Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 maggio 2018, n. 12563

Licenziamento - Pagamenti tardivi delle polizze assicurative - Responsabilità dell’omissione - Prova

 

Rilevato

 

1. che la Corte d'appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la illegittimità del licenziamento intimato a L.C. con lettera del 31.10.2011 dalla R.F. s.p.a., ordinato la reintegra del C. nel posto di lavoro e condannato la società al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento sino a quella dell'effettiva reintegra oltre che al versamento dei contributi previdenziali ;

1.1. che il giudice di appello, premesso che i fatti addebitati consistevano nel ritardato pagamento di due polizze di assicurazione a corredo dei finanziamenti erogati dalla R.F. s.r.l., con conseguente non indennizzabilità del sinistro oggetto di assicurazione, e nell'omissione della comunicazione del ritardo al superiore gerarchico così da impedire di porre rimedio al danno procurato, esclusa la possibilità di imputare al dipendente, a titolo di responsabilità oggettiva, i fatti ascritti, ha ritenuto che le emergenze in atti non consentivano di riferire al comportamento del solo C. le omissioni contestate; dalle prova orale e documentale era emerso, infatti, che le trattazione delle pratiche presso l'Ufficio Divisione Prodotto, competente in materia, al quale il C. era addetto, era riconducibile a tutti e tre i suoi componenti i quali operavano in sinergia, in assenza di specifica distribuzione di compiti; in particolare non era stato individuato chi fosse, nell'ambito dell'ufficio, l'autore dei pagamenti tardivi o anche solo il soggetto al quale, di fatto, erano pervenuti in visione i dati inerenti alla pratica di evasione dei detti pagamenti;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso R.F. s.p.a. sulla base di due motivi, illustrati con memoria; che la parte intimata ha depositato controricorso;

 

Considerato

 

1. che con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360, comma 1 n. 5, cod. proc. civ., omesso esame dell'effettivo motivo che aveva indotto la società ad adottare la sanzione espulsiva e che aveva inciso sul rapporto fiduciario tra le parti; la sentenza impugnata si era, infatti, soffermata sul singolo pagamento tardivo mentre ciò che aveva indotto il datore di lavoro al licenziamento era stato l'atteggiamento del ricorrente che si era difeso in sede disciplinare sostenendo che il pagamento del premio assicurativo era estraneo alle mansioni di competenza; il giudice di appello aveva, quindi errato, perché non aveva considerato tutte le circostanze del caso concreto ed in particolare la prognosi negativa che scaturiva da tale atteggiamento; in ogni caso, non era stato considerato il profilo colposo dell'atteggiamento psicologico del dipendente;

2. che con il secondo motivo deduce, ai sensi dell'art. 360, comma 1 n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., degli artt. 2104 e 2106 e 2119 cod. civ., dell'art. 7 Legge n. 20/05/1970 n. 300, dell'art. 1 della Legge 15/07/1966 n. 604, degli artt. 1175, 1375, 1455 cod. civ., dell'art. 116 cod. proc. civ. e degli artt. 220 e 225 c.c.n.I.; sostiene, in sintesi, la non corretta qualificazione della fattispecie che aveva comportato il licenziamento disciplinare, evidenziando che il C. era stato licenziato per avere, fermamente ed insistemente, negato i propri doveri e le mansioni affidate. Alla corretta qualificazione dell'addebito disciplinare conseguiva la congruità, anche alla luce delle previsioni collettive ed in coerenza con il parametro normativo richiamato dall'art. 2119 cod. civ., della sanzione espulsiva irrogata;

3. che il primo in motivo di ricorso è inammissibile;

3.1. che, infatti, la sentenza impugnata ha annullato il licenziamento in quanto ha, in sintesi, ritenuto, non raggiunta la prova che il C. fosse l'autore dei pagamenti tardivi delle polizze assicurative o che, comunque, fosse il soggetto al quale, di fatto, erano pervenuti in visione i dati inerenti alla pratica di evasione di detti pagamenti; che tale ricostruzione fattuale, alla stregua della quale deve ritenersi esclusa in radice la stessa riferibilità dell'omissione contestata al dipendente, non è stata validamente censurata dalla società;

3.2. che rispetto agli esiti dell'accertamento operato dal giudice di appello in ordine al mancato raggiungimento della prova degli stessi presupposti fattuali indispensabili ai fini della configurabilità della responsabilità omissiva a carico del C. (costituente, per come pacifico, oggetto di addebito disciplinare) il riferimento all'atteggiamento difensivo del lavoratore nel negare le competenze dell'ufficio di adibizione, sul quale la società incentra le proprie doglianze e della cui valutazione denunzia l'omissione ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ., è fatto privo di pertinenza con le effettive ragioni del decisum, prima ancora che di decisività, come richiesto dall'art. 360 comma 1 n, 5 cod. proc.civ. nel testo attualmente vigente, applicabile ratione temporis;

3.3. che, infatti, dal sistema delineato dall'art. 7 Legge n. 300/1970 discende che la valutazione di idoneità della condotta del lavoratore a determinare il venir meno del vincolo fiduciario deve essere vagliata con riferimento allo specifico fatto oggetto di addebito una volta che di questo risulti accertata la riferibilità al dipendente, e non in relazione a condotte estranee all'ambito contestato, seppure allo stesso strettamente connesse;

3.4. che a tale principio si è attenuta la sentenza impugnata la quale ha correttamente condotta la verifica di legittimità del licenziamento sulla base dei fatti addebitati e non sulla base di condotte successive ad essi estranee, espressione, peraltro, del legittimo esercizio di difesa del dipendente;

4. che per ragioni analoghe deve essere dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso il quale muove dall'errato presupposto che il giudice di appello abbia omesso di rilevare la esistenza di un atteggiamento psicologico di colpa del lavoratore;

4.1. che, infatti, la sentenza impugnata, come detto, è stata fondata sulla carenza di prova della riconducibilità delle condotte omissive al C., accertamento che da un punto di vista logico - giuridico precludeva la necessità di specifica disamina dell'elemento psicologico, di talché, sotto questo profilo, il motivo si rivela privo di pertinenza con le effettive ragioni del decisum ;

4.2. che le deduzioni articolate con il motivo in esame, intese a riproporre una diversa lettura e riqualificazione dei fatti addebitati con la lettera di contestazione, risultano inammissibili in quanto non chiariscono, mediante la adeguata esposizione della vicenda processuale, con specifico riferimento alle allegazioni e deduzioni delle parti, i termini nei quali nelle fasi di merito era stata affrontata la questione attinente alla corretta individuazione delle condotte addebitate con la lettera di contestazione, documento del quale, in violazione del disposto dell'art. 366 n. 6 cod. proc. civ., è omessa la riproduzione del relativo contenuto (Cass. 12/12/2014 n. 26174);

4.3. che le ulteriori deduzioni articolate con il motivo in esame relative alle modalità di funzionamento dell'Ufficio al quale era addetto il C., solo inammissibili per l'assorbente rilievo che risultano intese a sollecitare direttamente un diverso apprezzamento di fatto del materiale probatorio, apprezzamento precluso al giudice di legittimità (Cass. 4/11/2013 n. 24679, Cass. 16/12/2011 n. 2197, Cass. 21/9/2006 n. 20455, Cass. 4/4/2006 n. 7846, Cass. 7/2/2004 n. 2357);

5. che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio;

6. che la circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell'applicabilità dell'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228;

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 5.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Con distrazione in favore dell'Avv. G.Q. antistataria.

Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.