Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 marzo 2017, n. 6100

Lavori socialmente utili - Percettore di assegno Inps - Qualificazione del rapporto di lavoro

 

Svolgimento del processo

 

1. La Corte d'Appello di Napoli, con la sentenza n. 6815 del 2013, rigettava l'impugnazione proposta da P.C. nei confronti del Comune di Napoli e della Provincia di Napoli, avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli tra le parti il 10 novembre 2008.

2. Il P. aveva adito il Tribunale esponendo di essere stato avviato in data 1° ottobre 1995 presso il Comune di Napoli a progetto LSU denominato Lavori socialmente utili per Napoli, e di essere stato sottoposto a misura restrittiva della libertà personale in data 20 giugno 2000, circostanza comunicata al Comune, sino al 27 febbraio 2007, richiedendo in pari data la riammissione in servizio.

Chiedeva, quindi, la riammissione in servizio, con condanna degli enti resistenti alla riammissione nel suddetto progetto o in altro.

3. Il Tribunale dichiarava il difetto di legittimazione passiva della Provincia, in quanto la stessa non aveva alcun potere in ordine al rapporto esistente tra il lavoratore e l'ente utilizzatore, ai sensi dell'art. 9 del d.lgs. n. 81 del 2000, innovativo della disciplina di cui al d.lgs. n. 468 del 1997, e rigettava la domanda mancando un rapporto di lavoro subordinato, ed essendo legata la qualifica di LSU ad un determinato progetto specifico.

4. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il P. con tre motivi di impugnazione.

5. Resistono sia la Provincia di Napoli (eccependo in via preliminare l'inammissibilità del ricorso mancanza di autosufficienza), che il Comune di Napoli (eccependo in via preliminare I'inammissibilità del dedotto vizio motivazione in ragione della cd. "doppia conforme" e l'inammissibilità del vizio di violazione di legge per mancanza autosufficienza) con autonomi controricorsi.

6. Il ricorrente, che è stato ammesso al gratuito patrocinio, ha depositato memoria.

 

Motivi della decisione

 

1. Occorre precisare che la Corte d'Appello rigettava l'impugnazione confermando il difetto di legittimazione passiva della Provincia, non essendogli ascrivibile alcuna responsabilità, né alcun potere in ordine alla reviviscenza del progetto con riammissione del P.

Nel merito: a) rilevava che l'art. 9 del d.lgs. n. 81 del 2000, che prevede la decadenza automatica dei soggetti che, tra l'altro, si rifiutino di partecipare ai corsi di formazione, costituiva un'ipotesi non tassativa, ma alla quale andava assimilata quella di mancata partecipazione all'attività propria del progetto.

Nella specie il Comune di Napoli, ricevuta la comunicazione del P. del 20 giugno 2000, in data 3 ottobre 2000 chiedeva la dichiarazione di decadenza del medesimo.

Che, comunque, al di là della decadenza, il rapporto si era ormai esaurito e pertanto non ne poteva essere chiesta la reviviscenza.

Osservava, inoltre che non era configurabile la qualificazione come rapporto di lavoro subordinato, ponendosi in essere nella specie, in ragione della normativa di settore, un rapporto di lavoro speciale di matrice essenzialmente assistenziale.

Lo svolgimento del rapporto di lavoro andava valutato comunque in ragione di buona fede e correttezza, principi che nella specie non erano stati violati.

b) Riteneva che il ricorrente non poteva con una mera istanza in data 27 febbraio 2007, una volta cessato lo stato detentivo, ottenere automaticamente la reviviscenza di un progetto ormai esaurito.

Una volta venuto meno il progetto in relazione al quale è stato avviato, il P. avrebbe dovuto formulare una formale istanza, con la dichiarazione di sussistenza di tutti i requisiti necessari in base all'art. 2 del d.lsg. n. 81 del 2000, dichiarando anche gli altri progetti in cui era impegnato. La sola partecipazione ad alcuni progetti non dava luogo all'automatica ammissione ad altri progetti.

2. Preliminarmente, vanno disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso prospettate dalle parti controricorrenti, in quanto i motivi del ricorso superano, in ragione della formulazione degli stessi, il vaglio di autosufficienza, e la previsione d'inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all'art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ., che esclude che possa essere impugnata ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ. la sentenza di appello "che conferma la decisione di primo grado", non può trovare applicazione, ratione temporis, atteso che ai sensi dell'art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, non si applica per i giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all'11 settembre 2012.

3. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 9 e 10 del d.lgs. n. 81 del 2000; dell'art. 8 del d.lgs. n. 468 del 1997, in relazione agli artt. 360, n. 3 e 5, cpc.

