Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE ROMA - Sentenza 13 novembre 2017, n. 24020

Irap - Rimborso da recesso - Esclusione dall'imposta - Sussiste

 

Fatto

 

Con ricorso depositato in data 25 agosto 2015 la società T. GROUP Srl nonché i relativi soci sigg.ri L.A., L.S. e O.A. impugnavano l’avviso di accertamento TK 3035300056/2015 relativo a Irap anno 2011 di € 34.905,00 oltre sanzioni ed interessi.

L’avviso di accertamento originava da un PVC redatto dalla Guardia di Finanza a seguito di una verifica fiscale nei confronti di una associazione sportiva alla quale veniva contestato di aver emesso fatture per operazioni inesistenti nei confronti di diversi clienti tra cui la società ricorrente.

A seguito del contraddittorio con la società tutti i rilievi venivano ritenuti infondati tranne quello di cui all’avviso di accertamento oggetto del ricorso e con il quale veniva contestato di aver imputato tra gli elementi negativi del reddito oneri per complessivi € 915.000 relativi alla quota di partecipazione rimborsata al socio F.M. per il recesso da lui esercitato in data 27.12.2011.

Va precisato che la società aveva optato nell’anno 2011 per il regime di trasparenza di cui agli artt. 115 e 116 del Tuir ai sensi del quale il reddito prodotto dalla società partecipata, determinato con le modalità ordinarie, non viene tassato direttamente in capo alla stessa, ma viene attribuito in percentuale a ciascun partecipante a prescindere dall’effettiva percezione, con un meccanismo analogo a quello delle società di persone.

La differenza tra l’importo rimborsato al socio recedente e il valore nominale della quota è un valore deducibile ai fini Ires ed Irpef in quanto tassato direttamente in capo al socio recedente (in caso contrario si avrebbe una doppia tassazione).

Ha ritenuto però l’amministrazione che ciò non varrebbe ai fini Irap e che la quota di € 895.000 rimborsata al socio costituirebbe un onere non rientrante tra le componenti negative di reddito deducibili dalla base imponibile di cui al dlgs. 446/1997 regolante l’IRAP, basato sul valore della produzione netta.

In relazione all’atto impugnato i ricorrenti sostenevano:

1. La nullità dell’atto per mancata notifica alla società bensì solo ai soci, soggetti estranei rispetto all'imposta Irap che vede come unico soggetto passivo la società.

2. L’illegittimità derivata dell’atto impugnato per violazione dell’art. 220 cpp e degli artt. 75 del DPR 633/72 e 70 del DPR 600/1973.

3. La violazione del contradditorio teso alla definizione in adesione, che sarebbe stato solo formale ma non sostanziale.

4. La violazione della legge 241/90 in materia di provvedimento amministrativo.

5. La mancata allegazione agli atti della delega conferita dal Direttore provinciale al funzionario delegato alla firma dell’atto impugnato.

6. Nel merito la deducibilità ai fini Irap delle somme corrisposte al socio uscente attesa la loro correlazione con gli utili d’impresa dell’esercizio e quelli futuri.

Si costituiva l’Agenzia delle entrate con atto con cui replicava puntualmente alle argomentazioni di parte ricorrente sostenendo

- Che la presentazione del ricorso da parte della società avrebbe sanato qualunque eventuale vizio di notifica dell’avviso di accertamento

- La regolarità della notifica ai soci stante il regime di trasparenza prescelto

- La perfetta regolarità delle operazioni compiute dalla Guardia di finanza

- La regolarità della fase del contradditorio

- Che nella specie non si sarebbe verificata alcuna delegazione di funzioni ma una semplice delega di firma -

- La correttezza della ripresa a tassazione anche in relazione alla imputazione contabile effettuata dalla società e alla natura non di costo della produzione della differenza da recesso.

Il giudizio veniva chiamato una prima volta all’udienza dell’8 giugno 2017 nel corso della quale parte ricorrente presentava istanza di sospensione del giudizio ai sensi dell’art.11 comma 8 del di 24 aprile 2017 n. 50 fino al 10 ottobre 2017 al fine di poter presentare definizione agevolata della controversia.

La causa veniva rinviata all’udienza del 9 novembre 2017.

All’udienza del 9 novembre 2017 si rilevava la mancata presentazione da parte del ricorrente, entro il 10 ottobre 2017, dell’istanza di definizione agevolata e di versamento degli importi dovuti (escluse le sanzioni) o della prima rata in caso dì rateizzazione.

La causa veniva pertanto discussa e trattenuta in decisione.

 

Motivazione

 

In via preliminare infondato è il lamentato vizio relativo alla asserita nullità dell’atto per mancata notifica alla società, notifica effettuata ai soli soci soggetti estranei rispetto all’imposta Irap.

Ed infatti risulta agli atti di causa che l’amministrazione ha tentato la notifica alla società all’indirizzo corrispondente alla sede legale, ma la stessa è andata negativa per irreperibilità.

Ogni eventuale difetto di notifica peraltro è nella specie sanato dal ricorso proposto dalla società stessa avverso l’atto impugnato. Peraltro devesi rilevare come nella specie i soggetti interessati al ricorso siano propri i soci ricorrenti attesa l’opzione operata per il regime di trasparenza che sposta ogni obbligazione di tipo tributario in capo ai soci, come se si trattasse di società di persone piuttosto che di capitali.

