Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 novembre 2017, n. 27734

Cassa di Previdenza dei Ragionieri e Periti Commerciali - Pensione di vecchiaia - Criteri antecedenti alle delibere - Massimale al trattamento - Rispetto del principio del pro rata

 

Rilevato

 

che, con sentenza dell’11 febbraio 2016, la Corte di Appello di Bologna, in riforma della decisione del primo giudice, rigettava la domanda proposta da C. G. nei confronti della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali ed intesa all’accertamento del diritto di esso istante - titolare di pensione di vecchiaia dall’1 settembre 2010 - a vedersi corrispondere il trattamento pensionistico erogato dalla Cassa in base ai criteri antecedenti alle delibere del Comitato dei Garanti del 7 giugno 2003, 20 dicembre 2003 e 25 giugno 2011 per i versamenti effettuati fino al 22 giugno 2002 con condanna della convenuta alla riliquidazione della pensione;

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il G. affidato a due motivi cui resiste la Cassa con controricorso;

che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che la Cassa ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. in cui insiste per il rigetto del ricorso;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

 

Considerato

 

che: con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335 dell’8 agosto 1995, dell’art. 1, comma 763 della legge n. 296 del 27 dicembre 2006 nonché dell’art. 1, comma 488, legge n. 147 del 27 dicembre 2013 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3,cod. proc. civ.) per avere la Corte di Appello riconosciuto efficacia retroattiva alla norma introdotta dalla legge n. 296/2006 senza tenere conto del fatto che la liquidazione della pensione del ricorrente era stata effettuata in forza delle delibere del Comitato dei Delegati della Cassa del 22 giugno 2002, del 7 giugno 2003 e del 20 dicembre 2003 nonché del regolamento della Cassa del 2004; con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 488, della legge n. 147/2013 cit. ( in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.) non potendo riconoscersi carattere interpretativo all’art. 1, comma 488, cit. che, se pure lo avesse, comunque non potrebbe produrre effetti per il periodo anteriore all’entrata in vigore dell’art. 1, comma 763, L. n. 296/2006; nel motivo, quindi, viene evidenziato che l’interpretazione dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296/2006 così come fornita dall’art. 1, comma 488, della L. n. 147/2013 viola: il principio del giusto processo intervenendo nel processo dopo il 2007 per alterare le sorti del contenzioso in corso; l’art. 1 del prot. addizionale n.l, provocando la perdita del maturato previdenziale; degli artt. 14 CEDU e 1, prot. 12 in quanto discrimina coloro che hanno presentato domanda di pensione dopo il 1°. 1.2007 riducendo la quota reddituale delle loro pensioni; degli artt. 6 e 13 CEDU costituendo una ingerenza nei giudizi in corso alfine di determinare la vittoria ad uno dei contendenti;

che entrambi i motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono infondati alla luce dei principi affermati da questa Corte a composizione di un contrasto giurisprudenziale insorto nell'ambito della Sezione ordinaria (cfr.; Cass. n. 17742 del 08/09/2015; 18136 del 16/09/2015) secondo cui;

 " A) Nel regime dettato dalla l. 8.08.95 n. 335 (legge di riforma del regime pensionistico obbligatorio e complementare), gli enti di previdenza privatizzati di cui al d.lgs. 30.06.94 n. 509 (tra cui rientra la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore di ragionieri e periti commerciali) non possono adottare, in funzione dell'obiettivo di assicurare l'equilibrio di bilancio e la stabilità delle proprie gestioni, provvedimenti (quale la delibera 28.06.97 del Comitato dei delegati della Cassa, approvata con decreto 31.07.97 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale) che, lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano un massimale allo stesso trattamento e, come tali, risultino incompatibili con il rispetto del principio del pro rata, previsto dall'art. 3, c. 12, della stessa legge 8.08.95 n. 335, in relazione alle anzianità già maturate rispetto all'introduzione delle modifiche derivanti dagli stessi provvedimenti.

B) Nel regime previdenziale dettato dalla l. 8.08.95 n. 335 (legge di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), per le prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del d.lgs. 30.06.94 n. 509 (tra cui rientra la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore di ragionieri e periti commerciali) ed in relazione alle anzianità già maturate rispetto all'introduzione delle modifiche imposte dalla legge di riforma, per i trattamenti pensionistici maturati prima del 1° gennaio 2007 trova applicazione l'art. 3, c. 12, della l. n. 335 del 1995 nella formulazione originaria, che prevedeva l'applicazione rigorosa del principio del prò rata.

C) Nel regime previdenziale e per gli enti indicati al capo che precede, per i trattamenti pensionistici maturati dal 1° gennaio 2007 in poi trova applicazione l'art. 3, c. 12, della 1. 8.08.95 n. 335 nella formulazione introdotta dall'art. 1, c. 763, della 1. 27.12.06 n. 296, che prevede che gli enti previdenziali suddetti emettano delibere che mirano alla salvaguardia dell'equilibrio finanziario di lungo termine, "avendo presente" — e non più rispettando in modo assoluto — il principio del prò rata, tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni. Con riferimento agli stessi trattamenti pensionistici maturati dopo dal 10 gennaio 2007, sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale già adottati dagli enti medesimi ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della legge n. 296 del 2006, ai sensi dell'ultimo periodo del detto art. 1, c. 763, della legge n. 296 del 2006, come interpretato dall'art. 1, c. 488, della l. 27.12.13 n. 147, il quale ha contenuto chiarificatore del dettato legislativo e non viola i canoni legittimanti l'intervento interpretativo del legislatore desumibili dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo."

che, peraltro, le questioni sollevate nel secondo motivo di compatibilità della legge n. 147/2013 con i principi del giusto processo e della CEDU risultano essere state scrutinate nelle menzionate decisioni di questa Corte ( vedi in particolare paragrafi da 13.2 a 15 cui si rimanda); né gli argomenti prospettati nel ricorso possono indurre a disattendere l’orientamento segnato dalle sezioni unite , al quale va data continuità, poiché le ragioni indicate a fondamento dei principi affermati, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ., sono integralmente fatte proprie dal Collegio;

che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;

che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.