Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 13 novembre 2017, n. 26728

Tributi - Disciplina delle società di comodo - Mancato raggiungimento dei requisiti minimi di operatività - Presunzione di reddito minimo - Prova contraria a carico della società contribuente - Dimostrazione di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi minimi

 

Fatti di causa

 

L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti della società A. San N. srl (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia n. 02700/26/2015, depositata in data 16/12/2015, con la quale - in controversia concernente le impugnazioni riunite di avvisi di accertamento per IRES ed IRAP, relativi ai periodi d'imposta 2006 e 2007, con rideterminazione del reddito minimo d'impresa che la società A. San N. srl avrebbe dovuto dichiarare in ragione delle previsioni di cui all'art. 30 della L. n, 724/1994 (società di comodo), non avendo la contribuente superato il "test di operatività" di cui al predetto articolo, - è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della società contribuente.

In particolare, i giudici della CTR hanno ritenuto infondato l'appello dell'Agenzia, sul presupposto che la società avesse indicato tutti gli elementi in virtù dei quali essa chiedeva la disapplicazione della legge 724/94, quali la contrazione del mercato nazionale del pesce, a causa della concorrenza di altri paesi con costi di produzione di gran lunga inferiori a quelli delle società ittiche italiane e della grave crisi del settore, che implicava per le società di cui trattasi la riduzione di molto dell'attività ovvero la cessazione della stessa. Inoltre, la CTR ha affermato che la soluzione della società contribuente di cedere in affitto l'azienda, negli anni in contestazione, non poteva ritenersi dettata da una volontà elusiva.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l'adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

 

Ragioni della decisione

 

1. La ricorrente lamenta, con l'unico motivo di ricorso, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 30 della legge n. 724/1994 in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., poiché la CTR, stando alla portata precettiva delle predette disposizioni normative fissate per le cd. società di comodo (non operative), avrebbe dovuto verificare ed accertare in concreto se la società fosse stata in grado di fornire quegli elementi probatori utili a rappresentare "oggettive situazioni" che avevano reso impossibile il conseguimento dei ricavi minimi attesi dalla norma.

2. La censura è fondata.

Questa Corte (Cass. Sez. V. sent. n. 21358/2015), in una fattispecie simile, ha avuto modo di affermare che, attraverso la disciplina delle c.d. società di comodo, "si intende disincentivare il fenomeno dell'uso improprio dello strumento societario, utilizzato come involucro per raggiungere scopi, anche di risparmio fiscale, diversi - quale l'amministrazione dei patrimoni personali dei soci - da quelli previsti dal legislatore per tale istituto (cosiddette società senza impresa, o di mero godimento, dunque "di comodo"). Il meccanismo deterrente consiste nel fissare un livello minimo di ricavi e proventi correlato al valore di determinati beni patrimoniali, il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società, con conseguente presunzione di un reddito minimo, stabilito in base a coefficienti medi di redditività di detti elementi patrimoniali di bilancio. Spetta, poi, al contribuente fornire la prova contraria, dimostrando l'esistenza di oggettive situazioni di carattere straordinario, specifiche ed indipendenti dalla sua volontà, che hanno impedito il raggiungimento della soglia di operatività e del reddito minimo presunto....". Questa Corte ha osservato, nella fattispecie, che "la società ricorrente si è limitata a sostenere che l'affitto dell'azienda la escludeva dall'ambito applicativo della normativa in esame" e che tale argomentazione era " di per sé inidonea ai fini della prova contraria richiesta dalla legge: una volta che la contribuente non aveva conseguito i ricavi e i conseguenti redditi presunti dalla legge, avrebbe dovuto dimostrare l'esistenza di particolari situazioni oggettive e straordinarie che avevano impecito il raggiungimento di tali soglie".

In altra pronuncia di questa Corte (Cass. Sez. VI sentenza n. 13699/2016), si afferma espressamente con riferimento al dovere di accertamento concreto, da parte del giudice di merito, delle "cause oggettive e straordinarie" di impedimento addotte dalla società contribuente, l'esclusione di ogni "margine di discrezionalità deduttiva".

Nella sentenza in esame, la C.T.R. ha fatto riferimento alla crisi del settore ed ad alcune, imprecisate, difficoltà gestionali, semplicemente "indicate" dalla contribuente (come si evince dai testo della sentenza medesima), nonché ad un contratto di affitto di azienda (peraltro stipulato con società costituite tra gli stessi soci della contribuente) senza accertare, con riscontri oggettivi e dati concreti, se la società avesse correttamente documentato e provato le cosiddette "cause oggettive e straordinarie" stabilite dall'art. 30 della I. 724/1994, al fine di giustificare il minor reddito dichiarato.

Ne consegue, pertanto, che la pronuncia gravata non risulta conforme ai predetti principi di diritto.

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento dell'unico motivo di ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. della Puglia, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Puglia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.