Altrettanto infondati sono i motivi di ricorso relativi alla regolarità delle operazioni compiute sia in fase di PVC dalla Guardia di finanza, sia in fase di contradditorio preprocessuale. Dalla lettura del PVC non emerge alcuna violazione delle tutele di difesa da parte dei militari verbalizzanti per non essere - la parte - stata messa al corrente delle ragioni che hanno innescato il controllo. Dalla stessa parte introduttiva del PVC emerge che l'attività istruttoria è stata effettuata nell’ambito di controlli incrociati resisi necessari a seguito di altra indagine effettuata presso un cliente della società T. Group. Dal medesimo PVC emerge anche che la parte è stata resa edotta del fatto che le risultanze dell'indagine svolta nei riguardi della società cliente erano state oggetto di apposita relazione inoltrata all'Autorità Giudiziaria la quale, a sua volta, ne aveva autorizzato l’utilizzo ai fini fiscali. Destituita di fondamento appare, inoltre, l'eccezione relativa al mancato contraddittorio antecedente all'emissione dell'avviso di Accertamento. Nel PVC è riportato infatti che la parte è stata resa edotta della facoltà di far pervenire all'Ufficio titolare della funzione impositiva, entro 60 giorni dalla consegna del medesimo PVC, osservazioni e richieste. Non è allora fondata l’affermazione di non aver mai ricevuto invito a contraddittorio in quanto l’invito stesso era contenuto nel PVC.

Ulteriormente infondata è l’asserita illegittimità dell'Avviso di Accertamento per mancata allegazione della delega conferita dal Direttore Provinciale dell'Ufficio al dipendente firmatario dell'atto impugnato. L'atto impugnato è imputabile al Direttore Provinciale protempore, giusta delega di firma conferita alla Dott.ssa L.G.R., funzionario di terza fascia che materialmente lo ha sottoscritto, depositata in atti da parte resistente. Nell’ordinamento non si rinviene una disposizione che preveda che le delega debba essere allegata all’avviso di accertamento, potendo la stessa essere prodotta in giudizio laddove messa in discussione dal destinatario dell’atto, come avvenuto nella fattispecie. Nel merito il ricorso è invece fondato.

Come già accennato in fatto la "differenza di recesso" che emerge a seguito del rimborso della quota al socio recedente genera una componente negativa deducibile ai fini della determinazione del reddito delle società (Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 64 del 25/02/2008).

Ai fini Irap l’Agenzia delle entrate invece ritiene che così non sia in quanto gli oneri sostenuti dalla società, nel complesso pari a € 915.000,00, per il rimborso dell’intero valore della quota di partecipazione del socio F.M., receduto nel 2011, il quale deteneva una quota di partecipazione pari al 35% del capitale sociale, non rientrerebbero tra le componenti negative di reddito in quanto non costituiscono un costo della produzione e quindi non sarebbero deducibili.

Parte ricorrente per converso sostiene che, atteso che le componenti straordinarie di reddito concorrono a formare la base imponibile Irap solo se correlate ad esercizi precedenti, nella specie la plusvalenza emersa in sede di recesso tra il valore nominale della quota e quella liquidata al socio uscente sarebbe la conseguenza solo di utili in corso di esercizio e delle prospettive future della società.

Entrambe le tesi non sono convincenti.

Non convince quella di parte ricorrente in quanto appare veramente difficile da credere che la differenza da recesso sia da riferire per intero all’utile di esercizio in corso e a prospettive future e non anche - e soprattutto - a attività pregresse della società. Correlare la differenza da recesso, come vorrebbe parte ricorrente, tutta ai costi di produzione dell’anno in corso e agli esercizi futuri quale conseguenza positiva degli stessi non appare realistico, stante l’ingente valore della stessa. La tesi peraltro non è supportata da alcun elemento probatorio. La perizia richiamata nel ricorso introduttivo non risulta allegata agli atti di causa Non è però convincente neppure la tesi dell’amministrazione e ciò sul presupposto delle modalità di calcolo della base imponibile Irap che costituisce il presupposto da cui bisogna partire per trovare una soluzione al problema.

La base imponibile Irap è data dal valore della produzione netta del conto economico del bilancio civilistico, calcolata prendendo il valore della produzione lorda (cioè tutti i ricavi), meno i costi della produzione, dai quali però bisogna escludere le seguenti voci (come risultano dal conto economico di esercizio):

- costi del personale: salari, oneri sociali, trattamento di fine rapporto, trattamento di quiescenza e simili, tutti gli altri costi;

- svalutazioni delle immobilizzazioni, svalutazioni dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide;

- accantonamenti per rischi anche se imputati ad altre voci dello schema di conto economico. Essi diventano deducibili solo quando vengono effettivamente sostenuti;

- altri accantonamenti.

Le quote di ammortamento del costo sostenuto per l’acquisizione di marchi d’impresa e a titolo di avviamento, sono ammesse in deduzione in misura non superiore a un diciottesimo del costo, indipendentemente dalla loro imputazione a conto economico. Si può ragionevolmente sostenere che il rimborso da recesso non rappresenta un costo della produzione (e come tale pertanto sarebbe indeducibile); ma si può altrettanto sostenere che esso rappresenta un onere straordinario che però non si correla in alcun modo direttamente alla sola produzione dell’esercizio ma all’intera storia della società, al suo passato, al presente e alle prospettive future.

Esso allora, in base ai presupposti della base imponibile Irap, non può esser fatto rientrare nel calcolo del valore della produzione netta in quanto rappresenta un onere straordinario che non si correla con alcun valore della produzione dell’esercizio ma piuttosto con tutti i valori economici e non, espressione della società.

Esso allora, esula dal concetto di valore della produzione sia in termini di ricavo che di costo e non può essere utilizzato per il calcolo della base imponibile Irap da cui va pertanto escluso. È un onere straordinario, del tutto eccezionale e non correlabile all’esercizio e che va ritenuto pertanto deducibile.

Il ricorso va pertanto accolto e l’atto impugnato annullato.

Attesa la complessità e novità della questione si ritiene vi siano giusti motivi per una compensazione delle spese di lite tra le parti.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso.

Spese compensate.