Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE MILANO - Sentenza 19 luglio 2016, n. 4273

Tributi - Contenzioso tributario - Atto impositivo definitivo per mancata o tardiva impugnazione - Istanza di autotutela - Ricorso contro il silenzio-rifiuto - Sentenza di annullamento dell’atto impositivo - Illegittimità

 

Svolgimento del processo

 

La società (...), a fronte del diniego espresso di annullamento del ruolo, adiva la Commissione Provinciale di Milano la quale rigettava il ricorso stante la tardività dell'istanza in autotutela atteso che la cartella esattoriale non sarebbe stata impugnata.

Propone gravame la contribuente lamentando nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell'articolo 2-quater del D.L. n. 564/92 e articolo 2 del D.M. n. 37/97. Assume che non sarebbe tenuta a pagare le imposte non dovute risultanti da dichiarazioni Irap errate, sebbene le cartelle esattoriali non siano state impugnate entro i termini.

Conclude chiedendo la riforma della impugnata sentenza, con la refusione delle spese del giudizio.

L'Ufficio si è costituito in giudizio contestando compiutamente l'appello e chiedendone il rigetto, con vittoria delle spese del giudizio.

 

Motivi

 

La giurisprudenza di legittimità ha affermato che l'attribuzione al giudice tributario, da parte della L. 448/01, art. 12, comma 2, di tutte le controversie in materia di tributi di qualunque genere e specie comporta che, anche quelle relative agli atti di esercizio dell'autotutela tributaria, in quanto comunque incidenti sul rapporto obbligatorio tributario, devono ritenersi devoluti al giudice la cui giurisdizione è radicata in base alla materia, indipendente dalla specie dell’atto impugnato e dalla natura discrezionale dell'esercizio dell'autotutela tributaria.

Tuttavia, essendo tali atti frutto di un’attività discrezionale dell’Amministrazione sottesa ad un interesse pubblico, essi possono formare oggetto di sindacato da parte del giudice tributario solo per i profili attinenti alla legittimità della condotta omissiva dell’Ufficio non potendo, invece, detto sindacato estendersi fino a giudicare, nel merito, la fondatezza della pretesa tributaria poiché l’esercizio del sindacato sull’attività di autotutela costituisce procedimento autonomo e ben distinto dal procedimento di impugnazione di un atto impositivo, con cui non interferisce e, in ogni caso, non rappresenta "un mezzo di tutela del contribuente, sostitutivo dei rimedi giurisdizionali che non siano stati esperiti" (Cass. 29 dicembre 2010, n. 26313).

Diversamente opinando, si avrebbe un'indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa e si darebbe inammissibilmente ingresso ad una controversia sulla legittimità di un atto impositivo, che sia divenuto definitivo (Cass. n. 1520/2012).

Anche le Sezioni Unite, con la sentenza n. 16097 del 2009, hanno precisato che il concreto ed effettivo esercizio, da parte dell'Amministrazione, del potere di annullamento d'ufficio e/o di revoca dell'atto contestato non costituisce un mezzo di tutela del contribuente sostitutivo dei rimedi giurisdizionali che non siano stati esperiti.

Nel caso di specie la contribuente, impugnando il diniego di autotutela, non ha fatto valere vizi propri dell'atto ma ha contestato la pretesa tributaria, ormai definitiva, così intendendo aggirare la norma.

Del tutto fuori luogo si appalesa quanto asserito dalla contribuente, e cioè che essendo la dichiarazione dei redditi una dichiarazione di scienza è, come tale, emendabile nel caso di errori di compilazione, come avvenuto, essendo del tutto irrilevante che la cartella esattoriale fosse divenuta definitiva.

E' vero che il contribuente può contestare la debenza del tributo, frutto di errore nella dichiarazione presentata anche in sede d'impugnazione della cartella di pagamento nonostante la scadenza del termine di cui all’art. 2, comma 8 bis, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, atteso che le dichiarazioni dei redditi sono, in linea di principio, sempre emendabili, anche in sede processuale (Cass. 4049/2015) tuttavia, nella fattispecie, la cartella esattoriale è stata notificata il 20 maggio 2010 e, non essendo stata impugnata, si è resa definitiva.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi euro 2.000,00.

 

P.Q.M.

 

Rigetta l'appello della contribuente. Liquida le spese del presente procedimento in complessivi euro 2.000,00.