Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 maggio 2018, n. 12560

Assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori iscritti nella lista di mobilità - Beneficio contributivo - Esclusione - Assetti proprietari sostanzialmente coincidenti

 

Rilevato

 

Che la Corte di appello di Genova, con la sentenza n. 1204/2011, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Massa, aveva rideterminato il debito della società D.M.P., srl, nei confronti dell'Inps per omessi contributi, già azionati con cartella di pagamento, in E. 17.331,79;

che la Corte aveva ritenuto che non risultando provata l'identità oggettiva tra l'azienda presso cui i lavoratori erano in precedenza impiegati (E. srl) e la D.M.P., presso cui i lavoratori erano successivamente stati assunti, non sussistevano le condizioni per negare alla D.M.P. i benefici contributivi previsti dall'art. 8 comma 4, della legge n. 223/1991;

che, in particolare, le circostanze di identità di attività svolta, i rapporti di parentela tra i soci e il passaggio della merce dall'una all'altra non potevano costituire prova della identità oggettiva tra le aziende e che, pertanto, i benefici in questione non potevano essere negati dall'Inps;

che, invece, la D.M.P. non aveva fornito adeguata prova relativamente alla trasformazione dei contratti a tempo determinato dei lavoratori assunti, con contratti a tempo indeterminato, nel termine prescritto nel richiamato art. 8, non potendosi assumere quale prova a tal riguardo la comunicazione di trasformazione fatta dalla società ai lavoratori, e che dunque alcun beneficio contributivo poteva essere riconosciuto a tal riguardo;

che I' Inps aveva impugnato la sentenza con ricorso affidato ad un unico motivo;

che la società aveva resistito con controricorso;

 

Considerato

 

1) - che risulta preliminare esaminare l'eccezione di inammissibilità dell'impugnazione per tardività della stessa, come sollevata dalla società;

- che in particolare la società ha rilevato che a fronte del deposito della sentenza avvenuto in data 15.12.2011 il ricorso era risultato "messo in notifica" in data 17.12.2012 e quindi successivamente al termine annuale di cui all'art. 327 c.p.c.;

- che preliminarmente si chiarisce che "In tema di impugnazioni, la modifica dell'art. 327 cod. proc. civ., introdotta dalla legge 18 giugno 2009 n. 69, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all'originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell'art. 58, comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell'instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio" (Cass. n. 6007/2012; Cass. n. 19969/2015); che nel caso di specie il giudizio è stato instaurato antecedentemente al 4 luglio 2009 restando quindi applicabile il termine annuale di decadenza; che rispetto a tale termine comunque la notifica risulta tempestiva in quanto la scadenza dello stesso cadeva sulla giornata di sabato (15.12.2012, pertanto, ai sensi dell'art. 155, quinto comma, c.p.c., il termine era prorogato al primo giorno non festivo utile, e quindi al 17.12.2012 (Cass. n. 6542/2014). L'eccezione è dunque infondata;

2) - che con unico motivo l'Inps deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 8 comma 1, 4, della legge n. 223/1991 (ex art. 360 n. 3 c.p.c.), nonché omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (ex art. 360, n. 5, c.p.c.) per aver, la Corte, valutato erroneamente gli indicatori relativi alla identità oggettiva delle due società succedutesi, anche ritenendo che non vi era la prova che la E. avesse cessato la attività in conseguenza del passaggio dei lavoratori alla D.M.P.

Deve premettersi che la fattispecie è relativa alla fruizione dei benefici contributivi di cui all'art. 8, comma 4, l. n. 223/1991 (nel testo vigente anteriormente alla abrogazione disposta dalla legge n. 92/2012) riconosciuti al datore di lavoro che assuma a tempo pieno ed indeterminato i lavoratori iscritti alle liste di mobilità. Il comma 4 bis dello stesso articolo 8 della legge in questione, stabilisce, peraltro, che il diritto ai benefici è escluso per quei lavoratori che siano stati collocati in mobilità, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell'impresa che assume, ovvero risulta con quest'ultima in rapporto di collegamento o controllo;

che con riguardo a tale quadro normativo ed alle condizioni determinative della esclusione del beneficio, la Corte territoriale ha ritenuto assente la prova della identità oggettiva tra le due aziende e del rapporto di continuità tra D.M.P. e la E., rilevando che indicatori quali il passaggio di merce dall'una all'altra società, l'identità di attività tra le stesse ed i rapporti di parentela tra soci, non costituissero prova sufficiente della coincidenza degli assetti proprietari delle società in questione.

Questa Corte ha già in precedenza chiarito che "Il riconoscimento dei benefici contributivi, previsti dall'art. 8 della legge n. 223 del 1991 in favore dell'impresa che assume lavoratori collocati in mobilità, è escluso ove ricorrano "assetti proprietari sostanzialmente coincidenti" tra l'impresa che effettua le nuove assunzioni e quella che ha proceduto ai licenziamenti, dovendosi intendere tale locuzione riferita a tutte le situazioni che facciano presumere la presenza di un comune nucleo proprietario, in grado di ideare e fare attuare un'operazione coordinata di ristrutturazione, comportante il licenziamento di taluni dipendenti da un'azienda e la loro assunzione da parte dell'altra, senza che, in tale evenienza, il rapporto di lavoro possa essere considerato nuovo ai fini contributivi" (Cass. n. 16288/2011);

che rispetto al principio enunciato, chiarificatore della locuzione legislativa (assetti proprietari sostanzialmente coincidenti), risulta in contrasto l'assunto e la determinazione della corte territoriale poiché, pur facendo riferimento al parametro legislativo indicato ed alle condizioni ivi contenute, ha poi erratamente convogliato gli elementi fattuali esplicativi della fattispecie (il passaggio di merce dall'una all'altra società, l'identità di attività tra le stesse ed i rapporti di parentela tra soci), in un giudizio di estraneità rispetto alla stessa. Per meglio spiegare , nel giudizio svolto dal giudice d'appello c'è un vizio di sussunzione tra i fatti accertati e la fattispecie legale esaminata (Cass. n. 18715/2016; Cass. n. 26307/2014); che il ricorso deve quindi essere accolto e la sentenza, a riguardo, cassata, con rinvio alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, per la valutazione degli elementi di fatto accertati, alla luce del contenuto delle disposizioni di cui all'art. 8 comma 4 bis della legge n. 223/91 e della presenza di indicatori utili a rendere concreta la fattispecie legale. E' rimessa alla Corte territoriale anche la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie in ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio.