Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 aprile 2017, n. 9658

Tributi - IVA - Accertamento - Cessioni senza fatture - Prova documentale - Documenti extracontabili rinvenuti da una verifica presso l’azienda acquirente

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza n. 433 del 25 maggio 2010 la Commissione Tributaria Centrale delle Marche respingeva l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Ancona che aveva a sua volta respinto l'appello dell'Ufficio avverso la sentenza della Commissione di primo grado che, riuniti i quattro separati ricorsi proposti da O.P., esercente l'attività di commercio all'ingrosso e lavorazione di metalli preziosi, li accoglieva annullando l'avviso di accertamento con cui l'Amministrazione finanziaria, sulla base delle risultanze di un processo verbale di constatazione redatto in data 30 novembre 1988 nei confronti della ditta C. s.p.a., da cui era emerso che la predetta società aveva ceduto oro in lamine senza emissione di fatture al P., indicato come cliente in un documento extracontabile rinvenuto presso l'abitazione di B.P., primo dirigente della società verificata, aveva accertato maggiori ricavi a fini IVA relativamente agli anni di imposta dal 1985 al 1988 e contestato al P. diverse violazioni in materia di obblighi fiscali.

1.1. La Commissione Tributaria Centrale ha sostenuto che l'Ufficio finanziario non aveva fornito la prova delle contestate operazioni in quanto le circostanze addotte - quali il rinvenimento di un documento extracontabile in cui risultava indicato soltanto il cognome del contribuente e la dichiarazione del primo dirigente della società C., che in sede di interrogatorio aveva indicato il contribuente come coinvolto nella vicenda delle cessioni di oro senza fattura - non costituivano valide presunzioni ma meri indizi, validamente contrastati dalle dichiarazioni del presidente della C. s.p.a., che aveva escluso che il P. fosse un cliente della società, dall'insussistenza sia di irregolarità nella gestione aziendale da parte del contribuente, sia di elementi (come l'emissione di assegni, altre modalità di pagamento o movimenti di somme) che provassero l'esistenza di rapporti tra le due ditte.

2. Propone ricorso per cassazione l'Agenzia delle entrate sulla base di un motivo, cui replica l'intimato con controricorso e ricorso incidentale anch'esso affidato ad un motivo.

3. Il Collegio ha deliberato la redazione della sentenza in forma semplificata.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con l'unico motivo di ricorso proposto, la ricorrente deduce, ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., il vizio logico della motivazione della sentenza impugnata sul fatto decisivo e controverso dell'essere il P. cliente della C. s.p.a., che la Commissione tributaria centrale aveva escluso per avere omesso di considerare che, invece, il nominativo di O.P. era ricompreso nella <rubrica clienti> della predetta società, che smentiva anche la diversa dichiarazione resa sul punto dal presidente della C. s.p.a.

2. Il motivo è fondato e va accolto.

3. Invero, a riprova del coinvolgimento del contribuente nelle cessioni di oro senza emissione di fattura effettuate dalla C. s.p.a. nei confronti dell'odierno controricorrente, l'Agenzia delle entrate ha addotto circostanze di indubbio valore presuntivo, tra cui anche una non confutata prova documentale, ingiustificatamente svalutate dai giudici di appello e ridotte al rango di meri indizi. L'amministrazione finanziaria ha, infatti, desunto il coinvolgimento del contribuente nelle operazioni di acquisto in nero di metalli preziosi sulla base delle dichiarazioni rese da un dirigente della società cedente, dal rinvenimento presso l'abitazione di quest'ultimo di documentazione extracontabile su cui risultavano annotate giornalmente le predette operazioni commerciali nonché dall'inserimento del nominativo del contribuente nella <rubrica clienti al 31.7.1987> della C. s.p.a., e cioè da elementi di indubbia valenza presuntiva che la CTR ha, invece, escluso attribuendo rilevanza alla dichiarazione del Presidente della società che aveva dichiarato <di non essere mai stato cliente della C. s.p.a.> e sostenendo che tali elementi probatori non avevano trovato adeguati elementi di riscontro non essendo state rinvenute <irregolarità nella gestione aziendale del P.> e prove dei <presunti pagamenti della ditta P. alla C. s.p.a. e dell'esistente rapporto fra le due ditte>. E' evidente, sulla base di quanto detto, il difetto di sufficienza e coerenza logica del ragionamento del giudice di merito, posto che lo stesso non spiega come possa escludersi l'esistenza di rapporti tra le due ditte sulla base della mancanza di irregolarità nella gestione aziendale del P. e di prova dei pagamenti delle cessioni di metalli preziosi che, proprio per essere state effettuate <in nero>, non potevano logicamente essere documentate, ed in presenza di prove che vanno in direzione diametralmente opposta, come deve ritenersi la prova documentale costituita dalla rubrica clienti della società venditrice in cui risulta inserito il nominativo del P., che non altri può essere se non l'odierno controricorrente, alla stregua della dichiarazione resa dal dirigente della C. s.p.a., alla quale, provenendo da soggetto terzo rispetto alle ditte coinvolte, va sicuramente preferita a quella resa dal presidente della C. s.p.a .

4. E' innegabile, quindi, la sussistenza sub specie del lamentato vulnus motivazionale, emergendo, dal complesso della sentenza impugnata, un evidente difetto di coerenza logico-argomentativa del ragionamento probatorio, atteso che gli elementi probatori acquisiti al processo, ove correttamente interpretati e coerentemente collegati, avrebbero condotto il giudicante ad una decisione diversa da quella assunta, che è chiaramente frutto di un procedimento logico assolutamente carente.

5. L'accoglimento del motivo di cassazione in esame comporta la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla CTR delle Marche che, in diversa composizione, perché rivaluti la vicenda alla stregua delle considerazioni sopra svolte e provveda anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

6. Resta assorbito il motivo di ricorso incidentale proposto, soltanto in via subordinata, dal controricorrente, con il quale il medesimo ha dedotto la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., lamentando l'omessa pronuncia da parte della Commissione tributaria centrale sull'eccezione di inammissibilità del ricorso in appello dell'Agenzia delle entrate per effetto di giudicato interno formatosi sulla dichiarazione di nullità dell'avviso di accertamento per carenza di motivazione e per violazione del diritto di difesa del contribuente, pronunciata dalla Commissione tributaria di primo grado di Ancona, nonché sulla pronuncia di annullamento del predetto atto impositivo per difetto di elementi di prova delle violazioni fiscali attribuite al contribuente.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il motivo di ricorso principale, assorbito quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale delle Marche, in diversa composizione.