Il ricorrente censura la statuizione con la quale la Corte d'Appello ha ritenuto il difetto di legittimazione passiva della Provincia di Napoli atteso che alcuna responsabilità è ascrivibile alla stessa, né alcun potere in ordine alla reviviscenza del progetto con riammissione del P.

Assume che il compito di adottare il provvedimento di decadenza spetta al servizio per l'impiego territorialmente competente, come si rileva dagli artt. 9, comma 3, 10, comma 3, e 5, del d.lgs. n. 81 del 2000, che fa parte dell'organico della Provincia. Quest'ultima mantiene tutte le competenze per la gestione delle liste dei lavoratori da impegnare nei LL. SS. UU., mentre l'ente utilizzatore ha il compito della gestione del rapporto lavorativo, con facoltà solo di segnalare eventuali rifiuti o assenze, ma non di adottare provvedimenti sanzionatori.

3.1. Il motivo non è fondato.

Ed infatti, la vicenda della decadenza attiene al rapporto di occupazione temporanea, per l'attuazione di apposito progetto, costituitosi con il datore di lavoro, che nella specie è il Comune di Napoli.

In proposito, si può ricordare che, come previsto dall'art. 9, comma 3, i responsabili dell'attività di formazione ovvero i datori di lavoro comunicano direttamente all'INPS e al servizio per l'impiego territorialmente competente i nominativi dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, che hanno rifiutato l'offerta di lavoro o che non si siano presentati ai colloqui di selezione o alle attività formative.

4. Con il secondo motivo di ricorso è prospettata la violazione e falsa applicazione dell'art. 9 del d.lgs. n. 81 del 2000 e dell'art. 8 del d.lgs. n. 468 del 1997, in relazione all'art. 360, n. 3 e n. 5, cpc; motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria.

La sentenza di appello avrebbe confermato erroneamente la statuizione di primo grado circa la non tassatività delle ipotesi di decadenza, atteso che il citato art. 9, comma 1, prevede come ipotesi tassative di decadenza solo i casi di rifiuto dell'assunzione, della partecipazione ai corsi e dell'avviamento alla selezione. In senso analogo è il regolamento del Comune di Napoli.

Costituisce principio generale nei rapporti con la PA che i motivi che hanno effetti negativi per il cittadino devono essere preventivamente fissati, sono tassativi e non sono suscettibili di alcuna applicazione estensiva o analogica. La statuizione della Corte d'Appello contrasta con i principi di buona fede, correttezza e tutela dell'affidamento, tipicità dei provvedimenti amministrativi. Né il giudice di appello ha posto a fondamento della propria statuizione disposizioni di legge o regolamenti seguendo un rigoroso iter logico suscettibile di verifica.

Inoltre l'art. 8 del d.lgs. n. 469 del 1997, nel prevedere che "nel caso di assenze protratte nel tempo che compromettono i risultati del progetto, è facoltà del soggetto utilizzatore richiedere la sostituzione del lavoratore", introduce limiti alla sostituzione attribuendo un potere discrezionale che può essere esercitato solo dopo un approfondita ed accurata valutazione del fatto con adeguata motivazione.

Tale valutazione nella specie era mancata.

5. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la censura di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360, n. 5, cpc.

È censurata la statuizione riportata al par. 1, sub b). Assume il ricorrente che la Corte d'Appello non aveva tenuto conto della nota del Comune di Napoli prot. n. 1309 del 29 ottobre 2008 da cui emergeva che il progetto non era esaurito ma era stato oggetto di numerose proroghe, dell'istanza del 5 giugno 2007 con cui il ricorrente specificava di aver prestato servizio quale LSU presso il Comune di Napoli dal 1° ottobre 1995 al 19 giugno 2000 e che aveva diritto ad essere reinserito nel progetto cui era originariamente assegnato, attesa la costante permanenza della condizioni soggettive necessarie;

- il ricorrente era in possesso dei requisiti di cui all'art. 2 del d.lsg. n. 81 del 2000;

- si era in presenza non di più progetti ma di un unico progetto;

- l'Amministrazione avrebbe dovuto adottare un provvedimento esplicito in ordine alla domanda di riammissione, ai sensi della legge n. 41 del 1990.

6. Ha priorità logico-giuridica l'esame del secondo motivo di ricorso. Il motivo non è fondato.

7. Occorre chiarire, in via preliminare, che nella specie non possono trovare applicazione le disposizioni in materia di procedimento amministrativo.

