Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 marzo 2017, n. 7298

Professione - Avvocato - Sanzione disciplinare - Sospensione dall'esercizio dell'attività professionale

 

Rilevato che

 

L’Avvocato D.P. ha proposto ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 56, quarto comma, del r.d.l. n. 1568 del 1933, avverso la sentenza del Consiglio Nazionale Forense del 10 maggio 2016, notificatagli il 9 giugno 2016, con la quale è stata dichiarata l'inammissibilità, per tardività, del suo ricorso avverso la deliberazione del 19 settembre 2014, con cui il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Monza gli aveva irrogato la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per mesi quattro;

nel ricorso rivolto a queste Sezioni Unite, cui il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Monza non ha resistito, il ricorrente ha formulato istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza ai sensi dell'art. 36, comma 7, della I. n. 247 del 2012;

in ragione della trattazione in camera di consiglio dell'istanza di sospensione, è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ai sensi dell'art. 380-ter c.p.c. ed all'esito del loro deposito è stata fissata la trattazione nell'odierna camera di consiglio.

 

Considerato che

 

il Pubblico Ministero ha concluso per il rigetto dell'istanza cautelare, sostenendo che: a) difetterebbe il requisito del fumus boni iuris, in quanto erroneamente il ricorrente avrebbe dedotto a sostegno del ricorso che il termine per la proposizione del ricorso contro la deliberazione del Consiglio dell'ordine brianzolo sarebbe stato quello di trenta giorni, di cui all'art. 61 della I. n. 247 del 2012, mentre, ai sensi dell'art. 61 della stessa legge, in attesa dei regolamenti esecutivi, aveva conservato valore il disposto della normativa precedente; b) in ogni caso sarebbe infondato l'assunto secondo cui il ricorso al C.N.F. sarebbe stato tempestivo, anche alla stregua di essa;

le conclusioni del Pubblico Ministero appaiono condivisibili; è, in primo luogo, corretto l'assunto che, a differenza di quanto si sostiene nel ricorso, il termine per la proposizione del ricorso al C.N.F. non fosse quello indicato dall'art. 61, comma 1, della I. n. 247 de 2012, atteso che, ai sensi dell'art. 65, comma 1, stessa legge, fino all'entrata in vigore dei regolamenti previsti da quella legge trovava applicazione la normativa previgente, cioè l'art. 50, secondo comma, del r.d. n. 1578 del 1933, il quale, nel testo sostituito dall'art. 1, n. 18, della I. n. 254 del 1940, prevedeva un termine di venti giorni dalla notificazione della decisione disciplinare;

nella specie il regolamento di cui all'art. 65, comma 1, citato è stato adottato dal C.N.F. il 21 febbraio 2014, con il numero 2, ed è entrato in vigore il 1° gennaio 2015 e, quindi, dopo la proposizione del ricorso al C.N.F., il quale, dunque correttamente ha ritenuto operante il termine di venti giorni di cui alla disciplina anteriormente rimasta vigente;

il ricorso del P. è fondato sul presupposto dell'applicabilità del termine di trenta giorni e tanto basta ad evidenziare, come dedotto dal Pubblico Ministero, l'assenza del requisito del fumus boni iuris, non senza che debba rilevarsi che esattamente il C.N.F., seguito dal Pubblico Ministero, ha motivato che, essendo la notificazione della decisione del C.O.A. di Monza avvenuta ai sensi dell'art. 140 c.p.c. ed essendosi perfezionata, giusta la sentenza della Corte cost. n. 3 del 2010, decorsi dieci giorni dalla data di spedizione dell'avviso da parte dell'ufficiale giudiziario, che fu il 20 ottobre 2014, e dunque, il 30 ottobre successivo, la proposizione del ricorso sarebbe dovuta avvenire con deposito da effettuarsi il 19 novembre 2014, mentre avvenne il 21 successivo;

giusta le svolte considerazioni l'istanza cautelare dev'essere rigettata.

 

P.Q.M.

 

Rigetta l'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza impugnata.