Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 maggio 2017, n. 20897

Imposte dirette - IRPEF - Accertamento - Omessa dichiarazione dei redditi

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza del 19 novembre 2013 il Tribunale di Roma condannò S.P. alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, in relazione al reato di cui all'art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000, per avere omesso, pur essendovi obbligato, di presentare la dichiarazione annuale dei redditi relativa agli anni di imposta 2005, 2006 e 2007, disponendo anche la confisca per equivalente, ai sensi dell'art. 322 ter cod. pen., di un immobile di proprietà dell'imputato posto in Comune di Roma.

La Corte d'appello di Roma, provvedendo con la sentenza indicata in epigrafe sulla impugnazione dell'imputato, ha dichiarato non doversi procedere in relazione ai fatti relativi agli anni d'imposta 2005 e 2006, perché estinti per prescrizione, rideterminando la pena per il residuo reato di cui al capo 4), e cioè l'omessa presentazione della dichiarazione annuale relativa all'anno d'imposta 2007 (con evasione di imposta Irpef di euro 268.306,46 e Iva di euro 249.858,59, a fronte di un volume d'affari non dichiarato di euro 1.224.797,00), in anni uno di reclusione, confermando la confisca dell'immobile di proprietà dell'imputato.

La Corte territoriale, nel disattendere l'impugnazione dell'imputato, ha ritenuto non necessario l'espletamento di una perizia contabile per determinare la base di reddito imponibile da considerare, reputando sufficiente l'accertamento svolto al riguardo dalla Guardia di Finanza con metodo analitico - induttivo, in contraddittorio con l'imputato e sulla base delle fatture dallo stesso emesse per i compensi professionali ricevuti dai clienti, nonché delle ritenute d'imposta effettuate nei casi di soggetti obbligati, dei modelli 770 dei clienti e delle certificazioni delle ritenute sui compensi esibite dall'imputato.

E' stata, poi, ritenuta irrilevante la prospettata negligenza del commercialista al quale l'imputato aveva affidato l'incarico di compilare la sua dichiarazione dei redditi, e adeguato alle imposte complessivamente evase, pari a oltre euro 500.000, oltre a sanzioni e accessori, il sequestro dell'immobile, del valore catastale di euro 221.249,70.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'imputato, affidato a quattro motivi, così enunciati nei limiti strettamente necessari ai fini della motivazione.

2.1. Con un primo motivo ha lamentato l'illogicità della motivazione a proposito del diniego della rinnovazione dell'istruttoria, non essendo stati adeguatamente accertati i costi connessi alla attività professionale di avvocato svolta dal ricorrente, notoriamente elevati, e non potendo ritenersi sufficienti al riguardo le indagini compiute con il metodo analitico - induttivo da parte della Guardia di Finanza, anche al fine della verifica del superamento della soglia di rilevanza penale, pari a un ammontare annuo di imposte evase di euro 50.000.

2.2. Con un secondo motivo ha prospettato violazione di legge penale e vizio della motivazione riguardo alla sussistenza in capo al ricorrente dell'elemento soggettivo del residuo reato ascrittogli, caratterizzato dal dolo specifico di evasione, non essendo stati adeguatamente considerati i dati della regolare emissione da parte del ricorrente di tutte le fatture relative alla propria attività professionale, anche nei confronti di soggetti tenuti al pagamento della ritenuta d'acconto e alla presentazione del modello 770 in qualità di sostituti di imposta, e dell'affidamento a un professionista dell'incarico di predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi, rilevante anche a proposito della consapevolezza da parte dell'imputato del superamento della soglia di rilevanza penale.

2.3. Con un terzo motivo ha lamentato l'insufficienza della motivazione riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, non essendo stata adeguatamente valutata la risalenza nel tempo dell'unico precedente da cui risultava gravato e l'intervenuta riabilitazione, nonché il ravvedimento operoso posto in essere.

2.4. Con un quarto motivo ha prospettato violazione dell'art. 1, comma 143, I. 244 del 2007 riguardo alla disposizione della confisca per equivalente dell'immobile di sua proprietà in Roma, il cui valore era erroneamente stato determinato sulla base del valore catastale, assai inferiore a quello di mercato.

2.5. Infine ha evidenziato il decorso del termine massimo di prescrizione in data 16 settembre 2016, pur tenendo conto della sospensione dello stesso nel corso del giudizio di secondo grado, con la conseguente estinzione anche del residuo reato di cui al capo 4) della rubrica.

