Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 02 novembre 2016, n. 22129

Licenziamento orale - Inefficacia - Deposito - Ricorso

 

Svolgimento del processo

 

1 - La Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato l'inefficacia del licenziamento intimato dalla C. s.r.l. a G.S. e, ferma restando la reintegrazione nel posto di lavoro già disposta dal Tribunale, ha condannato la società al risarcimento del danno quantificato in misura pari a cinque mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita dal lavoratore.

2 - La Corte territoriale ha osservato che:

a) il ricorrente era stato licenziato oralmente il 17 ottobre 2003;

b) non rilevava, ai fini del rispetto degli obblighi formali imposti dalla legge, la circostanza della avvenuta assunzione del S. da parte di altra società avente la medesima compagine sociale, poiché la C. non aveva dimostrato che il lavoratore si fosse volontariamente dimesso;

c) il licenziamento intimato oralmente doveva essere equiparato al recesso privo di giusta causa o giustificato motivo, con conseguente applicazione della tutela reale o obbligatoria;

d) il Tribunale aveva errato nel riconoscere il diritto alle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento inefficace, perché la società aveva dimostrato la avvenuta assunzione alle dipendenze di altro datore di lavoro ed inoltre perché il S., pur avendo impugnato il licenziamento, non aveva messo a disposizione della C. le proprie energie lavorative.

3 - Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso G.S. sulla base di due motivi. La C. s.r.l. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale affidato ad un unico motivo. La controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. con la quale ha eccepito la improcedibilità del ricorso per omesso deposito nel termine di legge.

 

Motivi della decisione

 

1.1 - Con il primo motivo di ricorso G.S. denuncia "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia" e rileva che la Corte territoriale, nell'indicare le ragioni per le quali il licenziamento intimato in forma orale doveva essere ritenuto inefficace e non nullo, non aveva considerato che solo il datore di lavoro può decidere la reintegra del lavoratore per cui "la durata all'infinito del rapporto di lavoro non è determinata da una vacatio legislativa ma dal libero arbitrio del datore di lavoro".

1.2. - Il secondo motivo denuncia in rubrica "violazione ed errata interpretazione delle norme di diritto". Il ricorrente richiama la normativa sul rapporto di apprendistato e sostiene che l'imprenditore è libero di recedere solo alla scadenza del termine mentre in pendenza del rapporto il licenziamento è consentito solo in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. Aggiunge che anche al rapporto di apprendistato è applicabile la disciplina dettata dalla legge n. 604/1966 quanto ai requisiti di forma del recesso. Conclude affermando che " a seguito di licenziamento orale il lavoratore ha diritto, indipendentemente dalle dimensioni dell'impresa, ad una tutela forte individuata non nella tutela di diritto comune ma nella reintegrazione ex art. 18 dello Statuto dei lavoratori".

2 - Il ricorso incidentale censura la sentenza impugnata denunciando, con un unico motivo, "omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti". Rileva, in sintesi, la società che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto "pacifico" il licenziamento orale del 17.10.2003, perché, al contrario, la sentenza di primo grado, che aveva ritenuto provato detto licenziamento, era stata impugnata dalla C., la quale aveva fondato l'appello innanzitutto sulla sussistenza di una risoluzione consensuale del rapporto, facendo leva sulle stesse circostanze che la Corte partenopea aveva valorizzato ma ai soli fini di contenere il risarcimento del danno.

3 - E' fondata l'eccezione di improcedibilità del ricorso, formulata dalla difesa della controricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c.

Risulta dagli atti che la impugnazione è stata notificata il 26 ottobre 2013 alla "C. s.r.l. presso il procuratore costituito Avv. B.A." nello studio di quest'ultimo in Napoli alla Via (...).

Il ricorso è stato spedito a mezzo corriere alla cancelleria della Corte il 26 novembre 2013; è pervenuto il 27 novembre ed è stato, poi, iscritto a ruolo il 16 dicembre 2013.

L'adempimento imposto alla parte, a pena di improcedibilità, dall'art. 369 c.p.c. risulta effettuato tardivamente, poiché la consegna al corriere per la spedizione è avvenuta quando già era decorso il termine di venti giorni, previsto dal richiamato art. 369 c.p.c.

Non rileva ai fini della tempestività del deposito la mancata notificazione del ricorso all'Avv. V.C., nel domicilio eletto sempre in Napoli alla Via (...) (nella richiesta di notifica non è specificato il numero civico), poiché nel giudizio di appello la C. era rappresentata e difesa da entrambi i procuratori ed aveva eletto domicilio presso lo studio dell'Avv. A..

Non risulta che sia stata effettuata una seconda notificazione, la quale, peraltro, sarebbe stata irrilevante ai fini della tempestività del deposito posto che, come evidenziato da Cass. 25.2.2009 n. 4536, l'ultima notificazione rileva solo nei processi con pluralità di parti.

4 - L'improcedibilità del ricorso principale rende inefficace il ricorso incidentale tardivo, proposto dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 327 c.p.c. (la sentenza impugnata, non notificata, è stata pubblicata il 26 ottobre 2012 ed il ricorso incidentale è stato notificato il 21 novembre 2013).

Hanno osservato, infatti, le Sezioni Unite di questa Corte che "qualora il ricorso principale per cassazione venga dichiarato improcedibile, l'eventuale ricorso incidentale tardivo diviene inefficace, e ciò non in virtù di un'applicazione analogica dell 'art. 334, secondo comma, cod. proc. civ. - dettato per la diversa ipotesi dell'inammissibilità dell'impugnazione principale - bensì in base ad un'interpretazione logico-sistematica dell'ordinamento, che conduce a ritenere irrazionale che un'impugnazione (tra l'altro anomala) possa trovare tutela in caso di sopravvenuta mancanza del presupposto in funzione del quale è stata riconosciuta la sua proponibilità" (Cass. S.U. 14.4.2008 n. 9741 e negli stessi termini fra le più recenti Cass. 4.2.2014 n. 2381).

5 - Ai fini delle spese del giudizio di legittimità, "la soccombenza va riferita alla sola parte ricorrente in via principale, restando irrilevante se sul ricorso incidentale vi sarebbe stata soccombenza del controricorrente, atteso che la decisione della Corte di cassazione non procede all'esame dell'impugnazione incidentale e dunque l'applicazione del principio di causalità con riferimento al decisum evidenzia che l'instaurazione del giudizio è da addebitare soltanto alla parte ricorrente principale." (Cass. 20.3.2014 n. 4074).

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115\02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, deve darsi atto della ricorrenza delle condizioni previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato dovuto dal ricorrente principale.

Dette condizioni non sussistono per il ricorso incidentale dichiarato inefficace poiché la norma si riferisce alle sole impugnazioni rigettate, inammissibili o improcedibili.

 

P.Q.M.

 

Dichiara improcedibile il ricorso principale e inefficace il ricorso incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 100,00 per esborsi ed € 3.500,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 - bis.