Prassi - FONDAZIONE STUDI CDL - Circolare 13 giugno 2016, n. 10

Welfare aziendale: ora il quadro normativo e’ competitivo

 

1. Premesse

La Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), con il comma 190 dell’articolo 1 è intervenuta sulla disciplina della formazione del reddito di lavoro dipendente al fine di promuovere lo sviluppo del welfare aziendale.

L’obiettivo legislativo è perseguito attraverso un ampliamento del campo di applicazione oggettivo della disciplina dell’art. 51 comma 2 del D.P.R. n. 917/1986 (testo unico delle imposte sui redditi) nella parte in cui si individuano gli elementi che attengono al welfare e che, in tutto o in parte, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente.

La Legge di stabilità 2016 opera su due distinti elementi tipicamente tesi a promuovere il welfare aziendale:

1) generalità di opere e servizi di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto (cfr. art. 51 comma 2 lett. f del TUIR);

2) servizi specifici di educazione, istruzione compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, ludoteche, centri estivi e invernali e per borse di studio a favore di familiari, e servizi di assistenza e a familiari anziani o non autosufficienti (art. 51 comma 2 lett. f-bis e f-ter del TUIR).

E’ stata introdotta anche la possibilità di riconoscere i beni e servizi di cui sopra attraverso voucher cartacei o elettronici (cfr. art. 51 comma 3-bis del TUIR).

In considerazione dell’armonizzazione fiscale e contributiva, le novità ineriscono sia agli aspetti di natura fiscale che a quelli di natura contributiva.

Complessivamente, comunque, il quadro normativo a seguito delle modifiche introdotte si presenta più competitivo tale da prospettare un ragionevole sviluppo del piano di welfare all’interno delle aziende.

 

2. Ambito soggettivo

 

2.1. Dipendenti o categorie di essi

La nuova lettera f) dell’art. 51 comma 2 del TUIR prevede che sono interamente esclusi dalla base imponibile, "l'utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell'articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell'articolo 100".

La lettera f-bis) dispone che: "le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell'articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari".

Nella lettera f-ter) invece, è stato stabilito che "le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell'articolo 12".

Nell’ambito del testo unico delle imposte dirette il riferimento ai lavoratori "dipendenti" va esteso anche ai titolari di reddito assimilato al lavoro dipendente: ne consegue che tutte le disposizioni riferite al welfare aziendale si rivolgono anche ai collaboratori coordinati e continuativi.

Le iniziative di welfare possono essere indirizzate alla totalità dei dipendenti o nell’ambito di una loro specifica categoria. Il riferimento alla categoria dei dipendenti non va intesa esclusivamente a quella di cui all’articolo 2095 c.c., ma ad un qualsiasi gruppo di lavoratori omogeneo (può riguardare ad es. tutti i lavoratori di un settore aziendale, di una turnazione, ecc.).

Sul punto è utile richiamare anche quanto affermato in passato nella Circolare del Ministero delle Finanze n. 326/E del 23 dicembre 1997, ove il Dicastero precisava che "per quanto riguarda l’espressione "generalità o categorie di dipendenti" si ritiene che la prassi aziendale deve essere riferita a tutti i dipendenti di un certo tipo (ad esempio tutti i dirigenti, o tutti quelli che hanno un certo livello o una certa qualifica)".

Tale interpretazione era stata confermata anche successivamente dal medesimo Ministero nella Circolare n. 188/E del 16 luglio 1998, secondo cui "l’espressione "categorie di dipendenti", utilizzata dal legislatore, non va intesa soltanto con riferimento alle categorie previste nel codice civile (dirigenti, operai, etc.), bensì "a tutti i dipendenti di un certo tipo" (in quest’ultima sede il Dicastero a fronte di specifico quesito rilevava che anche l’esempio "tutti gli operai del turno di notte" è idoneo ad individuare una categoria di dipendenti nel senso richiesto dal legislatore poiché sufficiente ad impedire in senso teorico che siano concesse erogazioni ad personam in esenzione totale o parziale da imposte").

