Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 16 maggio 2018, n. 12044

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Stato passivo del fallimento - Crediti prededucibili - Crediti per prestazioni eseguite in fase di esecuzione di concordato preventivo

 

Rilevato che, con decreto depositato in data 24 dicembre 2014, il Tribunale di Busto Arsizio ha respinto l'opposizione proposta dalla G.M. s.p.a. avverso il decreto di esecutività dello stato passivo del fallimento C. s.p.a. con cui il proprio credito di € 198.252,79 per prestazioni eseguite in corso di concordato preventivo era stato ammesso in chirografo, anziché - come richiesto - in prededuzione;

che, secondo il tribunale, al credito non andava riconosciuta la prededucibilità atteso che, risoltosi nel 2012 il concordato preventivo omologato dal Tribunale nel 2010, e dichiarato il fallimento della società nel maggio 2013, non poteva ravvisarsi consecutio tra le due procedure, essendo decorsi alcuni mesi durante i quali la società era tornata in bonis, e la creditrice non avrebbe dato alcuna prova circa l'identità della crisi che aveva prima condotto la debitrice al concordato e poi al fallimento; inoltre, i crediti (come quello della ricorrente) relativi a forniture eseguite dopo l'omologazione del concordato non potrebbero dirsi sicuramente sorti in funzione o in occasione della procedura concordataria, conclusasi con l'omologazione;

che G.M. s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, mentre l'intimato fallimento non ha svolto difese;

ritenuto di disporre la redazione della motivazione in forma semplificata;

considerato che il primo motivo di ricorso lamenta la nullità del decreto impugnato per aver fatto parte del relativo collegio il giudice delegato al fallimento;

che il secondo motivo di ricorso lamenta la falsa applicazione dell'art. 111 I. fall. in relazione all'affermazione del tribunale che il credito non potesse essere ammesso al passivo in prededuzione stante l'autonomia della procedura concordataria nell'ambito della quale era sorto rispetto alla successiva procedura fallimentare, in assenza di prova che la seconda fosse mera conseguenza della prima;

che il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione dell'art. 115 cod. proc. civ. con riferimento alla mancata contestazione da parte della Curatela della circostanza che l'insolvenza fosse esistente già all'epoca dell'ammissione al concordato preventivo e che il fallimento ne fosse diretta e immediata conseguenza;

che il quarto motivo di ricorso lamenta la violazione di norme di diritto in cui sarebbe incorso il tribunale nel respingere l'ammissione dell'importo della fattura n. 198/2011, in quanto la prestazione sarebbe stata effettuata dopo l'omologazione del concordato;

ritenuto che il primo motivo è palesemente infondato, alla luce dell'orientamento, più volte espresso da questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 24718 del 04/12/2015; Sez. 1, Sentenza n. 22835 del 09/11/2016; Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 18681 del 27/07/2017), secondo cui l'incompatibilità del giudice delegato, che ha pronunciato il decreto di esecutività dello stato passivo, a far parte del collegio chiamato a decidere sulla conseguente opposizione, non determina una nullità deducibile in sede di impugnazione, in quanto tale incompatibilità - non escludendo la potestas iudicandi del predetto giudice, quale magistrato addetto al tribunale che dell'impugnazione stessa è il giudice naturale - può dar luogo soltanto all'esercizio del potere di ricusazione, che la parte interessata ha l'onere di far valere, in caso di mancata astensione, nelle forme e nei termini di cui all'art. 52 c.p.c.;

che invece gli altri tre motivi, esaminabili congiuntamente stante la stretta connessione, si palesano fondati, come già questa Corte ha avuto modo di affermare in analoga fattispecie, afferente la medesima procedura (cfr. Sez.6-1 ordinanza n.17911/16);

che infatti, da un lato, trattandosi nella specie di crediti da forniture in esecuzione del concordato preventivo con un piano industriale di rilancio dell'attività imprenditoriale, non si applica in tali casi la preclusione alla prededucibilità posta da questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3581 del 2011) in riferimento alle procedure di concordato cd. Liquidatorio, che, consistendo in un sostanziale fallimento dell'impresa con i vantaggi della realizzazione di una liquidazione concordata, non hanno di mira il recupero e rilancio di compendi aziendali se non addirittura dell'intero corpo d'impresa: finalità questa che, piuttosto, giustifica la regola secondo cui, in tema di concordato preventivo, godono del trattamento preferenziale (c.d. prededuzione) i crediti che attengono sia alla prosecuzione dei contratti pendenti, per il periodo successivo all'ammissione, sia quelli instauratisi successivamente come nuovi rapporti, purché in conformità del piano industriale oggetto dell'approvazione da parte dei creditori e dell'omologazione da parte del Tribunale, in modo che così si realizzi quella piena coerenza tra le obbligazioni assunte dall'impresa in concordato ed il piano approvato»; regola, questa, valevole quindi anche per le prestazioni eseguite nella fase di esecuzione del concordato preventivo, che del resto è da ritenere -alla stregua del duplice criterio cronologico e teleologico posto dall'art.111 I.fall. - compresa nel corso della procedura stessa (cfr. Cass. Sez.1 n. 1513/14);

che, d'altro lato, con riguardo all'onere della prova della consecuzione tra le procedure e quindi della continuità dello stato di crisi-insolvenza, va osservato: a)che, specie dopo la riforma del fallimento (con la possibilità di vacatio tra la risoluzione del concordato medesimo e la dichiarazione di fallimento dell'impresa derivante dalla esclusione del potere del tribunale di dichiarare d'ufficio l'insolvenza dell'impresa che abbia visto risolto il proprio concordato ed i conseguenti tempi tecnici per la proposizione delle istanze da parte dei soggetti legittimati, della loro istruzione e dell'udienza di comparizione in contraddittorio tra le parti) il tribunale può ricavare, anche in via presuntiva, la prova (positiva o negativa) relativa al fatto se lo stato di insolvenza sia da ricondurre ai pochi mesi trascorsi tra la pronuncia di risoluzione del concordato e quella di dichiarazione del fallimento e ad una nuova sfortunata partenza della attività d'impresa (dopo la mancata riuscita del piano industriale concordatario), ovvero se tale stato critico sì fosse già manifestato prima e, solo a seguito del completamento delle procedure di dichiarazione dell'insolvenza, si sia reso esplicito e pienamente manifesto, senza che possa ragionevolmente parlarsi di una nuova e successiva criticità, strutturalmente diversa dalla prima; b)che, nella specie, nel compiere tale verifica il Tribunale di Busto Arsizio ha violato il disposto dell'art. 115 comma 1 cod. proc. civ. omettendo di considerare i molteplici elementi di fatto dedotti dalla odierna ricorrente nel ricorso in opposizione (richiamati specificamente in ricorso), e non contestati dalla controparte, a riprova della sussistenza dell'insolvenza della debitrice sin dal momento della prima richiesta di ammissione al concordato preventivo;

ritenuto pertanto che l'accoglimento, in parte qua, del ricorso si impone;

che, pertanto, si impone la cassazione del provvedimento impugnato, con rinvio della causa al Tribunale di Busto Arsizio che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame nel rispetto dei principi di diritto qui affermati, regolando anche le spese di questo giudizio di cassazione;

 

P.Q.M.

 

accoglie il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Busto Arsizio in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di cassazione.