Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 29 dicembre 2016, n. 27328

Rideterminazione del reddito di impresa - Movimentazioni bancarie - Ricavi non dichiarati

 

Ritenuto in fatto

 

1.1. L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza in atti della CTR Campania che, rigettandone l'appello, ha confermato la decisione di primo grado che aveva rideterminato il reddito di impresa ascritto a T. N. per l'anno 2004 ritenendo che non tutte le movimentazioni bancarie riconducibili alla parte fossero imputabili a ricavi non dichiarati.

1.2. La CTR ha sul punto condiviso il giudizio del primo giudice che "ha concluso con il ritenere verosimile che le somme contestate nulla abbiano a che vedere con l'attività imprenditoriale del ricorrente stesso".

1.3. Il ricorso erariale si basa su tre motivi, ai quali non ha replicato la parte.

Il collegio ha autorizzato l'adozione della motivazione semplificata

 

Considerato in diritto

 

2.1. Con il primo motivo di ricorso l'Agenzia deduce la nullità dell'impugnata sentenza per violazione degli art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. risultando essa affetta da un difetto assoluto di motivazione o da motivazione apparente, vero che "la CTR aveva l'obbligo di illustrare le ragioni per cui ha disatteso le critiche dell'ufficio alla motivazione della sentenza impugnata", che in base ad "un apodittico giudizio di verosimiglianza ed in mancanza di elementi di prova", aveva tuttavia ritenuto di rigettare la pretesa erariale.

2.2. Il motivo è fondato e la sua fondatezza assorbe i restanti.

2.3. Premesso che il vizio di motivazione apparente "ricorre quando il giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento" (24409/16: 1075/14; 890/06), nella specie la sussistenza di esso è inoppugnabile. Condividendo, invero, la motivazione adottata dal primo giudice - che aveva espresso il proprio convincimento sulla base di un giudizio ipotetico ovvero ritenendo verosimile che le rilevazioni operate dai verificatori non fossero rappresentative di attività occulte del ricorrente, in tal modo abdicando al compito di enunciare il comando normativo, a cui era stato sollecitato dal ricorso, in termini precisi e puntuali - anche il giudice d'appello, ricalcandone le argomentazioni incorre nel medesimo errore, pervenendo alla stessa conclusione di merito in forza di un giudizio significativamente introdotto dalla forma lessicale "verosimile", che è espressiva di un pensiero governato dal dubbio, frutto non già di una maturazione concettuale ottenuta attraverso il sano esercizio della critica ed il confronto dialettico con le ragioni delle parti e con le motivazioni della sentenza, ma di una meccanica trasposizione e di una passiva ricezione delle ragioni di quest'ultima e al pari di quest'ultima affetta perciò dallo stesso difetto.

3. Accolto, perciò, il primo motivo di ricorso ed assorbiti i restanti, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata ai sensi dell'art. 383, comma 1, c.p.c.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa l'impugnata sentenza e rinvia avanti alla CTR Campania, che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.