Si evidenzia, inoltre, che alla luce dei passati orientamenti espressi dall’Agenzia delle Entrate sembrerebbero non sussistere problemi di incompatibilità con il dettato normativo, laddove le eventuali esclusioni di lavoratori risultino giustificate dal carattere instabile del rapporto (es. tempo determinato, contratti a chiamata).

A tal proposito si ricorda che nella risoluzione n. 3/E dell’8 gennaio 2002 (nella parte relativa al tema delle azioni offerte alla "generalità dei dipendenti"), l’Agenzia intravedeva una disparità di trattamento incompatibile con la norma nell’esclusione dei dipendenti part-time ma non anche nell’esclusione dei dipendenti a tempo determinato ("l’esclusione dei lavoratori a tempo determinato non rappresenta una causa ostativa all’applicazione del regime agevolato").

A conclusioni riconducibili al medesimo principio di fondo si era pervenuti anche nella già citata risoluzione n. 129/E del 12 ottobre 2004 nella quale, sempre con riferimento ai piani di azionariato a favore dei dipendenti, si affermava che " l’esclusione dei soli dipendenti in servizio da meno di tre mesi presso la società non sembra infatti realizzare una effettiva disparità di trattamento tra i lavoratori; può, ritenersi, infatti, che il lasso di tempo estremamente breve preso in considerazione dal piano quale condizione di accesso (tre mesi di servizio) sia volto solo a garantire un effettivo inserimento funzionale del lavoratore in azienda".

Di conseguenza, sulla scorta di tali principi, pur in assenza di una espressa posizione da parte dell’Agenzia delle Entrate, sembrerebbe lecito ritenere compatibile con la normativa anche una eventuale esclusione dei lavoratori in prova.

In presenza di motivi oggettivi, la norma non esclude la possibilità di prevedere piani di welfare con valori economici riconosciuti in misura diversificata per i lavoratori anche all’interno della stessa categoria di appartenenza.

Diversamente, invece, qualora le opere e servizi siano a disposizione solo di taluni lavoratori dipendenti (e non di una loro specifica categoria), gli stessi costituiscono fringe benefits per gli utilizzatori e, pertanto, concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente (risoluzione Agenzia Entrate n. 378/E del 17 dicembre 2007).

 

2.2. Familiari di cui all’art. 12

Le norme indicate al paragrafo precedente prevedono che, in alcuni casi, oltre ai dipendenti, i servizi possono essere fruiti anche dai loro familiari di cui all’art. 12 del TUIR.

In particolare per i familiari si intendono:

- coniuge non legalmente ed effettivamente separato;

- figli, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati;

- ogni altra persona indicata nell'articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria.

Nell’articolo 433 c.c. rientrano, oltre ai soggetti già citati, anche:

- genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi;

- adottanti;

- generi e nuore;

- suocero e la suocera;

- fratelli e le sorelle germani o unilaterali.

Il riferimento ai familiari di cui all’articolo 12 del TUIR prescinde dal carico familiare ai fini fiscali in quanto non vengono richiamate anche le condizioni ivi previste.

 

3. Servizi offerti alla generalità o categorie di dipendenti

Il nuovo articolo 51, comma 2, lett. f) del TUIR stabilisce che "l'utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell'articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell'articolo 100".

La lettera f) dell’articolo 51 prevede espressamente che i servizi siano offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell'articolo 12 (si veda quanto precisato nel par. 2).

La norma conferma il rinvio alle finalità di cui all’art. 100 che riguardano le opere e i servizi con scopi di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale, sanitaria o culto. La locuzione è molto ampia e dunque sono riconducibili ad essa la generalità dei servizi di welfare presenti oggi sul mercato.

E’ altresì confermato che l’esclusione dalla tassazione opera non solo quando le opere e i servizi messi a disposizione dei dipendenti e ai familiari riguardino esclusivamente strutture di proprietà dell’azienda, ma anche quando tali servizi siano messi a disposizione del lavoratore tramite il ricorso a strutture esterne all’azienda (Cfr. Risoluzione n. 34/E del 10 marzo 2004 in cui l’Agenzia delle Entrate si era pronunciata su un quesito inerente ad un servizio di check-up medico da effettuarsi presso strutture mediche specializzate previa stipula di apposite convenzioni da parte del datore di lavoro interessato).

