Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 31 gennaio 2018, n. 2398

Imposte - Reddito d’impresa - Accertamento - Compravendite commerciali - "Frodi carosello" - Evasione

 

Motivi in fatto ed in diritto

 

Con avviso di accertamento n. T9H02A300597/2011 l'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Brescia contestava alla "N. Auto" s.r.l., per l'anno d'imposta 2005, la soggettiva inesistenza di operazioni relative all'acquisto di autovetture per un importo complessivo di euro 653.500,67;

conseguentemente reputava ai fini della determinazione del reddito d'impresa per imposte dirette ed i.r.a.p. indeducibili i costi per l'acquisto delle autovetture e indetraibile l'i.v.a. afferente agli stessi acquisti e pari ad euro 130.700,00.

Avverso il suindicato avviso di accertamento la "N. Auto" s.r.l. ed i soci A. S. e M. T. proponevano separati ricorsi alla commissione tributaria provinciale di Brescia.

Deducevano, tra l'altro, che la prospettazione dell'amministrazione finanziaria era basata su mere congetture.

Resisteva l'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Brescia.

Con sentenza n. 58/06/12 depositata l'8.5.2012 l'adita c.t.p. accoglieva i ricorsi all'uopo riuniti e condannava l'amministrazione alle spese.

Proponeva appello l'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Brescia.

Resistevano la "N. Auto" s.r.l., A. S. e M. T..

Con sentenza n. 2288 dei 31.3/5.5.2014 la commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, accoglieva parzialmente l'appello ed in parziale riforma della gravata sentenza accoglieva gli originari ricorsi solo e limitatamente alla deducibilità ai fini delle imposte dirette dei costi per l'acquisto delle autovetture; compensava integralmente le spese.

Evidenziava la c.t.r. - per quel che rileva in questa sede - che risultava "la carenza di prove, poste in capo alla parte contribuente, circa la soggettività delle imprese (società) fornitrici, motivo per il quale l'i.v.a sulle compravendite commerciali è indetraibile" (così sentenza d'appello, pag. 4).

Avverso tale sentenza la "N. Auto" s.r.l. ha proposto ricorso; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese.

L'Agenzia delle Entrate si è costituita ai soli fini della partecipazione all'udienza di discussione.

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l'omesso esame di fatto decisivo.

Deduce che la c.t.r. ha omesso l'esame delle argomentazioni addotte onde dimostrare che per nulla era consapevole della "natura di cartiere delle società fornitrici" (così ricorso, pag. 9).

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell'art. 2729 cod. civ..

Deduce che le presunzioni utilizzabili ai fini della rettifica del reddito imponibile, mercé le quali l'amministrazione finanziaria ha da assolvere l'onere su di essa incombente, devono essere gravi, precise e concordanti.

Si premette che A. S. e M. T. hanno veste, quanto meno, di litisconsorti "processuali". Al contempo, che il ricorso a questa Corte di legittimità non risulta a costoro notificato.

Tuttavia in dipendenza dell'inevitabile rigetto - siccome si dirà - del ricorso a questo Giudice del diritto ben può prescindersi dalla necessità dell'adozione dei provvedimenti di cui all'art. 331 cod. proc. civ. ai fini dell'integrazione del contraddittorio (cfr. Cass. sez. un. 23.9.2013, n. 21670, secondo cui la fissazione del termine ex art. 331 cod. proc. civ., in forza del principio della ragionevole durata del processo, può ritenersi anche superflua ove il gravame appaia "prima facie" infondato, e l'integrazione del contraddittorio si riveli, perciò, attività del tutto ininfluente sull'esito del procedimento).

I motivi di ricorso sono strettamente connessi.

II che ne giustifica l'esame contestuale.

Ambedue i motivi sono comunque destituiti di fondamento.

Ed invero l’iter motivazionale che sorregge il dictum della c.t.r. risulta - in parte qua agitur - in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo ed esaustivo.

Con precipuo riferimento al secondo motivo si evidenzia che, in ipotesi di fatturazione per operazione soggettivamente inesistente risolventesi nella diretta acquisizione della prestazione da soggetto diverso da quello che ha emesso fattura e percepito l'i.v.a. in rivalsa, la prova che la prestazione non è stata effettivamente resa dal fatturante, perché sfornito di dotazione personale e strumentale adeguata alla sua esecuzione, costituisce, di per sé, idoneo elemento sintomatico dell'assenza di "buona fede" del contribuente, poiché l'immediatezza dei rapporti (cedente o prestatore - fatturante - cessionario o committente) induce ragionevolmente ad escluderne l'ignoranza incolpevole circa l'avvenuto versamento dell'i.v.a. a soggetto non legittimato alla rivalsa, né assoggettato all'obbligo del pagamento dell'imposta; con l'effetto che, in tal caso, sarà il contribuente a dover provare di non essere a conoscenza del fatto che il fornitore effettivo del bene o della prestazione era, non il fatturante, ma altri, altrimenti dovendosi negare il diritto alla detrazione dell'i.v.a. versata (cfr. Cass. 13.3.2013, n. 6229; Cass. 21.4.2017, n. 10120, secondo cui, in tema di evasione dell'i.v.a. a mezzo di "frodi carosello", quando l'operazione soggettivamente inesistente è di tipo triangolare, poco complessa e caratterizzata dalla interposizione fittizia di un soggetto terzo tra il cedente comunitario ed il cessionario italiano, l'onere probatorio a carico della Amministrazione finanziaria, sulla consapevolezza da parte del cessionario che il corrispettivo della cessione sia versato al soggetto terzo non legittimato alla rivalsa né assoggettato all'obbligo del pagamento dell'imposta, è soddisfatto dalla dimostrazione che l'interposto sia privo di dotazione personale e strumentale adeguata alla prestazione fatturata, mentre spetta al contribuente - cessionario fornire la prova contraria della buona fede con cui ha svolto le trattative ed acquistato la merce, ritenendo incolpevolmente che essa fosse realmente fornita dalla persona interposta).

Con precipuo riferimento al primo motivo si evidenzia che il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall'art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ., non equivale alla revisione del "ragionamento decisorio", ossia dell'opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall'ordinamento al giudice di legittimità; che, di conseguenza, risulta del tutto estranea all'ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l'autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa (cfr. Cass. (ord.) 28.3.2012, n. 5024; Cass. (ord.) 7.1.2014, n. 91).

Ebbene è innegabile che la ricorrente ambisca a conseguire una nuova e diversa valutazione delle risultanze di causa: "nell'impugnata sentenza manca qualsiasi valutazione delle argomentazioni (...) poste a sostegno della inconsapevolezza della frode da parte del cessionario e tanto più della sua partecipazione alla frode stessa" (così ricorso, pag. 10)) la c.t.r. ha "omesso qualsiasi valutazione su fatti o elementi (...)" (così ricorso, pag. 11).

L'Agenzia delle Entrate di fatto non ha svolto difese.

Nonostante il rigetto del ricorso, pertanto, nessuna statuizione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

Il ricorso è stato notificato in data 18.12.2014.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della s.r.l. ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell'art. 13, comma 1 bis, d.p.r. n. 115/2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, "N. Auto" s.r.l., dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell'art. 13, comma 1 bis, d.p.r. n. 115/2002.