Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 31 gennaio 2017, n. 2429

Processo tributario - Mancato ricevimento dell'avviso di trattazione della causa - Impugnazione della sentenza - Decorrenza - Termine lungo

 

Ritenuto in fatto

 

1. La Agenzia delle entrate propone ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, decidendo sull'appello presentato dalla P. S.a.s. nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria provinciale di Varese, con cui si lamentava il mancato ricevimento dell'avviso di trattazione della causa da parte della società, nel frattempo trasformata in altra e con diversa sede, ha annullato la stessa sul presupposto della mancata instaurazione del contraddittorio, rinviando la causa alla Commissione Tributaria provinciale ex art. 59 comma 1 lett. b) del d.lgs. n. 546 del 1992.

2. La P. S.a.s. resiste con controricorso.

 

Considerato in diritto

 

1. Con un unico motivo, la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 38 del d. Igs. n. 546 del 1992.

Premesso che l'appello venne presentato quando era già scaduto da tempo il termine lungo, per potersi ritenere che nella specie la sentenza di primo grado non fosse ancora passata in giudicato al momento della proposizione del gravame, la ricorrente avrebbe dovuto provare congiuntamente di non essere costituita, e di non avere avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell'avviso di fissazione udienza. Nella specie, invece, essendo la parte regolarmente costituita, l'unica anomalia è risultata quella di una notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza a soggetto non più esistente sicché i termini per l'impugnazione sono decorsi regolarmente, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza. Richiama poi al riguardo la sentenza n. 5454 del 2008 di questa Corte.

2. Quanto al controricorso, la P. lamenta l'inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza non avendo indicato lo stesso né il contenuto del giudizio di primo grado né il contenuto degli atti di parte; lamenta inoltre la violazione dell'art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., non avendo la ricorrente indicato gli atti processuali e i documenti su cui si fonda il ricorso e deduce la fondatezza della sentenza impugnata non avendo la società mai avuto notizia, senza alcuna colpa, né della fissazione d'udienza avanti la Commissione provinciale né della pronuncia della sentenza come da ricostruzione dei passaggi del provvedimento di primo grado.

Conclude, dunque, nel senso della dichiarazione di inammissibilità o del rigetto del ricorso e, in caso di accoglimento, nel rinvio comunque alla Commissione Tributaria Regionale.

3. Il ricorso è fondato.

La sentenza impugnata, sul presupposto che il c.d. "termine lungo" per l'impugnazione della sentenza di primo grado di cui all'art. 327, comma 1, cod. proc. civ. come richiamato dall'art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, non fosse decorso stante la mancata regolare comunicazione della fissazione dell'udienza, ha accolto l'appello della parte rimettendo la causa alla Commissione provinciale per omessa costituzione del contraddittorio.

Va tuttavia rilevato che il presupposto della mancata decorrenza del termine per l'impugnazione predetto va rinvenuto, in virtù dell'espressa previsione di cui all'art.38, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, nel fatto che la "parte non costituita dimostri di non avere avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell'avviso di fissazione d'udienza", sicché questa Corte ha già affermato, del tutto in linea con tale disposizione, che l’ammissibilità dell'impugnazione tardiva, oltre il termine "lungo" dalla pubblicazione della sentenza, previsto dall'art. 38, cit. presuppone che la parte dimostri l’"ignoranza del processo", ossia di non averne avuto alcuna conoscenza per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell'avviso di fissazione dell'udienza, situazione che non si ravvisa in capo al ricorrente costituito in giudizio, cui non può dirsi ignota la proposizione dell'azione, dovendosi ritenere tale interpretazione conforme ai principi costituzionali e all'ordinamento comunitario, in quanto diretta a realizzare un equilibrato bilanciamento tra le esigenze del diritto di difesa e il principio di certezza delle situazioni giuridiche. Né assume rilievo l'omessa comunicazione della data di trattazione, che è deducibile quale motivo di impugnazione ai sensi dell'art. 161, comma 1, cod. proc. civ., in mancanza della quale la decisione assume valore definitivo in conseguenza del principio del giudicato (Sez. 5, n. 23323 del 15/10/2013,  Rv. 629486). E del resto, anche con riferimento alla analoga disposizione dell'art. 327 comma 2, cod. proc. civ., era già stato ripetutamente affermato che l’impugnazione tardiva può trovare applicazione nel solo caso del convenuto contumace il quale, prima che abbia a maturare il termine generale annuale di decadenza di cui al primo comma dell'art. 327 cod. proc. civ., non abbia avuto, a causa dell'originaria nullità della citazione o della notifica di essa, notizia alcuna del procedimento (Sez. 1, n. 19037 del 12/12/2003, Rv. 568824; Sez. 3, n. 19225 del 14/09/2007, Rv. 598994; Sez. 3, n.20307 del 20/11/2012, Rv. 624498).

Ciò posto, nella specie, la parte privata era costituita nel processo di primo grado sicché, in osservanza dei principi appena richiamati, sarebbe stato onere della stessa di informarsi in ordine alla intervenuta fissazione dell'udienza avanti la Commissione provinciale.

Né può ritenersi che, come lamentato complessivamente in controricorso, il ricorso dell'amministrazione sia generico, avendo invece lo stesso debitamente e compiutamente esposto i dati processuali pertinenti ai fini della doglianza esposta.

4. Consegue a quanto sopra che, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio; le spese del giudizio di appello devono essere compensate tra le parti mentre, in ragione della soccombenza, la parte resistente deve essere condannata alla rifusione in favore della ricorrente delle spese del presente grado liquidate in complessivi euro 3.000 oltre alle spese prenotate a debito.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata senza rinvio; compensa le spese del grado d'appello e condanna la resistente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in euro 3.000 oltre alle spese prenotate a debito.