Ad ogni modo, in mancanza di una espressa previsione di legge "il dipendente deve risultare estraneo al rapporto che intercorre tra l’azienda e l’effettivo prestatore del servizio ed in particolare non deve risultare beneficiario dei pagamenti effettuati dalla propria azienda" ( Cfr. Risoluzione n. 34/E del 2004 e Risoluzione n. 26/E del 29 marzo 2010).

Non è possibile quindi fruire dell’agevolazione se le somme sono corrisposte in denaro anche mediante rimborsi o anticipazioni effettuati al dipendente.

Ciò premesso, la novità rispetto al passato consiste nella possibilità di beneficiare delle agevolazioni fiscali e contributive non assumendo più alcun significato la motivazione e/o gli strumenti che originano il piano di welfare aziendale.

In particolare la norma usa l’espressione "riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale".

Precedentemente, invece, la possibilità era ammessa solo laddove il riconoscimento del datore di lavoro era volontario e non in adempimento di un vincolo contrattuale (Ris. Agenzia delle Entrate n. 26/E del 29 marzo 2010).

 

4. Servizi offerti ai familiari di dipendenti o di categorie di essi

La nuova lettera f-bis) prevede la non imponibilità fiscale e conseguentemente contributiva delle "somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell'articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari".

La lettera f-bis), a differenza della lettera f), prevede che i servizi in essa indicati siano rivolti esclusivamente ai familiari di cui all’art. 12 del TUIR (si veda par. 2.2.) da parte dei familiari indicati nell'articolo 12 del TUIR.

Pertanto, non possono rientrare nella lettera f-bis), ad esempio, i servizi di istruzione o per la frequentazione di centri estivi o invernali, se fruiti direttamente dal lavoratore dipendente e conseguentemente tali servizi rientrerebbero nella precedente lettera f).

Rispetto alla tipologia di servizi, nella previgente disciplina si faceva riferimento alla frequenza degli asili nido e di colonie climatiche da parte dei familiari indicati nell'articolo 12, nonché per borse di studio a favore degli stessi familiari.

Le modifiche estendono innanzitutto l’esclusione dalla base imponibile a tutte le spese di educazione e istruzione, anche in età prescolare, comprendendo altresì i servizi integrativi ad essi connessi.

E’ bene notare che sia l’ambito soggettivo che i servizi indicati nella lettera f-bis), si sovrappongono a quanto indicato nella lettera f) creando di fatto una duplicazione (fatto salvo quando indicato per le borse di studio).

D’altronde, le spese di educazione e di istruzione, sono espressamente previste anche nella lettera f). Così come i servizi relativi alla frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali potrebbero essere ricondotti ai servizi di ricreazione.

L’unica differenza apprezzabile che è possibile rilevare nella lettera f-bis) è il riferimento alle "somme" consentendo così di fruire delle agevolazioni anche alle ipotesi di erogazioni in denaro fatte direttamente ai lavoratori a titolo di rimborsi o altri idonei titolo di spesa.

 

5. Specifici servizi offerti alla generalità o categorie di dipendenti

La lettera f-ter), invece, introduce una nuova previsione secondo cui "le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell'articolo 12".

Anche in questo caso i servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti sembrano sovrapporsi con i servizi di assistenza sociale già contenuti nella lettera f).

Anche in questo caso, l’unica differenza apprezzabile che è possibile rilevare nella lettera f-ter) è il riferimento alle "somme" consentendo così di fruire dell’agevolazione fiscale anche alle ipotesi di erogazioni in denaro fatte direttamente ai lavoratori a titolo di rimborsi o altri idonei titolo di spesa.

 

6. Organizzazione e finanziamento dei piani di welfare

I piani di welfare aziendale possono essere predisposti in qualsiasi momento dell’anno e le norme non prevedono vincoli in termini di decorrenza e/o durata.

