Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 maggio 2018, n. 12050

Tributi - ICI - Coniugi separati di fatto - Abitazione in due differenti immobili - Agevolazione per l’abitazione principale - Esclusione

 

Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria, nei cui confronti il comune di Bologna non ha spiegato difese scritte, i ricorrenti - coniugi separati di fatto - impugnavano la sentenza della CTR dell'Emilia - Romagna, relativa a due avvisi d'accertamento ICI 2004 per il mancato riconoscimento dell'agevolazione riferita all'immobile adibito ad abitazione principale.

Con un primo motivo denunciano il vizio di violazione di legge, in particolare, dell'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504/92 anche in rapporto al combinato disposto degli artt. 3 e 53 Cost., in quanto, erroneamente, i giudici d'appello avevano negato ai fini ICI il diritto all'agevolazione prevista per l'abitazione principale ai coniugi separati di fatto solo perché non separati giudizialmente.

Con un secondo motivo, i medesimi ricorrenti denunciano il vizio di violazione di legge, in particolare, dell'art. 1 comma 161 della legge 296/06, in quanto, erroneamente, i giudici d'appello, avevano ritenuto tempestivi gli avvisi d'accertamento ICI riguardanti l'anno d'imposta 2004, notificati il 24 dicembre 2010, benché il termine di decadenza fosse spirato il 31 dicembre 2009.

Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

È, infatti, insegnamento di questa Corte, quello che "In tema d'imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini della spettanza della detrazione prevista, per le abitazioni principali (per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica), dall'art. 8 del d.lgs. n. 504 del 1992 (come modificato dall'art. 1, comma 173, lett. b), della I. n. 296 del 2006, con decorrenza dall'1 gennaio 2007), occorre che il contribuente provi che l'abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la detrazione sulla base dell'accertamento che l'immobile "de quo" costituisse dimora abituale del solo ricorrente e non della di lui moglie)." (Cass. ord. n. 15444/17, Cass. ordd. nn. 12299/17, 13062/17, 12050/10). Nel caso di specie, per affermazione degli stessi ricorrenti, le distinte abitazioni oggetto degli atti impositivi non costituivano, nell'anno in contestazione, dimora abituale non solo propria ma neppure del proprio nucleo familiare.

Anche il secondo motivo appare infondato, dal momento che gli avvisi avevano ad oggetto non già la rettifica di dichiarazioni o denunce infedeli, incomplete o inesatte, bensì proprio l'omessa presentazione della dichiarazione ICI; con conseguente applicabilità del termine del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o la denuncia dovevano essere presentate (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2), in quanto, i coniugi erano tenuti a denunciare ai fini ICI fin dal 2004 (con termine per l'adempimento entro il 31.7.2005) la cessazione della situazione di dimora di entrambi nello stesso immobile. Pertanto, alla data di notifica degli atti impositivi, il 24.12.2010, l'ente impositore non era decaduto dalla potestà impositiva, essendo l'accertamento intervenuto entro il termine del 31 dicembre del quinto anno successivo dalla scadenza dell'obbligo di dichiarazione.

Va, infine, disattesa l'eccezione di giudicato sollevata dai ricorrenti in memoria con riferimento alla sentenza della Commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna n. 763/8/16 del 21 marzo 2016, passata in giudicato, che, per le annualità 2005 e 2006 e previo accertamento della separazione di fatto tra i coniugi G.G. e P.S., ha riconosciuto spettare ad entrambi i nominati contribuenti l'agevolazione per l'abitazione principale. Infatti nel presente giudizio il giudice di appello non ha compiuto nessun accertamento sulla separazione di fatto tra i suddetti coniugi, limitandosi su tale punto a richiamare le deduzioni degli appellanti, ma ha soltanto statuito in diritto, affermando il principio generale che un'abitazione può essere ritenuta principale soltanto se nella stessa dimorano sia il contribuente che i suoi familiari, con la conseguenza che <<per il sorgere del diritto alla detrazione...non è sufficiente che il contribuente dimori abitualmente nell'unità immobiliare se...il coniuge, non separato legalmente, dimori altrove>>, per giungere alla conclusione <<che nessuno dei due immobili, abitati in via esclusiva uno dalla S. e l'altro dal Gelsomini, può essere considerato abitazione principale ai sensi della norma in commento>>. Pertanto, essendo diversi i presupposti in fatto accertati nella sentenza di appello del presente giudizio (abitazione in due differenti immobili da parte di coniugi non separati legalmente) e quelli oggetto dell'accertamento effettuato nella sentenza n. 763/8/16 (trasferimento della dimora abituale <<per la frattura del rapporto di convivenza, cioè di una situazione di fatto consistente nella inconciliabilità della prosecuzione della coesistenza, sotto lo stesso tetto, delle persone legate dal rapporto coniugale>>, con conseguente superamento della presunzione di coincidenza tra "casa coniugale" e "abitazione principale"), deve concludersi che il giudicato formatosi sulla sentenza n. 763/8/16 non ha efficacia vincolante nel presente giudizio. Infatti, il principio di diritto affermato nella sentenza n. 763/8/16 è riferito ad una fattispecie concreta fondata sull'accertamento della separazione di fatto dei coniugi contribuenti, ossia della frattura del rapporto di convivenza per la inconciliabilità della prosecuzione della coesistenza, mentre i principio di diritto affermato al giudice di appello nel presente giudizio ha riguardato il differente presupposto di fatto dell'abitazione dei due coniugi non separati legalmente in due differenti immobili.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell'ente impositore, esonera il Collegio dal provvedere sulle spese.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso articolo 13.