Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 febbraio 2018, n. 3066

Tributi - Contenzioso tributario - Sentenza d’appello - Motivazione per relationem - Affermazioni laconiche ed apodittiche - Error in procedendo - Nullità della sentenza - Controversia riguardante accertamento sulla base di studi di settore - Attività di bar all'interno di una caserma - Omessa valutazione delle condizioni di esercizio - Assenza di concorrenzialità

Rilevato che

Con sentenza in data 11 febbraio 2015 la Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina, respingeva l'appello proposto da B.N. avverso la sentenza n. 305/3/12 della Commissione tributaria provinciale di Latina, che ne aveva respinto il ricorso contro l'avviso di accertamento IRAP, IRPEF, IVA ed altro 2006. La CTR osservava in particolare che l'atto impositivo impugnato, emesso sulla base dello studio di settore, era fondato anche sulla valutazione della posizione espressa dal contribuente nel contraddittorio endoprocedimentale, comunque non potendosi valorizzare la particolarità del servizio erogato (bar all'interno di una caserma) ai fini di invalidare le pretese fiscali portate dal medesimo atto impositivo.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo due motivi.

Resiste con controricorso l'Agenzia delle entrate.

Il contribuente successivamente ha depositato una memoria.

 

Considerato che

 

Con il primo motivo il ricorrente lamenta vizio motivazionale, poiché la CTR si è limitata ad un'apodittica conferma per relationem della sentenza appellata.

La censura è fondata.

Va ribadito che:

- «In tema di ricorso per cassazione, ove la sentenza di appello sia motivata "per relationem" alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l'onere ex art. 366, n. 6, c.p.c. occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonché le critiche ad essa mosse con l'atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali» (Sez. U - , Sentenza n. 7074 del 20/03/2017, Rv. 643334 - 01);

- «Deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata "per relationem" alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d'appello sia pervenuto attraverso l'esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello» (Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 22022 del 21/09/2017, Rv. 645333 - 01);

- «In tema di processo tributario, è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell'art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell'illustrazione delle critiche mosse dall'appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare "per relationem" alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l'individuazione del "thema decidendum" e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l'esame e la valutazione dell'infondatezza dei motivi di gravame» (Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 15884 del 26/06/2017, Rv. 644726 - 01);

- «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da "error in procedendo", quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526- 01).

Dal primo arresto giurisprudenziale deriva la piena ammissibilità del motivo in esame, posto che il ricorrente ha assolto il proprio onere di "specificità" della censura secondo il principio di diritto nell'arresto stesso espresso.

Dagli ulteriori arresti giurisprudenziali citati deriva pienamente la valutazione di illegittimità della sentenza impugnata sotto il dedotto profilo del vizio motivazionale radicale.

La CTR laziale infatti con poche laconiche ed apodittiche affermazioni, non autonomamente valutative di quelle della sentenza appellata, ne ha ritenuto la piena correttezza meritale, in particolare eludendo la questione, centrale nella difesa anche endoprocedimentale del contribuente, della evidente specificità delle condizioni dell'attività commerciale de qua (bar all'interno di una caserma), risultando del tutto anodino e non affatto di per sé concludente il mero riferimento all'assenza di concorrenzialità derivante dalle condizioni medesime.

La motivazione espressa dal giudice tributario di appello sul meritum causae deve pertanto ritenersi "meramente apparente" e non conforme allo standard del "minimo costituzionale" (cfr. SU 8053/2014).

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al primo motivo, assorbito il secondo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.