Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 febbraio 2018, n. 3458

Ente regionale - Illegittime assunzioni - Cartella esattoriale - Clausola regolamentare di manleva - Sussistenza di rapporto di lavoro subordinato

Fatti di causa

 

1. Con sentenza n. 281/2012, depositata il 27 febbraio 2012, la Corte di appello di Napoli, in riforma della decisione di primo grado, rigettava la domanda con la quale C. B. aveva chiesto alla UIL Regione Campania di essere tenuto indenne, in virtù di espressa norma regolamentare, dalle conseguenze di una cartella esattoriale di pagamento emessa nei suoi confronti a seguito di sentenza della Corte dei Conti che aveva accertato il danno erariale per illegittime assunzioni deliberate dal Consiglio di Amministrazione dell'ERSAC (Ente Regionale di sviluppo agricolo in Campania), di cui il ricorrente era stato membro, negli anni 1985-1989.

2. La Corte rilevava, a sostegno della propria decisione e diversamente da quanto ritenuto sul punto dal primo giudice, come non fosse stata provata dal B. la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con l'appellante, sussistenza che l'organizzazione sindacale aveva contestato sin dalla memoria di costituzione nel giudizio di primo grado.

3. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il B. con due motivi, assistiti da memoria; UIL Regione Campania ha resistito con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo, deducendo violazione degli artt. 112 e 437 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360 n. 3, il ricorrente censura la sentenza impugnata là dove la Corte, in accoglimento del gravame di UIL Regione Campania, ha ritenuto che la sussistenza di un rapporto di lavoro fra le parti - quale presupposto indispensabile per l'applicazione della clausola regolamentare di manleva e, in definitiva, per l'eventuale accoglimento della domanda - fosse stata contestata dalla organizzazione sindacale già in sede di costituzione nel giudizio avanti al Tribunale, senza con ciò avvedersi di avere rilevato, e posto a fondamento della propria decisione, una questione nuova e inammissibile, non avendo la stessa organizzazione - come era dato desumere dal contenuto dei suoi scritti difensivi e, in particolare, dal contenuto della memoria di primo  grado - mai formulato (se non tardivamente con il ricorso in appello) tale contestazione.

2. Con il secondo (subordinato) motivo viene dedotta la violazione degli artt. 115 cod. proc. civ. e 2094 cod. civ. (art. 360 n. 3) per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che il ricorrente, a fronte della intervenuta contestazione sul punto da parte dell'organizzazione sindacale e pur essendo gravato dal relativo onere probatorio, non avesse dimostrato la sussistenza di un rapporto di lavoro con UIL Regione Campania, nonostante le contrarie risultanze di vari documenti prodotti in primo grado e, fra questi, in particolare, dell'estratto contributivo depositato all'udienza del 4/11/2005.

3. Il primo motivo risulta inammissibile.

3.1. Come più volte ribadito da questa Corte, "per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (che si estende anche al controricorso), allorquando si denunzia una violazione o falsa applicazione di norme processuali, la parte ricorrente è onerata ad indicare gli elementi fattuali condizionanti l'ambito di operatività di detta violazione, con la conseguenza che ove si asserisca la mancata valutazione di atti documentali è necessario procedere alla trascrizione integrale dei medesimi o del loro essenziale contenuto al fine di consentire il controllo della decisività delle operate deduzioni unicamente sulla base del solo ricorso (o del controricorso), senza che la Corte di legittimità possa ricorrere ad ulteriori indagini integrative" (cfr., fra le molte conformi, Cass. n. 4840/2006).

3.2. Nella specie, il ricorrente si è, invece, limitato ad un mero indice dei punti oggetto di trattazione nella memoria di costituzione in primo grado di UIL Regione Campania (cfr. ricorso, pp. 9-10), traendone la conseguenza - in contrasto con quanto espressamente rilevato nella sentenza di appello - della mancata contestazione, da parte della organizzazione sindacale, dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato fra le parti e peraltro senza riportare il contenuto di tale atto difensivo, quanto meno nei passi rilevanti al fine di conferire evidenza alla censura proposta.

3.3. Né la denuncia (come formulata nella specie) di errores in procedendo, con il conseguente potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti del processo, quale giudice del "fatto processuale", sottrae il ricorrente all'onere di cui all'art. 366 n. 6 cod. proc. civ., secondo quanto più volte ribadito da questa Corte (cfr. da ultimo Cass. n. 15367/2014).

4. A identica conclusione deve pervenirsi con riferimento al secondo motivo di ricorso.

4.1. E', infatti, consolidato l'orientamento, per il quale "stante la previsione di cui all’art. 366, numero 4, cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve contenere gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed altresì a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, mediante trascrizione integrale del documento che si denunci non o male valutato, dato che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative" (Cass. n. 10484/2001 e successive numerose conformi).

4.2. Al richiamato canone di specificità non risulta essersi conformato il motivo in esame, non essendo riportato, quanto meno nei passi rilevanti, alcuno dei documenti, di cui si assume la mancata considerazione da parte della Corte di merito, né il verbale dell'udienza in data 4/11/2005 in cui l'estratto conto della posizione contributiva del ricorrente sarebbe stato depositato.

5. Il ricorso deve conseguentemente essere dichiarato inammissibile.

6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.