Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 maggio 2018, n. 11441

Tributi - Dazi all'importazione - Accertamento effettiva origine della merce - Rettifica dell'origine preferenziale della merce - Applicazione dazi antidumping - Prescrizione triennale - Decorrenza del termine - Dall’acquisizione della notizia dell'evasione - Comunicazione della relazione finale dell'OLAF

 

Svolgimento del processo

 

l. Con sentenza depositata il 27 luglio 2012, la Commissione tributaria regionale della Liguria, in riforma della sentenza della CTP di La Spezia, ha accolto l'appello proposto dal contribuente avverso gli avvisi di revisione dell'accertamento, di cui ai provvedimenti n. 3017 del 29.01.2010 e 3162 del 30.01.2010, in merito a n. 4 dichiarazioni doganali IM4, di "lampade fluorescenti compatte elettroniche", dichiarate di origine malese, presentate dalla società A. Group Ltd. presso l'Ufficio delle Dogane di La Spezia tra il 19.12.2006 ed il 2.04.2007. Con i citati avvisi veniva rettificata l'origine preferenziale della merce, con aliquota daziaria dello 0%, in quanto da indagini svolte dall’OLAF le stesse risultavano "inequivocabilmente riconducibili ad origine cinese", come tali soggette a dazio antidumping pari al 66,10% ai sensi del reg. CE n. 1471/2001. Le citate indagini avevano inoltre accertato la contraffazione dei certificati di origine Form-A, risultati mai emessi dalle autorità malesi competenti.

La CTR ha dichiarato illegittimi gli avvisi di rettifica dell'accertamento relativi alle dichiarazioni doganali IM 4 presentate dalla A. Group Ltd. tra il 19.12.2006 ed il 2.04.2007, accogliendo la preliminare eccezione di prescrizione del diritto all'accertamento, ritenuta "assorbente", non essendo stato "rispettato il termine triennale entro il quale deve essere notificato al contribuente l'accertamento che lo riguarda; né può essere utilizzata la previsione derogatoria di cui all'art. 221 CDC, secondo cui la comunicazione al debitore può essere effettuata dopo la scadenza di tale termine qualora l'obbligazione doganale sorga a seguito di un atto che era al momento in è stato commesso perseguibile penalmente". Nella specie riteneva l'insussistenza di una notitia criminis che comunque non riguardava il L. . Rilevava altresì che non risulta provata la falsità dei certificati malesi di origine dell'importazione, non assoggettati a controllo successivo. La sentenza di appello, non notificata, è stata tempestivamente impugnata per cassazione dalla Agenzia delle Dogane con ricorso affidato a quattro motivi.

Ha resistito con controricorso il contribuente.

 

Ragioni della decisione

 

1. - Con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle Dogane denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2935 c.c. e dei principi generali in materia di decorrenza del termine di prescrizione, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. Nella specie, si evidenzia che ha la CTR non ha applicato correttamente l'art. 2935 c.c., la cui portata è estesa al settore doganale ex art. 84 T.u.l.d.. deducendo la tempestività  dell'accertamento dei maggiori dazi, in quanto il dies a quo del termine triennale decorre dalla acquisizione della notizia dell'evasione, ossia dalla comunicazione della relazione finale dell'OLAF del 15-26 gennaio 2007. Solo in tale momento è, infatti, possibile individuare i soggetti debitori di imposta e quantificare l'importo dovuto dagli stessi.

1.1. Con il secondo motivo di ricorso, sulla medesima questione, denuncia la violazione dell'art. 84, secondo e terzo comma, del d.P.R. n. 43 del 1973, in riferimento all'art. 11 del d. Igs. n. 374 del 1990 e all'art. 3 del Reg. CEE 24.7.1979 n. 1697 e all'art. 221, par. 4 , CDC Reg. CEE n. 2913/1992, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. L'Ufficio evidenzia che la CTR ha erroneamente escluso la sospensione del termine di prescrizione dei diritti doganali per effetto di una denuncia idonea a costituire notitia criminis. Una lettura congiunta del richiamato art. 84 e dell'art. 221 CDC porta a ritenere che la comunicazione al debitore possa essere effettuata oltre il termine triennale, quando l'obbligazione doganale sorga a seguito di un atto che sia penalmente perseguibile (in tal senso, la ricorrente Agenzia cita l'orientamento espresso da Cass. civ., Sei. 5, n. 9773/2010 e n. 24916/11). Il riferimento alla penale perseguibilità esclude che l'applicazione della sospensione del termine, giustificata dalla necessità della individuazione del presupposto di imposta, sia condizionata alla presentazione di una formale denuncia di reato.

