Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 27 ottobre 2017, n. 49547

Tributi - Reati fiscali - Evasione - Omessa presentazione della dichiarazione - Subentro di nuovo amministratore, straniero e irreperibile, prima del termine di scadenza - Responsabilità dell’amministratore uscente in qualità di amministratore di fatto

 

Ritenuto in fatto

 

1. La Corte di appello di Caltanissetta il 12 maggio 2016 ha integralmente confermato la sentenza del Tribunale di Caltanissetta del 13 febbraio 2015, appellata dall'imputato, sentenza con la quale V. C., all'esito del giudizio abbreviato, era stato riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 5 del d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, per avere omesso di presentare, essendovi tenuto, quale titolare della s.r.l. P., le dichiarazioni annuali relativa all'IRES ed all'IVA per l'anno 2008, essendosi accertata un'evasione, rispettivamente, di 100.780,00 e di 207.642,00 euro, fatto contestato come commesso il 19 dicembre 2009, ed in conseguenza era stato condannato, senza il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena stimata di giustizia.

2. Ricorre tempestivamente per la cassazione della sentenza l'imputato, tramite difensore, che si affida a due motivi, con i quali denunzia promiscuamente violazione di legge e difetto motivazionale.

2.1. In primo luogo la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto della perdita della qualifica da parte dell'imputato, il quale, già amministratore della ditta P., aveva tuttavia documentalmente dimostrato di avere l'8 ottobre 2009 presentato le proprie dimissioni e di avere consegnato al nuovo amministratore il 21 ottobre 2009 tutte le scritture contabili: ciò implicherebbe, ad avviso del ricorrente, sia violazione degli artt. 192, 125, comma 3, e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., sia vizio motivazionale della sentenza. Alla data di perfezionamento del reato, infatti, il 29 dicembre 2009, l'imputato non aveva più la qualifica soggettiva richiesta né gli è stato contestato - si osserva - il concorso nel reato proprio con il nuovo amministratore ovvero la commissione del reato quale amministratore di fatto.

L'avere, inoltre, il Giudice di primo grado affermato (p. 5 della sentenza del Tribunale) - si ritiene immotivatamente - che V. C. avrebbe agito in concorso con i suoi parenti, G. e G. F., senza trasmissione degli atti alla Procura nei confronti degli stessi da parte del decidente, indebolirebbe la tenuta logica della decisione, che non sarebbe correttamente giustificata ma solo il «frutto di una folgorazione intuitiva del giudicante» (così alla p. 5 del ricorso).

Peraltro il Tribunale, dopo avere avvertito la necessità, di ufficio, di sentire alcuni testi, nonostante si celebrasse il giudizio abbreviato, avrebbe adottato un ragionamento presuntivo basato su scarni elementi (cioè: la situazione debitoria della società; l'essere la nuova amministratrice straniera; il mancato reperimento della nuova amministratrice), ragionamento poi integralmente recepito dalla Corte di appello ma che non consentirebbero, ad avviso del ricorrente, di ritenere adeguatamente dimostrata la penale responsabilità dell'imputato.

La sentenza impugnata trascurerebbe, poi, ogni valutazione circa gli elementi probatori a discarico offerti dalla difesa, rappresentati dal verbale del passaggio delle consegne ad I. G. del 21 ottobre 2009 e dalla motivazione della sentenza della Commissione tributaria di Caltanissetta n. 461/03/2013 del 28 marzo (documenti entrambi allegati al ricorso), così integrandosi specifico vizio motivazionale.

Sarebbe inoltre insignificante che la polizia giudiziaria non abbia rintracciato il nuovo amministratore, perché - si sottololinea - la carenza delle indagini non può andare in danno dell'imputato.

La decisione impugnata si limiterebbe ad un mero rinvio per relationem a quella di primo grado, rinvio che, secondo la giurisprudenza di legittimità che si richiama, non sarebbe nel caso di specie ammissibile.

In definitiva, la sentenza non spiegherebbe in alcun modo la cessione solo fittizia della posizione ricoperta dall'imputato né l'effettivo dominio sulla gestione della società pur dopo le dimissioni e la nomina del nuovo amministratore.

2.2. Con il secondo motivo si denunzia ulteriormente violazione di legge (artt. 133 e 62-bis cod. pen.) e nel contempo difetto motivazionale, in quanto la Corte di appello, nell'affermare (alla p. 6 della sentenza) che non si ravvisano elementi di segno positivo per la concessione delle attenuanti generiche, non avrebbe dato conto delle argomentazioni difensive svolte al riguardo nell'appello ed avrebbe violato i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità.

 

Considerato in diritto

 

1. Va premesso che i reati contestati non sono prescritti; infatti, al termine di sette anni e sei mesi decorrente dal 29 dicembre 2009 e scadente il 29 giugno 2017 devono aggiungersi sessanta giorni in ragione del rinvio per concomitante impegno professionale (rinvio disposto all'udienza del 2 febbraio 2016): l'eventuale data di maturazione della prescrizione è individuabile nel giorno 28 agosto 2017, ciò che spiega, peraltro, la fissazione del ricorso nel periodo feriale.