Pertanto, risulta possibile che un’azienda predisponga un piano di welfare, ad esempio, nel mese di giugno 2016 la cui validità è estesa a tutte le spese sostenute nell’intero anno 2016.

La durata del piano di welfare è in funzione delle scelte derivanti dalla negoziazione o dalla volontà aziendale (se introdotto con atto unilaterale), pertanto, essi possono avere una durata di mesi, anno o pluralità di anni.

In considerazione del quadro normativo di riferimento, il piano di welfare può prevedere che laddove il lavoratore non riuscisse ad utilizzare il plafond a sua disposizione in un determinato anno, egli potrebbe cumulare il valore residuo con quello previsto nell’anno o negli anni successivi.

In relazione al finanziamento dei piani di welfare va precisato che nel caso di opzione del lavoratore per trasformare il premio aziendale in piani di welfare, i benefici fiscali e contributivi sono riconosciuti nei limiti di 2.000 euro o 2.500 euro fissati dalla legge di stabilità 2016.

Ciò in quanto l’opzione di trasformare in servizi di welfare il premio aziendale non altera il quadro normativo di origine e la relativa applicazione dei limiti economici imposti.

Al contrario, nulla vieta che le aziende possano scegliere di avviare piani di welfare, parallelamente ai premi aziendali e senza alcun collegamento con essi, applicando i benefici senza alcun limite.

Il piano aziendale di welfare può essere finanziato con ulteriori e specifiche risorse messe a disposizione dall’azienda rispetto a quanto economicamente riconosciuti ad oggi ai lavoratori.

Tuttavia, in considerazione della situazione economica e finanziaria di ciascuna azienda e nell’ambito di una politica di revisione dei trattamenti economici, è consentito ad esse di scegliere una riduzione della misura dei premi aziendali riconosciuti annualmente ai lavoratori, affiancando loro dei piani di welfare, senza che i due trattamenti abbiano tra loro uno specifico collegamento.

Inoltre, in presenza di accordo, datore di lavoro e lavoratore possono rinunziare a trattamenti di superminimo attualmente riconosciuti (diritto che è nella piena e indiscutibile disponibilità delle parti) a fronte di piani di welfare di specifico interesse per i lavoratori.

 

7. Voucher cartacei o elettronici

A norma dell’art. 51, comma 3-bis del Tuir, 3-bis. "Ai fini dell'applicazione dei commi 2 e 3, l'erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale".

Sul punto il decreto interministeriale 25 marzo 2016 pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali il 16 maggio 2016 (avviso in G.U. n. 112 del 14 maggio 2016) all’art. 6 ha previsto che tali documenti devono essere nominativi e non possono essere monetizzati o ceduti a terzi e devono dare diritto ad un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale senza integrazioni a carico del titolare.

 

8. La deducibilità dal reddito delle spese di welfare

L’art. 100, comma 1 del TUIR stabilisce che "le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi".

La norma prevede che la deducibilità riguardi le spese "volontariamente sostenute" per le specifiche finalità summenzionate.

Tuttavia, tale limite non assume rilevanza ai fini della determinazione della misura delle somme da escludere dal reddito di lavoro dipendente in quanto il riferimento è finalizzato esclusivamente ad individuare la tipologia di opere e servizi che possono essere esclusi dalla base imponibile e non fissarne il limite massimo.

Da un punto di vista sistematico si rileva che la possibilità di stabilire piani di welfare anche mediante contratto, accordo o regolamento aziendale, contenuta nell’art. 51, comma 2, lettera f), non ha trovato analoga modifica nell’articolo 100 del TUIR.

Pertanto, sul piano letterale, dunque, si ritiene che l’azienda ha diritto alla integrale deducibilità, quale costo di lavoro dipendenti, laddove le opere o i servizi siano riconosciuti a fronte di un vincolo che assume l’azienda nell’applicazione del piano di welfare anche derivante da una negoziazione sindacale.

La deducibilità del costo sostenuto per il piano di welfare, tuttavia, si ritiene possa essere integrale anche in presenza di un regolamento aziendale purché non sia un mero atto unilaterale privo di vincoli specifici all’attuazione del piano.