1.2. Il primo ed il secondo motivo sono fondati. La questione posta dalla ricorrente Agenzia delle Dogane attiene alla individuazione della sussistenza di una fattispecie penale che consenta di applicare il regime di sospensione del termine di prescrizione del diritto di accertamento ed alla decorrenza del termine per la comunicazione al contribuente dell'accertamento doganale.

Sul tema occorre ribadire il principio espresso da questa Corte, richiamato dall'Agenzia delle Dogane, secondo cui "il termine triennale di prescrizione dell'azione, essendo astrattamente ipotizzabile una fattispecie penale per il mancato pagamento dei dazi, decorre, ai sensi dell'art. 84, quarto comma, del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modifiche, dalla data in cui il decreto o la sentenza, pronunciati nel procedimento penale, sono divenuti irrevocabili, e ciò anche se questi siano di archiviazione o di proscioglimento, a nulla rilevando l'accertamento di una responsabilità penale, poiché, ai sensi dell'art. 221 del Regolamento CEE 12 ottobre 1992, n. 2913, il decorso ordinario, computato dalla data in cui è sorta l'obbligazione doganale, non opera quando questa nasca a seguito di un atto "perseguibile penalmente", ossia sussumibile, anche solo astrattamente, in una fattispecie penale (Sez. 5, n. 24916 del 25/11/2011, Rv. 620643-01).

Nel caso di specie, come ricostruito dall'Ufficio con puntuali riferimenti ai documenti prodotti nel corso del giudizio di merito, gli accertamenti condotti dall'OLAF nel 2006 hanno portato alla informativa di reato n. 32430/IGTE/1/32823 del 9.11.2006, cui ha fatto seguito la richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura di Firenze in data 25.06.2008 nel proc. R.G.N.R. n. 18410/06, procedimento nel cui ambito è stata redatta informativa della GdF di Firenze del 27.2.2008 con cui veniva "formalizzata la qualità di indagato del Liotta. In sede di accertamento doganale, gli esiti delle indagini dell'OLAF hanno portato alla redazione del "p.v. di constatazione della GdF di Firenze del 23 ottobre 2007", nel quale al Liotta, quale "manager director" della compagnia di spedizioni internazionali Interglobo Transunion Sdn Bhd con sede in Singapore, veniva indicato quale soggetto direttamente coinvolto nella progettazione di tutti gli schemi di frode predisposti con le aziende malesi e costituiva il riferimento per i responsabili della Duralamp per la gestione cartolare dei certificati di origine.

Né sussistono dubbi prima facie circa la possibile inerenza dell'indagine alle importazioni di cui all'avviso di rettifica delle dichiarazioni, atteso che nella richiesta di rinvio a giudizio si fa riferimento ad ipotesi di reato "accertate il 23.10.2007", coeve alle importazioni per cui è causa.

Tali elementi attestano la rilevanza penale delle condotte di frode e la effettiva sussistenza di una indagine penale, che assume rilevanza in tema di prescrizione dei diritti doganali, ai sensi dell'art. 84, comma 4, del d.P.R. n. 43 del 1973, per il quale "qualora il mancato pagamento, totale o parziale, dei diritti abbia causa da un reato, il termine di prescrizione decorre dalla data in cui il decreto o la sentenza, pronunciati nel procedimento penale, sono divenuti irrevocabili" ed ai sensi dell'art. 221 CDC, che legittima in tali ipotesi la comunicazione al debitore dopo la scadenza del termine triennale.

La CTR non si è conformata al suddetto principio di diritto, ritenendo l'inesistenza delle condizioni per l'applicabilità della norma derogatoria di cui all'art. 221 CDC e, comunque, che la notitia criminis non riguardasse nel caso in esame il sig. Liotta.

2. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2699 e 2700 cod. civ., degli artt. 12 e 45 Reg. CEE n. 515/1997 del 13.3.1997, art. 9 Reg. CEE n. 1073/99 del 25.5.1999, degli artt. 115, 116 e 123 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Secondo la ricorrente è erronea la decisione della CTR nella parte in cui ha ritenuto non dimostrata l'invalidità dei certificati malesi utilizzati per le importazioni.