Come questa Corte ha già affermato (Cass. n. 15444 del 2016 e Cass., n. 16088 del 2016) «la Pubblica amministrazione, nell'ambito dei rapporti di lavoro pubblico contrattualizzato, non può agire con gli istituti dell'autotutela, non potendo trovare applicazione, peraltro in mancanza di provvedimenti autoritativi, la legge n. 241 del 1990». Tale principio va confermato anche in relazione alla fattispecie in esame, in cui come già la giurisprudenza ha chiarito (Cass. 18097 del 2016, n. 16342 del 2007), la disciplina dei lavori socialmente utili concerne la tutela del lavoro e le politiche sociali, nel contesto di particolari rapporti intersoggettivi di prestazione di attività, risultando attinente, da una parte, alla materia del collocamento in senso lato e alla formazione professionale (agevolazione dell'accesso all'occupazione), dall'altra, nella parte in cui prevede la corresponsione ai soggetti impiegati in lavori socialmente utili di somme di danaro, alla materia della previdenza sociale in senso ampio, partecipando le prestazioni della stessa natura dell'indennità di disoccupazione o di mobilità o di trattamento di integrazione salariale.

Nella specie, viene in rilievo una fase del rapporto già costituitosi tra le parti, in ragione dell'iniziale inserimento nel lavoratore nel progetto e della prestazione dell'attività in favore del Comune di Napoli.

7.1. Proprio la peculiare natura del rapporto esclude la costituzione di rapporti di lavoro subordinati.

Questa Corte (Cass., 2887 del 2008, n. 21936 del 2004) ha già affermato che non può qualificarsi quale rapporto di lavoro subordinato, ne' a termine, ne' a tempo indeterminato, l'occupazione temporanea in lavori socialmente utili dei lavoratori che beneficiano del trattamento di cassa integrazione straordinaria a norma del d.l. n. 366 del 1987, art. 3, convertito nella legge n. 452 del 1987, dalla quale scaturisce un rapporto speciale che coinvolge più soggetti (oltre al lavoratore, l'amministrazione pubblica beneficiaria della prestazione, la società datrice di lavoro, l'ente previdenziale erogatore della prestazione di integrazione salariale) con una matrice assistenziale, ma con una componente formativa diretta alla riqualificazione del personale in cassa integrazione per una possibile ricollocazione.

7.2. Con la sentenza 9811 del 2012 si è precisato che in tema di lavori socialmente utili, l'art. 1 del d.lgs. n. 468 del 1997, riferendosi alle attività inerenti la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, non reca un'elencazione tassativa, sicché non eccede tale ambito e non identifica un rapporto di lavoro subordinato, neppure di fatto ex art. 2126 cod. civ., la prestazione resa in favore di un ente pubblico da un soggetto assegnato a progetto LSU e percettore di assegno INPS, mancando un elemento imprescindibile della fattispecie legale del lavoro subordinato, qual è il pagamento del compenso da parte del beneficiario della prestazione.

7.3. A conferma della peculiarità del rapporto Cass, n. 13472 del 2016 ha affermato che la durata annuale dei progetti per LSU/LPU, stabilita per legge, comporta l'inserimento del prestatore nello specifico progetto per la cui attuazione si instaura il rapporto, sicché, in caso di differenti progetti succeduti senza soluzione di continuità presso lo stesso ente, il rapporto giuridico non ha il carattere dell'unicità né si realizza la sua prosecuzione "tout court", salvo il solo caso della proroga del medesimo progetto in atto, ipotesi che, peraltro, non ricorre in caso di diversità di contenuto, di orario e di impegno del lavoro svolto dopo la scadenza annuale del progetto rispetto alla prestazione di pubblica utilità, senza che, in senso contrario, rilevi l'attivazione, da parte dell'ente utilizzatore, di un progetto per LSU dopo quello originario per LPU, in quanto ciascuno di tali progetti, avviato sulla base di uno specifico procedimento amministrativo autorizzatorio, è da considerarsi comunque distinto e autonomo.

8. Nella specie, si è verificato lo scioglimento del rapporto, con le modalità della decadenza automatica, ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera b), del d.lgs. 81 del 2000.

Da un lato, la mancata partecipazione al progetto - in ragione delle plurime finalità cui la stessa tende, come sopra evidenziato - è assimilabile alla mancata partecipazione ai corsi di formazione, dall'altra, nella specie, l'impedimento comunicato (misura restrittiva della libertà personale dal 20 giugno 2000 al 27 febbraio 2007), protrattosi per più anni, non rientra, né è assimilabile ai casi (quali malattia, maternità, attività sindacale, nei limiti legislativamente previsti) per i quali è prevista la conservazione del posto di lavoro.