 

Considerato in diritto

 

1. Il primo e il secondo motivo di ricorso non sono manifestamente infondati e, consentendo la costituzione di un valido rapporto di impugnazione, impongono il rilievo della prescrizione anche del residuo reato di cui capo 4) della rubrica, e cioè della omessa presentazione della dichiarazione annuale dei redditi relativa all'anno di imposta 2007 (art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000).

2. La Corte territoriale, pur in presenza di specifiche doglianze formulate dall'imputato con i motivi d'appello, in ordine alla inadeguatezza dell'accertamento della base imponibile, per la cui determinazione avrebbero dovuto essere considerati anche gli elementi negativi di reddito, e cioè i costi sostenuti dall'imputato nello svolgimento della sua attività professionale (di cui era anche stato prodotto un prospetto analitico), si è limitata ad affermare la sufficienza sul punto dell'accertamento eseguito dalla Guardia di Finanza con il metodo analitico - induttivo, omettendo, tuttavia, di considerare quanto prospettato dall'imputato in ordine ai costi sostenuti per la produzione di tale reddito, non risultando che gli stessi siano stati contemplati, neppure in via presuntiva, nel corso dell'accertamento svolto dalla Guardia di Finanza: ne consegue la sussistenza sul punto del vizio di motivazione denunciato dal ricorrente con il primo motivo, in quanto, a fronte della prospettazione dell'esistenza di costi, incidenti sulla base imponibile considerata al fine della determinazione della evasione d'imposta, la Corte territoriale si è limitata a rilevare la sufficienza dell'accertamento eseguito dalla Guardia di Finanza, senza dare conto del suo contenuto e dei criteri adottati per addivenire alla determinazione della base imponibile, né della considerazione della incidenza sulla stessa dei costi connessi alla attività professionale svolta dall'imputato, omettendo, anzi, di dedurre da essa le anticipazioni di diritti, imposte e tasse perché gravanti sui clienti, senza altro specificare a proposito della natura di tali costi (in particolare delle imposte e delle tasse) e della certezza del loro recupero, mentre per determinare l'ammontare dell'imposta evasa avrebbe dovuto contrapporre ricavi e costi di esercizio detraibili (cfr. Sez. 3, n. 15899 del 02/03/2016, Colletta, Rv. 266817).

3. Considerazioni in parte analoghe possono essere svolte per quanto riguarda la adeguatezza della motivazione della sentenza impugnata a proposito dell'elemento soggettivo del residuo reato ascritto all'imputato, giacché anche a questo proposito la Corte territoriale, nonostante la prospettazione di un elemento logicamente incompatibile con il dolo specifico di evasione (e cioè l'emissione da parte del ricorrente di tutte le fatture relative alla propria attività professionale, anche nei confronti di soggetti tenuti al pagamento della ritenuta d'acconto e alla presentazione del modello 770 in qualità di sostituti di imposta), e dell'affidamento a un terzo dell'incarico di predisporre e presentare la dichiarazione dei redditi, non ha considerato affatto il primo aspetto e si è limitata ad affermare l'irrilevanza dell'affidamento di detto incarico, omettendo tuttavia di considerare la necessità dell'accertamento della ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l'omessa dichiarazione all'evasione dell'imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale (Sez. 3, n. 37856 del 18/06/2015, Porzio, Rv. 265087; Sez. 3, n. 18936 del 19/01/2016, Vece, Rv. 267022, secondo cui occorre, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 5 d.lgs. 74/2000, la piena consapevolezza, da parte del soggetto obbligato, dell'esatto ammontare dell'imposta dovuta).

Ne consegue, anche sotto tale profilo, l'insufficienza della motivazione riguardo alla sussistenza sia del dolo specifico di evasione, sia della consapevolezza dell'ammontare dell'imposta evasa e del superamento della soglia di rilevanza penale.

4. La fondatezza di tali censure, rimanendo assorbite quelle relative al trattamento sanzionatorio e alla confisca, determinerebbe la necessità di un nuovo esame su tali punti da parte del giudice di merito, precluso, tuttavia, dal compimento del termine massimo di prescrizione, verificatosi, tenendo conto della sospensione del corso di tale termine per tre mesi e 23 giorni, il 24 luglio 2016: la sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio, per essere anche il residuo reato di cui al capo 4) della rubrica estinto per prescrizione.

Ciò determina anche l'inefficacia della disposta confisca, travolta anch'essa dall'annullamento senza rinvio, stante il suo carattere afflittivo e sanzionatorio (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264435).

 

P.Q.M.

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il residuo reato di cui al capo 4) estinto per prescrizione.