Nella specie, l'Agenzia osserva che la falsità dei certificati di origine della merce si può facilmente desumere dall'esito delle indagine degli organismi ispettivi nazionali e comunitari (OLAF e Servizio Antifrode), le cui conclusioni assumono fede privilegiata, secondo quanto disposto dall'art. 45 del reg. CE n. 515 del 1997. In ragione di tale fede privilegiata spetta al contribuente la prova della corrispondenza effettiva della provenienza delle merci alle dichiarazioni doganali.

2.1. Il motivo è fondato e va accolto.

2.2. Deve essere premesso, al riguardo, che con il termine dumping si indica - nel diritto comunitario ed internazionale, ma il concetto deriva dalla dottrina economica - una procedura di vendita di un bene o di un servizio su di un mercato estero (mercato di importazione) ad un prezzo inferiore rispetto quello di vendita (o, addirittura, a quello di produzione) del medesimo prodotto sul mercato di origine (mercato di esportazione). I dazi antidumping consistono, pertanto, - sul piano generale - in misure che hanno lo scopo di evitare turbative della concorrenza derivanti dall'immissione nel mercato europeo di merci ad un prezzo ritenuto eccessivamente basso, rispetto a quello praticato nelle normali transazioni all'interno di tale mercato (Cass. nn. 23381/09, 6250/2013).

A tal fine, la normativa comunitaria antidumping, costituita dal Regolamento CE del Consiglio 22.12.1995, n. 384/96 (detto Regolamento di base), relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di Paesi non membri della Comunità europea (poi sostituito dal Regolamento CE del Consiglio 30.11.2009, n. 1225), all'art. 1 dispone: 1) "un dazio antidumping può essere imposto su qualsiasi prodotto oggetto di dumping la cui immissione in libera pratica nella Comunità causi un pregiudizio"; 2) "un prodotto è considerato oggetto di dumping quando il suo prezzo all'esportazione nella Comunità è inferiore ad un prezzo comparabile del prodotto simile, applicato nel paese esportatore nell'ambito di normali operazioni commerciali".

In questo contesto normativo, come già più volte ribadito da questa Corte con principi ai quali intende darsi continuità, gli accertamenti compiuti a posteriori (di propria iniziativa o su segnalazione degli Stati membri) dagli organi esecutivi della Commissione per la lotta antifrode (OLAF), ai sensi del Reg. CE n. 1073/99, hanno piena valenza probatoria nei procedimenti amministrativi e giudiziali e, quindi, possono essere posti a fondamento dell'avviso di accertamento per il recupero dei dazi sui quali siano state riconosciute esenzioni o riduzioni, spettando al contribuente che ne contesti il fondamento fornire la prova contraria in ordine alla sussistenza delle condizioni di applicabilità del regime agevolativo (ex multis, Cass. n. 4997/2009; da ultimo, n. 13770/2016).

Nel caso in esame, la rettifica si fonda su risultanze istruttorie trasfuse nell'avviso, dalle quali era emerso che le merci della esportatrice malese, per l'insussistenza di strutture produttive in loco, erano di produzione cinese, ciò che aveva portato ad accertare la violazione doganale in relazione alle richiamate dichiarazioni IM4 per l'importazione di lampade fluorescenti, collocabili tra il 2006 ed il 2007.

La pretesa di recupero dei dazi, azionata con avviso di rettifica, deve ritenersi congruamente e sufficientemente dimostrata ove si basi sulle risultanze di atti ispettivi (allegati o richiamati) degli organismi antifrode comunitari, come nella specie l'OLAF, salva la prova contraria della sussistenza delle condizioni di applicabilità del regime agevolativo fornita dal contribuente (Cass. nn. 23985/2008, 1583/2012, 19841/2012).

3. L'accoglimento del primi tre motivi di ricorso consente di ritenere assorbito il quarto, con cui si denuncia l'insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., con riferimento alla decorrenza del termine di prescrizione, alla ritenuta inoperatività della sua sospensione, alla insussistenza della notitia criminis, nonché alla ritenuta insufficienza ed inidoneità delle circostanze e riscontri istruttori emerse all'esito delle indagini dell'OLAF, riportati nell'avviso di rettifica.

4. In conclusione, il ricorso va accolto sui motivi primo, secondo e terzo, assorbito il quarto; la sentenza impugnata deve essere cassata e rinviata alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria in diversa composizione, per il riesame alla luce dei principi espressi e per la statuizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo, secondo e terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.