Né sono state addotte circostanze relative all'impedimento verificatosi, che avrebbero dovuto giustificare, con riguardo alla partecipazione al progetto LSU, la perdurante assenza cui dava luogo, con la conseguente sospensione del rapporto, secondo gli istituti che regolano i rapporti di lavoro privatizzati, per quanto applicabili in via interpretativa.

Dunque, non è ravvisabile in capo all'Amministrazione la violazione dei principi di affidamento, buona fede e buon andamento dell'Amministrazione, né veniva in rilievo la disciplina della sostituzione del lavoratore.

9. Anche il terzo motivo di ricorso non è fondato.

9.1. La Corte d'Appello, ha ritenuto che fosse intervenuto l'esaurimento del progetto, e ha affermato che, comunque, al di là della decadenza, il ricorrente, per continuare ad essere utilizzato in attività socialmente utili, avrebbe dovuto produrre (ai sensi dell'art. 2, comma 3, del d.lsg. n. 81 del 2000) una dichiarazione resa ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modificazioni, all'ente utilizzatore attestante l'indicazione dei progetti di lavori socialmente utili o di pubblica utilità in cui era stato impegnati} dell'ente attuatore responsabile del relativo progetto, nonché dei periodi di effettivo impegno in ciascun progetto, qualora promossi da enti diversi dall'attuale ente utilizzatore. Il giudice di secondo grado affermava che lo stato di detenzione si era protratto per circa sette anni, ben oltre l'anno del progetto LSU, e dunque II ricorrente avrebbe potuto accedere, in presenza dei requisiti, richiesti ad altri progetti.

9.2. La statuizione relativa al ritenuto esaurimento del progetto, non è adeguatamente censurata dal ricorrente che con il suddetto terzo motivo di ricorso, pur deducendo che il progetto era stato oggetto di numerose proroghe e che dunque era ancora in corso, non riproduce in ricorso, né indica il luogo dell' eventuale produzione, il contenuto delle delibere che avrebbero specificamente ciò previsto, ma si limita a riprodurre stralcio di una nota del Comune di Napoli del 29 ottobre 2008, già sottoposta alla Corte d'Appello, in cui, tra l'altro: si fa riferimento a "prosecuzione dei lavori socialmente utili a tutto l'anno 2000"; si rileva che il P. era inserito negli elenchi parte integrante di una delibera con cui si autorizzava la prosecuzione del LSU a tutto il 2000; si afferma: "che con delibera di G.M. n. 2693 del 22 luglio 1998, che si allega in copia, è stato approvato un progetto che unificava quelli già esistenti e che prevedeva l'utilizzo dei LSU individuati ai sensi dell'art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 468 del 1997, già impegnati in attività di LSU presso l'Amministrazione comunale. Tale progetto fu denominato Lavori socialmente utili per Napoli", "che i LSU in forza al Comune di Napoli sono stati utilizzati fino ad oggi dall'Amministrazione comunale, previa approvazione delle delibere G.M. a scadenza annuale", "che per l'anno in corso le delibere di G.M. n. 4361 del 28 gennaio 2007 e n. 537 del 2 aprile 2008 autorizzavano il prosieguo delle attività socialmente utili rispettivamente dal 1° gennaio 2008 al 31 marzo 2008 e dal 1° aprile 2008 al 31 dicembre 2008".

Tali deduzioni, tuttavia, non riportano in modo circostanziato, che il progetto cui era stato destinato il ricorrente era stato prorogato, in modo continuativo, fino a dopo la cessazione dello stato di restrizione della libertà personale del P..

Pertanto il documento richiamato non offre la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, la "ratio decidendi" della sentenza impugnata.

9.3. Quanto all'istanza che il ricorrente avrebbe presentato in data 5 giugno 2007 (di cui peraltro, in ricorso, non è richiamata la produzione in appello o la deduzione nei motivi di appello), la stessa avrebbe avuto ad oggetto istanza di rassegnazione al progetto cui era inizialmente assegnato e non l'istanza ai sensi dell'art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 81 del 2000, alla quale fa riferimento la Corte d'Appello.

10. Il ricorso deve essere rigettato

11. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

12. Il ricorrente poiché è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato non è tenuto, sussistendo tale situazione, al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall'art. 13, comma 1 - quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. 18523 del 2014).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida per ciascun controricorrente in euro duecento per esborsi, euro duemila per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15 per cento dei compensi e accessori di legge.