2. Ciò posto, il ricorso è manifestamente infondato.

2.1. Quanto al primo motivo di ricorso, si osserva che i Giudici di merito, peraltro con doppia valutazione conforme, prese le mosse dalla distinzione tra scadenza di mero rilievo fiscale (30 settembre 2009) e scadenza di rilievo penale (il 29 dicembre 2009) per le dichiarazioni in parola, hanno tratto dal vano decorso della prima mentre era amministratore V. C., dalla situazione debitoria e, anzi, di vera e propria decozione della società, dal passaggio di consegne prima del maturarsi del secondo termine, in data 21 ottobre 2009, a persona straniera risultata in concreto irreperibile alle ricerche svolte dalla polizia giudiziaria, la dimostrazione della fittizietà del subentro di I. G, di nazionalità lettone.

Il ragionamento svolto da Corte di appello e Tribunale risulta logico e congruo.

In particolare, non hanno pregio le censure incentrare sulla mancata contestazione all'imputato della qualifica di amministrare di fatto o di concorrente nel reato proprio dell'amministratore formale, sia perché non vi è stata alcuna lesione del diritto di difesa, essendosi già mediante l'appello l'imputato difeso su tutti gli aspetti, sia per la stessa mancanza di qualsiasi atto di gestione dopo l'8 ottobre 2009 da parte della G. o di C. ovvero di chiunque altro (v. pp. 4-7 della sentenza di primo grado).

Il mancato esercizio dell'azione penale nei confronti di ipotetici correi di C., cioè i precedenti proprietari della società, parenti dell'imputato (p. 2 della sentenza impugnata), non implica - né può implicare - l'irresponsabilità o un differente e minore livello di responsabilità del ricorrente.

I Giudici di merito - contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso - non hanno omesso di considerare il documento in data 21 ottobre 2009, allegato al ricorso: hanno solo, motivatamente, non prestato fede al relativo contenuto.

Le circostanza che la sentenza della Commissione tributaria allegata al ricorso riguardi tributi dovuti per annualità diversa (l'anno 2007) e che la ragione - non rileva se condivisibile o meno - dell'annullamento disposto dal Giudice tributario è che al momento della notifica dell'avviso dell'Agenzia delle entrate, il 20 giugno 2012, C. non fosse legale rappresentante o amministratore (ultima e penultima pagina della sentenza impugnata) rendono del tutto privo di rilevo quanto stabilito dalla Commissione tributaria e, correlativamente, non doverosa la confutazione specifica del motivo di appello (p. 6 dell'impugnazione di merito), da ritenersi in ogni caso implicitamente disatteso.

II mancato rintraccio della nuova amministratrice non può essere additato a lacuna investigativa ingiustamente ridondante in danno dell'imputato: è un articolato insieme di elementi (la non rintracciabilità della donna, l'essere del tutto sconosciuta all'indirizzo dalla stessa fornito, l'essere del tutto impossidente, l'avere assunto la qualifica formale di amministratrice senza tuttavia compiere alcun concreto atto di gestione, l'omesso deposito del bilancio sociale per il 2008 e la mancata trasmissione all'anagrafe tributaria delle prescritte dichiarazioni fiscali) ad essere stato, non incongruamente, stimato dai Giudici di merito indice della fittizietà del subentro di Inese Grinberga.

La sentenza, impugnata, infine, non si limita ad un mero rinvio a quella del Tribunale ma, prese in considerazione le doglianza difensive svolte con l'appello, le disattende motivatamente.

2.2. Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, si osserva che l'appello sullo specifico punto era incentrato (pp. 8-9) sulla pretesa violazione di un divieto normativo, per avere il Tribunale negato le stesse in considerazione del comportamento dell'imputato, definito come «connotato da intenzionalità e raffinata malizia» (p. 9), mentre, ai sensi del combinato degli artt. 62-bis, comma 2, e 133, comma 1, n. 3, cod. pen., sarebbe esclusa la possibilità di basarsi sulla intensità del dolo o sul grado della colpa.

Ha trascurato però l'impugnazione di merito che prevalente motivo del diniego era l'assenza di elementi positivamente valutabili (v., infatti, p. 9 della sentenza di primo grado) al fine del riconoscimento delle attenuanti, valutazione confermata dalla Corte di appello (p. 6), senza che possa addebitarsi ai Giudici di merito di avere pretermesso le generiche argomentazioni della difesa, che non ha indicato alcuna ragione che renderebbe concedibili le attenuanti generiche.

3. Discende dalle considerazioni svolte la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di 2.000,00 euro alla cassa delle ammende.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro 2.000,00 alla cassa delle ammende.