affidamento in house alla stessa del servizio di igiene urbana" dalla predisposizione da parte di A. spa di dichiarazioni dei lavoratori ex A. spa e Daunia Ambiente spa di essere iscritti nelle liste mobilità (ricorso pg. 51, punto 65, pg.52 punto 66)

30. alla richiesta degli sgravi contributivi di A. spa ex art. 8 L 223/1991 ( pg. 52 punto 68 del ricorso).

31. alle sentenze di questa Corte nn. 11918/2013, 20192/20118460/2011 (pg. da 52 punto 70 a pg. 55 punto 79)

32. al D.Lgs. n. 152/2006, al D. L.gs n. 165/2001, alla sentenza CGUE 6.9.2011 causa C- 108/10, alla sentenza della Corte Costituzionale n. 226 del 2012 - questa ampiamente riprodotta in nota a piè di pagina -, al D.L. 112/2008, al D.L. n. 95 del 2012 al D.L. 248/2007, alla contrattazione collettiva settore Federambiente, all'interpello n. 22 del 1.8.2012 , al provvedimento del 28.9.2012 n. 3112/2012 del giudice delegato ai due fallimenti delle imprese foggiane, al provvedimento del 18.10.2012 del giudice delegato con il quale era stata disposta la cessazione dell'esercizio provvisorio al 15.12.2012 (da pg. 56 punto 81 a pg. 68 punto 138).

33. Ebbene, se i richiami alle complesse vicende amministrative, giudiziarie, sindacali potevano costituire, negli atti introduttivi dei giudizi di primo grado, premessa utile per ricostruire il contesto fattuale nel quale si inseriva la vicenda lavorativa degli odierni ricorrenti, con l'atto introduttivo del giudizio di appello i reclamanti avevano l'onere di svolgere le proprie difese evidenziando in maniera chiara e specifica ed immediatamente percepibile quali fossero le specifiche doglianze formulate nei confronti del provvedimento di primo grado.

34. Onere non assolto perché l'imponente sequela di riproduzioni e di citazioni di atti, di leggi, di sentenze, contenuta nell'atto di reclamo non ha segnalato i punti critici della decisione impugnata, non è approdata a chiare e lineari censure, ma ha costretto il giudice del gravame ad uno sforzo, tanto impegnativo quanto inutile, di rinvenimento del "desumbile" dalla sovrabbondante e ridondante enfasi espositiva e narrativa.

35. Se, infatti, appare chiaro che nell'atto di reclamo la tesi ribadita, è quella di escludere il meccanismo cessazione-nuovo affidamento e affermare il fenomeno successorio di cui all'art. 2112 c.c. da A. spa a A., nel medesimo atto non è possibile rinvenire, neppure all'esito di una impegnativa e difficoltosa opera di "esplorazione", le specifiche ragioni della critica. Queste, infatti, come innanzi evidenziato, sono rimaste "annegate" in un mare di rimandi, di citazioni di orientamenti giurisprudenziali anche sovranazionali, di ricostruzioni di fatti relativi a lavoratori terzi, di invocazioni di norme di legge neutre rispetto alla qualificazione del rapporto successorio di cui all'art. 2112 c.c., la cui connessione con l'ordinanza reclamata non risulta comprensibile.

36. Deve escludersi che le doglianze siano rinvenibili, nella parte dedicata alla predisposizione della sentenza "alternativa" (ricorso da pg. 70 secondo cpv a pg. 71 terzo cpv.), perché, ancora una volta, esse non sono state esplicitate né chiarite, l'impegno difensivo essendosi vanamente limitato alla riproposizione "in forma di sentenza" delle tesi già esposte nelle fasi del giudizio di primo grado.

37. In conclusione l'intero sviluppo del gravame non ha offerto al giudicante, come l'art. 434 c.p.c. impone, il terreno di decisione.

38. Il secondo motivo, che attinge un breve ed inutile passaggio motivazionale, è inammissibile in quanto non è individuabile alcuna statuizione decisoria.

39. Le spese seguono la soccombenza.

40. Ai sensi dell'art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti alla refusione delle spese del giudizio di legittimità in favore di ciascuno dei controricorrenti, liquidate per ciascuno in € 3.500,00, per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfettarie, oltre IVA e CPA.

Ai sensi dell'art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 , dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso , a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.