Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 marzo 2017, n. 8193

Imposte dirette - IRPEF - Accertamento - Notifica - Termine dilatorio - Scadenza

 

In fatto

 

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di M.F. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 3848/35/2015, depositata in data 7/7/2015, con la quale - in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso per maggiore IRPEF (ed addizionali regionali) dovuta in relazione all’anno di imposta 2007, a seguito di contestazione di costi indeducibili e di maggiori compensi determinati ai sensi dell’art. 32 DPR 600/1973 - è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente, sotto il profilo della nullità dell’atto impositivo, stante il mancato rispetto da parte dell’Amministrazione finanziaria del termine dilatorio di gg. 60, di cui all’art. 12 comma 7 l. 212/2000, per la notifica dell’avviso di accertamento (avvenuta il 27/12/2012) dalla data di consegna (il 12/12/2012) del processo verbale di constatazione, all'esito di una verifica fiscale iniziata il 30/03/2012.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., e stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

 

In diritto

 

1. La ricorrente lamenta, con i tre motivi, sia la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 12 comma 7 l. 212/2000, anche in relazione agli artt. 32 DPR 600/1973 e 51 comma 1 n. 2 DPR 633/1972, sia l’omesso esame, ex art. 360 n. 5 c.p.c. di fatto decisivo per il giudizio (rappresentato dalla ricorrenza delle ragioni di urgenza per derogare al disposto di cui all’art. 12 comma 7 citato), deducendo che i giudici della C.T.R. non avevano dato rilievo alle ragioni di urgenza addotte dall'Ufficio, correlare all'imminente scadenza dei termini di decadenza per l’esercizio della potestà accertativa, non imputabile all’Amministrazione finanziaria, nonché al fatto che l'avviso di accertamento si fondava, "nella parte più consistente del recupero" (pag. 16 del ricorso), sui dati ricavati dalle acquisite movimentazioni bancarie, senza dunque necessità di attivazione del c.d. contraddittorio endoprocedimentale, e rilevando che gli stessi giudici d’appello avrebbero dovuto vagliare "in concreto", attraverso la c.d. prova di resistenza, il pregiudizio subito dal contribuente.

2. Le censure, da trattare unitariamente in quanto connesse, sono infondate e, con riguardo all’eccepita violazione dell’art. 32 citato, inammissibili.

Questa Corte, in sede di applicazione del principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 18183/2013, ha chiarito che "la capacità paralizzante dell’urgenza rispetto alla nullità dell'atto notificato senza il rispetto del termine dilatorio deve rimanere agganciato a specifici elementi di fatto che esulano dalla sfera dell'ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità nell'accertamento delle pretese fiscali", con conseguente esclusione della riconducibilità dell’urgenza "a valutazioni correlate all’imminenza della scadenza del termine dilatorio che, a ben considerare, non attengono a fatti specifici che esulano dalla volontà dell'amministrazione ma rappresentano, per converso, l’effetto dell'azione tardivamente esercitata dall'amministrazione proprio perché da tale esercizio deriverebbe l'impossibilità di garantire al contribuente il termale dilatorio e le esigenze fondamentali di garanzia del contraddittorio ad esse connesse" (Cass. 22786/2015; cfr. anche Cass. 1869/2014; Cass. 3142/2014 e Cass. 9424/2014; Cass. 25759/2014).

Occorre osservare che, nel caso di specie, la C.T.R. ha escluso la ricorrenza della deroga prevista dall’art. 12 comma 7 l. 212/2000, rilevando che l’urgenza invocata dall’Ufficio - per come risulta dalla esposizione, in fatto, della sentenza impugnata - era correlata solo all'imminente scadenza del termine di decadenza dell'azione accertativa, il che appare in linea con gli orientamenti sopra espressi di questa Corte.

Con riguardo poi alla ritenuta, da parte della ricorrente, non necessità del rispetto dell’art. 12 comma 7 l. 212/2000, essendovi stata comunque un’acquisizione delle movimentazioni bancarie, ex art. 32 DPR 600/1973, con verifica c.d. "a tavolino" - mentre la C.T.R. attenua essersi trattato di controllo fiscale eseguito, per l’anno 2007, a seguito di verifica fiscale avviata dalla Guardia di finanza, nel marzo 2012, presso il contribuente -, deve rilevarsi che la questione non risulta essere stata specificamente dedotta dall'Agenzia delle Entrate appellante come motivo di appello (esaminati gli atti), con sua conseguente inammissibilità in questa sede di legittimità.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, poiché il disposto dell’art. 13 comma 1 quater, D.P.R. 115/02 non si applica all'Agenzia delle Entrate (Cass. SSUU 9938/2014).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali, liquidate in complessivi € 3.500,00, a titolo di compensi, oltre accessori di legge e rimborso forfettario spese generali, nella misura del 15%.